Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Categoria: Zappa’s Style

  • Frank Zappa’s Style 23: conducted improvisation, quick memorization, noisemaking, multiple collision

    FZ & MOI – Blues Improvisation (Live a Vancouver 1975)

    In copertina un disegno di Jim Mahfood

    Non si può parlare di semplice improvvisazione nel caso dei Mothers. Frank Zappa dirigeva una serie di variazioni improvvisate controllando forma e stili. Lui la chiamava conducted improvisation (improvvisazione eterodiretta) cioè diretta da un altro, dall’esterno. Una contraddizione in termini in ambito jazz. Zappa ne era pienamente consapevole. Improvvisare una composizione usando i musicisti come semplici strumenti dirigendo dall’esterno le loro invenzioni estemporanee. Muoveva le dita nell’aria e la musica semplicemente avveniva con il suo codice gestuale e gli impulsi energetici del Maestro.

    (Il teatro musicale dei Mothers of Invention, Gianfranco Salvatore)

    Un musicista deve saper leggere gli spartiti per far parte della tua band?

    “Aiuta sempre. Le due caratteristiche principali che deve avere un musicista per far parte della mia band é la velocità e la capacità di memorizzare. I nostri spettacoli durano 2 ore, 2 ore e mezza senza sosta e sono organizzati, a parte gli assoli che sono improvvisati. La sequenza degli eventi è pianificata in modo tale che lo spettacolo sia serrato e il pubblico non debba sedersi ad aspettare che succeda qualcosa. Quindi, richiede molta capacità di memorizzazione, memorizzazione rapida. Non puoi impiegare un anno ad insegnare a qualcuno uno spettacolo. Negli ultimi due tour, io e la mia band abbiamo passato tre mesi (5 giorni alla settimana, 6 ore al giorno) a memorizzare e mettere a punto lo spettacolo. Le prove sono un investimento molto costoso: 13.250 dollari a settimana. Proviamo con l’attrezzatura completa, la troupe completa e un palcoscenico”.

    C’è stato un tempo in cui dovevi adattare le tue composizioni alle capacità dei tuoi musicisti.

    “Lo faccio ancora”.

    Ci sono momenti in cui vorresti scrivere musica complessa ma non puoi convincere nessuno a suonarla in tour?

    “Succede tutti i giorni. Il tipo di musicisti di cui ho bisogno non esiste. Ho bisogno di qualcuno che capisca i poliritmi, che suoni qualsiasi stile musicale, capisca la messa in scena, il rhythm and blues e come funzionano molte diverse tecniche di composizione. Quando assegno una parte ad un musicista, dovrebbe sapere come funziona nel mix con tutte le altre parti”.

    (FZ, Down Beat, 18 maggio 1978)

    Il disprezzo di Zappa per le distinzioni accettate tra arte “autentica” e “non autentica”, alta e bassa, così come altre gerarchie estetiche e generiche, è solo un aspetto del suo impegno per la via affermativa della musica contemporanea, che lo accosta ad altri artisti eccentrici come Charles Ives – tra i primi ad integrare elementi di musica “bassa” (inni gospel, jazz, fanfara) e musica classica/orchestrale – e il maestro di Zappa, Edgar Varèse, con cui condivide non solo l’interesse per il bruitismo (o rumorismo, l’arte dei rumori basata su musica e percussioni) ma anche un debole per gigantesche strutture compositive che superano lo standard della performance tradizionale (Varèse ha utilizzato 400 altoparlanti per eseguire il suo “Poème électronique” all’Esposizione Mondiale di Bruxelles del 1958).

    (dal libro “Frank Zappa, Captain Beefheart and the Secret History of Maximalism” di Michel Delville e Andrew Norris, 2005, Salt Publishing)

    Un tratto in comune tra Zappa e Varèse è la convinzione espressa da quest’ultimo che la musica debba sempre essere “sintesi d’intelligenza e volontà” conservando un’idea forte di composizione. Zappa è, in realtà, molto più vicino a un compositore come Ives che, all’inizio del secolo, mirava a suggerire l’effetto spaziale di bande che si avvicinano, s’incrociano e si allontanano con l’uso contemporaneo di melodie diverse con ritmi e tempi diversi.

    Zappa ha detto: “Questa tecnica è stata adottata fin da ‘Absolutely Free’. Nella nostra versione da poveri, il gruppo si divide in tre parti e suona “The Star-Spangled Banner”, “God Bless America’ e ‘America The Beautiful’ tutte allo stesso tempo, ricreando una versione amatoriale della collisione multipla di Ives.

