Gee, I Like Your Pants e Variations On The Carlos Santana Secret Chord Progression (dall’album Shut Up And Play Yer Guitar, 1981)
Vorrei chiederti una tecnica specifica che sembra essere un ‘motivo Zappa’ in molte delle tue registrazioni: la tecnica della ‘cornamusa bulgara’.
“Intendi con il plettro alle corde? Con la mano sinistra batti le note e con la mano destra batti le note anche con un plettro. Invece di pizzicare la corda che stai premendo, la colpisci e poi la premi contro il tasto in modo da azionarla e determinarne anche l’altezza: puoi muoverti avanti e indietro molto velocemente in quel modo solo puntandolo in basso verso la corda. Puoi ascoltarlo su “Gee I Like Your Pants” e “Variations On The Carlos Santana Secret Chord Progression”. In realtà, l’ho imparato dal batterista Jim Gordon, che l’ha appreso da un altro chitarrista. Me lo mostrò nel 1972. Fu allora che vidi per la prima volta qualcuno farlo: la prima volta l’ho usato in concerto a Vienna nel ‘72 o ‘73. Ho deciso che l’avrei provato e, da quel momento, l’ho fatto”.
(Down Beat, febbraio 1983)
Cosa pensi della musica indiana?
“Ho sempre amato la musica indiana. Pensavo di andare in India per ascoltare questa musica ma poi ho scoperto quanti vaccini dovevano farti e quali malattie si rischiano e mi sono limitato ad ascoltare i dischi. Mi piace la musica indiana e mi piace molto la musica bulgara”.
Hai mai assistito a un concerto di donne bulgare? Le hai incontrate?
“È stata un’esperienza abbastanza spaventosa. Portano con sé alcuni musicisti. C’è un ragazzo che suona una specie di batteria o qualcosa di simile alla chitarra, ma questi ragazzi sembrano far parte del KGB bulgaro, come cani da guardia del gruppo. Avevano un look speciale, un cappotto di pelle nera, e stavano nel backstage. Una volta finito il concerto, le ragazze erano tutte nel camerino. Erano in fila per un ricevimento formale e siamo entrati per salutarle, poi ci hanno fatto uscire. Non potevi avere alcuna comunicazione con loro”.
Ascolti mai musica africana, roba tribale?
“Sì, l’ho ascoltata. Molte persone sono affascinate dal ritmo, ma il ritmo non è così eccitante per me. Non sono interessato alla musica africana come lo sono per la musica bulgara, sarda o indiana. Penso che molte persone ascoltino musica africana e vogliano consumarla nello stesso modo in cui consumerebbero un disco di una drum machine statunitense. Quel ritmo fantasioso e costante. Il mio gusto per il ritmo va in altre direzioni”.
E la musica asiatica? Indonesiana? Gamelan, balinese o giavanese?
“Mi logora. Il timbro è bello, ma va avanti all’infinito: possono suonare la stessa cosa pentatonica per secoli e secoli. È simile alla musica minimalista”.
Che mi dici della noh music? Giapponese?
“Mi piace. E’ come la musica da fantascienza di Webern con gente che fa grugniti irregolari seguiti da un colpo di batteria e tutta questa roba stranamente equilibrata. Include punti sonori nel tempo stranamente bilanciati, non ho idea di cosa si tratti o cosa succederà sul palco, ma il suono è qualcosa che trovo interessante”.
(Best of Guitar Player, 1994)
“La mia musica preferita, dopo quella bulgara, è la musica tradizionale indiana. E’ una forma molto interessante di serialismo, anzi uno dei primi esempi in assoluto di musica seriale, ed è sicuramente più piacevole da ascoltare della musica seriale contemporanea: ci sono regole precise per determinare, in un dato raga, quali gruppi di note possono essere usati in senso ascendente e quali in senso discendente, nonché i limiti entro cui quelle stesse note possono essere variate nell’improvvisazione, e in un certo senso tutto questo è molto seriale.
Credo che ci sia una certa affinità con il mio modo di lavorare, perché anch’io ho a che fare con materiali tonali e con cose che talvolta all’ascolto possono non sembrare tonali perché implicano combinazioni di intervalli estranee ad ogni armatura di chiave tradizionale; tutto questo materiale, poi, viene manipolato attraverso strategie seriali che assomigliano più ai processi di sviluppo della musica indiana che non al serialismo matematico europeo e occidentale, quello che si studia sui testi universitari”.
Il raga come congegno di proliferazione seriale, dunque: l’interesse squisitamente etno-musicologico si stempera nell’attenzione ai modelli compositivi.
(Riccardo Giagni, Sonora n. 4 – 1994)
Sei sempre stato sottovalutato come chitarrista rock. Il tuo stile è basato sul blues ma è molto originale e distintivo.
“La base deriva sia dalla musica orientale sia dal blues. Penso che sia naturale per me. Parte dell’influenza orientale è simile ai suoni greci, turchi, bulgari e indiani”.
(Down Beat, 18 maggio 1978)