Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Categoria: Interviews

  • L’intervista inedita a FZ: “sono un genio ma che importa?”

    Frank Zappa intervistato da Carlo Massarini

    Frank, dicono che sei un genio. Tu che dici?

    “Genio? Non so quali sono le loro ragioni per chiamarmi così. (pausa) Ma succede che sia davvero un genio, per cui fermiamoci qui. Voglio aggiungere però che essere un genio non è che sia chissà cosa. Se sei uno scemo è ok anche quello. Siine orgoglioso”.

    Il suo cinismo

    “Il cinismo è l’unico atteggiamento realistico che posso avere per vivere. C’è voluto un po’ per svilupparlo. Tutti partiamo pensando che la gente è carina. Dopo la mia dose di disavventure, solo una Pollyanna terminale poteva continuare a fidarsi, a meno che non ti piaccia metterti a 90 gradi”.

    La politica

    “Credo che in una democrazia il governo abbia una licenza temporanea in cambio di un buon comportamento. Sei tu il proprietario del governo, non il contrario”.

    Molti dei tuoi dischi sono censurati, ti dà fastidio?

    “Non mi dà fastidio il fattore vendite, ma il punto di vista filosofico. Trovo repellente pensare che mentre ci stiamo avvicinando al XXI secolo ci siano persone convinte che certe parole possano corromperti quando le ascolti, mandarti all’inferno come fosse magia nera. È una credenza così primitiva. Credo sia dannoso allo sviluppo dell’organismo umano. E allora se la prendono con me…”.

    Cosa si aspetta un fan di Zappa dai suoi dischi?

    “Le persone comprano i dischi per rafforzare la loro idea di chi e cosa sono. Il disco serve come carta da parati per il loro stile di vita. È un artefatto che li supporta, che crea un’atmosfera funzionale alla loro esistenza…. Se sei un tipo sensibile e romantico compri i dischi degli Eagles, o Linda Ronstadt o Jackson Browne, piangi ogni tanto, sai com’è, no? Vivi nella tua nicchia…

    Ma la gente interessata alle cose che faccio generalmente pensa ci debba esser qualcosa di sbagliato nella società, che è tutto molto bizzarro, e io parlo di queste cose. Non puoi innamorarti con i miei dischi, non puoi lavare i piatti ascoltando i miei dischi. Ancor più difficile andare in macchina battendo col piede il tempo. La musica in genere si ascolta facendo qualcos’altro. La mia è informazione in primo piano, racconta storie e una storia occupa un sacco della tua attenzione.

    La persona che vuole essere rafforzata nei suoi sospetti peggiori a proposito delle peggiori cose che succedono nel XX secolo, nei miei dischi troverà supporto per le sue idee”.

    (estratto del libro “Mister Fantasy” di Carlo Massarini)

  • Terry Bozzio: “quando Vinnie Colaiuta prese il mio posto mi venne un colpo…

    Terry Bozzio sostituito da Vinnie Colaiuta

    Dichiarazione di Terry Bozzio estratta da Percussioni, gennaio 1994

    “Volli uscire dal gruppo innanzitutto per cercare di raggiungere più gente. Con Zappa cominciavo a sentirmi frustrato; avevo fatto con lui già vari tour e diventai poco previdente. Persi di vista il fatto che lui è un genio incredibile mentre io ero arrivato dal nulla. Un giorno avevo fatto un’audizione per la CBS col Group 87 di Mark Isham e tutto era andato meravigliosamente. Da lì andai alle prove con Zappa, e la prima canzone che facemmo era un testo comico che diceva ‘va’ a farti fottere, brutto figlio di puttana’ e continuava in tedesco. Era veramente banale e ormai avevo perso il mio senso dell’humour per queste cose. Frank mi prese da parte e mi invitò a presentarmi nel suo ufficio…

    Avevo di sicuro un problema di ego e cominciavo a vedere le cose in modo strano. Avevo sempre pensato che sarebbero stati in difficoltà a sostituirmi e bang! Ecco Vinnie Colaiuta. Quando lui prese il mio posto con la massima facilità mi venne un colpo: lui è dieci volte meglio di me come batterista, tecnicamente è incredibile. Mi sentii completamente schiantato perché non ero il solo a poter fare quello che facevo con Zappa”.

