Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Categoria: FZ Topix

  • Frank Zappa & Louis Armstrong On WC: Phi Zappa Krappa Vs Swiss Kriss

    Frank Zappa & Louis Armstrong On WC: Phi Zappa Krappa Vs Swiss Kriss

    Let’s Make The Water Turn Black – Live 1968 Germania – show televisivo tedesco Beat-Club

    Louis Armstrong ci aveva pensato un ventennio prima di Zappa! Comunque sia, due grandi! – Gianmichele Taormina

    Louis Armstrong siede sul WC mentre beve un lassativo alle erbe. Ha accettato di farlo per amore e genuina convinzione per un prodotto in cui credeva.
    Nella grande biografia jazz, “The Louis Armstrong Story” di Max Jones e John Chilton, il signor Armstrong è citato a pagina 220 così: “Prendo i miei Swiss Kriss, amico, ti tengono in movimento. Il vecchio Matusalemme sarebbe stato qui con noi se avesse saputo di loro!»
    È persino menzionato nella voce Wikipedia di Satchmo: “Armstrong era anche molto preoccupato per la sua salute e le sue funzioni corporee. Faceva un uso frequente di lassativi come mezzo per controllare il peso, una pratica che sosteneva sia tra i suoi conoscenti sia nei piani dietetici che pubblicava con il titolo Perdere peso con Satchmo. Il lassativo preferito da Armstrong in gioventù era l’Acqua di Plutone, ma poi ne divenne un entusiasta convertito quando scoprì il rimedio erboristico Swiss Kriss. Ne esaltava le virtù a chiunque lo ascoltasse e distribuiva pacchetti a chiunque incontrasse, compresi i membri della famiglia reale britannica. Armstrong è apparso anche in pubblicità umoristiche per Swiss Kriss; le pubblicità portavano una foto di lui seduto su un water – visto attraverso il buco della serratura – con lo slogan ” Satch dice: ‘Lascia tutto alle spalle!’ “
    – The Sound of Building Coffins di Louis Maistros, The Toby Press, 2009

    I simboli di Phi Zappa Krappa sulla maglietta di Frank.
    Eidon Veda decodifica i simboli sulla maglietta di Frank che si traducono in Phi Zappa Krappa. Che significa?
    Phi fa pensare ad un riferimento ironico alla Phi Kappa, società letteraria universitaria di tipo elitario degli Stati Uniti.
    Il fulmine si traduce in Zap!, termine inteso come scossa – Zappa.
    Poi abbiamo il simbolo del gabinetto, dove si fa la crap’pa, che rimanda alla lettera Kappa usata dalla società Phi Kappa.
    In sintesi, come ha intuito Eidon, la frase Phi Zappa Krappa decodificata dai simboli della maglietta rappresentano un ironico/autoironico modo di dire “Faccio parte della Honor Society di Zappa”.

    “Ho avuto problemi con la mia immagine la prima volta che sono andato in Inghilterra dove le leggi sul copyright sono diverse. La foto dove sono seduto su un gabinetto doveva essere utilizzata per un annuncio su International Times. Bene, si è trasformato in un poster perché a causa delle leggi lì il fotografo che possiede la mia immagine può farne quello che vuole, quindi ha realizzato un poster. Non ho mai posato per un poster, ho posato per una pubblicità per International Times. E così, da quel momento, il poster è stato contrabbandato e duplicato in milioni di copie, di cui non ho mai visto un nichelino”. – Digger,23 giugno 1973

    “I Shot Frank Zappa: My Life In Photography Hardcover” di Robert Davidson and John Elliott, 2022
    Il fotografo Robert Davidson è diventato famoso con la sua iconica fotografia di Frank Zappa sul WC Zappa Krappa.
    Il 16 agosto 1967, il 25enne Robert Davidson era al Royal Garden Hotel con il promotore della band Tony Secunda durante una conferenza stampa per il prossimo concerto di Frank Zappa.
    Faceva un caldo soffocante, la sala era piena di giornalisti. Zappa era sparito per andare in bagno. Girovagando per l’attico, alla ricerca di un’opportunità per scattare una foto, Robert trovò Zappa nudo, con i pantaloni intorno alle caviglie, seduto in bagno a chiacchierare al telefono con sua moglie Gail. La porta aperta ha inquadrato perfettamente lo scatto. Era un’immagine troppo bella per perderla.
    Robert chiese il permesso di scattare alcune foto. Zappa disse a sua moglie. “Un tizio vuole farmi una foto sul ‘John’”.
    Ha immortalato Frank Zappa seduto sul water. Le foto erano per un articolo sull’Independent Times.
    Nella sua autobiografia, Robert Davidson racconta che, nonostante una di quelle fotografie sia diventata uno dei poster più venduti al mondo nella storia del rock, lui non ha mai ricevuto alcuna royalty.
    Nel libro “I Shot Frank Zappa” Robert racconta gli sforzi nel corso degli anni per reclamare il copyright e la proprietà dei negativi. Circa 48 anni dopo aver scattato le foto, quei negativi sono tornati in suo possesso. Ha ripreso il controllo delle immagini nel 2015.

  • Frank Zappa & Salvador Dalì: unclassifiable Art

    Frank Zappa & Salvador Dalì: unclassifiable Art

    The Grand Wazoo (Think It Over) (Live, dall’album Zappa Wazoo, 2007)

    In copertina: dipinto realizzato da Nick Twaalfhoven

    Salvador Dalì una volta definì Zappa “l’iconoclasta più intelligente e aspro della storia del pop”.
    (Foro Fono, dicembre 1978)

    Durante una breve visita alla East Coast, Eve Babitz (la ragazza che giocava a scacchi nuda con Duchamp) fece in tempo a presentare Frank Zappa a Salvador Dalí (“il mio gesto preferito”) al King Cole Bar del St. Regis, New York. Anche Alice Cooper conobbe Dalì. Questo aneddoto è riportato nel libro “Frank Zappa: A Biography” di Barry Miles. In quell’occasione, non fu permesso a Zappa di entrare senza cravatta ma Dalì gliene passò una. Zappa spiegò a Dalì chi erano i Mothers e lo informò che stavano per provare in studio. Salvador Dalì intendeva assistere alle loro prove e, così, decisero di incontrarsi al Ballon Farm. Sfortunatamente, Herb Cohen (manager di Zappa), non riuscì a convincere il manager del club a far entrare i Mothers, per cui Dalì e sua moglie Gala tornarono delusi in taxi al St. Regis.
    Eve Babitz è stata un’edonista impenitente, la party girl per eccellenza, prima di diventare disegnatrice, fotografa, artista e infine scrittrice di culto.

