“Visto che Frank raramente usava qualcosa senza modificarlo, è difficile copiare i suoi suoni – ha spiegato Dweezil Zappa – Si tratta fondamentalmente di avere la giusta gamma media e di riuscire ad ottenere un feedback controllabile quando serve. Frank c’è riuscito dotando le sue chitarre di preamplificatori in grado di ottenere un controllo EQ molto ampio generando una quantità di guadagno sbalorditiva, fino a 18 dB. Frank amava armeggiare con tutta quella roba e fare in modo che funzionasse al servizio del suo stile”.
La SG Baby Snakes era la chitarra principale di Zappa alla fine degli anni ’70. In realtà, la chitarra non è una Gibson, ma la creazione di “un tizio di Phoenix” che si è intrufolato nel camerino di Zappa e gli ha venduto la chitarra per 500 dollari. Sebbene la sua ‘suonabilità’ sia simile a quella di una Gibson SG, un esame più attento rivela dettagli non tipici della Gibson, come il 23° tasto ed alcuni splendidi intarsi e intagli ornamentali in legno. Il liutaio e costruttore di componenti elettronici Rex Bogue, l’uomo a cui Zappa commissionò di riportare in vita la Stratocaster bruciata di Jimi Hendrix al Miami Pop Festival, aggiunse qualche finezza a questa chitarra, tra cui interruttori di fase e un preamplificatore incorporato (Bogue morì nel 1996).
L’amplificatore Pignose di Zappa è responsabile della maggior parte dei suoni di chitarra gutturali presenti negli LP Apostrophe e Over-Nite Sensation. Anche questo piccolo ‘demone’ non è sfuggito alle modifiche, come dimostrano i due jack XLR sul retro. Nel 1976 Zappa apparve nello show televisivo di Mike Douglas, dove salì sul palco per suonare Black Napkins con la sua Pignose in una mano e gli SG Baby Snakes nell’altra.
La testata Marshall JMP da 100 watt non modificata di metà anni ’70 è stata un punto fermo dell’attrezzatura di Zappa dal 1974 fino ai tour del 1979-1984.
La ES-5 Switchmaster di Zappa fu utilizzata nei primi tre LP dei Mothers of Invention. Frank la collegò ad un Fender Deluxe per registrare l’album Freak out! Successivamente fece montare su questa jazz box già stracolma ancora più interruttori e manopole, nonché alcuni pickup Barcus Berry.
Nota come Roxy SG , questa è la stessa chitarra usata e immortalata sulla copertina dell’LP del 1974 Roxy & Elsewhere. Sebbene gli interruttori aggiuntivi nella parte inferiore del corpo della chitarra fossero già installati, da allora è stato aggiunto un top a specchio oltre a vari preamplificatori, interruttori di sfasamento e circuiti di filtro attivi.
Utilizzata nel suo ultimo tour del 1988, questa chitarra Performance a corpo solido realizzata su misura è dotata di manopole rotanti concentriche e di minuscole mini manopole di tono regolabili con un cacciavite, per consentire a Zappa di apportare quelle precise regolazioni tonali che tanto amava. “Le mini manopole sono circuiti di filtro parametrici identici” spiegò il tecnico di Zappa Midget Sloatman alla rivista Guitar Player nel 1995. “Una manopola influenza le basse frequenze da 50 Hz a 2 KHz, e l’altra influenza le alte frequenze da 500 KHz a 20 KHz. I filtri fornivano anche un controllo di frequenza di risonanza variabile (o “Q”) che consentiva a Frank di controllare le caratteristiche di feedback del suo impianto in qualsiasi spazio acustico. In pratica, poteva accordare le caratteristiche tonali della sua chitarra a quelle della stanza, determinare come la stanza avrebbe risposto al suo amplificatore e quindi utilizzare il controllo Q per produrre il feedback desiderato. Frank utilizzava anche filtri attivi per aumentare gli alti nella gamma da 4 k a 8 k e rendere più evidenti tutte le sfumature del suono delle corde. Voleva davvero sentire cosa stava facendo con le sue dita, anche se non pizzicava ogni nota”.
La chitarra Les Paul Custom, presente sulla copertina di Shut up and play yer guitar, è dotata di due pickup Seymour Duncan ed è stata dotata di un circuito Dan Armstrong Green Ringer (posizionato nella cavità di controllo) e di un jack di uscita XLR . La manopola aggiuntiva posizionata tra i controlli originali è un selettore rotativo a 9 posizioni che consente la selezione delle opzioni single-coil/ humbucker e di inversione di fase. Il mini interruttore a levetta viene utilizzato per selezionare il funzionamento in serie o in parallelo.