    (Ciao 2001, 3 luglio 1990)

    Zappa ha più volte sottolineato il suo apprezzamento per il dada e, in verità, del dada Frank ha mutuato procedimenti formali (collage, assemblage, gioco di parole, parodia) e modi di pensare (anarchismo, antiautoritarismo, valore eversivo del sesso, esortazione a non farsi infinocchiare dall’establishment, satira rivolta contro il filisteismo, il romanticume, l’intellettualismo, ecc.).

    Tra i musicisti ‘colti’ cui Frank ha guardato e da cui ha attinto, Erik Satie ha un posto di rilievo, non a caso vicino al dada. Satie, come Zappa, riempie la sua musica di citazioni ironiche di musiche popolari (in Satie sono quelle del circo e del luna-park, delle bande, delle danze di moda) usando in modo stilizzato modi del cabaret: l’uso del rumore, in Zappa come in Satie, è dissacratorio e ironico.

    (Ciao 2001, 3 luglio 1990)

  • Frank Zappa’s Style 22: octave bass, bass strings, puzzle, the grand œuvre (sphere), dada, more

    Uncle Meat – FZ & The Mothers of Invention (Live ad Appleton, 23 maggio 1969)

    In copertina un disegno di Jim Mahfood

    Cos’è un “Octave bass” (usato su Hot Rats)?

    “È un basso che è stato accelerato di un’ottava per portarlo all’estensione della chitarra. Accelerarlo non solo cambia la velocità con cui suoni le note, ma cambia l’inviluppo delle note e dà un attacco più incisivo. E sai come suonerà un basso per molto tempo? Ti dà un diverso tipo di sostegno; il sustain esce un’ottava più alta”.

    Su quali scale lavori?

    “I miei assoli sono ritmicamente influenzati dal parlato; armonicamente sono orientati pentatonici o poliscala e c’è la modalità Mixolydian, che uso molto”.

    Ci sono canzoni in cui hai registrato più di una semplice traccia ritmica e solista?

    “Sì, “Po-Jama People” (One Size Fits All), “Filthy Habits” (Zoot Allures) ha cinque parti di chitarra, alcune cose con più parti di chitarra in We’re Only in It for the Money e Uncle Meat”.

    (FZ, Guitar Player, gennaio 1977)

    Sei uno dei pochi chitarristi che sfruttano al massimo le corde gravi. Esegui molti suoni armonici estremamente ricchi sulle corde gravi. Cosa c’è dietro a questo tipo di suono?

    “Tutto quello che c’è da fare è toccare la corda Mi [basso] proprio al tasto Sol, e via. Ci sono quattro o cinque armonici in quel piccolo intervallo tra il tasto Fa e il tasto Sol diesis – punti diversi lì ti permetteranno di ottenere cose strane. La stessa cosa succederà sulla corda La e su tutte le altre corde avvolte”.

    Molti chitarristi rock sembrano più interessati a stridere sulle corde alte.

    “Penso che gran parte dei chitarristi tenda a suonare nello stesso modo in cui parla. Visto che io non sono un gran ‘fischiatore’ ma un baritono, suonare sulle corde basse è più in sintonia con la mia realtà”.

    (FZ, Guitar World, dicembre 2003 – intervista a Frank Zappa del 1988 condotta da Alan di Perna)

    “Ciò che so fare meglio con la chitarra richiede un accompagnamento. Non posso sedermi e suonare accordi e linee allo stesso tempo su una chitarra – come un chitarrista classico – e farne qualcosa di musicalmente coerente. Faccio o l’uno o l’altro, non contemporaneamente. Non ho la coordinazione per strimpellare accordi e cantare simultaneamente. Non riesco proprio a farlo. Ho un’estensione vocale di circa un’ottava. Quindi, in realtà, sono piuttosto limitato in questo senso. Se dovessi andare in tournée o altrove, l’unica cosa che potrei fare da solo sarebbe tenere una lezione. Ho ricevuto offerte per tenere lezioni”.

    (FZ, High Times, marzo 1980)

    Con oltre nove ore di materiale registrato, Zappa ha creato un puzzle che eguaglia quello di Burroughs (nella scrittura) e Warhol (nel film).

    Nel tentativo di guardare al suo lavoro, è un errore prendere ogni album solo come qualcosa di individuale. Ogni pezzo di lavoro registrato si adatta (non sempre perfettamente) ai pezzi precedenti così come a quelli che non sono ancora stati scritti, figuriamoci registrati.

    Ci sono canzoni in un album che riappaiono circa un anno dopo in uno nuovo in una forma diversa. Le cose si incastrano l’una nell’altra per un certo numero di anni. Ci sono anche ri-riferimenti. Burroughs li chiama “ritagli”; Zappa, per quanto ne so, non ha un nome particolare per questo. Qualche anno fa, Barry Miles scrisse su IT riferendosi a Zappa come a un vecchio alchimista perché si concentrava su un solo problema e tentava di risolverlo esaminandolo in ogni modo possibile. Zappa è una di quelle persone uniche in grado di osservare oggettivamente il proprio ambiente, essendo consapevole della maggior parte delle forze musicali che lavorano su di lui e intorno a lui, filtrando tutto e ricostruendo la sua personale visione del mondo.