    (Terry Bozzio, Rhythm, luglio 1989)

  • FZ e il cancro: “È come se avessi un fottuto marchio impresso su di te…

    Frank Zappa il tumore alla prostata

    Ho aspettato Zappa in una stanza rivestita in legno su un comodo vecchio divano di fronte a un camino in mattoni rossi. Quando Frank è entrato, ha cercato di sedersi comodamente su una grande sedia di pelle viola ma il comfort era impossibile: Zappa ha spiegato che il dolore aveva invaso la parte bassa della sua schiena.

    L’intervista è stata interrotta brevemente da assistenti che portavano il caffè o la cena di Frank. Zappa fumava a catena mentre parlava con inconfondibile passione e urgenza della sua musica, della politica, della sua famiglia e della sua malattia. Di tanto in tanto, il dolore lo sopraffaceva e smetteva di parlare. Gli chiedevo se voleva prendersi una pausa e riprendere più tardi. “No” disse, “andiamo avanti”.

    Furono Moon e Dweezil a scioccare i fan di Zappa nel novembre 1991 quando annunciarono che gli era stato diagnosticato un cancro alla prostata. La malattia lo ha costretto ad abbandonare la sua campagna presidenziale pianificata: sia il lavoro che i viaggi sono stati interrotti.

    In che modo il cancro ha influenzato la tua vita?

    “Nel momento in cui qualcuno ti dice che hai il cancro, la tua vita cambia radicalmente, che tu lo sconfigga o no. È come se avessi un fottuto marchio impresso su di te. Per quanto riguarda la professione medica americana, sei solo carne. Ti complica la vita perché devi lottare per la tua vita ogni singolo giorno, oltre a fare le tue cazzate. Fare musica è già abbastanza complicato, ma pensare di fare cose che implicano viaggi e altri tipi di stress fisico è troppo. Qualunque farmaco tu assuma, fa schifo”.

    Stai attualmente assumendo farmaci?

    “Sono quaranta libbre in sovrappeso perché la roba che sto prendendo mi riempie d’acqua. Sono un pallone ambulante. Non puoi semplicemente prendere un Advil o un Nuprin e dimenticartene. È una fottuta battaglia”.

    Puoi viaggiare o devi stare vicino ai tuoi medici?

    “Beh, devi essere testato periodicamente, ogni due mesi. Vuoi essere vicino a un medico di cui ti fidi. Non conviene andare in un ospedale russo. Un mio amico ha avuto un incidente d’auto lì ed è finito in un ospedale russo. Non avevano anestesia e non avevano siringhe usa e getta. Mentre il dottore gli stava sistemando la gamba senza anestesia, ha detto: “Nessuno è mai morto per il dolore”.

    Da quanto tempo sai del tuo cancro?

    “L’ho scoperto nella primavera del 1990”.

    È successo di punto in bianco?

    “Mi sentivo male da diversi anni, ma nessuno me l’ha diagnosticato. Poi mi sono ammalato gravemente e sono dovuto andare in ospedale con urgenza. Hanno fatto alcuni test e hanno scoperto che era lì da otto-dieci anni, senza essere stato rilevato da nessuno dei miei precedenti medici. Quando l’hanno trovato, era inoperabile”.

    Trattamenti?

    “Sono passato alle radiazioni e questo mi ha fottuto abbastanza bene. Avrebbero dovuto darmene dodici colpi, ma sono arrivato al numero undici ed ero così malato che ho detto che non potevo tornare indietro”.

    È stato d’aiuto?

    “Non voglio soffermarmi su tutti i dettagli morbosi di quello che mi è successo, farò un sunto. Quando sono andato in ospedale, il cancro era cresciuto al punto tale che non potevo più pisciare. Per farmi sopravvivere, hanno dovuto fare un buco nella mia vescica. Ho passato più di un anno con un tubo che mi usciva dalla vescica e una borsa legata alla gamba. Questo mi impedisce di viaggiare. Il risultato della radiazione è stato che il tumore si è rimpicciolito al punto che ho potuto liberarmi della borsa e ho potuto pisciare di nuovo, ma c’erano degli effetti collaterali negativi. Non voglio parlare di questo. Non è un picnic”.

