Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Categoria: What does it mean?

  • Frank Zappa – The Idiot Bastard Son (1968): meaning & review + cover Sting

    Frank Zappa – The Idiot Bastard Son (1968): meaning & review + cover Sting

    “The Idiot Bastard Son” di Frank Zappa è una traccia dell’album “We’re Only in It for the Money” del 1968.
    Questa canzone provocatoria e satirica punta il dito sulle norme sociali e sulla natura discutibile dell’autorità.

    Zappa esplora il concetto di “figlio bastardo idiota” visto come un emarginato nella società. I testi descrivono questo personaggio come qualcuno che viene rifiutato dalla famiglia, etichettato come un disadattato e gravato dal peso del pregiudizio. Frank Zappa prende spunto da un personaggio outsider per criticare i valori ipocriti e le aspettative imposte dalla società. Mette in discussione il significato di individuo “normale”, gli standard convenzionali dettati dalle figure autoritarie.
    La canzone inizia con un vocalizzo enigmatico e distorto, dando un tono disorientante che prepara l’ascoltatore al viaggio anticonvenzionale che lo attende. Accompagnati da un inquietante sottofondo musicale, i versi iniziali ci introducono al personaggio centrale, il figlio idiota bastardo.
    Questo individuo è emarginato e rifiutato dalla società a causa di circostanze che sfuggono al suo controllo. Zappa non perde tempo a sottolineare le origini di questa sfortunata figura. Il testo suggerisce che il padre è un membro del Congresso con affiliazioni naziste, mentre la madre è descritta come una prostituta di Los Angeles. Questa giustapposizione di potere e corruzione morale dipinge un quadro desolante del background familiare del bambino, un prodotto dell’ipocrisia e dell’oscurità che esistono all’interno delle istituzioni della società.
    I versi successivi evocano un senso di tragica ironia, poiché il bambino viene abbandonato a morire nel retro di un’auto. È Kenny, probabilmente riferendosi a Kenny Glover, uno dei percussionisti di Zappa, a salvare il bambino, nascondendolo in un barattolo. Questo atto di conservazione simboleggia un barlume di speranza in mezzo alla dura realtà che si trova ad affrontare.
    L’intento di Zappa con “The Idiot Bastard Son” è smascherare l’assurdità e i difetti dell’ordine sociale predominante. Facendo luce sul maltrattamento e sull’emarginazione di coloro che non si adattano agli schemi sociali, invita gli ascoltatori a riconsiderare le proprie nozioni preconcette e ad abbracciare l’individualità.
    Invita all’azione esortando gli ascoltatori a mettere in discussione l’autorità, a sfidare lo status quo, a riconoscere i difetti all’interno dell’ordine sociale esistente.
    Attraverso questa canzone, Frank Zappa ci invita a rivalutare i nostri pregiudizi e a lottare per una società più inclusiva e accogliente.
    D’altronde, l’intero album We’re Only in It for the Money è una critica satirica del clima culturale e politico della fine degli anni ’60. Si prende gioco della commercializzazione del movimento della controcultura, rappresenta una parodia dei vari aspetti della società americana.
    Al momento della sua uscita, la canzone ha ricevuto reazioni contrastanti. Alcuni apprezzarono la sua natura stimolante e la sperimentazione musicale di Zappa, mentre altri lo trovarono controverso e difficile da comprendere.

    STING
    Nel 1988, Frank Zappa invitò Sting, ex bassista/cantante dei Police e in seguito artista solista, ad esibirsi con la band a Chicago.
    In quell’occasione, Sting ha eseguito la sua canzone Murder By Numbers dall’ultimo album dei Police Synchronicity. Questa performance può essere ascoltata nell’album Broadway The Hard Way di Zappa.
    In una nota di ringraziamento, dopo lo spettacolo, Sting ha lasciato un messaggio a Frank: “Per favore, spediscimi lo spartito di The Idiot Bastard Son, non te ne pentirai”.
    Sting ha eseguito la cover di The Idiot Bastard Son nel suo tour dell’88. Il nome dell’artista è anche incluso nell’elenco dei nomi sulla copertina dell’album The MOFO Project/Object (2006).
    (Wiki Jawaka)

  • Frank Zappa – Hungry Freaks, Daddy (1966 – MOFO): meaning, review

    Frank Zappa – Hungry Freaks, Daddy (1966 – MOFO): meaning, review

    Hungry Freaks, Daddy (1966, dall’album Freak Out!)

    Hungry Freaks, Daddy è la potente canzone di protesta per eccellenza di Frank Zappa. Si addentra nei problemi sociali e culturali prevalenti nell’America della metà degli anni Sessanta.
    La frase ripetuta “Mister America, Walk on by” esorta il popolo americano a confrontarsi con i problemi della società anziché trascurarli e fare finta di niente. Zappa critica il sistema educativo, non in grado di insegnare e di entrare in contatto con le giovani menti, lasciandole insoddisfatte e incapaci di pensare in modo critico.
    Il verso “The minds that won’t be reached” (le menti che non vengono raggiunte) evidenzia la frustrazione degli emarginati, ignorati da coloro che occupano posizioni di potere.
    Zappa introduce il concetto di “Hungry freaks” (fanatici affamati): li descrive come coloro che rifiutano di conformarsi alle norme sociali e di tacere sulle ingiustizie di cui sono testimoni. L’espressione “Hungry freaks” simboleggia la fame di cambiamento, sia in termini di giustizia sociale che di libertà individuali. Usando il termine “Daddy”, Zappa suggerisce che questi individui emarginati sono alla ricerca di una conferma, di un riconoscimento e sostegno da parte di chi detiene il potere.
    La canzone prosegue con una critica pungente del consumismo americano e dell’illusione del sogno americano. Zappa sottolinea come la ricerca della ricchezza materiale abbia portato a trascurare il benessere emotivo e intellettuale degli individui. I riferimenti al “sogno del supermercato” e al “negozio di liquori supremo” rappresentano la natura totalizzante del capitalismo, che privilegia il profitto rispetto all’umanità.
    Zappa sottolinea le conseguenze di questa ideologia consumistica: la ricerca della ricchezza nega opportunità a chi è considerato meno fortunato. La frase “The useful minds that it denied” (le menti utili che ha negato) rivela come gli emarginati siano trascurati e scartati dalla società. La canzone affronta il declino morale del sistema americano, accusando coloro che detengono il potere di chiudere un occhio e di farsi da parte rispetto alle loro responsabilità nei confronti degli svantaggiati.
    L’uso della ripetizione da parte di Zappa, in particolare nel ritornello “They won’t go for no more / Great mid-western hardware store”, trasmette un senso di rifiuto collettivo di accettare lo status quo. Il negozio di ferramenta diventa simbolo di valori e ideologie tradizionali che rifiutano il cambiamento progressivo.
    Coloro che osano sfidare l’ordine stabilito sono etichettati come “freaks” e sono alienati dalla società. Nel complesso, “Hungry Freaks, Daddy” è un’accusa sprezzante della società americana degli anni Sessanta.
    Utilizzando testi provocatori e immagini vivide, Zappa sfida gli ascoltatori a mettere in discussione i valori della loro società e li costringe a confrontarsi con verità scomode su se stessi e sul mondo.
    (songtell)