    La copertina di Zappa Wazoo utilizza il dipinto di Christopher Mark Brennan, ispirato a ”Slave Market with the Disappearing Bust of Voltaire” di Salvador Dali (1940).

    “Un giorno bisognerà ammettere ufficialmente che ciò che abbiamo battezzato realtà è un’illusione ancora più grande del mondo dei sogni”. (Salvador Dalì)
    “L’illusione della libertà continuerà finché risulterà vantaggioso. Nel momento in cui la libertà diventerà troppo costosa, tireranno giù la scenografia e il sipario, sposteranno i tavolini e le sedie e potrai vedere il muro di mattoni in fondo al teatro”. (Frank Zappa)
    C’è molto di Zappa e Dalì che risulta estremamente diverso. La loro vita privata e le inclinazioni politiche difficilmente potrebbero essere più distanti: Dali dalla sessualità deviante riservata, cattolico rinato e monarchico, Zappa che celebra apertamente il sesso, ‘pagano devoto’ e repubblicano (con la ‘r’ minuscola). In gran parte, questo dipende dalle tradizioni molto diverse in cui sono cresciuti.
    Sorprendono di più le notevoli somiglianze del loro approccio al lavoro, nonostante i diversi mezzi usati.
    Innanzitutto, erano entrambi uomini di spettacolo, coltivavano un’immagine di sé stessi altamente memorabile e distintamente strana. A dire il vero, Dalì ha lavorato sulla sua follia eccentrica con un gusto che Zappa non uguagliava ed a cui non aspirava. La stravaganza di Dalì era spesso fine a se stessa, mentre quella di Zappa era al servizio di qualche obiettivo importante.
    La loro produzione è notevole. Zappa ha più di 1200 composizioni protette da copyright e si suppone che Dalì abbia prodotto oltre 1500 dipinti. Ciò che sorprende è la loro ossessione per la qualità, la perfezione al servizio dell’assurdità.
    L’attenzione quasi fotografica, i dettagli iperreali nel creare assurde fantasie oniriche di Dalì. Anche Zappa trascorreva notti intere per ottenere i migliori dettagli sonori di una produzione senza soluzione di continuità.
    Entrambi erano professionisti, maestri della loro arte, pienamente consapevoli di ciò che realizzavano in anticipo sul loro tempo, spesso riferendosi al lavoro dei maestri del passato.
    Il talento di Dalì sarebbe stato riconosciuto più ampiamente se non avesse scelto di dipingere in modo così audace. Questo riconoscimento non gli interessava come non interessava a Zappa: il loro obiettivo erano le assurdità dietro questi preconcetti, dietro la cosiddetta normalità. Zappa e Dalì dimostrano che è la normalità ad essere assurda: una volta che ce ne liberiamo, tutto diventa possibile.
    Bisogna penetrare dietro la loro follia. Dalì è cosciente di sfruttare i sogni, come Zappa è cosciente del massimalismo del suo lavoro: entrambi hanno sfumature psichedeliche. Suggeriscono un uso massiccio di droghe ma né Dalì né Zappa le hanno mai usate (“Non mi drogo. Sono io la droga”).
    Peccato per l’occasione perduta al Ballon Farm di un incontro tra Dalì e i Mothers durante le prove. Col loro amore comune per il Dada (Dalì è menzionato nella lista delle influenze di Freak Out) sarebbe potuta nascere un’interessante collaborazione creativa. Il lavoro di Dalì e Zappa trascende i generi convenzionali. L’apparente follia era il frutto di un lavoro estremamente duro.
    (tratto dall’articolo “Taking themselves surrealiously: Paralloiac Worlds in FZ and Dalì” di Tom Demonay – The Rondo Hatton Report vol X, 21 marzo 2012)

    Il dipinto “Visage du Grand Masturbateur” simboleggia le ossessioni sessuali ed erotiche di Dalì, tanto che è stato definito da una parte della critica come un’opera a carattere autobiografico e citata nell’opera letteraria The Secret Life of Salvador Dalí (1942).

    Eve Babitz
    Eve Babitz gioca a scacchi nuda
    Due immagini con Eve Babitz mentre gioca a scacchi nuda.
    Alice Cooper e Salvador Dalì
    Alice Cooper e Salvador Dalì
  • Stravinsky’s influence in Frank Zappa Music: the ‘stolen’ compositional techniques (part 2)

    Stravinsky’s influence in Frank Zappa Music: the ‘stolen’ compositional techniques (part 2)

    Echidna’s Arf (Of You) (Roxy & Elsewhere)
    Toad of the Short Forest (Weasels Ripped My Flesh)

    https://www.youtube.com/watch?v=O8c5D_PXE2I

    Tecnica compositiva n. 2: Stratificazione
    La seconda tecnica compositiva che Zappa prese in prestito da Stravinsky fu l’uso della Stratificazione, ovvero la separazione delle idee/aree musicali giustapposti nel tempo. Gran parte delle idee presentate sono solo brevi frammenti (che spesso non si risolvono) e questo provoca tensione. Stravinskij incorpora questa tecnica nelle Sinfonie di strumenti a fiato dando aspre dissonanze create dai legni alti e da un corale più bachiano della sezione degli ottoni. L’uso più diffuso della Stratificazione nel lavoro compositivo di Zappa proviene da Echidna’s Arf (Of You) e Don’t You Ever Wash That Thing? (Roxy & Elsewhere e You Can’t Do That On Stage Anymore Vol.2). Un altro esempio di Stratificazione è RDNZL (You Can’t Do That On Stage Anymore Vol. 2).

    Tecnica compositiva n. 3: Polimetro
    L’ultima tecnica compositiva che Zappa prende in prestito da Stravinsky è il Polimetro, caratterizzato da due o più indicazioni di tempo simultanee all’interno di un brano musicale. Stravinskij l’ha incorporato in gran parte
    della sua musica da balletto tra cui “Procession of the Oldest-and-Wisest’ da Rite of Spring.
    Un ottimo esempio di polimetria nella musica di Zappa viene dalla canzone Toad of the Short Forest (Weasels Ripped My Flesh): il brano è stato registrato in studio mentre la sezione del polimetro è stata registrata live e poi inserita nella versione in studio. Nell’introdurre la sezione del polimetro, Zappa spiega al pubblico: “In questo preciso momento sul palco abbiamo il batterista A che suona 7/8, il batterista B suona in 3/4, il basso in 3/4, l’organo in 5/8, il tamburello in 3/4, il sax alto si soffia il naso”.