    Sembra che tu possa ancora fare molte delle cose a cui tieni, almeno comporre.

    “Alcuni giorni puoi lavorare meglio. Parte del problema è che fa male stare seduti alcuni giorni e questo lavoro viene svolto seduto al terminale di un computer. Ero in grado di lavorare sedici, diciotto ore al giorno. Alcuni giorni non posso lavorare affatto, altri giorni posso lavorare due ore, altri ancora dieci ore”.

    È un ottovolante emotivo per te?

    “L’aspetto emotivo è più influenzato dalle droghe che dall’idea che sei malato. Le sostanze chimiche che ti danno per curarti hanno un prezzo. La settimana prima mi sono ritrovato in ospedale per tre giorni pieno di morfina. È stata sicuramente un’esperienza che non voglio ripetere. Quando sono uscito, ci sono voluti quasi dieci giorni per togliere dal mio corpo i residui di tutte le droghe che mi avevano dato.

    Le droghe ti fanno davvero girare la testa. È difficile se sei il capo di un’azienda e devi prendere decisioni su cosa sta succedendo e non puoi fidarti delle tue stesse decisioni perché non sai, chimicamente, cosa sta succedendo. È anche difficile non sapere come sarai un giorno dopo l’altro. L’unico motivo per cui ho accettato di fare questa intervista in questo momento è che pensavo di essere abbastanza lucido per avere una conversazione. Se non puoi fidarti del tuo giudizio, è davvero difficile anche scrivere musica”.

    (Playboy aprile 1993)

  • Massimo Bassoli: “Frank è un genio e, come tale, non ha radici o, meglio, le ha tutte…

    Frank Zappa un genio

    “Frank è un genio e, come tale, non ha radici o, meglio, le ha tutte. Aspetti della sua personalità erano tipicamente americani, i gusti squisitamente italiani. Il modo di ragionare decisamente unico. Convivevano in lui il pragmatismo anglosassone, il caos latino e una punta di bizantinismo al limite del bacchettone. Aveva delle straordinarie aperture culturali di una laicità estrema”.

    (Massimo Bassoli, Prog Italia luglio 2017)

  • Mark Volman: FZ “aveva una filosofia che mi raccontò una volta…

    Mark Volman sulla continuità concettuale di Frank Zappa

    (Continuità concettuale)

    “Frank aveva una filosofia che mi raccontò una volta: la carriera di un artista non dovrebbe essere giudicata in base a un singolo progetto, a nessun singolo disco, film o qualsiasi altro lavoro individuale. Frank sentiva che l’arte di una persona poteva essere giudicata solo come parte dell’intera carriera. Ogni singola creazione era una parte di quel tutto. Nessuna critica rivolta ad una singola opera potrebbe cambiare il risultato finale complessivo, che era quello che dovrebbe essere visto come l’intero corpus di lavoro di un artista. Solo in questo modo potrà essere giudicato e criticato”.

    (Intervista con Mark Volman dei Turtles, Ear Candy Magazine, agosto 2001)

  • Guido Giazzi: “Zappa era un musicista puro… ci mancherà molto…

    Frank Zappa un musicista puro

    “Ricorderemo Zappa per il suo modo di fare musica, per la sua originalità e per la sua fantasiosa ironia. Zappa era un musicista puro, innamorato del proprio lavoro, capace fin dagli inizi della sua carriera di valutare la presenza dannosa delle case discografiche nella crescita artistica dei musicisti. Ci mancherà molto”.

    (Guido Giazzi)

  • Roberto Valentino: “l’odio-amore tra FZ e il jazz…

    l'odio amore tra Frank Zappa e il jazz

    Il controverso rapporto all’insegna dell’odio-amore tra Frank Zappa e il jazz è cosa ben nota, tanto da essere entrato da tempo nella più ricorrente aneddotica musicale. E’ comunque vero che l’amore abbia più di una volta prevalso sul suo opposto, ricambiato anche da più di un jazzista. Qualche esempio: il sassofonista statunitense Ed Palermo con la sua orchestra, gli inglesi Colin Towns (con la tedesca NDR Big Band), John Etheridge con i suoi Zappatistas, i transalpini LeBocal con Glenn Ferris e Rita Marcotulli e, in Italia, Stefano Bollani, Riccardo Fassi, Glauco Venier, Roberto Gatto con i Quintorigo e la violinista Anais Drago. Moltissimi europei, dunque.