    Il riff di apertura di Hungry Freaks, Daddy è una sorta di specchio di “Satisfaction”: è stato scelto per Valleri dei Monkees.
    I musicisti in studio “The Wrecking Crew” hanno suonato la maggior parte della strumentazione su FO (e AF e WOIIFTM) ottenendo la tipica sensazione psichedelica degli anni Sessanta che Frank abbandonò per la maggior parte degli album successivi.
    Questa canzone è stata scritta per Carl Franzoni, il leader delle United Mutations.
    E’ la prima canzone ad aver dichiarato in modo così eloquente la ribellione contro lo status quo in uno stile punk rock prima ancora che il punk nascesse. E’ la canzone dei mostri che non rientrano nello standard americano ideale.

    A tutti i fichetti del mondo e a quelli carini voglio dire una cosa: ci sono più brutti figli di puttana come noi che persone come voi!” (Frank Zappa)

  • Frank Zappa – Rollo (live): meaning

    Frank Zappa – Rollo (live): meaning

    Rollo (Live) – One Shot Deal, 2008

    Rollo fa parte dell’album Little Dots. E’ stato pubblicato il 4 novembre 2016 da Zappa Family Trust come il sequel di Imaginary Diseases (2006).

    Questo brano è incentrato sulle dinamiche del potere, sull’obbedienza e su certe assurdità delle aspettative della società. E’ un commento sociale sul comportamento umano, tra abili giochi di parole e immagini giocose.

    “Il nome di quel cagnolino era Rollo, i suoi atteggiamenti da cagnolino erano falsi”.

    La canzone inizia presentando un uomo e un cane seduti su un tronco. L’uomo esercita un controllo sul cane, gli fa mordere un bastone fino a fargli consumare tutta la corteccia. L’uomo sta affermando il suo dominio sul cane. “Apri le mascelle e alza la zampa”: questa frase sottolinea il controllo, l’uomo ordina al cane di compiere determinate azioni.
    Si chiama Rollo anche l’uomo protagonista della seconda strofa, alle prese con una donna. Il rapporto tra i due rispecchia quello del cane con l’uomo.
    L’uomo Rollo è sotto controllo di sua moglie. La donna (Swallow) è apparentemente soggetta alle stesse aspettative della società.

    Frank Zappa aveva un’idea molto chiara sul rischio di una società ‘matriarcale’.
    L’ha descritta bene nel corso di un’intervista pubblicata su Discoscene nel maggio 1968.

    Cosa ne pensi del maschio adulto di oggi, in particolare dei padri?
    “Penso che il padre sia stato così evirato nella società americana che non ha il coraggio di fare nulla per le cose che lo infastidiscono. Ha semplicemente permesso a sua moglie o alla sua ragazza di prendere in mano la sua vita per lui. Tengono traccia dei suoi soldi, dei suoi vestiti, prendono decisioni per lui che dovrebbe prendere lui stesso. Praticamente gestiscono la sua vita. L’America ha la possibilità di trasformarsi in una deprimente società matriarcale. Questa tendenza sembra esistere da sempre”.

    Ma ci sono uomini che si rendono conto che qualcosa non va e vogliono sistemare le cose.
    “Ma ci sono così tante donne che sono così avide di quel potenziale potere che, seppure avessero la possibilità di sistemare le cose, non lo farebbero. Penserebbero a quanto sono emancipate, a questo o quello. . . ma sono pur sempre donne. Dovrebbero fare quello che gli viene detto come pulire la casa. Se vogliono avere una sorta di vita intellettuale è fantastico. Ma se sono sposate hanno altri doveri di cui devono occuparsi. Fa parte delle regole. Dovrebbero accettare quello che devono fare. Sfortunatamente, molti uomini dovrebbero essere buoni padri, buoni leader, bravi in questo e in quello, anche se potrebbero essere baby sitter migliori”.

    A volte i ruoli sono invertiti.
    “Beh, se tua moglie ha un buon cervello e un buon lavoro, e tutto quello che puoi fare è trovare un lavoro in una stazione di servizio, manderei anche lei a lavorare. Ma mi assicurerei che sapesse chi è il capo, una volta tornata a casa. Sono stato sostenuto per due anni dalla mia prima moglie. Era una sensazione spiacevole sapere che qualcun altro stava portando i soldi, ma non avevo molta scelta. Con il tipo di lavoro in cui mi trovavo, non riuscivo proprio a trovare lavoro. Dovevamo sopravvivere. Quindi faceva la segretaria e portava a casa la pancetta. Nel frattempo, ero un compositore solitario che non riusciva a far registrare o vendere nulla. Ho continuato a scrivere.
    Alla fine, abbiamo divorziato. Non ce la facevamo più e mi sono trasferito in studio. Non c’era né la vasca né la doccia. Non avevo cibo, né soldi, ma avevo un intero studio. Mi sedevo lì e facevo più registrazioni. Potevo collegare la chitarra direttamente alla scheda. Avevo una batteria, un pianoforte, un basso elettrico: potevo suonare tutti gli strumenti da solo e registravo per 11 ore di fila, solo per farlo. Non c’era luce nello studio, non entrava la luce del giorno. Non sapevo che giorno fosse, che ora fosse. Stavo solo andando fuori di testa con tutta questa attrezzatura, che era davvero roba piuttosto semplice”.
    (Frank Zappa, Discoscene, maggio 1968)