    Con queste idee di Citazioni musicali, Isomelismo, Polimetro e Stratificazione, senza dubbio Zappa è stato influenzato da Igor Stravinsky nel corso di tutta la sua carriera musicale. Inserendo queste idee nella sua musica, ha dimostrato di rendere onore ad un compositore tanto importante che ha influenzato la sua vita, nella speranza che altre persone iniziassero ad appassionarsi a quella musica che l’ha ispirato.

    (estratto da ‘Stravinsky’s influence in Frank Zappa Music: part 2 & part 2 by John Anthony – The Rondo Hatton Report vol X 21 marzo 2012 e vol XI 21 giugno 2012)

    Hai mai incontrato Igor Stravinsky?
    “No, però ho incontrato il suo postino a Hollywood. In effetti, il suo postino era il mio insegnante di inglese al liceo. Dopo aver lasciato la scuola dove insegnava, ha scoperto che poteva fare più soldi come postino e Stravinsky era sulla sua strada”. (RockBill, novembre 1984)

  • Stravinsky’s influence in Frank Zappa Music: the ‘stolen’ compositional techniques (part 1)

    Stravinsky’s influence in Frank Zappa Music: the ‘stolen’ compositional techniques (part 1)

    City of Tiny Lites (Make A Jazz Noise Here. 1988)
    In-A-Gadda Stravinsky (Guitar, 1988)
    Jumbo Go Away (You Are What You Is, 1981).

    Nel 1944, Stravinsky si recò a Boston per i concerti con la Boston Symphony dove presentò il suo arrangiamento di Star Spangled Banner che un giornalista dell’Associated Press definì uno scandalo nazionale per le armonie strane e un po’ dissonanti. Pare che il pubblico rinunciò ad accompagnare la partitura. La stampa sostenne che il pubblico perplesso accolse l’inno di Stravinsky con un ‘silenzio sbalordito’. Aspettavano di sapere se Stravinsky sarebbe stato arrestato. La sua linea di basso e le voci interiori suggeriscono un accenno al peso russo della “Grande Porta di Kiev”.
    L’immagine di Igor Stravinsky in copertina non è una foto segnaletica ma una foto usata per il visto anni prima, insomma non è stato arrestato per aver profanato l’inno nazionale americano.

    Igor Stravinskij ha avuto un’influenza particolarmente importante nella musica di Frank Zappa.
    Zappa prese in prestito le tecniche compositive da Stravinsky: tra queste, l’Isomelismo, il Polimetro, la Stratificazione e la Citazione musicale.

    Citazione musicale
    Una volta Igor Stravinskij disse: “I buoni compositori prendono in prestito, i grandi compositori rubano”. Frank Zappa deve aver preso a cuore quella citazione.
    Durante tutta la sua carriera musicale, Zappa ha ‘rubato’ molte citazioni musicali a personaggi famosi, compositori e musicisti pop, riproducendo le citazioni alla lettera nella sua musica o prendendo le citazioni per trasformarle in una nuova idea musicale. Alcuni frammenti delle canzoni che ha incorporato nella sua musica includono “Bolero” di Maurice Ravel, “Purple Haze” di Jimi Hendrix, “Theme From Bonanza” e “Theme from Piano Concert No. 3” di Bela Bartòk. Il grosso delle citazioni musicali di Zappa proveniva, però, da Stravinsky.
    Esempi di prestito musicale sono Status Back Baby (Playground Psychotics, 1992) dove inserisce i primi trenta secondi di Petrushka, City of Tiny Lites (Make A Jazz Noise Here. 1988) dove inserisce Royal March da L’Histoire Du Soldat. La band esegue questo brano due volte a ritmo più veloce rispetto al pezzo originale di Stravinsky. In precedenza, nel 1968, Zappa ha usato L’Histoire Du Soldat nella canzone Soft Cell Conclusion (Absolutely Free). Un’altra canzone che contiene una citazione di Stravinsky è In-A-Gadda Stravinsky (Guitar, 1988), probabilmente un’improvvisazione sul palco dove Zappa cita effettivamente la melodia di apertura di Rite of Spring. Un ultimo esempio di citazione musicale è Fountain of Love (Cruising with Ruben & the Jets, 1968) che contiene un finale con Rite of Spring.

    Tecnica compositiva n. 1: Isomelismo
    La prima tecnica compositiva che Zappa prese in prestito da Stravinskij fu l’utilizzo dell’Isomelismo: consiste in una serie di altezze che vengono preservate (o trasposte) mentre i ritmi sono alterati. Brett Clement afferma che Zappa avrebbe potuto trarre l’idea dell’Isomelismo presente in molti dei primi balletti di Stravinskij che lui conosceva molto bene. Esempi di Isomelismo provengono dai brani Oh No (Weasels Ripped My Flesh, 1970) e Jumbo Go Away (You Are What You Is, 1981).

    (estratto da ‘Stravinsky’s influence in Frank Zappa Music: part 1 & part 2 by John Anthony – The Rondo Hatton Report vol X 21 marzo 2012 e vol XI 21 giugno 2012)

    https://www.youtube.com/watch?v=2wg39GZfd_o

  • Frank Zappa & Orchestral Music (part 2)

    Frank Zappa & Orchestral Music (part 2)

    Envelopes – The Mothers 1970 (UMG, 2020)

    “Penso che la principale differenza tra quello che faccio io e la musica classica contemporanea sia che la maggior parte dei suoi creatori non sono “caldi” e non hanno nemmeno il senso dell’umorismo. Sebbene siano persone estremamente istruite, intellettuali, stimolanti e interessanti, la loro musica è di solito terribilmente noiosa” (Frank Zappa, Jazz Forum, settembre 1974)

    Frank Zappa “come musicista era una figura eccezionale perché apparteneva a due mondi: quello della musica pop e quello della musica classica. E non è una posizione comoda”. (Pierre Boulez)