Dick Boak della Martin Company ci ha aiutato a identificare questa chitarra, che è una Dreadnaught D-185 standard a 12 tasti con paletta scanalata. Presenta una tastiera in palissandro brasiliano, una piastra sulla paletta e sul ponte, nonché fasce e fondo in mogano. Fu usata nella registrazione del 1974 di Sleep Dirt e nella canzone Blessed Relief dall’album The Grand Wazoo. Zappa scambiò una Telecaster con la Martin, il cui proprietario Mark Volman (alias “Flo”) faceva parte del gruppo Flo and Eddie, che Zappa organizzò nei primi anni ’70.
Regalata a Zappa da un tecnico di Hendrix, questa Stratocaster originariamente sunburst fu mutilata da Hendrix al Miami Pop Festival del 1968. Zappa la tenne appesa ad una parete nel suo seminterrato per anni finché Rex Bogue non la riassemblò con componenti elettronici personalizzati selezionati da Zappa, come un Dan Armstrong Green Ringer e un pickup BarcusBerry sepolti nel primo manico di ricambio! Tuttavia, il manico attualmente installato è un’aggiunta relativamente recente, così come il battipenna in tartaruga.
(Guitarra Total n. 103 2006, articolo di Darrin Fox, fonte Javier Marcote)
estratto dall’articolo di Gianfranco Salvatore “Frank Zappa: trent’anni di strumenti” (Chitarre, luglio-agosto 1994)
Frank Zappa non è mai stato un feticista della chitarra, ma l’ha amata abbastanza da acquistarne diversi esemplari nel corso della sua carriera. Le sue preferite sono sempre rimaste Gibson e Fender che ha definito così: “La Strat ha un suono più secco, acuto, esatto: uso invece le Gibson per un tipo di suono da porco sudato”.
1. Dalle Fender alle Gibson Benché non si sia mai considerato un collezionista accanito, dopo una decina d’anni di carriera Frank Zappa aveva già accumulato una ventina di chitarre. Nel 1976 dichiarava di possederne circa 22, salite a 25 nel 1982. La prima chitarra elettrica che si procurò in modo più o meno stabile fu una Telecaster che Zappa affittò all’età di 21 anni (1961-62). La prima chitarra che acquistò nel 1961 fu una Fender Jazzmaster che tenne per un anno e mezzo, quando suonava musica da cocktail bar col gruppo Joe Perrino And The Mellotones. Zappa ha minimizzato il valore della chitarra dichiarando che “andava molto bene per lo stile di musica che ero costretto a suonare per mangiare”. La Jazzmaster era una chitarra pregiata: in produzione dal 1957, aveva il manico in palissandro, due grandi pickup single pole e un nuovo sistema di Floating Tremolo. Con la Jazzmaster realizzò anche le parti di chitarra delle due colonne sonore di cui fu autore all’inizio della sua carriera: The World’s Greatest Sinner e Run Home Slow. Col ricavato di quest’ultimo film nel ’63 acquistò una Gibson ES-5 Switchmaster, che usò per 5 anni in gran parte dei singoli prodotti a Cucamonga e nei primi 3 album dei Mothers of Invention. Semiacustica, di corpo grande, la Switchmaster è stata una delle chitarre più rare possedute da Zappa. E’ appena visibile sulle foto interne alle copertina di Freak Out! e di Burnt Weenie Sandwich: aveva un selettore a quattro posizioni per selezionare i tre pickup (i leggendari PAF Gibson Humbuckers). Della Switchmaster Zappa ha ricordato: “Quella chitarra mi piaceva molto, aveva un bel manico, ma c’era un grosso problema con un feedback, incontrollabile quando avevo bisogno di più amplificazione per sale più grandi. Perciò, passai a una solid-body, una Les Paul Gold Top”. Zappa usò la sua Les Paul Gold Top tra il ’68 e il ’69, sia in studio che dal vivo, cominciando ad accoppiarla ai Marshall: è visibile sulle copertine di vari album tra cui Hot Rats, dove viene sicuramente utilizzata col wah-wah in “Willie The Pimp”. La chitarra (da alcuni definita Standard) era entrata in produzione nel 1952. Le foto della Gold Top di Zappa la mostrano come una seconda variazione del modello originale, col ponticello e l’attaccacorde in un unico pezzo, ed è databile tra il ’53 e il ’56: dunque, un esemplare molto pregiato. Frank vi apportò varie modifiche, sostituendovi ad esempio le meccaniche. La utilizzò in Lumpy Gravy, Ruben and the Jets e forse anche in Uncle Meat e Hot Rats. Durante il tour del ’72 (Grand Wazoo), Zappa usò anche una Gold Top molto modificata, con humbucker più recenti e un tremolo Bigsby. Secondo alcuni era ancora la sua vecchia