Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Categoria: Xenochronies / Tribute to FZ

  • Magyar Magyk – xenocronia Frank Zappa, Béla Bartòk, Don ‘Sugarcane’ Harris – xenochrony

    Magyar Magyk – xenocronia Frank Zappa, Béla Bartòk, Don ‘Sugarcane’ Harris – xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Béla Bartòk, Don ‘Sugarcane’ Harris

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    “Bartok era solito raccogliere canzoni popolari e usarle nelle sue composizioni. Nel mio caso raccolgo folklore di tipo verbale, dalla strada o dalle persone che circondano immediatamente il mondo del gruppo, e lo trasformo in un riferimento musicale”. (FZ, Sounds, 7 novembre 1970)

    Nel 1989, in un programma radiofonico chiamato “Castaway’s Choise”, Frank Zappa ha nominato una lista di 10 dischi che avrebbe portato con sé su un’isola deserta.
    Al 4° posto, dopo Octandre di Edgard Varèse, The Royal March from L’Histoire du Soldat e The Rite of Spring di Igor Stravinsky, nella lista compare Third Piano Concerto, First Movement di Béla Bartok.

    Nel tour del 1988, la band di Zappa eseguì un arrangiamento del tema di “The Bartok Piano Concerto #3” registrandolo per l’album Make A Jazz Noise Here e Zappa ’88: The Last US Show.

    “Non sono nel business della manifattura di capolavori e non mi sento in competizione con altri cosiddetti ‘compositori moderni’: ciò che faccio si chiama entertainment”. (Frank Zappa)
    “La musica di Zappa – sembra un paradosso – è quanto di più distante si possa immaginare dalla posizione dell’ironia. E’ una musica che si esprime sotto il segno della maestria e ne esplora con molta determinazione i territori. Il senso, tutto immanente, del mestiere, di un sapere musicale declinato su più livelli ed usato in una prospettiva di scambio funzionale col pubblico, è presente da sempre nel segno compositivo di Frank Zappa. Il suo è un vero e proprio emporio concertante di stili in cui trovano posto gesti, espressioni e tipologie di una congerie trasversale di segnali sonori storici e contemporanei: Gershwin e la musica dei cartoni animati, Bartók e la colonna sonora dei telefilm polizieschi americani, Stravinsky, il dixieland, il contrappunto fiorito, tutto trova posto nei grandi contenitori da intrattenimento che Zappa sa costruire – con una sapienza fuori dall’ordinario – per un pubblico eterogeneo che si dispone all’ascolto su piani di volta in volta diversi”.
    (Riccardo Giagni, Sonora n.4 1994)

    Una delle tante cose che proporrai in questo tour è il primo movimento del terzo concerto per pianoforte di Bartok. Non riesco a immaginare come suonerà perché lo ascolto da un paio di giorni e…
    “… non è una delle melodie più belle che tu abbia mai sentito in vita tua?”.

    Sì e spero che tu lo faccia a Cleveland.
    “Sai dove lo inseriremo, insieme a “Royal March” di Stravinsky (da “L’Histoire Du Soldat”)? Nel mezzo di “Packard Goose” (Joe’s Garage). Anziché un assolo di chitarra, abbiamo inserito quei due pezzi”.

    Registrerai ogni singolo spettacolo del tour?
    “Ci puoi scommettere”.
    (Scene, marzo 1988)

    Il pianista ungherese Béla Bartók, che visse dal 1881 al 1945, era rinomato per aver saputo fondere il folk tradizionale con la sua elevata musicologia, determinato a mantenere viva la storia culturale del suo Paese.
    Pianista, compositore, etnomusicologo. Il suo notevole interesse per la musica popolare ha avuto un’influenza fondamentale sulla sua produzione.
    Col tempo divenne una delle principali autorità nel folklore dell’Europa orientale. Dedicò molte energie allo studio ‘sul campo’ della musica contadina visitando personalmente luoghi remoti. Le sue vaste collezioni includono oltre 10.000 melodie di varie etnie, tra cui ungheresi, rumene, slovacche, serbe e bulgare.
    La presenza di queste culture all’interno della sua musica è evidente. Lui stesso affermò: “Non rifiuto alcuna influenza, sia essa slovacca, rumena, araba o di altra provenienza. La fonte deve essere solo pulita, fresca e sana”.

    Bartòk, studioso della musica popolare dell’Europa orientale e del Medio Oriente, fu uno dei pionieri dell’etnomusicologia.
    Nella sua ricerca etnomusicologica, Bartòk ha cercato il vero classico, ciò che non dev’essere sostituito o alterato.
    Il vero ordine, il vero equilibrio è il messaggio che preme a Bartók. E’ da cercare nella natura, di cui i canti popolari bulgari intendono far cogliere quella sorta di aurea ancestrale, quasi mistica, in perfetta unione con il lavoro e con la vita degli abitanti dei luoghi rurali e delle montagne.

    Dopo aver scoperto le musiche contadine dei magiari, che erano le autentiche musiche popolari ungheresi, Bartók cominciò a includere canzoni popolari nelle proprie composizioni ed a scrivere temi originali con caratteristiche simili, oltre ad usare frequentemente figure ritmiche di matrice folklorica.
    Nonostante gli insuccessi, la tenacia di Bartók lo spinse a continuare a cercare un connubio tra la musica popolare e le sale da concerto nello stile pianistico.
    Le ‘Nenie’ sono basate sul canto popolare ungherese con scale modali, non presenti nella musica occidentale, armonizzate in maniera quasi impressionistica.

  • Desert On The Roots – xenocronia Frank Zappa, Deben Bhattacharya, L. Shankar – xenochrony

    Desert On The Roots – xenocronia Frank Zappa, Deben Bhattacharya, L. Shankar – xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Deben Bhattacharya e Lakshminarayana Shankar (double violin)

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    In copertina: Frank Zappa e Deben Bhattacharya con i loro registratori

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    Il 14 giugno 2023 ho pubblicato un post su What’s Zappa evidenziando il titolo di un album che rappresentò per Frank Zappa una delle sue maggiori influenze a livello musicale. Si tratta di Music on the Desert Road – A Sound Travelogue” (1956, Angel Records).

    “Penso che il mio modo di suonare derivi più dai dischi di musica folk: musica mediorientale, indiana… Per anni, ho ascoltato continuamente Music on the Road, un album contenente tutti i tipi di musica etnica” (Frank Zappa, 1993, Guitarist Magazine).