  • Frank Zappa e l’ecologia – Planet of my dreams

    Frank Zappa e l’ecologia – Planet of my dreams

    Frank Zappa, Planet of my dreams (dall’album Them or Us, 1984)
    L’ecologia è un tema che stava molto a cuore a Frank Zappa.
    Ho già pubblicato Outrage at Valdez, la colonna sonora per il documentario della Cousteau Society sulla fuoriuscita di petrolio della nave cisterna Exxon Valdez in Alaska – 1990.

    https://www.youtube.com/watch?v=I8_wz-UmMec

    Un altro brano significativo in tema di salvaguardia dell’ambiente è Planet of my dreams il cui testo è inequivocabile:

    “La Terra, la mia Terra ha le giunture gonfie. E’ piena di intrighi e sotto i raggi del Sole, quando splende, la gloria delle nostre scienze e le nostre alleanze militanti rivelano la loro quintessenza lungo i mucchi di elettrodomestici rotti. La Terra, la mia Terra… sento le sue grida soffocate… anche se spesso sembra dai raggi della televisione che laggiù l’ignoranza sia endemica e che i lacchè del governo se ne freghino…”.

    Originariamente, “Planet of My Dreams” faceva parte di un musical mai realizzato (Hunchentoot, la cui sceneggiatura è stata pubblicata nel libro “Them or Us”). Parti di questo spettacolo teatrale sono state inserite nell’album Sleep Dirt.
    Planet of my dreams affronta temi ambientali, tecnologici e socio-politici. La Terra ‘rigonfia’ suggerisce ecosistemi compromessi, il rischio di esaurimento delle risorse del nostro pianeta. Gli interessi in gioco li conosciamo tutti: politici, economici, scientifici, militari. Il danno ambientale provocato dall’uomo è la conseguenza di una mancanza di responsabilità in ambito politico e governativo, ignoranza diffusa, indifferenza, corruzione ai vertici del potere.
    Il cantante Bob Harris ripete ‘Non posso farlo”: si rifiuta di venire meno ai suoi principi nonostante tutto, di agire come gli altri rinunciando ai suoi valori. E’ l’idea stessa di Frank Zappa, della sua preoccupazione per la salvaguardia ambientale.

    Nel 1990, Frank Zappa aveva proposto la Magnetoidrodinamica in Cecoslovacchia.
    Ecco un estratto da un articolo del 19 marzo 1990 pubblicato su The Nation.

    Frank Zappa sta collaborando con il governo cecoslovacco come emissario per la cultura.
    Zappa, che è stato coinvolto in joint venture USA-sovietiche, si è recato a Mosca a gennaio per il Financial News Network per aiutare a mettere insieme un programma televisivo in cui imprenditori sovietici e americani avrebbero discusso di potenziali opportunità di business.
    Mentre era in Unione Sovietica, decise di andare a Praga per girare alcuni brevi servizi giornalistici per la FNN. Subito dopo il ritorno dalla Cecoslovacchia, Zappa ha parlato con l’editore di Washington David Corn.

    “Václav Havel e i suoi consiglieri vogliono l’industria, ma non vogliono importare imprese che aggraveranno i problemi ecologici lasciati dai comunisti. Poiché la Cecoslovacchia brucia ancora molto carbone, ho suggerito al governo di esplorare la magnetoidrodinamica (MHD). Questo è un processo in cui il carbone di bassa qualità viene bruciato ma le emissioni vengono pulite, messe in un circuito e utilizzate per aumentare la produzione di elettricità come un turbocompressore. Come faccio a saperlo? Nel 1986 mi sono seduto su una rete di aerei per un lobbista di TRW che ha sviluppato MHD. Il mio socio Jim Nagle sta ora raccogliendo informazioni su MHD da inoltrare a Praga. Quasi tutte le compagnie telefoniche dell’impianto sono state a Praga offrendo di riparare il sistema telefonico inefficiente del paese. Come c’era da aspettarsi, il prezzo è enorme. L’anno scorso, ad esempio, AT&T ha annunciato un accordo con il governo italiano per ricablare i telefoni lì al costo di $ 30 miliardi. Nessuna di queste società aveva suggerito al governo cecoslovacco, come ho fatto io, di passare al cellulare. Salti il ricablaggio e distribuisci telefoni cellulari a tutti. Ciò renderà superflua la tesatura di cavi attraverso edifici antichi con nove secoli di storia”. (Frank Zappa, The Nation, 19 marzo 1990)

  • Frank Zappa e l’FBI – Dickie’s Such an Asshole (cronaca)

    Frank Zappa e l’FBI – Dickie’s Such an Asshole (cronaca)

    “Dickie’s Such an Asshole” (You Can’t Do That on Stage Anymore Sampler – Zappa Records / Barking Pumpkin Records Zappa 7): versione più lunga rispetto a quella inclusa in You Can’t Do That on Stage Anymore Vol. 3.
    FAIR USE

    ”PENSO CHE L’FBI MI TENGA D’OCCHIO” (Frank Zappa)
    L’FBI otterrà il tuo numero
    Ti prenderà
    avrà il tuo numero
    Hanno già la tua foto
    hanno anche le tue impronte digitali.
    Non posso avere conversazioni private
    da nessuna parte negli Stati Uniti
    L’uomo alla Casa Bianca, ooh
    ha una coscienza nera come il peccato !