    L’ossessione per l’orchestra perfetta seguì Zappa, con singolare successo, per tutta la vita. The Best Band You Never Heard In Your Life, registrato nel 1988, non è solo uno dei più importanti album live di Frank Zappa, ma anche la conclusione di un vecchio sogno: far suonare una band come un’orchestra.
    Zappa dirigeva in maglietta e con una sigaretta in bocca, una sorta di beffardo monito alla rigidità e alla divisione dei grandi direttori d’orchestra che ammirava.
    (Cuadernos de Jazz, settembre-ottobre 1997)

    Lumpy Gravy (1967) non è un’opera “seria” compiuta, ma un collage unitario di spezzoni varesiani, momenti stile colonna sonora dell’epoca, momenti musical, parti beat, montaggi elettronici e parlato. E’ stato ispirato da Edgar Varése, dal mondo sperimentale della musique concréte, da John Cage, dalla moda per la sperimentazione del nastro tagliato e dall’intera scena avant-garde che si è infiltrata in alcuni filoni del rock intorno al 1966/67.
    Lumpy Gravy è stato l’album in cui Zappa ha diretto una grande orchestra, il primo album da solista: presenta un paesaggio sonoro simile a quello di John Cage, registrato con un’orchestra di 50 elementi.
    Fu pubblicato per la prima volta in una forma diversa, su una cartuccia a quattro tracce, nel 1967, e poi rieditato nello stesso anno per l’uscita in vinile nel 1968.

    Orchestral Favorites è il primo disco veramente classico di Frank Zappa.
    I tour del Grand Wazoo e del Petit Wazoo (1972) danno luogo a importanti momenti orchestrali, da vera e propria big band jazzistica, con partiture curate e al contempo diverse concessioni al free.
    Nel 1982, Zappa aveva i mezzi sufficienti per assumere la London Symphony Orchestra (LSO) e Pierre Boulez gli commissionò di comporre un pezzo per l’Ensemble Intercontemporain. La LSO, orchestra autogovernata, si offrì volontaria per cogliere questa opportunità.
    L’obiettivo di Zappa era quello di ottenere il maggior numero di registrazioni possibile nei circa otto giorni disponibili.
    La LSO ha ricevuto un ampio programma di un’ora e mezza di musica, originariamente pubblicato in due volumi. Il primo del 1983 con nuove composizioni, il secondo del 1987 contenente principalmente versioni per grande orchestra di musica derivante da “200 motels” e “Orchestral Favorites”.

    Pedro’s Dowry è uno dei brani più varesiani ma, rispetto a Varèse, c’è più poliritmia, più scomposizione timbrica, ed è questo il contributo autonomo di Zappa alla musica contemporanea.
    Bogus Pomp, brano appartenente a una fase antecedente della maturazione zappiana (fine anni ’60), fa apprezzare la capacità dimostrata da Zappa di essersi saputo evolvere nel tempo anche nella musica “sinfonica” dando un personale ed originale contributo alla musica orchestrale del Novecento.
    Decisamente riuscito appare Sinister Footwear, noto balletto in tre movimenti, nella versione orchestrale, presente in un raro bootleg (Serious Music, 1983, Berkeley Symphony Orchestra).

    Zappa, affascinato e influenzato da compositori classici come Igor Stravinsky, Varese, Boulez e John Cage, oltre a far eseguire alle sue band arrangiamenti di brani di Bartok, Ravel, Tchaikovsky e Stravinsky sottolinea che scrive principalmente composizioni orchestrali sul suo Synclavier 9600, la tastiera digitale high-tech e il computer di campionamento collegato al suo studio di casa, l’Utility Muffin Research Kitchen.
    È qui che è stata concepita l’ultima gemma di Zappa di un album delle sue opere orchestrali dissonanti, stravaganti e inquietanti, The Yellow Shark.
    Eseguito in concerto dal gruppo di musica classica contemporanea europea Ensemble Modern composto da 25 membri, The Yellow Shark è una raccolta simile a una suite di nuovi arrangiamenti di brani classici di Zappa e nuovi lavori commissionati per il progetto (Pulse! agosto 1993).

    “Con il Synclavier puoi letteralmente sederti e suonare ogni parte di un’orchestra, risincronizzare, modificare e persino riorchestrare ogni parte. Mi dà la possibilità di essere non solo il compositore ma anche il direttore d’orchestra, perché posso orchestrare le dinamiche nel pezzo. Se riesci a pensare in questo modo globale, puoi davvero avere il controllo completo sulla tua composizione”.
    (Stereo Review, giugno 1987)

    https://www.youtube.com/watch?v=ett3jq5iV5M

  • Frank Zappa & Orchestral Music (part 1)

    Frank Zappa & Orchestral Music (part 1)

    Bogus Pomp (Live al Royce Hall, 1975)

    Zappa è stato il primo musicista a portare un orientamento classico nel mondo rock producendo brani che potrebbero essere considerati rhythm and blues sinfonici. Con il suo gruppo, The Mothers of Invention, nell’estate del 1967 Frank Zappa portò una teatralità brutale e spontanea sul palco rock del Garrick Theatre, molto prima che lo facesse chiunque altro.
    Uno dei maggiori contributi di Zappa alla musica contemporanea è aver introdotto la vena melodica anche negli stilemi dell’avanguardia.

    “L’orchestra è il più grande strumento musicale. Suonarlo è un’esperienza incredibile a cui niente è paragonabile, tranne forse cantare un’armonia doo-wop degli anni ’50 e sentire gli accordi uscire bene”. (Frank Zappa, Glissando, marzo 2005)

    “Un’orchestra è molto simile a un dinosauro. La testa è davvero minuscola e il corpo è davvero grande e, quando il pensiero va da lì a qui, la coda è già marcia. Questa è la cosa peggiore dello scrivere per un’orchestra” (Frank Zappa)