    Questo album è una raccolta di registrazioni effettuate tra il 1955 e il 1956 dal musicologo indiano Deben Bhattacharya durante un viaggio via terra dall’Inghilterra all’India. L’album contiene musica folk/tradizionale proveniente da otto paesi (Turchia, Siria, Giordania, Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan e India), eseguita da artisti locali. E’ un viaggio sonoro attraverso il deserto.
    Probabilmente, il lavoro di Deben Bhattacharya ha ispirato il profondo interesse di Zappa per le cosiddette “field recordings” (registrazioni sul campo) nell’ambito della fonografia.

    https://www.youtube.com/watch?v=ZjMvFmVOwWQ&t=60s

    https://www.youtube.com/watch?v=SAN2VUBEVC4

    Deben Bhattacharya (1921-2001) fu un noto produttore discografico bengalese, etnomusicologo, poeta, documentarista, regista, produttore radiofonico e uomo del rinascimento a tutto tondo. Trasferitosi da giovane dall’India settentrionale a Londra, Bhattacharya iniziò a lavorare per la BBC come produttore radiofonico. Nel 1955, dopo aver lavorato su tutti gli aspetti possibili per assicurarsi i finanziamenti, Bhattacharya si recò in India per registrare musicisti. Il successo di questo viaggio gli permise subito dopo di viaggiare nuovamente nei paesi del Medio Oriente. Con registrazioni provenienti da Turchia, Siria, Giordania, Iraq, Iran e Afghanistan, oltre che da India e Pakistan, questo LP è uno dei migliori e uno dei primi documenti delle diverse e ricche tradizioni musicali del Medio Oriente.
    Dal 1953 al 2001 ha prodotto molti LP, CD, video e programmi radiofonici di musica tradizionale di vari Paesi (India, Asia, Africa, Medio Oriente, Europa). Ha registrato ed esplorato musica lungo la strada del deserto dall’Europa all’India collezionando musica folk.
    La registrazione sul campo di Deben Bhattacharya è stata spesso condotta in circostanze profondamente precarie. Ha lavorato prevalentemente come freelance, al di fuori delle costrizioni e delle convalide delle istituzioni accademiche, sfruttando partnership con grandi organizzazioni come BBC, UNESCO e Rikskonserter (Svezia). Ha anche lavorato con etichette discografiche come la Argo Record Company del Regno Unito, La Boîte À Musique in Francia, Angel Records negli Stati Uniti e Philips nei Paesi Bassi. Al centro di tutti i suoi sforzi c’erano le registrazioni sul campo, catturate su registratori a bobina e “raccolte” attraverso molteplici mezzi e territori. Al momento della sua morte, nel 2001, Bhattacharya aveva prodotto oltre 120 dischi, 20 film e molti programmi radiofonici che utilizzavano oltre 400 ore di registrazioni sonore effettuate in Paesi di tutto il mondo. Questa collezione, insieme a diapositive, documenti e servizi fotografici sono archiviati presso la Bibliothèque Nationale de France.
    Spesso, alla fine delle sue gite, rimaneva senza soldi. Durante un viaggio, nel 1954, scrisse disperatamente: “Ora sto raccogliendo ogni centesimo che posso per pagare il mio viaggio a Londra”.
    Bhattacharya venerava e romanticizzava gli stili di vita nomadi. Scrivendo nel suo libro multimediale The Gypsies: Pictures and music from East and West (1966) ha ammirato come il loro “modo di viaggiare rifletta lo spirito dell’improvvisazione piuttosto che del calcolo”. Si muovono per il gusto di muoversi, indipendentemente dalle conseguenze.
    Nei suoi viaggi ha raccontato storie popolari di luoghi sonori ‘sconosciuti’, rendendo letteralmente fruibili mondi, tradizioni e territori diversi attraverso il suono.

    “Ciò che faccio deriva da una vasta gamma di tradizioni di altre culture e altre epoche. Non è qualcosa che mi sono inventato dal nulla. Per alcuni la mia musica suona come la più strana merda che abbiano mai ascoltato nella loro vita, ma se sai qualcosa di musicologia, allora la mia musica diventa ancora più divertente poiché riesci a vedere come alcune di queste tradizioni si sono trasformate in ciò che faccio ora. Come può un ragazzino che non ha mai sentito suonare un’orchestra o un quartetto d’archi, che non ha mai ascoltato un’opera o una canzone folk, avere la minima idea di ciò che accade nella mia musica?”.
    (Frank Zappa, intervista di Gary Steel, 1991)

    Frank Zappa ha prodotto l’album “Touch me there” dando una possibilità a Lakshminarayana Shankar. E’ stata la sua occasione d’oro. Probabilmente, come ha ammesso Frank, nessun altro gliel’avrebbe data.

    Per questa xenocronia, ho scelto l’esibizione di L. Shankar con un doppio violino.

  • TUVA Throat – xenocronia Frank Zappa, Huun-Huur-Tu, Captain Beefheart – xenochrony

    TUVA Throat – xenocronia Frank Zappa, Huun-Huur-Tu, Captain Beefheart – xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Huun-Huur-Tu e la partecipazione di Captain Beefheart

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    Zappa è stato uno dei primi al mondo a studiare i canti delle tribù Tuva delle steppe russe ed a promuovere i canti delle poi celeberrime e tanto di moda Voix Bulgares.
    (Vittorio Albani, Musica Jazz, dicembre 2020)

    Il più famoso cantante di gola (canto gutturale) contemporaneo di Tuva, Kaigal-ool Khovalyg del gruppo folcloristico Huun-Huur-Tu, ha fatto visita a Frank Zappa quattro volte a casa sua.
    La prima visita risale all’inizio del 1993, quando Huun-Huur-Tu arrivò per la prima volta negli Stati Uniti. In questo periodo i musicisti di Tuva non avevano idea di chi fosse Frank e non capivano perché il loro manager fosse così eccitato dopo aver ricevuto l’invito da Zappa.
    Frank è rimasto deliziato dalla musica eseguita dal gruppo.
    La seconda visita è avvenuta all’inizio di febbraio, quando Huun-Huur-Tu è tornato a Los Angeles dopo il tour. Questa volta Zappa li ha invitati insieme a Johnny “Guitar” Watson. Hanno suonato e registrato (sia audio che video) insieme a musicisti irlandesi e afgani.
    La terza volta Zappa li ha invitati a luglio. Ha ricevuto anche altri visitatori dalla Russia – membri della band hard rock Gorky Park, Alexey Belov e Alexander Lvov, che sono rimasti molto stupiti nel vedere persone di lingua russa a casa di Zappa. Frank è andato incontro ai musicisti Tuva accogliendoli a braccia aperte e presentandoli come “i miei più cari amici”: stavolta ha effettuato registrazioni.
    La quarta volta Kaigal-ool Khovalyg ha visitato Zappa in ottobre. Era insieme a sua moglie e all’allievo di 9 anni Bady-Dorzhu che potete ascoltare in questo video.