    Frank Zappa è stato tenuto sotto controllo dall’FBI, così come altri grandi artisti della storia del rock (uno su tutti John Lennon). Gli fu offerta la possibilità di tenere un talk show sul Financial News Network (FNN):
    “Andai a fare questo special sull’Unione Sovietica, ho raccolto informazioni, ho fatto interviste e sono tornato per mandare in onda lo spettacolo. Coloro che gestivano la FNN, però, erano parecchio preoccupati. Ricordo che addirittura misero un avviso prima del programma del tipo “le opinioni del signor Zappa sono solo le sue e bla bla bla”. A dire il vero non so cosa cazzo si aspettavano che dicessi una volta arrivato, è stato tutto così strano.”
    “C’è stata poi questa intervista con un ragazzo di un istituto di ricerca finanziaria a Mosca sulle fabbriche militari e sull’idea di trasformarle in produzioni di beni di consumo. Un ragazzo dell’ambasciata australiana mi disse invece che gli australiani stavano lavorando con i russi per entrare nel business aerospaziale. Sono tornato con un mucchio di notizie interessanti, ma nessuno voleva ascoltarmi, nessuno voleva che fossero diffuse.”
    “Immagino che da qualche parte ci sia un fascicolo dell’FBI con il mio nome…sì, insomma. credo davvero che ci sia. Penso che mi stiano tenendo d’occhio da un po’ e, a dirla tutta, la cosa non mi preoccupa più di tanto.”
    L’esperienza diretta del fallimentare sistema sovietico ha spinto Zappa a creare Why Not? Inc per aiutare a sviluppare affari nell’ex comunità del blocco orientale.
    L’intervista su FNN non ebbe mai luogo, ma l’interesse per Zappa da dietro la cortina di ferro divenne molto evidente. (Cutting Edge, agosto 1993)

    Dagli anni Cinquanta del secolo scorso, all’interno dell’FBI, era stato messo in piedi il programma COINTELPRO.
    Creato dal famigerato J. Edgar Hoover, direttore del Federal Bureau per quasi 50 anni, il Cointelpro aveva lo scopo di distruggere i movimenti contro la guerra (Vietnam) e quelli con simpatie anarchiche, comuniste e socialiste, ma anche di perseguitare gli attivisti omosessuali, le femministe, le organizzazioni antirazziste dei neri e dei nativi americani.
    Un’indagine condotta dalla Commissione Church del Senato stabilì che “il progetto COINTELPRO ebbe inizio nel 1956, in parte per la frustrazione nei confronti delle sentenze della Corte Suprema che limitavano i poteri governativi nel procedere apertamente contro i gruppi dissidenti”. Commissioni ufficiali del Congresso e diverse sentenze giudiziarie hanno concluso che le operazioni di COINTELPRO hanno superato i limiti statutari delle attività dell’FBI e violato le garanzie costituzionali di libertà di espressione e di libertà di associazione”.
    Per portare avanti la sua guerra, COINTELPRO diffamava, terrorizzava, provocava le personalità che, per carisma e fama, potevano creare simpatie e consenso per tali movimenti. Furono numerosi gli uomini e le donne di cultura e spettacolo schedati e inseriti nel Security Index dell’FBI negli anni Sessanta: tra questi Frank Zappa, Jimi Hendrix, John Lennon e Jim Morrison sono quelli più noti.
    Sarà la Commissione Church a rivelare, negli anni Settanta, buona parte dei dossier segreti di FBI e CIA.

    “C’era questa entità creata da Ronald Reagan chiamata Department of Domestic Diplomacy. Se guardi nel manuale Iran-Contra, lo scoprirai”.
    “Il tizio che ha incaricato di gestire questa cosa non aveva un indirizzo, un numero di telefono. Non potevi chiamare l’elenco di Washington e ottenere il numero del Dipartimento della diplomazia interna. Il tizio che lo gestiva era Otto Reich, che era il capo della disinformazione per la CIA. Dovresti cercare Iran-Contra nel sommario. Avevo sentito qualcosa a riguardo ma non potevo credere che fosse reale. Sono andato su C-SPAN e ne ho parlato. Ho iniziato a ricevere telefonate da persone che dicevano: “Sì, è vero”. Un ragazzo mi ha inviato via fax le pagine reali del libro Iran-Contra che conteneva tutta la storia. Per quanto ne so, questa organizzazione non è mai stata sciolta, esiste ancora. Nixon aveva deciso di creare una polizia segreta. Non c’era l’autorità legale per spiare i cittadini statunitensi. Nella prima parte della sua amministrazione, Reagan firmò un ordine presidenziale, una constatazione presidenziale, una direttiva che alla fine diede alla CIA il permesso legale di spiare i cittadini statunitensi”. (Frank Zappa, Best of Guitar Player, 1994, intervista pubblicata postuma)

  • Frank Zappa, Black Napkins (4 versions) – Review, meaning

    Frank Zappa, Black Napkins (4 versions) – Review, meaning

    Black Napkins (Philadelphia 29 October 1976, Live at The Spectrum, Philly ’76)
    Black Napkins (Zagreb, Ljubljana, 1975)
    Black Napkins (Kosei Nenkin Kaikan, Osaka, Giappone, 1976)
    Black Napkins (Deluxe Bonus Version/Live, Zappa in New York, 1977)

    Black Napkins è la seconda traccia dell’album Zoot Allures. Prese vita da un’improvvisazione del tema che avrebbe poi costituito il brano Sleep Dirt. Le performance dal vivo presenti nell’album provengono dai nastri di un concerto del 3 febbraio 1976 a Osaka (Giappone), anche se per la pubblicazione le registrazioni furono ampiamente manipolate in studio.
    Pur essendo strumentale e non avendo testi espliciti, il contesto della registrazione live (Philly 1976) fornisce spunti sul suo significato. Rivolgendosi al pubblico, Zappa presenta Black Napkins come una canzone ‘soltanto per amanti’ descrivendola come una ballata lenta e tenera. Suggerisce come possa evocare emozioni e sentimenti romantici.
    La ripetizione del vocalizzo “Wee-ee-oooh” durante tutta la traccia aggiunge un’atmosfera inquietante e malinconica, ipnotica, una profondità emotiva. L’assenza di testo permette agli ascoltatori di interpretare il brano in base ai propri ricordi, esperienze, emozioni.

