Frank Zappa – King Kong (You can’t do that on stage anymore vol.3) versione reggae
La chironomia di Zappa
Zappa muoveva le dita nell’aria e la musica semplicemente avveniva.
Le linee, i disegni, gli impulsi energetici che il Maestro tracciava fra sé e il gruppo corrispondevano ad un preciso codice gestuale di cui l’autore non ha lasciato il dizionario ma che è possibile ricostruire in parte attraverso filmati e interviste, soprattutto grazie alla memoria di spettatori e collaboratori di Zappa.
Il codice funzionava nella maniera più semplice e meno arbitraria: allusioni, metafore, associazioni d’idee. Molti dei moduli individuati erano richiamati nella maniera più intuitiva: alzando le cinque dita di una mano per l’ostinato in 5/8, servendosi anche dell’altra mano per quello in 7/8. Se le dita erano allargate anziché strette, l’indicazione valeva per un tempo di 5/4 o 7/4.
Soprattutto i primi tempi, Zappa indulgeva nella ricerca di effetti squisitamente teatrali ordinando a uno o più membri del gruppo di smettere di suonare e di eseguire un certo comando. Un dito puntato su un occhio voleva dire ‘piangi’. Un triangolo formato unendo pollici e indici delle due mani significava ‘ridi roboticamente’. Grattarsi la testa significava ‘vaga per il palco grattandoti la testa’ come essere in dubbio su cosa suonare.
Mettersi il pollice in bocca a mo’ di pipa reclamava invece una prestazione più professionale: va’ al microfono più vicino e dici, imitando lo stile di un grande scienziato tedesco, “very inderesting” (sic).
Poi c’erano i vocal noises, esperienza esilarante anche per i componenti dei Mothers.
Il gesto delle corna con la mano che si allontana dalla bocca e il braccio che descrive un arco davanti a sé era il segnale per vocalizzare il conato di vomito.
Un altro gesto partiva con ambedue le braccia stese in avanti e portate verso di sé piegando i gomiti: era il segnale per il vocalizzo ‘uah!’, una via di mezzo tra un wow e un puah! – dunque emblema sonoro della confusione di idee dell’uomo qualunque, del plastic people.
Le indicazioni di tipo musicale erano rigorose.
Il gesto-base consisteva nel puntare il dito verso uno dei Mothers: significava ‘suona la prima cosa che ti viene in testa mentre gli altri procedono nella normale esecuzione’.
Due dita unite servivano, invece, a designare un estremo della gamma vocale: se spinte all’improvviso verso il basso, invitavano ad emettere la nota più grave. Se fatte scattare verso l’alto inducevano la nota più acuta. Il dito puntato e mosso poteva fornire ad un musicista indicazioni di altezza e dinamica, dunque frasi melodiche anche complesse o una nota tenuta (in crescendo o in diminuendo) secondo il movimento del braccio.
La richiesta di un’improvvisazione collettiva veniva invece trasmessa muovendo un dito circolarmente verso il basso come un cucchiaio in una tazza: gesto che Zappa, col suo innato ésprit de finesse, definiva ‘rimestare la merda’. Tutto questo veniva costantemente orchestrato, sempre in tempo reale.
Negli anni Settanta e Ottanta, Zappa avrebbe sfruttato meno queste tecniche tranne residui segnalo che gli servivano a montare, in tempo reale, esercizi di stile basati sul riarrangiamento ritmico ‘a comando’ di un brano in scaletta ovvero:
– Ruotare le dita sul lato destro della testa (come accarezzando un dreadlock ‘rasta’) = suonare in stile reggae;
– Ruotare le dita su entrambi i lati della testa = suonare in stile ska;
– Tre dita a M sospese sopra la testa e in leggera vibrazione come una pioggia = suonare alla Weather Report (per via delle previsioni del tempo);
– Poggiare le mani all’altezza del cavallo dei pantaloni a mo’ di attributi virili = suonare in fiero stile heavy metal.
(Tratto da libro “Frank Zappa Domani” di Gianfranco Salvatore)
I concerti di Frank Zappa sono sempre l’occasione per nuovi arrangiamenti: difatti, Zappa non suona mai due volte la stessa canzone.
Prendiamo “Black Page”: su Zappa in New York troviamo una prima versione con assolo di batteria, aggiunte di percussioni, poi orchestra ridotta; nello stesso album troviamo la seconda versione, che ha un ritmo disco-funk e arrangiamenti molto più roboanti. Su Make a Jazz Noise Here, possiamo ascoltare la versione new age, molto lenta.
Zappa aveva sviluppato un intero linguaggio dei segni che gli permetteva di indicare in qualsiasi momento ogni cambiamento di interpretazione: quindi, un gesto specifico significava che era necessario suonare in stile reggae o hard rock, ecc.
Ad esempio, se girava un dito a destra e dietro la testa come se stesse giocherellando con un tappetino rasta, il gruppo suonava reggae, mentre se faceva lo stesso con entrambe le mani il gruppo suonava ska.
Se portava entrambe le mani all’inguine mimando un grosso paio di testicoli, i musicisti sapevano che dovevano suonare heavy metal.
Frank poteva modificare la sua composizione nel momento stesso in cui la band la suonava sul palco.