    https://www.youtube.com/watch?v=ElwKydsd0e8

    Zappa è rimasto stupito e si è commosso di fronte alle capacità musicali di questo bambino di 9 anni che eseguiva il khoomei.
    Illuminati dalla gloria di Frank Zappa, i musicisti tuvani sono da allora diventati graditi ospiti a quasi tutti i livelli dell’Olimpo musicale. Risalgono allo stesso periodo le registrazioni congiunte di K. Ondar, K. Khovalyg e A. Kuular con l’élite della moderna avanguardia da camera Kronos Quartet.
    (The New Research Of Tuva n. 2 – 2010 – rivista russa)

    Un filmato raro amatoriale ritrae Frank Zappa nel 1993 in casa, durante un incontro privato tra amici musicisti denominato “Salad Party”(si nota il gruppo mongolo Huun-Huur-Tu).

    https://www.youtube.com/watch?v=oZKXEvNhq-Q

    All’inizio di quell’anno la famiglia Zappa fu onorata dalla visita di un trio di cantanti di gola dalla Repubblica di Tuva, nella Siberia meridionale, in tournée negli Stati Uniti. Naturalmente ne risultò una sessione di registrazione e, per finire, le voci dei tuvani spiccarono in diversi brani. Dweezil aveva installato nello studio il suo impianto di chitarra e Frank decise di farci un giro incidendo sopra al pezzo che stavamo registrando quel giorno. Per quanto ne sappiamo, quella fu l’ultima volta che suonò la chitarra.
    (note di copertina di Todd Yvega – estratto, translatedzappa.com)

    2 gennaio 1993 – Istituto di Tecnologia della California, a Pasadena. Il pubblico va in estasi, trasportato in un altro mondo dai suoni eterei dei cantanti di gola dalla sperduta terra di Tannu Tuva – quel Shangri-La siberiano una volta famoso per i suoi francobolli triangolari raccolti da un giovane Richard Feynman.
    Un uomo serio, con la barba, gli occhiali e uno sguardo determinato negli occhi venne da me dopo il concerto: “Il mio nome è Matt Groening. Frank vorrebbe incontrare i tuvani”.
    “Frank? Zappa?”
    “Zappa”.
    La sera successiva i tuvani arrivarono alla UMRK. I Chieftains e Johnny “Guitar” Watson erano già lì. Quello che seguì è stato filmato dalla BBC che stava producendo un documentario sul mito vivente, Zappa, che quella sera non solo ha incantato gli ospiti ma è anche riuscito a fare la prima registrazione in studio negli Stati Uniti dei cantanti di gola tuvani. (La composizione di Frank che ne seguì con la voce del cantante di gola tuvano Anatoli Kuular è sconvolgente!). Quella serata magica ha raggiunto il suo apice con i tuvani che suonavano “La canzone dei cammellieri” – con l’aggiunta al mix di cornamuse irlandesi e di un violino indiano da parte dei Chieftains e di L. Shankar, mentre Johnny “Guitar” Watson cantava “Riportando a casa la pecora! Riportando a casa la pecora!” e Frank strimpellava felice la sua chitarra.
    (note di copertina di Ralph Leighton, translatedzappa.com)

    In “Dio Fa” (dall’album Civilization Phase III) è evidente l’utilizzo del canto di gola Tuva.

    Captain Beefheart ha, tra le sue caratteristiche vocali, la ‘spinta’ di gola? Per me sì.

  • SATIEsfaction – xenocronia Frank Zappa, Erik Satie – xenochrony

    SATIEsfaction – xenocronia Frank Zappa, Erik Satie – xenochrony

    Xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa & Erik Satie

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    Una xenocronia strana… Treacherous Cretins mi trasmette un’emozione particolare: il rimpianto. Ogni volta che l’ascolto, rimpiango di non aver potuto assistere neanche ad un concerto di Zappa. Lo cerco tra le pagine dei giornali… ho il rumore di una macchina da scrivere in testa, affascinante antenata della tastiera, che fa da ponte tra me e lui. La stessa che ha usato Erik Satie in una sua composizione. Questa xenocronia non vi piacerà ma la lascio così, random… è un bel gioco per me, che solo io conosco… un rimpianto dissonante.

    Erik Satie, nelle sue composizioni, usa molto umorismo, molti piccoli commenti verbali scherzosi per la sua musica. L’ha fatto come difesa, a causa della sua mancanza di fiducia in se stesso, e mi chiedevo se tu…
    “Non so nulla della vita di Satie e non credo che questo sia il motivo per cui ha messo dell’umorismo nella sua musica. Ci sono stati altri compositori che hanno messo l’umorismo nella loro musica in vari modi e, a dire il vero, non mi piacciono le idee sui meccanismi di difesa. In effetti, la cosa più coraggiosa che puoi fare è riuscire a divertire un pubblico che non ha senso dell’humour come, ad esempio, un pubblico di musica classica. Esistono tre audience con meno umorismo di un pubblico classico: il pubblico country/occidentale, rock and roll e jazz”. (Frank Zappa, Iconoclast, 15-22 marzo 1974)

    Zappa ha più volte sottolineato il suo apprezzamento per il dada e, in verità, del dada Frank ha mutuato procedimenti formali (collage, assemblage, gioco di parole, parodia) e modi di pensare (anarchismo, antiautoritarismo, valore eversivo del sesso, esortazione a non farsi infinocchiare dall’establishment, satira rivolta contro il filisteismo, il romanticume, l’intellettualismo, ecc.).
    Tra i musicisti ‘colti’ cui Frank ha guardato e da cui ha attinto, Erik Satie ha un posto di rilievo, non a caso vicino al dada. Satie, come Zappa, riempie la sua musica di citazioni ironiche di musiche popolari (in Satie sono quelle del circo e del luna-park, delle bande, delle danze di moda) usando in modo stilizzato modi del cabaret: l’uso del rumore, in Zappa come in Satie, è dissacratorio e ironico. (Ciao 2001, 3 luglio 1990)

    Frank Zappa e Erik Satie sono stati entrambi due autodidatti convinti che l’unico scopo delle regole sia superarle.