    Frank Zappa iniziò a scrivere musica per orchestra da adolescente, dopo essersi ‘innamorato’ di Edgar Varèse, compositore che scrisse intenzionalmente pezzi disarmonici. “Non mi interessavano Beethoven, Mozart o roba del genere, non suonavano in modo interessante. Volevo ascoltare musica strana”.
    A 20 anni Frank Zappa scrisse la prima partitura per large ensemble (Opus 5), una verbosa emulazione di certi lavori di musica per orchestra. E’ la prima musica orchestrale d’avanguardia del giovane Frank Zappa, che presentava come ‘improvvisazione libera’.
    Ha suonato musica ‘seria’ per la prima volta al Mount St. Mary’s College nel 1962. Non aveva mai scritto musica rock and roll fino all’età di 20 anni: scriveva solo musica orchestrale o da camera, che non aveva mai suonato prima del concerto al Mount St. Mary’s College. Il 19 maggio 1963 le composizioni sono state suonate dalla Pomona Valley Symphony Orchestra. Il concerto è stato registrato da Carlos Hagen, impegnato in una produzione radiofonica per la stazione FM underground in forma libera KPFK.
    Da adolescente, Zappa studiò da autodidatta le partiture per orchestra di Webern, Stravinsky e Schoenberg.
    Per lui, il conservatorio imponeva metodi di studio nemici giurati della creatività.
    Zappa dichiarò: “Quelli che oggi definiamo ‘i grandi capolavori della musica’ furono composti per soddisfare i gusti dei sovrani, della Chiesa o dei dittatori, perché erano loro che pagavano. Se un compositore non piaceva a quelle persone era finito, gli tagliavano le dita o la testa, oppure lo mandavano in esilio: non c’erano molte vie di mezzo. Oggi è la stessa cosa. Io non compongo per i re, per la Chiesa o per i governi, ma per i miei amici ed è così che vorrei che si percepisse il mio lavoro: come entertainment”. (Sonora)

    Quando ha formato i Mothers, Zappa aveva scritto molta musica per orchestra e da camera, che non riusciva a far suonare. Gli interessavano certe cose ritmiche non comuni né alla musica popolare né a quella orchestrale e voleva lavorare su quelle. “La band era l’unica cosa che mi avrebbe permesso di farlo”
    (Berkeley Barb, 27 marzo-2 aprile 1980).
    Zappa e i Mothers combinavano musica sinfonica, jazz e brani parlati del teatro dell’assurdo, trasportando il tutto su una base rock ‘n roll, attirando così la curiosità dei giovani. Zappa ha cancellato il confine tra high e pop art, il che ha rappresentato un grande gesto di emancipazione.
    Nel 1968, in una comunicazione ufficiale, Frank Zappa dichiarò che la formazione ideale dei Mothers in quanto “perfetta band di rock’n’roll” sarebbe dovuta consistere in un incrocio tra un’orchestra sinfonica, una big band jazz e un gruppo rock per un totale di 92 strumentisti tra cui, oltre a una marea di archi e fiati, “4 percussionisti che suonino 12 timpani, campane, gong, field drums, tamburi bassi, rullanti, xilofono, woodblocks, lion’s roar, marimba e vibrafono, 4 chitarre elettriche di cui una a 12 corde, un basso e una chitarra elettrica, 2 batteristi e cantanti che suonino anche il tamburello. Non sarò felice finché non avrò tutto questo”.
    (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

    “Ero pronta a dedicare tutta me stessa alla musica di Frank. Lui sapeva veramente quali pulsanti premere, da un punto di vista sia emozionale che musicale, sapeva come sintetizzare le personalità e il talento singolo dei suoi musicisti, il che per me è una dote davvero rara. Non era soltanto un direttore d’orchestra che se ne sta sul palco ad agitare le braccia: ci suonava come fossimo strumenti! Anch’io divenni una perfezionista perché – suppongo – dovevo esserlo. Fu la più grande esperienza della mia vita e anche la più difficile. Frank divorava musica; era l’unica cosa alla quale pensasse. Ascoltavamo la sua musica sull’autobus, durante i soundcheck la provavamo, alla sera la suonavamo e il giorno dopo la analizzavamo: tutto era musica.” (Ruth Underwood)

    https://www.youtube.com/watch?v=3M99UvwXQ1k

  • Frank Zappa & the Twentieth Century: maximum expression of ‘total music’

    Frank Zappa & the Twentieth Century: maximum expression of ‘total music’

    Dupree’s Paradise (Live Edinboro, PA – 8 maggio 1974)
    Mo’s Vacation (registrata all’UMRK, 1982) con Chad Wackerman (batteria/percussioni), David Ocker (clarinetto) e John Steinmetz (fagotto)

    Rispetto ai secoli precedenti, il Novecento è caratterizzato dalla molteplicità, varietà, pluralità musicale a livello tanto esteriore quanto interiore. Nessun secolo ha mai avuto tanti grandi nomi come il Novecento. La lista è davvero lunga, basterà citare i più grandi: Bartòk, Berg, Boulez, Busoni, Cage, Carter, Debussy, Donatoni, Dukas, Gaslini, Gershwin, Gorecki, Honegger, Ives, Kagel, Ligeti, Mahler, Malipiero, Messiaen, Nancarrow, Orff, Penderecki, Petrassi, Pousseur, Ravel, Riley, Satie, Schoenberg, Stockhausen, Strauss, Stravinsky, Takemitsu, Varèse, Webern, Xenakis. Il Novecento è il secolo dell’esplosione musicale, tra neo-classici, avanguardie, post-avanguardie, post-folclorici, autoctoni. E’ il secolo dell’abbondanza qualitativa, della varietà sonora, evoluta e complessa. Molti compositori hanno attraversato più fasi creative diverse tra loro per approccio e stile. La varietà stilistica spingeva certi autori a variare timbrica, melodia, ritmica, armonia anche di singoli brani. Ad esempio, Elliott Carter è passato dal neo-classicismo all’avanguardismo, mentre Stravinsky dopo un’iniziale fase fauve, è passato alla neo-classica e alla musica dodecafonica.
    Nel secolo del molteplice, Frank Zappa può essere definito la massima espressione del Novecento e della ‘musica totale’. La musica totale può essere intesa sia nella tendenza ad approcciare i più disparati generi musicali moderni, sia nella ricerca di una sintesi superiore tra diversi generi e radici. Compositore dichiaratamente anti-accademico, Zappa si è mosso musicalmente nei più svariati contesti. Prima ancora di iniziare ad impegnarsi in prima persona nel mondo della musica, aveva giù programmato la propria opera (Project/Object) con anni di anticipo e tanta lungimiranza. Oltretutto, l’opera di Zappa non presenta una suddivisione netta tra vari generi ma un mix avendo sempre presente i diversi approcci. Tanto che di uno stesso brano esistono diverse versioni (rock, jazz, reggae, orchestrali, ecc.).
    Ad esempio di Dupree’s Paradise troviamo versioni jazz e la versione sinfonica diretta da Boulez (1984). Moe’s ‘N Herb Vacation, brano sinfonico, introduce l’album rock Joe’s Garage. E, ancora, mentre si esibisce in Bogus Pomp, Zappa fa un’autocitazione di Who Needs The Peace Corps (brano tratto dall’album We’re Only In It For The Money). Si potrebbero fare tantissimi esempi, in questo senso. Zappa cita e autocita, utilizza il riciclo dei più diversi materiali.
    La singolarità di Zappa nel saper coniugare complessità e gradevolezza melodica si rinviene anche in Echidna’s Art (Of You) e Don’t You Ever Wash That Thing (sequel da Roxy and Elsewhere, 1974), ma soprattutto in uno dei suoi hit top: Black Page. Eseguito in svariatissime versioni, nasce come “drum solo” (si veda Zappa in New York, 1977), del quale è evidente la derivazione, almeno superficialmente, da Ionisation di Varèse. Un brano infatti che va oltre per poliritmia, per quantità di tuplets e sotto-tuplets. In un tale contesto Zappa riesce a scrivere su questo ritmo intricato una gradevolissima melodia, la cui linea viene condotta principalmente dai mallet instruments, che poi riveste in vari modi, dalla disco al Mingus style al reggae, dallo ska (o era polka?) all’”ambient”, e così via, mettendo a dura prova i suoi bravissimi fidi partners, in particolare l’ottimo Ed Mann.
    (estratto dall’articolo “Frank Zappa, musicista del molteplice” di Fabio Massimo Nicosia)