Standard. Il dubbio viene dal fatto che la vecchia Gold Top gli era stata rubata ma non si sa bene in quale periodo. In alcune foto del gruppo del ’71 (vaudeville band), si vede Zappa anche con una Gibson 335 (o 345, dato il selettore a cinque posizioni) di color rosso. Prima degli anni Settanta, Zappa ha avuto accesso anche ad altre chitarre. Una rara foto pubblicitaria usata per l’album Absolutely Free lo ritrae mentre, in un vistoso effetto grandangolare, brandisce una Hangstrom elettrica a dodici corde anche se forse non la usò mai. La foto fu scattata durante la permanenza dei Mothers of Invention a New York, nel periodo del Garrick Theatre, da Pasqua ad agosto 1967. La sonorità chitarristica di Zappa si fece più definita e personale a partire dal 1970, quando acquistò la sua prima Gibson SG (modello Special) di seconda mano a Los Angeles, dopo averne ascoltata una per la prima volta a un party. Le tolse la leva del vibrato perché era troppo dura per tenere l’intonazione e la usò fino a circa il 1975. Con essa registrò album fondamentali come Roxy & Elsewhere (compare sulla copertina), Overnite Sensation e Apostrophe. La ‘diavoletto’ fu per lui una scoperta per la sua comodità, unita ad una sonorità adeguata alla sua evoluzione solistica e fu da lui così descritta: “Una chitarra dovrebbe avere una qualche relazione con la tua mano e il tuo corpo, dovresti sentirla giusta quando la prendi. E così mi sono sentito quando presi la prima SG che ho avuto. La stessa cosa è accaduta con la Gibson Les Paul”. Fu sempre una delle sue chitarre preferite, ma questo primo esemplare si danneggiò durante un viaggio aereo. Il manico fu riparato ma si fletteva troppo e cominciò a non tenere più l’intonazione anche a causa delle troppe ‘rasature’ (che Zappa impose sempre ai manici Gibson, per lui un po’ scomodi). Risolse il problema quando, dopo un concerto tenuto a Phoenix, un tizio gli si presentò in camerino proponendogli l’acquisto, per 500 dollari, di una copia della SG da lui fabbricata. A questa diavoletto artigianale Zappa rimase molto legato: ancora nel 1983 dichiarava di suonarla moltissimo e la nominava tra le sue cinque preferite. Aveva il manico d’ebano con ventitré tasti, uno in più rispetto al modello originale. Arrivava agevolmente al Mib grazie alle spalle profondamente tagliate: i pickup erano humbucking e il corpo era abbellito da intarsi e altre varianti estetiche. Zappa la affidò alle cure del famoso liutaio che aveva costruito la doppio-manico per John McLaughlin, Rex Bogue: questi le aggiunse un preamplificatore bipolare e qualche altro ‘tocco di classe’. Il comando del volume agiva a 20 dB, e i controlli di tono avevano varie opzioni interessanti: uno switch per il controllo degli acuti e quello dei bassi consentiva il cambio di range, un altro selettore commutava i pickup da humbucking a single-coil; e un altro ancora regolava un phasing con cui Zappa, a suo dire, poteva ottenere “degli armonici fischiettanti”. Tra i brani più memorabili registrati con questa chitarra ricordiamo Rat Tomago e The Purple Lagoon dove era accoppiata a un amplificatore Pignose ed effettata con un Harmonizer Eventide regolato a 99. Negli anni Ottanta Zappa usava ancora intensamente alcune Gibson: in particolare, la famosa Custom di quel colore tra il rosso e il dorato (cherry-sunburst), che aveva riequipaggiato con un pickup Dan Armstrong per i bassi e un Carvin per gli acuti, e su cui montava corde Maximus. Nel 1982, si incuriosì ai modelli mini, e nel 1983 ne possedeva due, anche perché il peso ridotto gli creava meno problemi a cantare. Le sue due Les Paul ‘baby’ (oltre ad un’analoga Strat) erano della linea D’Mini, ed erano stato denominate Les Paule dalla fabbrica Phased System, per distinguerle dai modelli originali. Erano accordate in La, e montavano corde Black Maximas: quelle più acute rivestite in teflon, quelle più gravi in platino (nell’82 le corde erano già fuori produzione, ma Zappa ne aveva una buona scorta). Tutta questa passione, però, non fu mai ricambiata dalla casa con nessun tipo di sponsor, anzi nemmeno con un ‘arrivederci e grazie’ ed una volta Zappa ebbe a lamentarsene. “Nonostante tutto il tempo in cui ho suonato le Gibson, non ho mai parlato né sono mai stato interpellato da nessuno della Gibson”.