    Éric Alfred Leslie Satie (detto Erik), compositore e pianista francese, è stato un protagonista della musica e dell’ambiente artistico francese tra la fine dell’800 e l’inizio del 900. Il suo interesse artistico non si è limitato alla musica ma anche alla pittura, letteratura, teatro e cinema. Impressionismo, simbolismo, cubismo, dadaismo, neoclassicismo: nella sua arte è confluito tutto questo, ma ha mantenuto un’individualità netta e coerente in tutte le sue composizioni. Altri punti in comune con Zappa.
    Nel 1886, Satie compose le quattro Ogives per pianoforte nella cui partitura non compare alcun segno di misura. Sviluppò anche un proprio stile di annotazioni sul modo di interpretare le sue opere.
    Intorno agli anni ’20 compose ‘musica da tappezzeria’ (come la definì lo stesso Satie): rappresenta una satira contro la musica dotta e l’accademismo. La scrittura musicale di Satie era assolutamente originale: in Parade, ad esempio, usa suoni molto innovativi come sirene, macchine da scrivere e altri effetti sonori non tradizionalmente musicali; scrive brani difficilmente inquadrabili nei generi conosciuti come le celebri tre Gymnopédies e sette Gnossiennes. Sperimenta nuove forme del suono e inventa di fatto la tecnica del ‘piano preparato’ inserendo, per la prima volta, oggetti nella cassa armonica dello strumento nell’opera Le Piège de Méduse.

    Erik Satie fu un personaggio originale, stravagante, bizzarro.
    Visse in un appartamento da lui chiamato “l’Armadio”, composto da due stanze, di cui solo una utilizzata pienamente. L’altra stanza era chiusa a chiave ed il suo contenuto fu scoperto solo alla morte dell’artista: conteneva una collezione di ombrelli di vari generi a cui lui teneva così tanto che non li usava. Amava passeggiare sotto la pioggia e proteggeva l’ombrello sotto la giacca per non sciuparlo. Satie adorava i completi in velluto: ne possedeva tantissimi, tutti uguali. Quando suonava il pianoforte nei cabaret di Montmartre, indossava sempre un cappello a cilindro ed un’estrosa cravatta Lavallière. Lo scrittore Alphonse Allais lo definì “Esoterik Satie”.
    Il numero 3 era un chiodo fisso per lui, un’ossessione mistica, forse una reliquia del simbolismo trinitario associato all’Ordine cabalistico dei Rosacroce, di cui Satie aveva fatto parte in gioventù. Molte delle sue composizioni sono raggruppate in cicli di tre: tra queste, le Trois Gymnopédies del 1888.

  • kOsmosis – xenocronia Frank Zappa, Krzysztof Penderecki, Edgard Varèse, Halim El-Dabh – xenochrony

    kOsmosis – xenocronia Frank Zappa, Krzysztof Penderecki, Edgard Varèse, Halim El-Dabh – xenochrony

    Xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Krzysztof Penderecki, Edgard Varèse, Halim El-Dabh

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    “La musica non dura, non ha nulla a che fare con il tempo” scriveva Sergiu Celibidache.
    Frank Zappa era convinto che il tempo fosse ‘un concetto sferico’, una costante sferica, in modo che, per così dire, tutto avvenga in una volta. Gnostici, buddisti e William Blake sono d’accordo, credendo che si possano varcare le porte dell’eternità in un istante e che il tempo sia una delle illusioni del mondo. William Burroughs e Sun Ra pensavano che, per sopravvivere, dobbiamo evolverci “fuori dal tempo, nello spazio”.

    Secondo la teoria del “Big Bang” sull’origine dell’universo, tutto ebbe inizio circa 10 miliardi di anni fa, quando esplose un volume di materiale delle dimensioni di una palla da softball e, da allora, la cosa si è espansa.
    Frank Zappa sostiene la teoria della “Big Note”, secondo cui tutto nell’universo – raggi di luce, onde sonore, atomi, ecc. – è composto fondamentalmente da vibrazioni. Tutte queste vibrazioni potrebbero semplicemente essere armoniche di qualche incomprensibile “Tono cosmico fondamentale”.
    (The Sun Magazine, 3 maggio 1970)

    “La forma dell’universo è un vortice di Moebius, credo. Il tempo è una costante sferica. Ora, immagina un vortice di Moebius all’interno di una costante sferica e avrai la mia cosmologia. Ma il ‘quando’ è molto importante”. (Frank Zappa, Best of Guitar Player, 1994)

    Potremmo non essere in grado di ascoltarlo ma, in qualunque diversa ottava o altra suddivisione della Grande Nota, alla fine siamo tutti vibrazioni. Potremmo non essere semplici come le onde sinusoidali (le stesse utilizzate per generare i Modelli di Chladni) ma, da quando Schrodinger ha risolto l’equazione delle onde quantistiche, è stato chiaro che tutta la materia è costituita da onde, compresi noi. Le nostre onde sono tutte diverse. I modelli Chladni ne offrono una dimostrazione pratica. Non si tratta di una forma migliore di un’altra o di complessità che aumenta con la frequenza. È semplicemente l’osservazione, tratta da un’altra famosa frase di FZ, secondo cui è il “quando” a determinare il “cosa”; “quando” in questo caso è la frequenza.
    La materia appare sotto forma di schemi particolari, è nella sua natura e nella misura in cui è guidata dalle vibrazioni, la natura è essenzialmente matematica, ritmica e, in definitiva, musicale. Le forme frattali dei modelli in natura che noi riconosciamo come belli sono di origine algoritmica.
    La caratteristica sorprendente delle migliori improvvisazioni di Zappa è che non c’è ripetizione, niente che potresti leggere in anticipo. Emergono semplicemente dalle linee di faglia del fondo armonico in modi che sono incredibilmente imprevedibili ma che hanno perfettamente senso una volta ascoltate, evidenziando brillantemente le tensioni e i contrasti della musica.
    Ma nella cosmologia di FZ l’idea di emergenza è essa stessa un’illusione. Nella sua visione del tempo – come disse a Bob Marshall – succede di tutto in continuazione. È un concetto difficile da comprendere. La sua idea del tempo è strutturata come una costante sferica sotto forma di vortice di Moebius: esprime il segreto della Grande Nota (come Dio?), cioè l’origine di tutte le cose. Gli antichi (chiunque fossero) parlavano della Musica delle Sfere. Si scopre che avrebbero potuto avere ragione, anche se avrebbero potuto avere torto riguardo al numero.
    (estratto dall’articolo “God Vibrations: The Secrets of FZ’s Cosmology di Homer Shiroy)

    “C’è un processo elettrochimico che anima questo sacco di merda che tutti devono trascinare in giro, ok? Quindi, non è impossibile che – quando il processo elettrochimico cessa di essere abbastanza forte da far muovere il sacco di merda – quell’energia possa essere scambiata, possa dissiparsi e avere un’esistenza propria senza il corpo. Credo che quelle energie e quei processi esistano. Semplicemente non penso che siano stati ancora adeguatamente descritti o nominati perché le persone tendono a trasformare tutto in qualcosa che supporti una qualsiasi teoria religiosa”.
    (Frank Zappa, Society Pages 7, settembre 1991)

