The Blue Light (Tinseltown Rebellion, 1981)
La cosa sorprendente di Zappa è il fatto che sia riuscito a sviluppare un ampio orizzonte musicologico senza alcun riferimento estetico. La sola estetica che riconosce è il proprio orecchio: mi piace o non mi piace.
All’età di 18 anni, Zappa iniziò a suonare seriamente la chitarra, cui aggiunse per un certo periodo di tempo la pittura vincendo premi come quello del “Concorso artistico statale”.
Nel 1964, con il gruppo “Mothers of Invention”, Zappa lanciò ufficialmente la sua carriera musicale. Il progetto Mothers era stato attentamente pianificato 18 mesi circa prima del decollo. “Stavo componendo un mix, un prodotto utile per colmare il divario tra la musica cosiddetta seria e quella cosiddetta popolare”.
Il processo preferito da Zappa in tutta la sua vita fu amalgamare tutto ciò che gli piaceva in modo del tutto personale. Non possiamo parlare di stile: il suo era un processo a scopo di intrattenimento, da non confondere con qualsiasi forma di espressione artistica. Niente è serio, tutto è divertente: tutto ciò che fa lo fa per il piacere suo e dei suoi amici. A lui interessa la struttura complessiva delle sue creazioni, non il valore estetico. Usa l’arte rifiutando l’aspetto simbolico e normativo ad essa attribuito. L’arte per lui non è più un aspetto sublimato del mondo ma piuttosto un ostacolo alla creazione. A Zappa non interessa l’arte: la creazione è intrattenimento gratuito, mentre il mondo dell’arte un inganno rivolto a persone che si considerano più ‘avanzate’.
Le persone che dipingono e le cui opere sono ammirate dai ricchi nei cocktail party evocano un mondo falso: “io non partecipo a questo mondo”. “Questo non li rende migliori, ma imbroglioni di un falso modo di vivere. Il mondo dell’arte è davvero un mezzo per abusare delle persone che hanno creato quest’arte in primo luogo”. (Zappa & Marshall, 1988).
Per Frank l’arte non è altro che il prodotto alienante di standard artistici, soggetti alla volontà e ai capricci di chi pagava (re, papi, nobili). “Oggi abbiamo le emittenti, i programmatori, DJ e manager di case discografiche: reincarnazione comune di stronzi che hanno plasmato la musica del passato” (Zappa, 1989).
L’arte stessa è diventata norma. Per trascendere questa norma, bisogna negare l’arte e ripiegare su una volontà creativa percepita solo come intrattenimento. “Il ‘manuale dell’armonia’ contemporaneo è l’incarnazione dei canoni estetici vigenti, di questi mali elencati sotto forma di catalogazione” (Zappa, 1989).
Fare arte è tracciare una linea tra il buon gusto e il cattivo gusto, tra il serio e il popolare, secondo criteri definiti; è imporre un limite alla nostra stessa capacità di immaginazione. L’apprendistato musicale di Zappa non considerava i confini tracciati dall’arte, lui si escludeva dai canoni estetici vigenti progettando opere secondo il proprio gusto. Poiché la norma stabilita lo rifiuta, Frank rifiuta la norma stabilita. Se la sua musica non può essere considerata arte è perché l’arte è limitata, pretenziosa (per la sua pretesa di buon gusto). Se la sua musica non è abbastanza seria per essere ritenuta arte, peccato; ‘Lei’ sarà intrattenimento. Così, il compositore arriva a respingere qualsiasi limite normativo alla sua creazione e ci riuscirà tenendo fede al sacro motto della fantasia: “mai prendersi sul serio!”.
Per Zappa, la musica è una creazione personale che si inserisce nel mondo; è uno spazio di libertà cristallizzata. Il compositore non ha altra scelta che diventare ribelle alle norme della società.
Tutto il lavoro di Boulez infrange gli standard musicali nel suo processo compositivo, ma Boulez ha qualcosa da dire in merito. La libertà non è licenziosità. Boulez spiegò che, spesso, “la dissolutezza rasenta la monotonia”. La libertà creativa non può essere il frutto del dilettante; richiede piuttosto disciplina lontana dalla pigrizia, che esplora il mondo delle possibilità. Una tale esplorazione richiede un impegno e una devozione senza cui si corre il rischio di finire in una nuova norma, in una nuova forma di monotonia.
Zappa, la cui disciplina di lavoro l’ha spinto a comporre mediamente 12 ore al giorno, ha creato un paradosso: dobbiamo stanare le discipline che restringono la libertà e la libertà si trova solo attraverso la disciplina.
Se Zappa incarna l’intellettuale specifico, lo incarna in tutta la sua contraddizione.
(tratto da “Frank Zappa: un intellectuel spécifique” par Marc-André Gagnon, articolo pubblicato su Circuit v14 n3 2004)