Frank Zappa – Lonesome Cowboy Burt (dal film “200 Motels” – 1971)
Intervista a Jimmy Carl Black (l’indiano del gruppo) di Gianfranco Salvatore (Percussioni, gennaio 1994) Seconda parte
Tutti riconoscevano la creatività di Frank?
Era ed è un uomo molto creativo, tutti sapevamo quanto e per questo lo rispettavamo, anche quando si arrabbiava da matti.
Gli arrangiamenti dei brani cambiavano di frequente?
Continuamente. Io e Roy Estrada non leggevamo la musica, a noi li spiegava a voce. Prima ancora che Zappa facesse qualcosa io capivo quel che avrebbe fatto. Tutti lo capivamo in maniera molto telepatica.
A proposito di questa ‘telepatia’: alcuni tra i momenti più impegnativi delle vostre performance, anche dal punto di vista ritmico, erano quelli in cui Zappa dirigeva le improvvisazioni collettive attraverso un suo codice di segnali. Te li ricordi?
Beh, ha usato così tanti segnali per così tanti anni… Ma ricordo che era come una segnaletica da ‘baseball coach’, quello che dà i segni per quando bisogna fare la seconda base e tutto il resto. Frank era come il coach, l’allenatore, e usava segnali per farci fare certe cose in certi momenti. Nel bel mezzo di una canzone dava un segnale, noi eseguivamo l’ordine e poi tornavamo alla canzone.
Usava proprio i segnali convenzionali del baseball?
Sì, in effetti li usa ancora. Se tornassi sul palco con Frank Zappa li ricorderei immediatamente, come se si trattasse di andare in bicicletta o di nuotare. Quando suonavamo durante tutto lo show i miei occhi non lasciavano mai Frank Zappa, nemmeno per guardare una ragazza tra il pubblico: nessuno osava perché non sapevi mai quando lui stava per dare un segnale per cambiare quello che stavamo suonando in qualcos’altro.
Ogni show, ogni serata era diversa: ad un segno di Frank cambiava tutto, la gente non credeva ai propri occhi e i nostri spettacoli erano pieni di musicisti tra il pubblico.
Una volta, per descrivere l’eclettismo e le possibilità strumentali dei Mothers of Invention, Frank Zappa disse: “non si sa mai chi suona la batteria”. Cosa voleva dire?
Non lo so ma so che non è vero. Bunk Gardner suonava talvolta il tamburino e Don Preston il campanaccio, nient’altro. In realtà, anche Ray Collins o Motorhead a volte suonavano un tamburello e Don Preston aveva un suo gong. Ma io e Art Tripp eravamo gli unici a suonare la batteria, a parte Frank che a volte si avvicinava alla mia batteria e la suonava. Lui pensava di saperla suonare… Shut up and play your guitar, Frank…
Eppure, recentemente, nel volume 5 di You can’t do that on stage anymore Zappa ha pubblicato un estratto da un vostro concerto nell’aprile 1969 alla Colgate University di New York dove, in un episodio intitolato FZ/JCB Duet Zappa e Art Tripp improvvisavano a turno alla batteria accompagnati da te. Accadeva spesso che Zappa suonasse la batteria dal vivo?
No, solo una volta ogni tanto.
Comunque, Zappa ha ammesso che intorno ai 18 anni passò dalla batteria alla chitarra perché non aveva abbastanza coordinazione tra mani e piedi.
Esatto, era questo il suo problema.
Parliamo di Art Tripp. Ti ricordi quando entrò nel gruppo in sostituzione di Billy Mundi?
Non fu una sostituzione. Billy Mundi uscì dal gruppo e Art Tripp ci entrò. Penso che il primo concerto con lui fu alla Colgate University di Attica, NY, quello del dicembre ’67. Suonava soprattutto la batteria, aveva un set molto bizzarro che io non avrei mai potuto suonare. Era un trap set in tutto e per tutto: ne avevamo due sul palco, il suo e il mio.
Perché Art Tripp odia tanto Frank Zappa?
Non penso che lo odi.
Ha detto di lui cose terribili. Dopo lo scioglimento dei Mothers ha dichiarato che Zappa è un arrangiatore e non un vero compositore, che ha copiato dai compositori classici, che ha rubato idee a tutti…
Ti dirò quel che è giusto. Art Tripp non può mai aver detto che Frank non abbia scritto delle buone parti per lui perché per Art è sempre stato come una sfida eseguire la musica che Frank ha scritto per lui perché leggeva a prima vista. Però, sai, il gruppo fu molto ferito quando Frank lo sciolse; questa è la ragione di certe dichiarazioni molto amare. Anche Bunk Gardner e a volte Don Preston hanno detto brutte cose di Frank perché erano ancora amareggiati per il modo in cui lui sciolse il gruppo, non per il fatto di averlo sciolto. Non ci fu nessun preavviso, fummo tagliati fuori da un momento all’altro dopo essere stati assieme per sei anni. Anch’io ne fui amareggiato perché ero stato con Frank fin dall’inizio, ma l’ho superato, non è durato a lungo. Mi son detto che lui doveva aver avuto una ragione per fare quello che aveva fatto e che io dovevo andare avanti con la mia vita. Non l’ho mai odiato per quello che ha fatto.