    “Tutti noi abbiamo nella nostra mente tutta la conoscenza dell’universo. Frank Zappa l’aveva chiaramente dischiusa. In questo senso, resterà un modello per l’umanità”.
    (Massimo Bassoli, Prog Italia luglio 2017)

  • MANIPULATION – xenocronia Frank Zappa e Lennie Tristano – xenochrony

    MANIPULATION – xenocronia Frank Zappa e Lennie Tristano – xenochrony

    Xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e Lennie Tristano

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    (Leggendo questa parte dell’articolo di Luca Conti ho scoperto due cose. 1) Frank Zappa non è stato il primo ad usare la tecnica della ‘xenocronia’ – nonostante abbia coniato il termine. 2) Zappa ha usato questa tecnica non per capriccio creativo ma per necessità, per ottenere risultati che con il solo ausilio dei suoi musicisti non avrebbe potuto ottenere)

    Fin dal 1941, con The Sheik of Araby, Sidney Becket non aveva esitato a sovraincidere clarinetto, sassofono soprano e tenore, pianoforte, contrabbasso e batteria, così come sono ben note le manipolazioni sui nastri effettuate da Lennie Tristano per larga parte della sua carriera…
    Rubbert Shirt, brano pubblicato nel 1979 su Sheik Yerbouti, è un’esecuzione prettamente jazzistica: un dialogo di tre minuti scarsi tra basso (Patrick O’Hearn) e batteria (Terry Bozzio) definito dallo stesso Zappa un esempio di “sensitive, interesting interplay”. Questo duetto non ha mai avuto luogo, malgrado O’Hearn e Bozzio abbiano fatto parte per diverso tempo della touring band di Zappa. Secondo la descrizione riportata sull’album, il brano fu costruito partendo da un assolo di chitarra in 4/4 eseguito dal vivo nel 1974, sul quale O’Hearn ha sovrainciso una nuova parte di basso (“non completamente improvvisata” ha specificato Zappa). Dopodiché la nuova linea di basso è stata applicata alla parte di batteria di un brano totalmente diverso, un pezzo in 11/4 che non aveva niente a che fare con il precedente. L’assolo di chitarra è quindi sparito e possiamo ascoltare O’Hearn e Bozzio che improvvisano simultaneamente su brani (e in momenti) diversi.
    In sostanza, si tratta della stessa operazione effettuata da Lennie Tristano sul suo primo album per l’Atlantic, dove la ritmica di Peter Ind e Jeff Morton proveniva da esecuzioni diverse da quelle poi rifinite con l’aggiunta del pianoforte (lo racconta lo stesso Ind nel suo volume Jazz Visions: Lennie Tristano And His Legacy, Equinox Books 2005).
    Possiamo chiederci quale fosse l’intendimento di Zappa nel realizzare un’operazione del genere. Forse O’Hearn e Bozzio, musicisti dalla forte preparazione jazzistica, sarebbero stati in grado di improvvisare simultaneamente l’uno su un tempo diverso dall’altro, ma Zappa era convinto di no. “Puoi provare a chiederlo ai tuoi musicisti ma non succederà mai” dichiarò nel 1998 a Bob Marshall. “Come compositore, se voglio ottenere un risultato simile non ho altra possibilità che agire in questo modo”. E’ la stessa filosofia di Tristano.
    (estratto dall’articolo “Frank Zappa: lo strano odore del jazz” di Luca Conti)

    In Joe’s Garage (1979) gli assoli sono tutti xenocroni tranne quelli di Watermelon in Easter Hay e Crew Slut. Per questa xenocronia ho scelto Keep it Greasey che si ‘sposa’ molto bene con Line Up di Lennie Tristano.

    “Con un ascolto attento, ci sono due modi di percepire la musica. Innanzitutto, quello che si esprime in termini di acustica fisica, cioè la forma d’onda che governa il suono, la sua ampiezza; questo è il modo scientifico. Ma possiamo anche dire a noi stessi: che sensazioni provoca questa musica? Qual è il suo odore? Il suo significato? Il timbro dell’insieme è quello che prevale, sia esso rock n’ roll o musica da camera. È il timbro che più spesso indica come interpretare il resto dei dati. È qui che il Synclavier mi dà una grande flessibilità nel mio lavoro poiché posso applicare, in una frazione di secondo, vari timbri a una composizione. Cos’è la musica se non un po’ di spazio-tempo decorato, illuminato?”.

    Come componi al Synclavier?
    “L’idea generale parte spesso da varie teorie musicali. Mi chiedo allora cosa succederebbe se facessi questa o quella manipolazione, quali sono i limiti fisici di ciò che un ascoltatore può comprendere in termini di ritmi, di “dati universali”, pur percependo il tutto come una composizione musicale”.
    (Guitare & Claviers n. 73, aprile 1987)

  • MUDRAS Joke – xenocronia Frank Zappa e Ravi Shankar xenochrony

    MUDRAS Joke – xenocronia Frank Zappa e Ravi Shankar xenochrony

    Xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e Ravi Shankar.

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    “Ero interessato allo Zen da molto tempo. E’ ciò che fortunatamente mi ha allontanato dall’essere cattolico. Ma penso che le religioni orientali siano meravigliose se vivi ovunque tranne che negli Stati Uniti. Il meglio che possono fare per te qui è darti una certa sensazione di calma, se riesci a praticare la meditazione e l’astinenza da solo, lontano da tutto ciò che sta accadendo. Il vero obiettivo della religione orientale, con l’esperienza mistica e tutto il resto, quegli obiettivi sono difficili se non impossibili da raggiungere in una società industriale. Penso che la maggior parte delle persone che affermano di aver fatto satori da qualche parte negli Stati Uniti oggi ti prenda in giro. Le persone tendono a identificarlo con una sorta di intelletto onnisciente. Cosa che non accade”.
    (Frank Zappa, East Village Other, 1-15 febbraio 1967)

    Bunk: “Hai bisogno di disciplina”
    Ian: “Vai e fai qualche esercizio di yoga”
    (dal brano “Progress”)

    Probabilmente, Frank Zappa ha sperimentato lo Zen per curiosità. Ha giocato sul palco con certi gesti che corrispondono a diversi mudra. Ne ho trovati diversi, tra le tante foto di archivio. Li avrà usati per creare un effetto scenico, per ‘entertainment’, per sperimentare. E’ tutto un gioco…

    Shuni Mudra
    Shuni Mudra (il sigillo della pazienza) è un gesto caratterizzato dal contatto della punta del pollice con quella del dito medio.
    Il pollice significa saggezza, mentre il medio rappresenta il coraggio di mantenere i propri impegni e le proprie responsabilità. Calma la mente.

