xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Béla Bartòk, Don ‘Sugarcane’ Harris
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“Bartok era solito raccogliere canzoni popolari e usarle nelle sue composizioni. Nel mio caso raccolgo folklore di tipo verbale, dalla strada o dalle persone che circondano immediatamente il mondo del gruppo, e lo trasformo in un riferimento musicale”. (FZ, Sounds, 7 novembre 1970)
Nel 1989, in un programma radiofonico chiamato “Castaway’s Choise”, Frank Zappa ha nominato una lista di 10 dischi che avrebbe portato con sé su un’isola deserta.
Al 4° posto, dopo Octandre di Edgard Varèse, The Royal March from L’Histoire du Soldat e The Rite of Spring di Igor Stravinsky, nella lista compare Third Piano Concerto, First Movement di Béla Bartok.
Nel tour del 1988, la band di Zappa eseguì un arrangiamento del tema di “The Bartok Piano Concerto #3” registrandolo per l’album Make A Jazz Noise Here e Zappa ’88: The Last US Show.
“Non sono nel business della manifattura di capolavori e non mi sento in competizione con altri cosiddetti ‘compositori moderni’: ciò che faccio si chiama entertainment”. (Frank Zappa)
“La musica di Zappa – sembra un paradosso – è quanto di più distante si possa immaginare dalla posizione dell’ironia. E’ una musica che si esprime sotto il segno della maestria e ne esplora con molta determinazione i territori. Il senso, tutto immanente, del mestiere, di un sapere musicale declinato su più livelli ed usato in una prospettiva di scambio funzionale col pubblico, è presente da sempre nel segno compositivo di Frank Zappa. Il suo è un vero e proprio emporio concertante di stili in cui trovano posto gesti, espressioni e tipologie di una congerie trasversale di segnali sonori storici e contemporanei: Gershwin e la musica dei cartoni animati, Bartók e la colonna sonora dei telefilm polizieschi americani, Stravinsky, il dixieland, il contrappunto fiorito, tutto trova posto nei grandi contenitori da intrattenimento che Zappa sa costruire – con una sapienza fuori dall’ordinario – per un pubblico eterogeneo che si dispone all’ascolto su piani di volta in volta diversi”.
(Riccardo Giagni, Sonora n.4 1994)
Una delle tante cose che proporrai in questo tour è il primo movimento del terzo concerto per pianoforte di Bartok. Non riesco a immaginare come suonerà perché lo ascolto da un paio di giorni e…
“… non è una delle melodie più belle che tu abbia mai sentito in vita tua?”.
Sì e spero che tu lo faccia a Cleveland.
“Sai dove lo inseriremo, insieme a “Royal March” di Stravinsky (da “L’Histoire Du Soldat”)? Nel mezzo di “Packard Goose” (Joe’s Garage). Anziché un assolo di chitarra, abbiamo inserito quei due pezzi”.
Registrerai ogni singolo spettacolo del tour?
“Ci puoi scommettere”.
(Scene, marzo 1988)
Il pianista ungherese Béla Bartók, che visse dal 1881 al 1945, era rinomato per aver saputo fondere il folk tradizionale con la sua elevata musicologia, determinato a mantenere viva la storia culturale del suo Paese.
Pianista, compositore, etnomusicologo. Il suo notevole interesse per la musica popolare ha avuto un’influenza fondamentale sulla sua produzione.
Col tempo divenne una delle principali autorità nel folklore dell’Europa orientale. Dedicò molte energie allo studio ‘sul campo’ della musica contadina visitando personalmente luoghi remoti. Le sue vaste collezioni includono oltre 10.000 melodie di varie etnie, tra cui ungheresi, rumene, slovacche, serbe e bulgare.
La presenza di queste culture all’interno della sua musica è evidente. Lui stesso affermò: “Non rifiuto alcuna influenza, sia essa slovacca, rumena, araba o di altra provenienza. La fonte deve essere solo pulita, fresca e sana”.
Bartòk, studioso della musica popolare dell’Europa orientale e del Medio Oriente, fu uno dei pionieri dell’etnomusicologia.
Nella sua ricerca etnomusicologica, Bartòk ha cercato il vero classico, ciò che non dev’essere sostituito o alterato.
Il vero ordine, il vero equilibrio è il messaggio che preme a Bartók. E’ da cercare nella natura, di cui i canti popolari bulgari intendono far cogliere quella sorta di aurea ancestrale, quasi mistica, in perfetta unione con il lavoro e con la vita degli abitanti dei luoghi rurali e delle montagne.
Dopo aver scoperto le musiche contadine dei magiari, che erano le autentiche musiche popolari ungheresi, Bartók cominciò a includere canzoni popolari nelle proprie composizioni ed a scrivere temi originali con caratteristiche simili, oltre ad usare frequentemente figure ritmiche di matrice folklorica.
Nonostante gli insuccessi, la tenacia di Bartók lo spinse a continuare a cercare un connubio tra la musica popolare e le sale da concerto nello stile pianistico.
Le ‘Nenie’ sono basate sul canto popolare ungherese con scale modali, non presenti nella musica occidentale, armonizzate in maniera quasi impressionistica.