    Zappa è un lavoro duro. Genio iconoclasta e absolutely free è sicuramente uno dei protagonisti della musica del Novecento. Un eroe americano come Ives, Gershwin, Monk, Cage e qualcun altro. I suoi studi musicali dal punto di vista accademico si riducono a ben poca cosa ma, pur vivendo nella periferia americana, fin da giovane è attratto dall’intensità che sprigiona dalle pagine di Edgar Varèse, il compositore che ha definitivamente riconsiderato il timbro come parametro essenziale della composizione.
    (Marco Dalpane, pianista e compositore)

    Nel 1989, in un programma radiofonico chiamato “Castaway’s Choise”, Zappa ha nominato 10 dischi che avrebbe portato con sé su un’isola deserta. Eccoli:
    1. Octandre – Edgard Varèse
    2. The Royal March from L’Histoire du Soldat – Igor Stravinsky
    3. The Rite of Spring – Igor Stravinsky
    4. Third Piano Concerto, First Movement – Béla Bartok
    5. Stolen Moments – Oliver Nelson
    6. Three Hours Past Midnight – Johnny Guitar Watson
    7. Can I Come Over Tonight – The Velours
    8. Bagatelles for String Quartet – Anton Webern
    9. The Anton Webern Symphony, Opus 21 – Anton Webern
    10. Piano Concerto in G – Maurice Ravel
    (Monster, maggio 2002)

  • Frank Zappa & Wild Man Fischer: FZ experiments with Phonography (field recordings)

    Frank Zappa & Wild Man Fischer: FZ experiments with Phonography (field recordings)

    Wild Man Fischer and Frank Zappa al Beat Club (1970)

    Mothers of Invention and Wild Man Fischer (Live al California State College, Fullerton, 8 novembre 1968)

    Cosa potrebbe dirci l’uso di Fischer da parte di Zappa riguardo al suo Progetto/Oggetto?
    Fischer era un pazzo, questa è la cosa più importante da ricordare. Non era una recita. Quando, alla fine degli anni ’60, Zappa cercava band e artisti per riempire i dischi dei Bizarre roster, lo schizofrenico Fischer – che aveva trascorso la sua vita dentro e fuori dagli istituti psichiatrici e cantava a chiunque volesse ascoltare nella zona di Hollywood – venne scelto.
    Fischer possedeva una finezza musicale riconoscibile. Semplicemente urlava a squarciagola raccontando la sua vita tribolata o qualunque cosa gli passasse per la testa. Zappa ha prodotto un album che era in parte collage di suoni, in parte parlato diretto, canzoni pop o canzonette stupide. Zappa era sempre più interessato alle cosiddette “field recordings” (registrazioni sul campo): era questo il suo piano per Trout Mask Replica (ad esempio, la registrazione nel cespuglio dell’imbarazzante conversazione di Beefheart con due adolescenti terrorizzati).
    An Evening with Wild Man Fischer fu, a quel tempo, il tentativo migliore di Zappa di modellare un album partendo da registrazioni sul campo. Le canzoni sembrano brevi intermezzi, mentre gran parte dell’album è occupato dalle registrazioni dei monologhi di Fischer per strada e in studio.
    Collego questa idea delle registrazioni sul campo (termine usato in antropologia) al concetto di fonografia.
    Phonography era il titolo del primo vero album di R. Stevie Moore (Zappa era un fan del discordante rock aborigeno dei The Shaggs), uscito nel 1977, registrato in casa su reel al registratore a bobina, il nastro consumato dalle continue sovraincisioni delle chitarre. Di Moore usò il termine per caratterizzare il suo marchio di pop anglofilo eccentrico e a bassa tecnologia: il termine è stato utilizzato da altri per descrivere un interesse per la registrazione del suono piuttosto che per la creazione o riproduzione. Isaac Sterling offre la seguente definizione: la fonografia (letteralmente, “scrittura del suono”) si riferisce alla registrazione sul campo.
    Ciò comporta la cattura di qualsiasi evento possa essere riprodotto e rappresentato come suono. Gli eventi uditivi vengono selezionati, inquadrati per durata e metodo di acquisizione e presentati in un formato e un contesto particolari, che distinguono una registrazione dall’evento originale durante cui venne catturato. Sotto questo aspetto la fonografia è analoga a qualsiasi altra forma di registrazione. Si distingue dalla registrazione in generale solo nella misura in cui la cattura del suono è privilegiato rispetto alla sua produzione. Questo pregiudizio riflette un tentativo di scoprire piuttosto che inventare.
    “Scoprire piuttosto che inventare” potrebbe essere il motto di John e Alan Lomax, i musicologi che hanno documentato la musica tradizionale del sud americano e la musica folk di gran parte del resto del mondo, trascinandosi dietro un ingombrante registratore fonografico nel bagagliaio di una berlina Ford.
    E’ interessante l’uso fonografico di Fischer da parte di Zappa perché tenta di collocare una sorta di innocenza all’interno di una realtà brulicante, carnevalesca ma, soprattutto, cinica.
    La prima traccia “Merry Go Round” è una semplice canzone infantile accompagnata da percussioni giocattolo:
    sembra che appartenga alla stanza dei brani musicali a orologeria di Piper dei Pink Floyd.
    Uno dei brani caratteristici di Fischer, “The Wild Man Fischer Story”, racconta la triste storia della sua vita in stile cartone animato, inclusa una voce da donna ebrea molto nervosa che rappresenta sua madre.
    “The Circle”, considerato “il primo successo psichedelico di Larry”, è stato pubblicato come singolo ed è fondamentalmente una jam libera con Fischer che spinge al limite la sua folle interpretazione.