    La canzone è caratterizzata da un’atmosfera di intimità e profondità emotiva, ma Zappa aggiunge qualcosa: suggerisce che la donna completa deve possedere anche un buco del culo. Lo spirito provocatorio di Frank non si risparmia neanche in questo caso. Era noto per spingere i limiti e sfidare le norme sociali attraverso la musica, usando la satira e l’umorismo, affrontando temi controversi per stimolare riflessioni e discussioni.
    Zappa sfida l’idea di femminilità idealizzata e le aspettative sociali. Più in generale, il commento sulla donna evoca l’idea della completezza o perfezione nelle persone.
    Black Napkins intende fornire una rappresentazione metaforica di vulnerabilità o fragilità. Un tovagliolo nero può simboleggiare un oggetto delicato, macchiato o rovinato. I tovaglioli sono associati a pulizia, ordine, mentre il nero può significare oscurità, mistero o persino lutto. Il tovagliolo nero suggerisce un contrasto tra ordine e caos, la dualità dell’esistenza umana in un mix di emozioni presenti nella composizione.
    Zappa potrebbe suggerire che approcciarsi con imperfezioni e vulnerabilità sia una parte essenziale dell’essere completi. Di conseguenza, “Black Napkins” incoraggia gli ascoltatori a sfidare le tradizionali nozioni di perfezione e di apprezzare le complessità della natura umana.

    “Black Napkins” è stato pubblicato nell’album “ZINY 40th Anniversary Deluxe Edition” in commemorazione del 40° anniversario dell’album Zappa in New York. Questa edizione contiene tracce inedite e versioni estese.
    La composizione mette in mostra la sua abilità nel suonare la chitarra e capacità di creare melodie e armonie complesse. Le melodie, le armonie e i ritmi della canzone creano un’atmosfera cupa e introspettiva, con momenti di intensità e grande bellezza.
    Pur facendo parte dell’album Zoot Allures (1976), Zappa ha suonato Black Napkins nel live a Zagreb (Jugoslavia) il 21 novembre 1975.
    La differenza di trama tonale tra Black Napkins suonata in Jugoslavia e in Giappone è estrema, quasi quanto la differenza di suono tra due lingue. Confrontando le due versioni, si nota come Frank avesse migliorato il fraseggio del giro che apre l’assolo e come il suo cambiamento da tono pulito a tono sporco abbia influenzato le sue idee.
    Pink Napkins (SUNPYG) è un estratto da Black Napkins: trasmette il senso sobrio di suonare che Frank adottava in questo assolo.

  • Frank Zappa, Dio Fa – Come andò il progetto del Campionato mondiale di Calcio 1990?

    Frank Zappa, Dio Fa – Come andò il progetto del Campionato mondiale di Calcio 1990?

    Frank Zappa, “Dio Fa” (album Civilization Phase III, 1994)

    Frank Zappa, in contatto con l’allora sindaco Pillitteri, il vicesindaco/assessore alla cultura Corbani e l’assessore ai problemi giovanili Treves, propose “Dio Fa”, un’opera dedicata al Campionato mondiale di Calcio nell’estate 1990.
    Frank avrebbe scritto, prodotto e diretto uno spettacolo straordinario in coincidenza con la finale della Coppa del Mondo di Calcio 1990, finanziato dalla Città di Milano e dalla Lega Calcio Italiana.
    Il progetto di Frank era carico di irriverenza religiosa, poesia dadaista e varie assurdità.
    La prima di “Dio Fa” sarebbe dovuta andare in scena alla Scala e trasmessa via satellite in tutto il mondo con testo in inglese, italiano, tedesco, francese, spagnolo, russo e portoghese.
    Lo spettacolo prevedeva momenti di danza, effetti speciali ed una sfilata di moda, il coinvolgimento dell’Orchestra Sinfonica di Chicago.
    Riguardo ai contenuti musicali, ci sarebbero state parti orchestrali, cameristiche, inserti di musica etnica con i cori polifonici sardi apprezzati da Zappa, rock, musica elettronica campionata.
    L’imprevedibile Zappa aveva avvisato che tutto il materiale era soggetto a ‘modifiche irrazionali’.
    Con il pretesto dei Mondiali, Zappa tentò una strada per arrivare al tempio della musica, il luogo sacro, il Teatro alla Scala.
    Tema dell’opera DIO FA: “Milioni di persone credono che il calcio sia Dio ma si dice (a Torino, almeno) che ‘Dio è un bugiardo, Dio Fa’”.
    Si era messo in testa di realizzare una feroce e irriverente presa per i fondelli di tutto il meccanismo e di milioni di persone plagiate dal sistema dei media.
    “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra: il Dio del Calcio”.
    Come andò il progetto? Non andò mai in porto.
    Come racconta Fabio Treves, musicista e consigliere comunale a Milano a fine anni ’80, la proposta di Frank a Palazzo Marino (sede del Comune) nel 1988 non fu accolta. Risposero che non erano interessati alla cosa.
    Certo, Frank aveva chiesto belle cifre, ma secondo Treves il personaggio Zappa non era in sintonia con la “Milano da bere” di allora.
    Zappa, che conosceva Milano come centro culturale, del made in Italy e della moda, reagì ridendo.
    Milano perse un’occasione per cecità culturale, nonostante qualcuno si sforzasse di creare attorno a Zappa un progetto ‘utopistico’, ovvero trasformarlo in direttore artistico di un polo culturale di importanza inimmaginabile.
    Ma la storia andò diversamente, con grande sollievo di chi professa la sua fede nel Dio-Calcio.
    “Dio Fa” è un brano incluso nell’album Civilization Phase III (raccolta 1994).