    Forse, non è un caso che il primo jazzista ad essere attratto dall’orbita zappiana sia stato un francese: Jean-Luc Ponty. King Kong è l’album che cementa la collaborazione tra Ponty e Zappa: resta un punto di riferimento negli incontri ravvicinati tra mondo jazz e rock ma non solo, in un’ottica diversa da quella davisiana. Nel caso di Ponty e Zappa si potrebbe azzardare la definizione di westcoastiana e non solo in senso geografico, se non addirittura di bianca.

    Il 15 dicembre 1970 al Palais Gaumont, Ponty raggiunge sul palcoscenico i Mothers of Invention in versione vaudeville band32 inarrestabili minuti di King Kong con Ponty, l’amico Duke e il leader a farla da padroni.

    (Roberto Valentino, Musica Jazz, dicembre 2020)

  • Gino Castaldo: “Zappa è il Gershwin del rock alternativo”

    Frank Zappa il Gershwin del rock alternativo

    “Zappa è, in qualche modo, il Gershwin del rock alternativo, rappresenta la capacità di usare tutto nella stessa maniera. L’altra sua geniale intuizione fu quella di laicizzare il rock che, in quel momento, stava correndo grandi rischi di retorica, di mistica, nella stessa California dove operava lui. La California più altisonante, trionfalistica, che aspirava alla musica come tautologia globale dell’universo”.

    “Mi piace definirlo come una sorta di anticorpo prodotto dal rock stesso nel suo momento di massima autocelebrazione. Zappa era questo, in senso totale, soprattutto attraverso gli strumenti della satira. La sua musica si è sempre espressa a un doppio livello, a volte compresente, a volte separato. Da una parte, affermazione, la proposta di strutture musicali innovative come, ad esempio, le composizioni di Grand Wazoo e Waka/Jawaka, dove c’è un valore di affermazione puro e semplice di nuove strutture musicali. Dall’altra, negazione con la satira, la derisione, la distruzione delle convenzioni”.

    “Il suo rapporto con la psichedelia era molto ironico. Ha sempre detestato e combattuto l’uso delle droghe, un comportamento molto anomalo in quegli anni. Era un laico, predicava l’espansione della coscienza in un modo del tutto personale, dal punto di vista culturale, né mistico né psichedelico. Poi, dimostrò un gran carattere nel ridicolizzare da subito le pose delle rockstar. Metteva in scena la parodia di una certa prosopopea dello strumentista e del virtuosismo tecnico, un immediato controcanto alla retorica di quegli anni”.

    (Gino Castaldo, critico musicale, Mangiare Musica giugno 1994)

  • Riccardo Bertoncelli su FZ: “curioso, polemico, tirannico, workaholic”

    Riccardo Bertoncelli su Frank Zappa

    “Frank era curioso, polemico, tirannico, workaholic. Faceva e disfaceva le sue band secondo strategie che non intendeva spiegare a nessuno, assorbiva idee da tutti senza mai elemosina di copyright, vessava i collaboratori in nome della Perfezione, metteva ai ceppi o sbarcava gli oppositori secondo il codice di Sir Francis Drake” (Riccardo Bertoncelli)

    “Un artista poliedrico, pieno di mondi interni: le chiavi di lettura sono tante. Ma non pensiamo che il contesto degli inizi di questo artista fosse così facile: ha iniziato relativamente tardi, a 24 anni. Era osteggiato perché suonava la musica che voleva. Una musica difficile, strana ma in quel periodo c’era un’attenzione particolare” (Riccardo Bertoncelli)

    Zappa aveva una sua idea particolarissima del fare dischi. Difficile che si dedicasse ad un solo progetto, con un inizio e una fine. Piuttosto era sempre in session, suonava quel che gli pareva con chi gli piaceva e solo dopo cuciva, legava, architettava secondo la Luna. Aggiungete che era uno stakanovista e uno smodato, e capirete perché i discografici non lo sopportavano e lui non appena possibile si mise in proprio.