2. Dalle Gibson alle Fender Zappa divenne un ‘fenderista’ convinto verso la metà degli anni Settanta, quando cominciò a suonare varie Stratocaster con una certa intensità. Da quel momento, alternò sempre le Fender (e in particolare le Strato) alle Gibson secondo le necessità timbriche ed espressive, che in un’intervista definì in maniera eloquente: “La Strat ha un suono più secco, acuto, esatto; uso invece la Gibson per un tipo di suono da porco sudato”. Pochi sanno, però, che già dal primo disco dei Mothers of Invention, Freak Out!, aveva utilizzato una Stratocaster col distorsore in Who are the brain police e un’altra Stratocaster sunburst dal vivo tra il ’67 e il ’68; nello stesso periodo, possedeva anche un’altra Fender elettrica a dodici corde. Nel 1976 usava comunque regolarmente un paio di Stratocaster abbastanza modificate, dotate di preamplificatori interni, ed entrambe da lui ricordate tra le sue cinque chitarre preferite. Una terza Strat sarebbe stata aggiunta alla sua raccolta nel ’77. Le sue due Strat del cuore avevano un carattere e un sound abbastanza diversi. Solo su una tenne la leva del vibrato: questa chitarra aveva inoltre uno speciale switch per il controllo del tono che metteva entrambi i pickup in controfase. L’avrebbe adoperata a lungo e fu la sua chitarra maggiormente usata nel tour europeo dell’82. L’altra Stratocaster, senza leva, aveva una lunga storia. Era la famosa Stratocaster sunburst bruciata da Jimi Hendrix al Festival Pop di Miami (e non, come è stato erroneamente affermato, quella bruciata da Hendrix a Monterey, che era bianca). Howard Parker, l’ex-roadie di Hendrix soprannominato ‘H’, era stato ospite a casa di Zappa per un paio di mesi verso la fine degli anni Sessanta. Quando andò via, per sdebitarsi, regalò a Frank la chitarra di Jimi. Zappa la attaccò a una parete e la chitarra rimase lì per anni, come un cimelio, a scopo puramente decorativo, finché Frank conobbe Rex Bogue che gli disse che lo strumento, benché semidistrutto, poteva essere recuperato. Zappa vi fece montare un manico delle stesse dimensioni della SG in larghezza e profondità, e la usò inizialmente sull’album Zoot Allures. Tra le varie particolarità della chitarra, c’era un Barcus Berry montato in fondo al manico, dei cui effetti Zappa era particolarmente entusiasta perché gli consentiva attacco e volume sui legati ottenuti con la mano sinistra e sull’azione veloce della penna sul manico. “E’ come se tutta la chitarra fosse viva – dichiarò Frank – puoi toccarla in qualsiasi zona e sentire il modo in cui la tocchi perché il Barcus Berry prende tutto. Faccio anche delle cose dove uso la penna sul manico premendo verso il basso e colpendo la corda allo stesso tempo. Da una specie di suono da cornamusa bulgara”. Esempi di questo precoce utilizzo della tecnica hammer si possono ascoltare alla fine del solo di “Inca Roads” e di “Po-Jama People”. Nel corso degli anni Ottanta, però, la Hendrix Strat cominciò a dare dei problemi, specie per l’eccessivo feedback, e venne accantonata: alla fine dell’85 giaceva smontata nello studio di Zappa. In seguito, però, il chitarrista la fece rimettere in sesto dalla Fender e la donò a suo figlio Dweezil. Intanto, nel 1982, Zappa aveva cominciato a suonare un’altra Stratocaster col corpo in ontano, probabilmente degli anni Sessanta, modificata da una ditta di Los Angeles, la Performance Guitars di Bob McDonald, che vi montò un proprio manico molto sottile, con una tastiera d’acero molto piatta, e piatto anche sul retro. La nuova Strat fu dotata di una leva Floyd Rose, che consentiva a Frank di andar giù di quasi due ottave, tornare alla posizione normale e risalire di una seconda o addirittura di una terza, oppure semplicemente di ottenere un bellissimo vibrato muovendola pochissimo. Entrambi questi effetti divennero parte integrante dello stile chitarristico di Zappa. Altre caratteristiche della chitarra erano un equalizzatore parametrico incorporato e tre pickup humbucking barmagnet della Seymour Duncan. Montava corde Ernie Ball di acciaio inossidabile e i pickup erano in acciaio e rame. Nelle varie Strat zappiane della prima metà degli anni Ottanta i pickup Seymour Duncan erano talvolta del tipo fat strat, altre