    Il progetto di Zappa presentato al comitato organizzatore dei mondiali di calcio – un’opera multimediale con mimi, ballerini, orchestra sinfonica, campionatori, nastri preregistrati – avrebbe dovuto chiamarsi Dio Fa (da pronunciarsi come lo spelling di D.O.F.A., sigla misteriosa…).
    L’opera, proposta nell’estate del 1990, avrebbe dovuto essere rappresentata alla Scala di Milano in mondovisione, in contemporanea con l’apertura dei mondiali di calcio. Sarebbe stata un’ulteriore feroce satira sui miti moderni, il Dio Pallone ad esempio, mischiando elementi sociali e culturali americani, italiani ed europei in genere con una sorta di Pinocchio calcistico, sbeffeggiamenti religiosi e di costume… cose da Zappa, insomma. (New Rock Magazine, maggio 1990)

    Per la cronaca, ‘Dio fa’ deriva dalla bestemmia torinese ‘dio faust’.

    Civilization Phase III è un’opera per il computer Synclavier che utilizza praticamente ogni suono che Zappa abbia mai impiegato in un continuum denso. La musica è inesorabilmente astratta, probabilmente la più ambiziosa che abbia intrapreso finora. (Ben Watson, The Wire, febbraio 1994)

    “Decisi di stipare un paio di U-87 nel pianoforte, coprirlo con un drappo pesante, piazzarci sopra un salvagente e invitare chiunque a metterci dentro la testa ed a vaneggiare incoerentemente circa gli argomenti che avrei suggerito loro…”.
    I vaneggiamenti furono trasformati in una trama riguardante maiali, pony e altri personaggi che vivono all’interno di un pianoforte. Nel 1991 aggiunse dialoghi addizionali. Le partiture musicali furono composte e registrate soltanto per mezzo del Synclavier.
    “Civilization Phase III” è un doppio album, l’ultimo album completato da Frank Zappa prima della sua morte, nel 1993.
    Frank la definisce “opera-pantomina”. Il progetto nacque nel 1967 come esperimento di registrazione vocale.

    “Penso che la civiltà sia un’illusione, una fantasia verbale evocata dalle persone. È simile ai vestiti nuovi dell’imperatore; la civiltà è trasparente quanto gli abiti che indossava l’imperatore. Stai vivendo nella giungla: forse hai un odore un po’ migliore, forse hai trovato un modo per mettere un panno sul tuo corpo invece del fango, ma le cose non vanno molto meglio”. (BAM, 5 ottobre 1979)

  • Frank Zappa – But who was Fulcanelli? (Guitar CD, 1988)

    Frank Zappa – But who was Fulcanelli? (Guitar CD, 1988)

    David Ocker, copista e collaboratore di Frank Zappa, si stupì nel sentirgli pronunciare il nome dell’alchimista Fulcanelli alla domanda su quale personaggio storico avrebbe voluto incontrare (intervista online pubblicata sul newsgroup alt.fran.frank-zappa nel 1994). Segno che l’universo zappiano comprendeva anche una particolare attrazione per l’esoterismo.
    “But who was Fulcanelli?” (Ma chi era Fulcanelli?) è un brano completamente strumentale con un complesso ed imprevedibile assolo di chitarra nel tipico stile zappiano.
    Fulcanelli era lo pseudonimo di un famoso e misterioso alchimista, mai identificato con certezza, autore di importanti testi di riferimento per l’ermetismo che trattano del simbolismo presente nelle antiche costruzioni gotiche.
    Resta un mistero come dalle corde metalliche di una chitarra attraversata dall’elettricità possano venir fuori melodie così cariche di oro musicale. Puoi comprare la stessa chitarra con le stesse corde e la stessa corrente, ma il segreto dell’Oro, la Pietra Filosofale, resta sempre e soltanto nell’essenza dell’Artista.
    Il segreto di Fulcanelli può essere rivelato soltanto passando attraverso le quattro fasi alchemiche.
    Zappa, alchimista del rumore elettrico, trasmuta in oro l’assolo di St. Etienne.
    Nelle “Dimore Filosofali” Fulcanelli scrive che “Il mercurio comune è il risultato della Natura e Dio ha impedito all’uomo di penetrarne il mistero, mentre il Mercurio dei saggi è prodotto da un artista che, seguendo le leggi naturali, sa ciò che vuole ottenere”.
    Frank è cresciuto con il mercurio e una maschera antigas…

    Dai 5 ai 13 anni Frank era interessato alla chimica, soprattutto agli esplosivi. A 6 anni ha imparato a fare la polvere da sparo.
    Frank Zappa avrebbe dovuto trascorrere la sua infanzia in una tuta ignifuga. Suo padre Francis lavorava all’interno di una struttura militare (Edgewood Arsenal, nel Maryland) che produceva gas tossici durante la Seconda Guerra Mondiale. Chi partecipava al progetto doveva avere in casa maschere antigas da indossare nel caso in cui i serbatoi di gas si fossero rotti.
    Tra i giochi di Frank e dei fratelli, c’erano i becher e le maschere antigas. “Correvo con la maschera nel cortile pensando fosse un casco spaziale” ha ricordato Frank.
    Francis dava regolarmente a suo figlio attrezzature di laboratorio (tra cui bicchieri, fiaschi e capsule di Petri piene di mercurio). Frank li usava come giocattoli, visto che la sua famiglia non poteva permettersi di comprarglieli.
    L’unico giocattolo di Frank (la maschera antigas) alla fine l’ha sezionato con un apriscatole.
    Viveva nel mercurio: lo versava sul pavimento della sua camera da letto, lo faceva schizzare con un martello per divertimento.
    Crescendo, iniziò a soffrire di asma, frequenti mal d’orecchi e problemi ai seni paranasali. Probabilmente, l’esposizione a sostanze pericolose ha avuto un impatto negativo sulla sua salute.
    Secondo una tradizione italiana, i genitori di Frank tentarono di curarlo con sistemi dolorosi e di dubbia efficacia. Gli versavano olio d’oliva caldo nelle orecchie per contrastare il mal d’orecchi. Frank raccontò: “fa male come un figlio di puttana”. Per tentare di curare i suoi disturbi ai seni paranasali gli inserirono dei granuli di radio nelle cavità del seno con un lungo filo. A causa di questi tentativi per curarlo, ha sofferto per anni.
    L’inalazione di mercurio può causare problemi respiratori e una serie di altri problemi: tosse, mal di gola, respiro affannoso, bronchite corrosiva con brividi di febbre e dispnea che possono, a lungo andare, provocare edema polmonare o fibrosi.
    I primi sintomi che si manifestano sono effetti gastrointestinali acuti (nausea, vomito, diarrea, crampi addominali, disfunzioni renali), effetti cardiovascolari acuti (tachicardia, ipertensione).
    I vapori di mercurio provocano anche danni permanenti al cervello, precisamente al sistema nervoso centrale.
    Gli effetti sul funzionamento cerebrale possono essere tremori, disturbi visivi e di udito, problemi di memoria a breve termine, irritabilità, introversione, isolamento sociale.
    Il fatto che Frank non avesse amici era forse dovuto al suo carattere oppure all’effetto del mercurio?
    L’esposizione infantile al mercurio elementare è tossica e negli uomini aumenta esponenzialmente il rischio di sviluppare il cancro alla prostata in età adulta.

