Stairway to Heaven & Bolero (singles/EPs/Fan Club/Promo, 1991, registrati il 18 aprile 1988 e 3 maggio 1988)
Frank Zappa – lead guitar, computer-synth, vocal
Ike Willis – rhythm guitar, synth, vocal
Mike Keneally – rhythm guitar, synth, vocal
Bobby Martin – keyboards, vocal
Ed Mann – vibes, marimba, electronic percussion
Walt Fowler – trumpet, flugel horn, synth
Bruce Fowler – trombone
Paul Carman – alto sax, soprano sax, baritone sax
Albert Wing – tenor saxophone
Kurt McGettrick – baritone sax, bass sax, contrabass clarinet
Scott Thunes – electric bass, Mini-moog
Chad Wackerman – drums, electronic percussion
Adoro l’album di cover “Stairway to Heaven/Bolero” ed apprezzo allo stesso modo le due copertine (fronte e retro), i tanti significati e la forte ironia. Bethlehem Steel, la foto di copertina di Clarence Snyder, prende il nome dalla costruzione navale ormai affondata delle acciaierie della Pennsylvania. Raffigura scalinate metalliche, spopolate e stagliate contro lo spazio vuoto del cielo, che salgono verso il cielo ma che, all’improvviso, si fermano bruscamente. Le numerose scalinate appaiono abbandonate e incomplete, simboleggiano la stupidità condannata a tentare questa ricerca indossando pantaloni sbagliati (o il grembiule sbagliato). La giustapposizione di queste strutture con il titolo del disco implica ulteriori livelli di illusione umana, primo fra tutti, forse, il tentativo inutile di impegnarsi per ciò che è eternamente fuori portata.
Il nome di Zappa, che fa da ponte tra queste inutili scale, completa il tutto: il costrutto di lettere articolate, un rosa più scuro rivettato su un rosa più chiaro riecheggiano questo fondamento terreno. La loro forma complessiva, tozza e rettangolare, non tende verso l’alto o verso l’esterno, ma si connette con il paesaggio. Le strutture a zigzag di queste scale reggono come un doodle. Le ripetute suggestioni delle forme delle lettere che compongono “FRANK ZAPPA”, la loro portata non è solo oltre, ma anche all’indietro e all’interno – dentro Zappa stesso e la sua storia musicale.
La struttura della copertina è parallela al rapporto di Zappa con la sua musica: non fluttua completamente al di fuori della cornice della sua creazione, né può essere confinata dal suo contenuto ma, piuttosto, qui/fuori adesso, è presente in entrambi contemporaneamente. Con il paradiso sopra e (questo sconcertante) mondo sotto.
I nomi di Zappa e Ravel sono stati abbreviati ciascuno in una singola lettera e nelle 5 lettere dei rispettivi cognomi in equilibrio. I loro sguardi congiunti convergono, ciascuno guardando direttamente: Ravel freddamente, Zappa in modo un po’ interrogativo, rivolto allo spettatore. Ognuno porta con sé un oggetto di soccorso: Ravel, una sigaretta, Zappa, il libro di John Godwin, This Baffling World. Il fascino di questo particolare libro risiede in parte nel titolo e nel sottotitolo – un resoconto documentato delle più grandi perplessità di tutti i tempi: fenomeni naturali inspiegabili, avvenimenti storici che ancora confondono e persone dai talenti straordinari che sfidano la comprensione. Quello è solo il cognome dell’autore, quindi guarda caso “Godwin” illustra fortuitamente la massima di Zappa secondo cui a volte puoi essere sorpreso dal fatto che l’universo funzioni, che tu lo capisca o no.
Ma torniamo alla simmetria: quello che mi colpisce di più è che Ravel sfoggia una configurazione aggiunta di peli del viso che corrispondono allo stile del marchio di fabbrica di Zappa (e in seguito del marchio registrato). In questo sono felice di essere corretto, ma tutte le immagini di Ravel che ho potuto portare alla luce lo mostrano per lo più ben rasato; negli anni della gioventù, i suoi peli sul viso particolarmente floridi sono abbastanza diversi da quelli qui raffigurati.
Così, proprio come il nome di Zappa è stato alterato dalla sua vicinanza alle scalinate del Bethlehem Steel, così Ravel ha subito ulteriori modifiche (la simpatica risonanza con Zappa). Il 2° pezzo della composizione in 5 parti di Ravel per pianoforte Miroirs (1905), Oiseaux tristes, doveva apparentemente ricordare una passeggiata in una foresta in una soffocante giornata estiva. Forse, nella foresta echeggiava non solo il canto degli uccelli, ma anche la risata. Ravel e Zappa lasciarono “l’edificio” a dicembre.
(estratto dall’articolo “Lingua Franka (Part V): Who Was That Masked Man?” by Arjun von Caemmerer, The Rondo Hatton Report vol IX, 21 dicembre 2011)
P.S.: In una foto, potete notare Ravel con baffi e barba. In un’altra immagine, Ravel è a fianco di Stravinsky.