volte del tipo custom flat, e avevano sempre degli equalizzatori incorporati a banda stretta perché, a suo dire, il maniacale perfezionista intonava la timbrica della chitarra sulla frequenza di risonanza degli ambienti in cui suonava dal vivo, per ottenere un buon feedback senza dover esagerare con il volume. Sempre nel 1982, Zappa aveva aggiunto alle sue Fender una Telecaster della serie copiata dall’originale e commercializzata l’anno precedente: era la quarta nella sua personale ‘Top Five’, e la considerava ottima in particolare per il blues. Nello stesso periodo Zappa adottò temporaneamente delle chitarre Mini, tra cui, oltre alle due Gibson già citate, una D’Mini Strate accordata in Fa* con pickup Seymor Duncan e con un equalizzatore parametrico incorporato con Q (risonanza) variabile, quello con le manopole concentriche, progettato da Zappa e dai suoi collaboratori tecnici all’Utility Muffin Research Kitchen. La chitarra aveva inoltre un selettore a tre vie, con uno switch per passare a un altro equalizzatore parametrico, sul quale il chitarrista pre-settava un secondo tipo di feedback. Anche su questa chitarra Zappa montava corde Gold Maxima e rimpiangeva che non avesse la leva del vibrato. Utilizzò le sue Mini nel tour dell’82 apprezzandone la risposta molto veloce, ma finì presto per accantonarle per la loro instabile accordatura. In quel tour si portò appresso parecchie altre chitarre, tra cui la Fender XII a dodici corde, la Telecaster e la vecchia SG (quella col salvapennate a specchio), ma utilizzò soprattutto una delle sue Strat modificate (non quella di Hendrix, a quanto pare) e la Les Paul, che fino all’ultimo rimasero tra le sue preferite.
3. Altre chitarre, amplificatori ed effetti Zappa possedeva anche una chitarra fretless, di cui era molto soddisfatto; era un prototipo della Acoustic, comprato per soli 75 dollari, che la fabbrica non mise mai in commercio. La usava non solo facendo scivolare le dita sul manico, ma anche ad accordi; ci aveva montato un Barcus-Berry, il cui segnale veniva inviato al canale destro nel mixaggio stereo, mentre un pickup magnetico andava al canale sinistro. La utilizzò soprattutto in studio e la si può ascoltare in “The torture never stops”, “San Ber’dino” e “Can’t afford no-shoes”. Negli anni Settanta utilizzò anche varie chitarre acustiche. All’inizio del decennio aveva una Gibson J-200 jumbo, nota anche come un modello “Elvis”, poi ebbe un’Ovation, e una Martin col manico largo come quello di una chitarra classica, attaccato al corpo all’altezza del dodicesimo tasto, e con una cassa jumbo a conchiglia. Possedeva e utilizzava saltuariamente anche un bouzouki elettrificato con un Barcus-Berry, con cui registrò vari duetti inediti con Jean-Luc Ponty, di cui si diceva molto contento. Aveva inoltre una Gibson acustica round-hole con un pickup sotto il manico: era forse l’unica Gibson sul cui manico si trovava comodo e non sentì mai la necessità di farlo rasare. Infine usava due Acoustic Black Widow, fabbricate dalla Acoustic Control Corporation, una delle quali aveva un pickup fatto ad anelli perché le corde ci passassero sotto. La collezione di Zappa era inoltre completata da una Guild, due dodici corde (una Rickenbacker e la Fender già citata), entrambe un po’ modificate, un basso Hofner (probabilmente quello designato come Octave bass in Hot Rats, registrato a mezza velocità perché, velocizzando il nastro, suonasse nel registro della chitarra, guadagnandone così un attacco) e un sitar. A Zappa non piacquero mai le chitarre synth. Le provò inizialmente con Adrian Belew, alla fine degli anni Settanta: ma rimase perplesso, considerando lo strumento come una cosa totalmente diversa da una chitarra vera e propria. Più tardi, quando adottò il Synclavier, provò senza soddisfazione a pilotarlo col guitar-synth della Roland e poi con il Modulus Graphite, ma entrambi gli producevano un falso triggering dal manico, anche a causa di quelli che egli riteneva fossero i suoi principali difetti tecnici: una diteggiatura ‘sciatta’ e il fatto di non stoppare le corde dopo averle suonate; inoltre, lo strumento non rispondeva all’hammering fatto col plettro sulla corda, un effetto a cui lui teneva molto. Un giorno, Allan