    In “Larry Under Pressure”, Fischer si rivolge a Frank dicendo: “Nonostante fossi felice nel ’61 e nel ’62, sono stato rinchiuso in istituti psichiatrici uno dopo l’altro – sono cresciuto con il fatto che ero pazzo, dormendo con vecchi che pisciavano e cagavano sul pavimento… Sei pronto per questo? Sto cercando di tornare dov’ero nel ’61 e nel ’62, se posso”.

    An Evening with Wild Man Fischer è sincerità e provocazione. Con questo album, Zappa ha messo in mostra non solo l’imprevedibilità e l’energia di cui aveva bisogno dai suoi compagni, ma anche il suo interesse per la fonografia e per insolite giustapposizioni create attraverso la sovraincisione.

    (estratto dall’articolo ‘Larry taught me to go Merry-go-Round: Wild Man Fischer and Phonography di John A Riley, The Rondo Hatton Report vol IX, 21 dicembre 2011)

  • Frank Zappa & Electronic Music: FZ’s pioneering work

    Frank Zappa & Electronic Music: FZ’s pioneering work

    The Return of the Son of Monster Magnet (Freak Out, 1966)
    Jazz From Hell (brano dell’omonimo album, 1986)
    N-Lite (Civilization Phase III, 1991)

    Anche nella musica elettronica, Frank Zappa è stato in grado di indicare nuove strade da percorrere.
    In fondo, ha sempre inserito nei suoi lavori ‘momenti’ di elettronica. E’ sufficiente citare The Return Of The Son Of The Monster Magnet (dall’album Freak Out), brano di musica concreta che l’autore avrebbe voluto completare con ulteriori sovraincisioni ma che è rimasto incompiuto.
    L’elettronica era già presente nel suo concerto del 19 maggio 1963: le composizioni di Zappa (Opus 5 for Piano) sono state suonate dalla Pomona Valley Symphony Orchestra. Queste opere aleatorie richiedevano un po’ di improvvisazione, un pezzo per orchestra e musica elettronica registrata con immagini di accompagnamento.

    https://www.youtube.com/watch?v=TzBpJBv3T34

    In particolare, nell’album We’re Only In It For The Money, ci sono brani di musica elettronica come Nasal Retentive Calliope Music e The Crome Plated Megaphone Of Destiny.

    https://www.youtube.com/watch?v=GCYKXknGlLU

    Ma ce ne sono anche altrove con nastri accelerati e altri trucchi noti post-darmstadtiani. Tuttavia, Zappa si è dedicato sistematicamente all’elettronica solo quando ha iniziato ad usare il Synclavier, nuovo strumento di computer music con cui ha dato vita a brani umanamente ineseguibili sfogando le proprie pulsioni naturali ritmico-timbriche. Non rinuncia al sistema temperato, ma lo porta alle estreme conseguenze.
    Zappa inizia a sperimentare il Synclavier in Zappa Meets The Mothers Of Prevention (1985) con brani che hanno un carattere “pop” ma con poliritmi potenziati, oltre ogni possibilità umana, accelerazioni frenetiche e percussioni sintetiche incalzanti. Nel brano Porn Wars, Zappa elabora con il sintetizzatore voci tratte dalla sua audizione alla Commissione del Congresso sulla questione dei suoi testi “pornografici” allineandosi al filone della cosiddetta musica concreta e concludendo con un grintoso assolo rock di chitarra elettrica. Ancora più interessanti sono due brani al Synclavier di Jazz From Hell (1986): While You Were Art II e il brano (post-jazz elettronico) che dà il titolo all’album.

    Il progetto più impegnativo di Zappa al Synclavier resta, però, Civilization Phase III (1991): nel secondo disco, i brani di questo album ricordano Toru Takemitsu, che Zappa ha esplicitamente dichiarato di ammirare, a cui aggiunge la poliritmia e la percussività, immancabili nelle corde zappiane. In questo album, spiccano Navanax, Buffalo Voice e il pezzo forte N-Lite. Di Buffalo Voice esiste una versione più lunga pubblicata nell’album postumo Feeding The Monkies At Ma Maison, totalmente realizzato al Synclavier e dedicato ai maestri Elliott Carter e Pierre Boulez. Un brano “sospeso”, etereo, ipnotico, dai timbri cristallini e dalle accelerazioni poliritmiche discrete alternate a momenti di stasi. Qui l’influenza di Takemitsu diventa più marcata e l’effetto è ‘psichedelico’. N-Lite non è un semplice brano: è un poema sinfonico o un balletto: la seconda parte è carica di una tale quantità di timbri che – come dice qualcuno – nella storia della musica non esiste nulla di simile. E’ un enorme calderone di suoni ed effetti: potrebbe apparire come aleatorio e caotico ma Zappa non lascia nulla al caso. N-Lite fa parte delle opere più importanti dello Zappa “serio” e si pone come capofila della computer music contemporanea.