    Chin Mudra
    La punta del pollice si unisce alla punta dell’indice allungando le altre dita.
    Chin Mudra simboleggia il collegamento della coscienza umana (l’indice) con il divino (il pollice).
    E’ un rimedio universale per migliorare gli stati di tensione e disordine mentale, per stimolare la memoria e la concentrazione.

    Apaan Mudra
    Il ‘saluto rock’ corrisponde all’Apaan Mudra, un gesto (o sigillo) yoga noto anche come Gesto dell’energia o Mudra della purificazione.
    Rappresenta la purificazione a livello fisico e spirituale. Sviluppa la creatività, calma la mente, libera dallo stress, aumenta energia e vigore, la fiducia in se stessi.

    Buddhi Mudra
    Il Buddhi Mudra (sigillo della chiarezza mentale) è caratterizzato dal contatto della punta del pollice con quella del mignolo. Il mignolo rappresenta l’acqua e la comunicazione, mentre il pollice rappresenta la natura divina e il fuoco. La loro unione significa comunicazione fluida e accesso alla propria conoscenza interiore.
    Questo sigillo apre e potenzia la mente, dona maggiore consapevolezza e concentrazione. Nella pratica tradizionale dello yoga, si ritiene che Buddhi Mudra consenta di sviluppare un’energia psichica intuitiva.

    Gyan Mudra
    Gyan Mudra è il gesto della conoscenza che aiuta a liberare la mente. Consiste nel rivolgere i palmi delle mani verso l’alto unendo il pollice con l’indice. Il pollice rappresenta la saggezza, l’indice la consapevolezza. Unendo queste due dita si raggiunge la completa conoscenza con il passaggio dall’oscurità alla luce.
    Può aiutare a risolvere problemi di concentrazione o insicurezza, a superare momenti di depressione, a calmare la mente, potenziare la memoria, prevenire stress e rabbia, favorire un senso di equilibrio.

    Kali Mudra
    Kali Mudra rappresenta il potere del coraggio che abbiamo nel combattere le difficoltà. Può essere usato per protezione, forza e potenza. Allontana stress ed emozioni negative, migliora il flusso di energia interno ed esterno, disintossica gli organi.

    Adi Mudra o Primo Gesto
    Adi Mudra è un potenziatore di energia e dell’umore. E’ un gesto della mano nello yoga che assomiglia a un pugno con il pollice infilato nel palmo della mano. Stringere il pugno può attivare alcune regioni del cervello. La mano destra può essere utilizzata per migliorare la memoria, quella sinistra per richiamare informazioni.
    Promuove quiete, stabilità ed equilibrio mentale.
    Migliora le capacità logiche del cervello ed il sistema nervoso, aumenta il flusso sanguigno al cervello facendo sentire più vigile e sveglio, stimola le ghiandole endocrine per una sana secrezione ormonale.

    Kidney Mudra
    L’anulare e il mignolo devono essere posizionati alla base del pollice, mentre il pollice sopra queste dita. Le altre due dita dovrebbero essere mantenute dritte.
    Il Kidney mudra calma la mente e distende il sistema nervoso migliorando l’umore.

    Chinmaya Mudra
    La chiave del gesto Chinmaya Mudra è la consapevolezza del respiro. Aumenta l’energia e la sicurezza in se stessi. Migliora la memoria, la concentrazione e la chiarezza mentale.

    Tarjani Mudra
    Il Tarjani Mudra è un gesto di ammonimento, di avvertimento. L’indice è disteso e allungato verso l’alto, mentre le altre dita sono chiuse a pugno.

    Il dito medio non corrisponde a nessun mudra. Peccato….

    Nota: “Progress?” è una sceneggiata sul contrasto tra conservatori e avanguardisti del rock.

  • HELP I’m in Loop: xenocronia Frank Zappa e Charles Ives – xenochrony

    HELP I’m in Loop: xenocronia Frank Zappa e Charles Ives – xenochrony

    Xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e Charles Ives.
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    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    “Help I’m a rock” è come un mantra e anche il loop lo è. Per “HELP I’m in Loop” non potevo che scegliere questo brano jazz in forma libera, acid rock e psichedelico in cui Zappa ha sovrapposto urla, richiami di papere, segnali acustici e chiacchiere aliene, canti tribali, un orgasmo femminile – il tutto al servizio del mantra “Aiuto, sono rock”.

    https://www.youtube.com/watch?v=hI5C4rnIJaU&t=354s

    Ho scelto Charles Ives per accompagnare questo mantra condito di assoli di Zappa sovraincisi.
    Charles Ives aveva almeno tre punti in comune con Zappa: la passione per le dissonanze, la passione per la sperimentazione e la forte influenza della musica folk e popolare che ascoltava da ragazzino. Suonava la batteria a 7 anni (più tardi, pianoforte e organo).
    Charles Ives ha esplorato la bitonalità, una tecnica musicale nel procedimento compositivo per cui tra due o più parti (o voci) in concerto, alcune seguono una tonalità e altre una diversa. Ha sperimentato anche i poliritmi (due o più ritmi contrastanti allo stesso tempo).
    Ives produsse, in un periodo incredibilmente breve di non più di 12 anni (1902-1914), centinaia di composizioni che non solo costituiscono gli unici parallelismi musicali con i nostri capolavori letterari del diciannovesimo secolo, ma che anticipano anche quasi ogni tecnica e sviluppo della pratica musicale del XX secolo: neoclassicismo, scrittura dodecafonica, serialismo, cluster tonali, armoniche quartali, struttura statica dell’altezza, “rumore”, contrappunti di masse sonore, composizione provvisoria e aperta, collage, citazioni, giustapposizioni stilistiche, contrasti di sfondo in primo piano, metodi aleatori, scelta di ensemble “speciali”, gruppi non sincronizzati, musica spaziale e uso di poliritmi, poliarmonie e politonalità. Era interessato alla multidimensionalità strutturale.
    Ives sapeva che nel mondo della Creazione la legge relativa alle forme era una legge di successione e di cambiamento continuo (“variazioni”): le forme erano immutabili e non successive (“vera musica”). Nelle sue composizioni, Ives ha tentato di presentare simultaneamente e quindi di riconciliare il Reale e il Trascendentale, la storia e il cosmo.
    Ha utilizzato trasposizioni, loop, metri multipli, musica trascendentale.