  • Frank Zappa – The Black Page #2 (Live, Palladium 1977) + filmato Black Page #2 dance contest

    Frank Zappa – The Black Page #2 (Live, Palladium 1977) + filmato Black Page #2 dance contest

    Frank Zappa – The Black Page #2, Live at the Palladium, New York City, 1977 (Fm Radio Broadcast) + filmato The Black Page #2 dance contest

    “The Black Page” di Frank Zappa è considerata la composizione più difficile per batteria e percussioni.
    Presenta ritmi più che complessi ed è rigida: segna esattamente quali pelli o piatti colpire non lasciando alcuna scelta al batterista.
    The Black Page include gruppi irregolari da brividi, spesso l’uno dopo l’altro (addirittura troviamo “undicimine” ovvero 11 note nella durata di un battito). Molti di questi gruppi irregolari si trovano all’interno di altri gruppi irregolari. Il termine inglese per definire questi gruppi è “nested tuplets”.
    La composizione prevede di dividere una battuta da quattro quarti in tre parti uguali, poi di prendere un terzo di battuta e di suddividerlo in cinque parti uguali.
    All’interno di questa composizione si trovano tutti i ritmi più difficili della musica occidentale: chi riesce a suonarla è un vero e proprio maestro del ritmo.
    Due maestri? Vinnie Colaiuta e Terry Bozzio.

    Zappa ha eseguito The Black Page per la prima volta il 28 dicembre 1976 a New York City.
    Questa versione si sente nell’album dal vivo Zappa a New York.
    Nel corso degli anni, ha armeggiato con diverse versioni della canzone, dando loro nomi diversi. L’originale, il più difficile, che ha soprannominato “The Black Page Drum Solo/Black Page #1”. Un altro l’ha intitolato “The Black Page, Part 2, The Easy Teen-age new York Version”: ha detto al pubblico che l’ha creato per coloro che non sarebbero stati in grado di padroneggiare la versione originale. Un altro si chiamava “The Black Page (versione new age)”, eseguito nel 1988 e pubblicato nel 1991 su Make a Jazz Noise Here .
    Nell’album dal vivo Zappa in New York, Zappa parla di “statistical density” (densità statistica) del brano.
    Con il suo linguaggio originale Zappa intendeva descrivere la complessità ritmica del brano, con uso estensivo di gruppi irregolari molto elaborati, il tutto però incluso in una cornice “regolare” di un metro in 4/4. (songfacts.com)

    Come hai avuto l’opportunità di suonare con Frank?
    Mentre ero alla Berklee, la cosa importante a scuola era: chi può suonare “The Black Page” di Zappa? Un paio di anni prima, quando avevo 15 anni, avevo avuto il numero di telefono di Frank da un mio amico e chiamavo Frank una volta all’anno – non volevo esagerare – ma non riuscivo mai a contattarlo. Un giorno l’ho chiamato da Berklee e lui ha risposto al telefono! Sapevo che stava cercando alcune delle partiture di Edgar Varése difficili da trovare. La biblioteca pubblica di Boston li aveva, quindi ho detto che li avrei fotocopiati e glieli avrei inviati. Ho inviato la mia trascrizione di “The Black Page” e le partiture di Varése, e lui mi ha rispedito una copia del suo grafico per “The Black Page”, oltre a questa enorme colonna sonora per un suo pezzo intitolato “Mo and Herb’s Vacation che alla fine si trasformò in “The Second Movement of the Theme from Sinister Footwear”. Non potevo crederci: ricevo un pacco pieno di tutta questa roba da Frank, inclusa una nota scritta a mano che diceva: “Mandami una registrazione di te che suoni ‘The Black Page’ il più velocemente possibile”. (Steve Vai, Guitar World, febbraio 1999)

    “The Black Page deriva dal fatto che la batteria è stata il primo strumento di Frank e dal suo amore per la musica di Edgar Varése. Ci sono alcuni intervalli melodici e tecniche di orchestrazione che Frank ha assorbito dall’ascolto di Varése, e questo è decisamente evidente in termini di uso delle percussioni. Il lavoro orchestrale di Frank è fortemente percussivo”. (Mike Keneally, Guitar World, febbraio 1999)

    Hai mai assistito ad un miracolo?
    “Ho sentito suonare correttamente dalla mia band una certa battuta di Black Pages una volta”.
    (Frank Zappa, Mix, settembre 1985)

    “Frank ha scritto Black Page perché, quando facevamo un concerto con un’orchestra di 40 elementi (The Abnuceal Orchestra), continuava a sentire musicisti in studio a Los Angeles parlare con timore delle prove mattutine in cui il ‘lato nero’ veniva messo davanti ai loro occhi. Ecco perché ha deciso di scrivere il suo ‘black side’. Me l’ha dato e sono stato in grado di interpretare subito alcune parti. Non mi ha forzato su questo, prima delle prove mi sono esercitato per 15 minuti ogni giorno e dopo circa 2 settimane ho suonato tutto. Ha detto “Fantastico!”, l’ha portato a casa, ha scritto la melodia e i cambi di accordi e l’ha riportato indietro. E abbiamo iniziato a suonarlo”. (Terry Bozzio intervistato da Andrew Greenaway, 17 settembre 1992)
    (Glissando, dicembre 2007, rivista polacca)

    La “Pagina Nera” allude alla trascrizione su pentagramma della composizione: l’obiettivo di Frank Zappa era quello di tendere ad una complessità tale da riempire di nero (senza, del resto, riuscirci) l’intero spazio della scrittura.