    Un altro brano da non perdere, sempre al Synclavier, è Grand Wazoo (da non confondere con il disco omonimo). E’ stato pubblicato nell’album postumo Lost Episodes: raffinato, ricercato nelle nuance timbriche, rivela un gusto sofisticato di Zappa che non tutti conoscono.
    La musica ‘seria’ di Zappa include monologhi e dialoghi che rappresentano veri e propri recitativi moderni nell’ambito della ‘musica concreta’, basata su suoni e rumori naturali. Nei lavori di John Cage il ‘parlato’ faceva parte del suo apparato musicale tanto quanto il silenzio. Da questo punto di vista, Zappa non ha inventato nulla, l’ha solo sviluppato e personalizzato con nuove implicazioni.
    Esiste una versione al Synclavier della colonna sonora del documentario Outrage At Valdez, brano eseguito in versione molto più breve dall’Ensemble Modern in The Yellow Shark.

    https://www.youtube.com/watch?v=I8_wz-UmMec

    Pensiero di Zappa su Edgar Varèse
    “È un grande errore associare Edgar Varèse ai compositori elettronici perché non c’è un compositore elettronico in giro oggi che possa baciargli le scarpe. Riuscì ad ottenere nuovi suoni da strumenti normali. Sognava suoni che erano disegni e forme e che nessuno aveva mai sognato prima; suoni che potrebbero essere facilmente eseguiti oggi con apparecchiature elettroniche. Ha trovato un modo per ottenere quei suoni con un’orchestra e questo è fare qualcosa di significativo”.
    (Frank Zappa, The Valley News, 30 dicembre 1977)

  • Frank Zappa & guitar solos: evolution in rock from the late 60s to the 80s

    Frank Zappa & guitar solos: evolution in rock from the late 60s to the 80s

    Nine Types Of Industrial Pollution (1972, chitarra acustica)
    Black Napkins – Zoot Allures (Live 1979, Baby Snake)
    After Dinner Smoker (Live al Palasport di Genova, 1988)

    Dopo il 1974 la musica di Frank Zappa si fa più dura, aggressiva, elettrica. La band abbandona i fiati, il jazz e il funk di Overnite Sensation per ridursi ad un organico molto ristretto di chitarra, basso, batteria e tastiera. Un disco ‘minore’ di questo periodo è Zoot Allures insieme a tanti live dal vivo in bootleg o album postumi.
    Siamo nel 1975-1976. Con Zoot Allures Zappa sperimenta un nuovo modo di approcciarsi all’assolo di chitarra, più articolato e “compositivo”; i tuplet cominciano a farsi frequenti anche nell’improvvisazione fino a sfociare nel triplo album Shut Up And Play Your Guitar, che raccoglie assoli dal ‘76 al ‘79.

    Negli anni 1967-68, la chitarra di Zappa non è distorta, ha spesso un andamento da saltarello-tarantella enfatizzato dall’ossessivo drumming di Jimmy Carl Black, con la sua iterazione ipnotica, probabilmente voluta. Fa eccezione Nine Types of Industrial Pollution (dell’album Uncle Meat) che resta un unicum creativo nella storia della chitarra rock.
    Negli anni 1970-1972, il solismo zappiano si fa più swing e più elaborato, pur mantenendo sempre le tracce da tarantella.

    Nel 1973-1974 la chitarra di Zappa diventa sempre più blues calando di tono. Ha bisogno di concentrarsi sulla chitarra, così licenzia gran parte dei collaboratori (anche per ragioni di carattere economico). I brani della svolta sono Zoot Allures, Black Napkins e The Torture Never Stops, che dal vivo vengono eseguiti in mille versioni, sempre più evolute. Le influenze si ampliano, la musica diviene più marcatamente modale, si fanno strada le scale a toni interi. La sua musica è ispirata all’etnico, al greco-cretese, soprattutto ai raga di Ravi Shankar. Un’evoluzione dimostrata in Shut up.
    Ad un certo punto, lo stile chitarristico di Zappa riceve un impulso dall’attento ascolto di Phil Miller in certe performance, soprattutto dal vivo, degli Hatfield and the North (1974). Il capitolo mai aperto, soprattutto per carenze culturali del giornalismo musicale, è quello del rapporto tra Zappa e il prog inglese, secondo le dichiarazioni di amore dello stesso Zappa nei confronti dei Gentle Giant e di Allan Holdsworth.

    Nel 1976 il timbro è poco (o non affatto) distorto, mentre si fa più hard nel 1977. In Sheik Yerbouti (1977), Zappa flirtava anche con il punk, si nota un nuovo passo in avanti nel modo di concepire l’assolo; lo stesso avviene in Tinsel Town Rebellion (1980). Rispetto al 1976, perde un po’ in swing ma ci guadagna in complessità armonica e ritmica grazie alla diffusione dei tuplet.
    Nel solismo di Joe’s Garage, il timbro continua a non essere distorto; l’andamento è sinuoso, ipnotico, circonvoluto, arioso.
    Dopo il 1979 e almeno fino al 1982 (col passaggio dal batterista Vinnie Colaiuta a Chad Wackerman), la chitarra di Zappa si fa ancora più dura, sempre più ricca di contorsioni, per poi ammorbidirsi un po’ nel 1984 (lo dimostrano il doppio album Guitar e i vari volumi di YCDTOSA, oltre che in Them or Us). Pensiamo, in particolare, ai vari assoli tratti da Inca Roads e all’assolo che accompagnerà Black Page.

    Un disco importante del 1982 è Ship Arriving Too Late To Save A Drowning Witch, con svariati assoli, in cui Zappa non perde il gusto per la composizione rock-complessa e poliritmica.
    Nel solismo zappiano si notano talvolta momenti “antiestetici” (di cui il compositore è perfettamente consapevole). Probabilmente, si tratta di una specie di cageana “estetica del brutto”. Se ne deduce che l’influenza di John Cage su Zappa sia superiore a quanto di solito non si pensi.
    Nella tournée del 1988 (e nel disco Trance Fusion) il solismo di Zappa si evolve ancora con brani più hard alternati a brani più “acustici” ma i tuplet si moltiplicano.
    Prima di morire, Zappa ci ha riservato un’altra sorpresa. Nei suoi sporadici concerti nell’Est Europa del 1991, il sound della chitarra si distende e si rilassa, il timbro (pur distorto) si affievolisce. Risuonano più evidenti gli echi di Jerry Garcia. Lo stile di Zappa recupera un certo “swing”, che già si notava nel 1988.

    Qualche considerazione sulle canzoni prettamente rock di Zappa:
    – Rappresentano un’occasione per sviluppare i suoi testi provocatori legati al free speech e al primo emendamento;
    – Servono ad allentare la tensione dovuta a brani più complessi per far tirare un sospiro di sollievo ad un pubblico meno sofisticato;
    – Pur essendo più complesse di quelle presenti sul mercato, sono relativamente commerciali. Servono a Zappa per fare un po’ di soldi da reinvestire in imprese più impegnative, auto-finanziate come quelle orchestrali;
    – Sono una buona occasione per lanciarsi in assoli;
    – Talvolta, erano piccole ‘opere’ che a Zappa, effettivamente, piacevano (pensiamo al trittico I’m A Beautiful Guy / Beauty Knows No Pain / Charlie’s Enormous Mouth da You are what you is).