    Tra i pionieri del looping, negli anni Settanta, troviamo Frank Zappa, Jimi Hendrix, Beatles e Pink Floyd.
    Frank Zappa fu influenzato da Halim El-Dabh: utilizzò i tape loop per formare il suono unico della sua band, i Mothers of Invention. Il suono di Zappa era un mashup di vari generi, dalla musique concrete all’R&B, al jazz e al primo rock n’ roll, che combinava suoni di chitarra elettrica con frammenti di commenti politici e filmati di performance dal vivo. Ha usato il nastro non solo come formato di registrazione e come strumento pratico in studio, ma anche come strumento in sé. La sua musica è stata fonte di ispirazione per molti artisti di oggi, dai Kraftwerk ai Primus a Bobby Sanabria, abbracciando una vasta gamma di generi e stili musicali.
    Cos’è il looping?

    https://www.youtube.com/watch?v=iNFhXEnYiS4&t=84s

  • Gas Maskerade – xenocronia Frank Zappa, John Cage – xenochrony

    Gas Maskerade – xenocronia Frank Zappa, John Cage – xenochrony

    Xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e John Cage

    FAIR USE

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    La maggior parte dei ricordi del Maryland di Frank Zappa “sono collegati principalmente alla cattiva salute” ha detto. “Nei miei primi anni il mio migliore amico era un vaporizzatore con il muso che mi soffiava quel vapore in faccia. Stavo male tutto il tempo”.
    Oltre ad essere soggetto a forti raffreddori, Frank era asmatico, il che lo teneva molto in casa. La madre attribuisce a questo il fascino per la lettura sviluppato dal maggiore dei suoi quattro figli.
    “Per tutto il tempo che doveva stare a letto e riposare, avrebbe avuto tutti i suoi libri sul letto” ha detto.
    La lettura precoce e ampia, supportata poi dallo studio autonomo presso le biblioteche pubbliche, soddisfaceva la sua super curiosità.
    “Vivevamo in una casa fatta quasi di cartone. Erano duplex fatti di assicelle… roba davvero fragile. A quei tempi a Edgewood producevano gas mostarda e ogni membro della famiglia aveva una maschera antigas appesa nell’armadio nel caso in cui i serbatoi si fossero rotti. Quello era davvero il mio giocattolo principale in quel momento. Quello era il mio casco spaziale. Ho deciso di prendere un apriscatole e aprirlo. Questo gesto ha soddisfatto la mia curiosità scientifica ma ha reso inutile la maschera antigas. Mio padre era così sconvolto quando lo scoprì… Ero affascinato dal gas velenoso… dall’idea che si potesse creare una sostanza chimica, e poi tutto quello che dovevi fare era annusarlo e morire… Per anni al liceo, ogni volta che dovevamo studiare scienze, riferivo sempre ciò che sapevo sul gas velenoso”.
    (The Baltimore Sun Magazine, 12 ottobre 1986)

    Il padre di Frank Zappa lavorava all’Edgewood Arsenal Chemical Warfare Facility gestito dall’esercito USA. Quella struttura ospitava gas mostarda e molti sospettano che fosse stato anche un deposito di agenti di guerra batteriologica su cui gli Stati Uniti stavano lavorando.
    Il padre di Zappa portava a casa regolarmente attrezzature da laboratorio piene di mercurio dandole a Frank per giocare. Da bambino, Frank era spesso malato, soffriva di asma, mal d’orecchi, problemi ai seni paranasali trattati con la radioterapia che può contribuire allo sviluppo del cancro. Come il gas mostarda, il mercurio liquido è cancerogeno. Gli effetti a lungo termine dei test di Edgewood nel Maryland rimangono ancora poco chiari.
    Documenti declassificati mostrano che i test umani erano in corso nel sito già nel 1948 (Zappa aveva 7 anni all’epoca). I primi test conosciuti (che hanno coinvolto soggetti umani) si concentravano sulle formule per 3 nuovi gas nervini sviluppati dai nazisti durante la seconda guerra mondiale (tabun, soman e gas sarin).
    Da un rapporto riservato intitolato “Guerra psicochimica: un nuovo concetto di guerra” prodotto nel 1949 da Luther Wilson Greene (direttore di Edgewood) si apprende che alcuni composti psicoattivi creerebbero gli stessi effetti collaterali mentali debilitanti di quelli prodotti dai gas nervini. Sono stati avviati esperimenti su 254 diverse sostanze chimiche tra cui LSD, derivati del THC, benzodiazepine e BZ. Circa 7mila militari statunitensi e 1.000 civili sono stati sottoposti ai test per quasi 30 anni. Si dice che fossero volontari ma le sostanze chimiche testate pare abbiano contaminato le acque sotterranee intorno alla base con effetti dannosi sui residenti locali (inclusi Frank Zappa e la sua famiglia).
    Nel settembre 1975, il programma di volontariato per la ricerca ‘medica’ fu interrotto. Il fondatore e direttore del programma, dott. Van Murray Sim, fu chiamato davanti al Congresso e rimproverato dai legislatori. E’ possibile che eventuali decessi siano stati opportunamente attribuiti ad altre cause, per esempio alcuni tipi di cancro.
    (estratto da un articolo di Justin Beckner del 22 gennaio 2023, Ultimate Guitar)

    Edgewood Arsenal è un centro di ricerca dell’esercito USA nel Maryland specializzato in armi chimiche fin dalla Prima Guerra Mondiale. Qui, negli anni ’50 e ’60, la CIA condusse il progetto MK-ULTRA, programma illegale e clandestino di esperimenti di controllo mentale sugli esseri umani.
    Oltre 7.000 soldati sono stati sottoposti ad ogni tipo di test, inclusi quelli per gli effetti dell’LSD.
    Lo scopo del progetto MK-ULTRA era individuare droghe e procedure che, insieme ad altre tecniche di tortura, spingevano le persone ‘trattate’ a confessare. Il programma mise in atto molte attività illegali: vennero usati come ‘cavie’ inconsapevoli anche cittadini statunitensi e canadesi.

    Bob Marshall: “Uno degli istituti coinvolti nel programma di controllo mentale MKULTRA della CIA, nel ’55, si chiamava Human Ecology Society. Usavano il termine “ecologia”, ma era ecologia “umana”, intesa in senso gestionale, non come inquinamento”.
    Frank Zappa: “Ingegneria umana”.
    (Intervista di Bob Marshall, 1988)

    Tuo padre si guadagnava da vivere lavorando con i gas velenosi. Ne capivi le implicazioni?

    “Sì. L’ho preso come un dato di fatto e basta. Nel posto dove vivevamo eravamo obbligati a tenere appese al muro delle maschere antigas, nel caso in cui i serbatoi si fossero rotti, perché erano letali. Ripensandoci, se quei serbatoi si fossero rotti quelle maschere antigas non ci avrebbero salvato.