    Poco prima di morire cedette il suo sterminato catalogo alla Rykodisc, convinto di aver sistemato per bene le cose. Non è andata così, ci sono stati litigi, incomprensioni e per anni i dischi sono spariti dai negozi. Ora tornano disponibili grazie a un nuovo accordo con la Universal.

    Foto di Barry Schultz

    Dodici cd per volta, a cadenza serrata, alcuni rimasterizzati. Una gioia, una curiosità e un problema, specie per il tecnico del suono che li lavorerà. Zappa era gelosissimo della sua musica…

    (Riccardo Bertoncelli, XL, ottobre 2012)

    Zappa aveva dalla sua un innato senso dello spettacolo, un gusto perverso di cabaret e lo usò come emolliente e tonico per la sua proposta artistica; fin da un memorabile stage al Garrick Theatre di New York, quando con i Mothers of Invention tenne 14 show alla settimana per tre mesi e mezzo, maggio-settembre 1967, improvvisando e coinvolgendo il pubblico in una oltraggiosa versione rock del Living Theatre.

    Il sogno di Zappa era la musica per grandi formazioni, che ottenne come voleva solo in fin di vita dopo una serie di stravaganti fallimenti e low-budget orchestras, ma coltivava con gusto anche una personalissima idea di canzone svolgendo indagini su due argomenti in particolare: il sesso e la minchioneria umana, spesso legati indissolubilmente.

    (Riccardo Bertoncelli, Musica Jazz, dicembre 2020)

  • Boulez su Zappa & viceversa

    Pierre Boulez su Frank Zappa

    Boulez su Zappa

    “Per Frank Zappa verrà il tempo in cui gli sarà riconosciuto il giusto merito, di essere uno dei più grandi compositori del ‘900”.

    “Frank Zappa: una colonna portante nel tempio della musica”.

    Frank Zappa “come musicista era una figura eccezionale perché apparteneva a due mondi: quello della musica pop e quello della musica classica. E non è una posizione comoda. Entrambe le tipologie del suo lavoro gli sopravvivranno”.

    “Zappa mi ha chiesto di incontrarlo, ne avevo sentito parlare, soprattutto intorno al 1968 a causa degli scandali che circondavano le sue registrazioni. Ho pensato che potesse essere interessante. Non sapevo nulla della sua ammirazione per Edgar Varèse. Un mese dopo, mi ha inviato degli spartiti e, quando ho organizzato un programma sui compositori americani, l’ho incluso. Il mio desiderio era che il pubblico lo prendesse sul serio”.

    Zappa su Boulez

    “È una brava persona. Lo rispetto. Il mondo della musica ha la fortuna di avere un attivista come Boulez. Stiamo parlando di una persona che potrebbe dirigere una casa discografica. È un compositore, un direttore d’orchestra, un amministratore. Ha una mente organizzata e molta energia. Questo è un uomo unico. Forse ce ne sono due o tre come lui sul pianeta. Persone del genere potrebbero essere parte della soluzione per alcuni dei mali nel mondo della musica seria, ma solo per la Francia. Non potrebbe mai ricoprire negli USA la posizione che ricopre in Francia, fondamentalmente a causa della differenza tra gli atteggiamenti francesi e americani nei confronti delle cose artistiche. Negli Stati Uniti, l’arte è giudicata da milioni di unità vendute. Nessuno nella musica classica vende abbastanza per avere importanza negli Stati Uniti”. (FZ, Los Angeles Reader, 13 ottobre 1989)

    “Boulez ha avuto una serie di problemi nel dirigere la mia musica che non si aspettava. I suoi musicisti sono virtuosi, altamente qualificati, specializzati in musica contemporanea. Ma la mia musica è molto diversa dalla maggior parte della musica che suonano. A più persone viene chiesto di suonare in modo difficile, più ritmi insieme.” (Capitol, 1° aprile 1984)