  • Frank Zappa, Let’s Move To Cleveland + Archie Shepp – What means?

    Frank Zappa, Let’s Move To Cleveland + Archie Shepp – What means?

    Frank Zappa, Let’s Move to Cleveland (The Best Band You Never Heard In Your Life, 1991) + Archie Shepp & Frank Zappa, Let’s move to Cleveland (You Can’t Do That on Stage Anymore, Vol. 4, 1984)

    Archie Shepp – tenor sax, Frank Zappa – guitar, Ike Willis – guitar, Ray White – guitar, Bobby Martin – keyboards, Alan Zavod – keyboards (solo), Scott Thunes – bass, Chad Wackerman- drums.

    Let’s Move to Cleveland è stata pubblicata nel 1988 come parte dell’album di Zappa intitolato “Broadway the Hard Way”.
    A prima vista, Let’s Move to Cleveland potrebbe sembrare una semplice canzone sul trasferimento nella città di Cleveland. Tuttavia, ad un esame più attento, diventa evidente che Zappa usa la canzone come mezzo per fare un commento sociale più ampio.
    I testi di Zappa, intrisi della sua tipica miscela di umorismo e sarcasmo, assumono una posizione critica nei confronti del clima politico e sociale dell’epoca. La canzone prende in giro vari aspetti della cultura americana, tra cui il consumismo, la corruzione politica e la manipolazione dei media. Scegliendo Cleveland come destinazione, Zappa attinge abilmente al simbolismo della città, spesso associato al declino dell’industria manifatturiera e all’economia in difficoltà insieme alle lotte della classe operaia.
    Let’s Move to Cleveland mette in mostra la miscela unica di stili musicali di Zappa, incorporando elementi di rock, jazz e avanguardia
    Seppure Let’s Move to Cleveland sia stata scritta alla fine degli anni ’80, i suoi temi e le sue critiche sottostanti risuonano ancora nella società odierna. Questioni come la corruzione politica, la manipolazione dei media e le lotte socioeconomiche continuano ad essere rilevanti, rendendo il messaggio della canzone attuale oggi come lo era decenni fa.
    (estratto dall’articolo pubblicato su oldtimemusic.com, 30 settembre 2023, Warren Barett)

    Frank Zappa su Archie Shepp
    “L’idea del titolo dell’album Hot Rats mi venne in mente perché in Europa avevo comprato un disco dove c’era The Shadow of Your Smile con il sax di Archie Shepp. Lui prendeva l’assolo che mi diede subito l’impressione di un esercito di topi surriscaldati che uscivano squittendo dal suo strumento. Il suono era quello. Quando uscì, credo fosse il disco più sovrainciso della storia. Forse solo Les Paul aveva fatto qualcosa di simile ai suoi tempi” (Frank Zappa, Musica Jazz, gennaio 2020)

    Nel 1967, Zappa aveva sviluppato un notevole interesse per Archie Shepp che, tra il ’67 e il ’66, aveva pubblicato Fire Music, On this night e Mama Too Tight, i suoi dischi più rivoluzionari.
    In un annuncio pubblicitario apparso sul Los Angeles Free Press del 3 febbraio 1967 si citava – facendo riferimento al repertorio dei Mothers – un brano intitolato Archie’s Time commentato così: “Cosa accadrebbe se Archie Shepp sapesse suonare il fagotto elettrico?”.
    Forse era questo il pezzo che Zappa al Garrick Theatre fece suonare ai Mothers mentre incitava i tre marines ad urlare “Kill! Kill!” nel microfono. “Una cosa alla Archie Shepp” come egli stesso raccontò, “una follia con accordi dissonanti e tutto il resto”.
    Questi Mothers del ’67, dunque, erano il primo gruppo della storia del rock ad ispirarsi solisticamente, con cognizione di causa, alle punte più avanzate delle avanguardie jazzistiche. Oltre al free jazz, un’altra risorsa per le improvvisazioni stava nel linguaggio modale affermato da John Coltrane, che sarebbe scomparso il 17 luglio di quell’anno.
    Nel bootleg garrickiano si sente che lo stesso Zappa – improvvisando lungamente su strutture polimodali a figure irregolari, con un bell’uso di scale mediorientali e di nervosi legati assieme a cellule interattive dal sapore minimalista e a segmenti cromatici ispirati alla scansione della lingua parlata – aveva già posto tutte le fondamenta del suo stile chitarristico.
    I Mothers del ’67 stavano costruendo in anticipo grammatica e sintassi del rock più avanzato degli anni Settanta come quello degli Henry Cow, per non parlare del jazz rock o di certi aspetti della scena musicale di Canterbury. Zappa sperimentò i ritmi dispari a livello compositivo. Certi ostinati in 5/8 e in 7/8 sperimentati al Garrick compariranno fin dalle prime registrazioni effettuate a conclusione dell’ingaggio del locale.
    (Tratto da libro “Frank Zappa Domani” di Gianfranco Salvatore)

    Frank Zappa ha ricordato la jam session con Archie Shepp al Festival di Amougies (Belgio) che si tenne dal 24 al 28 ottobre 1969.

    “Uno dei motivi per cui i Mothers non sono mai stati associati al jazz è questo: gran parte dei recensori non ha mai ascoltato jazz. Non indovinerebbero a meno che non venisse riportato sulla copertina di un album che siamo stati influenzati dal jazz. Se avessi dichiarato in uno dei primi album di essere stato influenzato da Eric Dolphy o Archie Shepp, negli ultimi cinque anni avrebbero scritto di influenze jazz piuttosto che influenze di Stravinsky…”. (Frank Zappa, Sounds, 7 novembre 1970)