    C’erano dei serbatoi di iprite vicino agli alloggiamenti dell’esercito dove vivevamo. Quella merda era proprio in fondo alla strada. All’ingresso avevamo un attaccapanni con la maschera di papà, la maschera di mamma e la maschera di Frank. Indossavo sempre la mia. Era il mio casco spaziale. C’era una lattina alla fine del tubo che conteneva il filtro, e mi domandavo sempre che cosa ci fosse lì dentro. Ho preso un apriscatole e l’ho aperta, per scoprire come funzionava. Mio padre si è arrabbiato molto quando l’ho aperta, perché l’ho rotta e lui avrebbe dovuto procurarmene un’altra, cosa che non ha mai fatto. Ero senza difese”.

    (Playboy, aprile 1993, intervista di David Sheff a Frank Zappa)

  • Blues just smells funny – xenocronia Frank Zappa, Charles Mingus, Thelonious Monk e Archie Shepp

    Blues just smells funny – xenocronia Frank Zappa, Charles Mingus, Thelonious Monk e Archie Shepp

    Xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Charlie Mingus, Thelonious Monk e Archie Shepp

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    Compositori jazz preferiti?
    “Charlie Mingus e Thelonious Monk”.
    (Frank Zappa, Iconoclast, 15-22 marzo 1974)

    “Mingus aveva le palle” (Frank Zappa, intervista di Dan Forte per Musician n. 19, agosto 1979)

    In oltre 60 album, Zappa ha prodotto “un imponente corpus di opere che è probabilmente l’equivalente della musica rock più vicino all’eredità di Duke Ellington”, secondo la Guinness Encyclopaedia of Popular Music.
    (Hot Press, 7 aprile 1993)

    “L’idea del titolo dell’album Hot Rats mi venne in mente perché in Europa avevo comprato un disco dove c’era The Shadow of Your Smile con il sax di Archie Shepp. Lui prendeva l’assolo che mi diede subito l’impressione di un esercito di topi surriscaldati che uscivano squittendo dal suo strumento. Il suono era quello. Quando uscì, credo fosse il disco più sovrainciso della storia. Forse solo Les Paul aveva fatto qualcosa di simile ai suoi tempi” (Frank Zappa).

    Nel 1967, Zappa aveva sviluppato un notevole interesse per Archie Shepp che, tra il ’67 e il ’66, aveva pubblicato Fire Music, On this night e Mama Too Tight, i suoi dischi più rivoluzionari.
    In un annuncio pubblicitario apparso sul Los Angeles Free Press del 3 febbraio 1967 si citava – facendo riferimento al repertorio dei Mothers – un brano intitolato Archie’s Time commentato così: “Cosa accadrebbe se Archie Shepp sapesse suonare il fagotto elettrico?”.
    Forse era questo il pezzo che Zappa al Garrick Theatre fece suonare ai Mothers mentre incitava i tre marines ad urlare “Kill! Kill!” nel microfono. “Una cosa alla Archie Shepp” come egli stesso raccontò, “una follia con accordi dissonanti e tutto il resto”.
    Questi Mothers del ’67, dunque, erano il primo gruppo della storia del rock ad ispirarsi solisticamente, con cognizione di causa, alle punte più avanzate delle avanguardie jazzistiche.
    (tratto da libro “Frank Zappa Domani” di Gianfranco Salvatore)

    Zappa non si considera un appassionato di jazz. Tuttavia, non nasconde la sua simpatia per un certo gruppo di musicisti jazz come Eric Dolphy, Wes Montgomery, Charles Mingus, George Russell e Albert Ayler.
    Il flirt jazz inizia già dai primi album, in particolare “Uncle Meat” del 1968, dove Zappa cerca di penetrare il linguaggio del free jazz (riferimenti ad Aylrey e Dolphy); momenti simili si ritrovano anche in “Weasels Ripped My Flesh”.
    Zappa non prova a suonare jazz; privandolo (forse deliberatamente) di un certo tipo di emozione, tratta il jazz piuttosto come uno stimolo artistico, un materiale o un tipo di espressione musicale desiderato in un certo momento. (Jazz Forum, dicembre 1993)

    La sua musica non è pop, non è beat, “è per i boyscout” pare abbia detto Frank. Non è nemmeno jazz: “il jazz è troppo etico”. La sua musica è un’altra invenzione.
    Accanto a questo leggendario compositore e musicista, si sono alternati alcuni dei migliori strumentisti jazz, rock e blues. (Interviu 8-14 marzo 1979)

    Il pubblico jazz, abituato ad ascoltare prima di saltare alle conclusioni, ha lodato Zappa come il più interessante compositore e arrangiatore rock. (High Times, marzo 1980)

    “Non chiamatela musica jazz: la stampa rock ci ha attribuito l’etichetta jazz ma non è mai stata concepita come jazz né è mai stata eseguita come jazz”.
    Non cercate fan del jazz ai suoi concerti. “Non credo siamo ben accolti dalla comunità jazz”.
    (City Life, 25 luglio 1984)

    In una recensione del recente concerto, ho detto che i MOI costituivano la prima band di jazz elettrico. Ciò non significa, tuttavia, che Zappa utilizzi un tempo costante o uno schema ritmico come fa la maggior parte del jazz. È incline, come Miles Davis, a spezzare i passaggi oscillanti dopo un po’, spostare il tempo, utilizzare accelerazioni e rallentamenti e cambiare tutto in termini di schema e ritmo.
    (Datebook, 8 dicembre 1968)

    Il rock con Zappa non è mai stato più vicino al jazz: non è un caso che Hot Rats, album pubblicato nell’ottobre 1969, sia considerato da molti una sorta di anticipatore del jazz rock.
    (Classix n.21 – marzo aprile 2009)

    Zappa creò quella che fu chiamata “Air Sculpture”. Aveva la capacità di suonare qualsiasi nota (tutti i dodici toni / scala cromatica) sulla chitarra, su qualsiasi tasto. Questo stile di improvvisazione era usato anche dai chitarristi jazz (senza dubbio cervelloni dall’udito immacolato, barbe e banjo…). Il trucco sta nel sapere in quale ordine suonare le note. (Sun Zoom Spark, gennaio 1994)

    “Un musicista jazz che improvvisa prende il flusso delle armonie e inventa una linea melodica per accompagnarlo. Nel nostro caso abbiamo a che fare con i suoni stessi, come materia prima per così dire. Di conseguenza, alcune improvvisazioni non riguardano le note, ma le variazioni dei suoni che possono essere prodotte sui singoli strumenti. (Frank Zappa, Journal Frankfurt n. 19, settembre 1992)