Holdsworth andò a casa sua per provare la sua Synth-Axe sul Synclavier, ed ebbe problemi del tutto simili, come lo string delay causato dal ritardo midi. Pur avendo provato 3 o 4 sistemi diversi, Zappa dovette rinunciare del tutto all’idea di poter usare il Synclavier attraverso una chitarra e se ne rammaricava perché, per lui, negli ultimi anni sarebbe stata l’unica buona ragione per riprendere in mano il buon vecchio strumento a sei corde. Quanto agli amplificatori, all’inizio della sua carriera Zappa si arrangiava come poteva nel 1964, ad esempio, attaccava la chitarra su un Harman-Kardon ad alta fedeltà. Nella seconda metà degli anni Sessanta, da Freak Out! fino ad almeno Hot Rats, usò soprattutto un Fender Deluxe anche se, nel 1968, provò ad usare un Acoustic con distorsore ed equalizzatore Poltec incorporati. Era insoddisfatto di entrambi perché il suono gli risultava poco definito: ma le sue finanze non gli permettevano nulla di meglio. Finalmente, nel 1970, quando si comprò la Gibson SG, Zappa passò ai Marshall e poco dopo anche ai Vox e agli Acoustic. Fino a tutto il 1976, adoperò dal vivo un Vox Cabinet con quattro coni JBL da 12”, più un Cabinet Marshall. Usava anche un Marshall 100 W, generalmente così regolato: volume a circa 4 (con gli inputs raddoppiati nel canale basso), acuti a 4, bassi a 3, medi tra 6 e 8, presenza tra 6 e 10 e un Acoustic 270 con queste regolazioni generali: volume a 4, acuti al massimo, selettore regolato su bright, medi al 75%, bassi all’80%; equalizzatore grafico tirato tutto su a 80 cicli, all’80% a 160 cicli, al massimo a 320 cicli, quasi flat a 640 cicli e talvolta con un po’ di boost a 1250 cicli. In studio, invece, utilizzava un Pignose (a partire dalle registrazioni di alcuni brani di Apostrophe e di Overnite Sensation) variamente predisposto, ad esempio mettendolo in una stanza ‘live’ e riprendendolo molto da vicino con un Electrovoice RE-20 (otteneva così un suono molto realistico, perché si percepiva la risonanza della stanza), oppure al centro di una stanza morta e riprendendolo con due microfoni in stereo, uno dietro l’altro, così da dare al suono una leggera apertura, oppure ancora in una echo chamber, microfonandolo non troppo da vicino. Per ottenere il feedback, si regolava in vari modi: ad esempio, nelle registrazioni di Sleep Dirt e Zoot Allures, usò il top del Marshall e il bottom del Vox in Filthy Habits e il solo Pignose in The torture never stops. Dal tour del 1977, cambiò il proprio equipment dal vivo utilizzando amplificatori Marshall e Acoustic e mandando il segnale in stereo dalla chitarra all’impianto generale. Questo equipaggiamento subì negli anni alcuni aggiustamenti. Ad esempio, nel tour del 1982 usò tre amplificatori: l’Acoustic (con il ritorno), un Marshall ST da 100 W e un Carvin a valvole, ciascuno interfacciato con diversi delay digitali per mescolare tre segnali differenti “e ottenere dei suoni bizzarri: per esempio, fai dei suoni terribilmente acuti con la leva, li memorizzi e li fai uscire a destra, mentre un altro esce a sinistra e un altro ancora al centro e poi ci suoni sopra. E’ davvero un suono blasfemo”. Nel tour del 1984, usò invece due Marshall da 100 watt con diffusori Carvin per il suono principale e due piccoli Acoustic collegati a tre digital delay MXR: l’unico altro effetto che usava era un chorus stereo. Pur essendo stato un pioniere degli effetti elettronici, che fin dal 1967 collegava a vari strumenti del gruppo (il Clavinet e i fiati elettrificati, oltre alla chitarra), Zappa ne ha sempre avuto una concezione alquanto sobria. In un’intervista del 1984, dichiarò: “Ci sono solo pochi suoni che mi importa di trarre dalla chitarra”; due anni prima aveva così affermato: “Sono perfettamente a mio agio se vado a fare un tour avendo solo il selettore on-off sull’amplificatore; comunque, per gran parte del tour, uso un effetto solo se mi sembra appropriato a un certo evento durante un assolo”. Era stato lui, nel 1967, a mostrare a Jimi Hendrix l’uso del pedale wah-wah, ma personalmente ne fece uso soprattutto a mo’ di controllo di tono, per enfatizzare certi armonici. Nel 1976, aveva un Mu-tron e usava anche il VCF (filtro di controllo voltaggio) della Oberheim: