Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Daniel Schorr e la sua amicizia con Zappa

Frank Zappa e Daniel Schorr

Quanto segue è stato tratto dalla trascrizione della trasmissione della National Public Radio del 6 dicembre 1993 di “All Things Considered“. Durante la trasmissione, l’analista di notizie di NPR Daniel Schorr ha parlato della sua amicizia con Zappa.

È stata la più improbabile delle amicizie, tra l’avanguardia della musica e la vecchia guardia del giornalismo, ed è iniziata nel modo più improbabile. Di punto in bianco, Frank Zappa mi chiamò da Los Angeles nell’agosto del 1986.

Voleva venire a Washington per parlarmi di fare insieme un programma televisivo. Il suo piano era per un programma con la sua band che includesse un segmento chiamato “Night School”. Sarebbe un modo per raccontare le notizie ai fan del rock poco informati sull’attualità. Rispondendo alle domande di lui e dei suoi musicisti, raccontavo cosa stava realmente accadendo a Washington, una sorta di sorveglianza continua del Watergate.

Lo spettacolo non è mai decollato, ma la nostra amicizia sì. Sono venuto a sapere che dietro le parole rabbiose, a volte profane, che pronunciava sulla mediocrità culturale e sui complotti del governo, c’era un vero genio musicale che si preoccupava molto dei giovani. Durante un tour di concerti, mi fece salire sul palco per unirmi a lui in un appello per la registrazione degli elettori.

Voleva promuovere una rivoluzione giovanile pacifica per assumere un governo che considerava corrotto. Un’altra manifestazione del suo bisogno di scuotere l’establishment è stata la sua faida con Tipper Gore sui testi delle canzoni sporche. Ma le sue diatribe non risparmiarono la cultura giovanile che lo ascoltò come Pied Piper.

Ha denunciato gli hippy come fasulli e le droghe come stupide. Ha anche preso in giro se stesso e il proprio successo ma la sua autoironia era ingannevole. Ha parlato di scherzare con la musica, non farti sapere quanto fosse profondamente appassionato di Bach, Mozart e della tradizione classica. Ha parlato di climi armonici e ha viaggiato in Cecoslovacchia, è diventato un caro amico di Vaclav Havel e ha studiato canzoni popolari dell’Europa orientale, scrivendo musica seria sui loro temi. Era anche contraddittorio. Parlando del suo successo diceva che è stato un fallimento. Parlando della sua popolarità spiegava che era solo. Forse lo era. Forse il mondo intorno a lui era troppo grossolano, troppo mediocre, troppo omogeneo. Così lo maledisse con parolacce e tornò al suo sintetizzatore musicale, alla ricerca di nuovi significati musicali e modo di servire i ragazzi.

(City Paper, 19 gennaio 1994)

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