entrambi si possono ascoltare sull’album Zoot Allures. In seguito, passò ad un wah-wah Cry Baby. Apparentemente, Zappa era più interessato ai compressori e ai phasing. Fin dall’inizio degli anni Settanta, con la sua prima Gibson SG, usava un aggeggio costruito per lui da un suo amico, che produceva compressione, phase shifting e altri effetti (è quello usato nell’assolo in Montana). Nello stesso periodo, tentò anche di utilizzare un raro prototipo dal nome altisonante di Electro Wagnerian Emancipator, costruito per lui da Bob Easton alla 360 Systems. Il Congegno era una sorta di harmonizer ante litteram, che produceva, a partire da una singola nota, fino a 4 parti selezionabili tra tutte e dodici note della scala cromatica: funzionava anche col bending ma non sugli accordi. Zappa provò ad utilizzarlo nella registrazione di Big Swifty ma finì per rinunciarci perché non gli piacevano le timbriche delle note armonizzate: un tipico suono da onda quadra o da organo Farfisa. Ma a metà degli anni Settanta Zappa continuò a cercare soluzioni polifoniche per i suoi assoli di chitarra. Nel ’76, dopo averlo per anni snobbato, provò ad utilizzare l’Echoplex, ma pochi mesi dopo scoprì l’Harmonizer Eventide e lo adoperò in The Purple Lagoon per ottenerne particolari effetti con il pitch control regolato su 99, di modo che la nota raddoppiata, di pochissimo calante, arrivasse circa 30 millisecondi dopo la nota reale. L’effetto ingrossava notevolmente l’attacco e lo spazializzava in quanto le note venivano splittate in stereo e mandate all’impianto generale. Per il tour del ’77 si fece costruire da Klaus Wiederman (detto Mr. Fixit) una pedaliera artigianale per riunire tutti gli effetti con 27 settings diversi, il cui frontale si illuminava ogni volta che veniva selezionato un preset. Nei tour degli anni Ottanta Zappa portò con sé, in varie combinazioni, qualche flanger (un Ibanez nell’82, due MicMix Dynaflangers nell’84), il wah-wah Cry Baby, un distorsore Mu-tron (che non usava quasi mai, preferendo un suono non distorto) e un chorus stereo, ma la cosa che utilizzava di più era un set formato da tre MXR Digital Delays, variamente regolati e smistati. Due delay avevano pochissime cose memorizzate: erano usati soprattutto per generare dei loops su cui Zappa poi improvvisava e i due segnali andavano a due piccoli amplificatori Acoustic. Il terzo era utilizzare per generare un delay corto, giusto per trasformare il segnale in stereo, aveva la memoria molto caricata e andava a due diffusori Carvin. Alcuni di questi effetti compaiono anche nei suoi dischi dell’epoca, accanto a tipici effetti di studio. Ad esempio, in Drowing Witch, la chitarra è suonata con un MicMix Dynaflanger settato per seguire l’inviluppo del decay delle frequenze acute piuttosto che quello dell’amplitude (ottenendo così un ‘effetto cuscino’) e compressori Aphex. Il segnale è compresso dopo il flanger così da controllare l’enfatizzazione da esso operata su certe frequenze. Il bel feedback di chitarra sul disco (negli assoli ripresi dal vivo e sovraincisi sulle basi) è ottenuto con equalizzatori parametrici con un picco molto stretto. Infine, per gli incontentabili, le corde: a parte quelle già citate solo per alcune chitarre, Zappa prediligeva le Ernie Balls con differenti set per ciascun modello. Il plettro spesso era un Fender Heavy.
Il brano “Freak Chouflee” è stato registrato nel mese di settembre 1966 al Fillmore Auditorium di San Francisco o nella sala espositiva del Whisky a go go a Los Angeles.
L’assolo di chitarra centrale è suonato da Del Casher (il creatore dell’effetto wah-wah).
Band composta da:
Frank Zappa – guitar
Del Casher – guitar
Don Preston – keyboards
Roy Estrada – bass
Billy Mundi – drums
Jimmy Carl Black – drums
Ray Collins – tambourine
Del Casher ha inventato nel ’66 il pedale per chitarra elettrica Wah-Wah (chiamato anche cry baby perché emette un suono simile al pianto di un bambino).
Frank Zappa è stato il primo ad utilizzarlo. Durante un concerto a New York fu visto da Hendrix che ne rimase talmente affascinato da volerlo utilizzare a tutti i costi nei suoi brani.
Il wah-wah è entrato in scena dopo il fuzztone, nel 1967.
Frank Zappa possedeva una chitarra a pedali wah Vox.
I Mothers furono la prima grande formazione elettrica. Hanno sviluppato l’uso di legni amplificati e/o modificati elettronicamente… tutto, dall’ottavino al fagotto. Sono stati i primi a utilizzare il pedale wah-wah su chitarra, fiati e strumenti elettrici a tastiera. Hanno posto alcune basi teoriche che hanno influenzato il tipo di espedienti elettro-musicali trattati commercialmente. (Jazz, novembre/dicembre 1974)
“Avevo visto Zappa al The Experience, un club di Los Angeles – ricorda Alice Cooper – Una sera ci fu una jam con Eric Clapton, Mike Bloomfield e Jimi Hendrix, tutti assieme. Alla fine, Frank salì sul palco e fece un’imitazione di ciascuno di loro. Poi la piantò e si mise a suonare i suoi riff e quelli stavano lì a guardarlo a bocca aperta perché questo tipo stava suonando roba che non avevano mai ascoltato prima. Neppure Hendrix. Frank diede a Jimi il suo primo pedale wah-wah e gli spiegò come funzionava”. (Classic Rock, luglio 2015)
Hai la reputazione di essere il migliore al wah-wah. Cosa ne pensi?
“Completamente d’accordo. Sono il migliore con la chitarra wah-wah, almeno per quanto ne so. Vedi, quando inizi a suonare la chitarra, la prima cosa è essere sicuro che ti piaccia; al punto che hai l’impressione che si crei un legame tra lei e te. La chitarra diventa qualcosa di più di uno strumento. Quando la suoni, devi avere la sensazione di stringerle la mano. Poi ci aggrappiamo, chiudiamo gli occhi e il gioco è fatto. Ovviamente la chitarra deve essere adatta a ciò che vuoi farne. Come una donna, né più né meno. Ne ho avute diverse e ora penso di aver trovato quella giusta… Uno stereo semiacustico Gibson. Per il wah-wah è lo stesso; quando l’ho visto uscire nei negozi, mi sono subito detto: “questo è per me”. E’ successo nel ‘67 e, per quanto ne so, sono stato il primo a usarlo. Non solo alla chitarra, ma anche al clavicembalo elettrico e al sax soprano. (Best, febbraio 1971)
Era stato lui, nel 1967, a mostrare a Jimi Hendrix l’uso del pedale wah-wah, ma personalmente ne fece uso soprattutto a mo’ di controllo di tono, per enfatizzare certi armonici. Nel 1976, aveva un Mu-tron e usava anche il VCF (filtro di controllo voltaggio) della Oberheim: entrambi si possono ascoltare sull’album Zoot Allures. In seguito, passò ad un wah-wah Cry Baby. Apparentemente, Zappa era più interessato ai compressori e ai phasing. Fin dall’inizio degli anni Settanta, con la sua prima Gibson SG, usava un aggeggio costruito per lui da un suo amico, che produceva compressione, phase shifting e altri effetti (è quello usato nell’assolo in Montana).
(Frank Zappa: trent’anni di strumenti, articolo di Gianfranco Salvatore – Chitarre, luglio-agosto 1994)
4 dicembre 1971 incendio a Montreux (testimonianza)
Un mio amico, che all’epoca non conoscevo, mi ha detto questo:
“Alain, c’ero anch’io! Io ed altre persone abbiamo afferrato un sistema audio per casse WEM che era sul palco per rompere le finestre. Ci ha permesso di scappare saltando nell’erba sottostante… Ricordo molto bene Zappa che diceva con molta calma al pubblico di uscire senza farsi prendere dal panico, penso che la sua calma abbia permesso un’evacuazione rapida e sicura.
Ho avuto l’impressione che il “moog” di Don Preston stesse ancora emettendo suoni strani sul palco deserto… Così ho preso la mia roba e sono uscito velocemente attraverso le finestre rotte. Mi è sembrato che pochi istanti dopo il soffitto fosse crollato”.
Il palco era molto basso, al massimo un metro, ed è per questo che è stato facile per un altro mio amico salirci sopra e finire per scendere le scale del backstage con Zappa.
Un altro ragazzo è riuscito a raggiungere e afferrare il pedale wah-wah di Frank. Essendo un chitarrista, lo usa ancora oggi. A parte un campanaccio citato da FZ in un’intervista, potrebbe essere l’unico strumento sopravvissuto all’incendio.
(timemanipulation.com, 4 dicembre 2021 Alain Rieder)
“Sono passato al Boomerang (pedale wah-wah)… ha aggiunto una certa quantità di distorsione e mi è piaciuto” (FZ)
“Mi piace la gamma media del pedale [wah-wah]. Non inclinarlo completamente avanti o indietro; lavora solo sulla parte centrale“ (FZ)
“In realtà, a volte è un wah-wah, mentre in altri casi è una cosa chiamata Systech Harmonic Energize” (FZ)