    (Muther Grumble, 2 febbraio 1972)

    Nessuno sa dove inizia e dove finisce la «grand œuvre» di Frank Zappa. L’unico modo per entrare in quella sfera è prendere a caso una canzone, un album, una nota o un testo e lasciare che la musica attraversi la parte più brutta del tuo corpo. Questo è ciò che dice il primo album «Freak Out»: devi dare di matto per entrare nella sfera!

    Ogni singola nota di un pezzo di Zappa rimanda ad un’altra, non importa quando sia stata scritta, non importa perché, non importa per chi….

    La sfera è tipicamente un’immagine del concetto AAFRNAA. Questa è la prova stessa che Zappa era sia dadaista che dadaista surrealista. Da un lato, secondo la continuità dadaista/concettuale, ogni singola cosa che ha fatto (musica, film, avvenimenti, ecc.) è stata pianificata come una causalità infinita. D’altronde, come facevano i surrealisti, tutto ciò che ha fatto o eseguito Zappa è stato registrato, datato, rintracciato, referenziato. È come se volesse catturare e trattenere la perfezione del momento presente.

    (ZAPPA’S MUSIC IS A SPHERE – Guillaume Dauzou & Sabrina Bergamin)

  • Frank Zappa: stile senza compromessi

    Frank Zappa, stile senza compromessi

    “C’è un’intera sottostruttura di quella che chiamano musica pop, che è l’heavy metal, in cui la chitarra domina e questo non cambierà mai. È uno stile che probabilmente ci accompagnerà finché l’inferno non gelerà, per usare un termine rock and roll. Ma se parliamo di Whitney Houston, di quell’altro tipo di musica pop, cercano di tenere fuori gli elementi blasfemi. Non c’è niente di AOR o MOR in una chitarra fuzz. Cercano di rendere l’orchestrazione di quelle canzoni il più neutrale e confortevole possibile. Penso che il pubblico venga, in una certa misura, ingannato da ciò che viene trasmesso. Perché ciò che viene trasmesso non è necessariamente un’indicazione accurata di ciò che le persone scrivono o registrano. Ciò che, di solito, passa alla radio è il prodotto più banale che ogni casa discografica riesca a mettere insieme. Negli Stati Uniti, la radio è davvero un imbarazzo culturale. L’unica radio creativa che puoi ascoltare è quella che chiamano radio shock, dove la gente parla e inventa cose. C’è una piccola scintilla di creatività lì. Ma la maggior parte della musica trasmessa è dannosa per la salute mentale degli ascoltatori. Le radio sono formattate così, anche quelle universitarie, perché tutti vogliono fare il salto di qualità riguardo all’orientamento alla carriera. Tutti guardano l’orologio e pensano alla pensione dimenticando quanto sia divertente suonare. E’ questo il problema. Se tutti i musicisti amassero la musica così tanto da suonarla a prescindere da tutto, allora tutti i dischi sarebbero fantastici e ciò che verrebbe trasmesso in radio sarebbe meraviglioso. Ma la radio ci sta mostrando che la gente non ama la musica così tanto, ma ha un’idea fantastica di come dovrebbe andare la propria carriera. È un po’ triste, un po’ noioso e un po’ vero… Gli anni Settanta mi sono rimasti impressi come gli anni in cui è stato inventato il rock aziendale. La gente ha deciso che quello sarebbe stato l’unico tipo di rock che la razza umana avrebbe mai sentito da allora fino alla fine dei tempi. A parte le band heavy metal, che stavano realizzando la loro visione di bellezza. Ma poi anche quella è diventata praticamente una formula. L’heavy metal ha subito un vero declino con l’arrivo dei video. Da allora, non era tanto importante quanto sapevi suonare ma quanto potevi risultare imponente davanti a una telecamera. Il membro più importante di ogni band heavy metal è il parrucchiere, l’eroe non celebrato del rock and roll… Il metal esiste da un sacco di tempo. Ricordo un tempo in cui la gente non lo vedeva di buon occhio, parlo dei primi Black Sabbath e roba del genere. Quando dico “gente” mi riferisco ai critici rock e al tipo di persone che pensano di sapere. Ma a chi comprava i biglietti per i concerti piaceva sempre, anche se non veniva trasmesso alla radio. Non credo che Ozzy finirà in miseria tanto presto…”.

    “Quello che faccio non può adattarsi ad un format aziendale. E a meno che non ci sia un miracolo evolutivo a livello di trasmissione radiofonica, nessuno ascolterà mai queste canzoni alla radio. Di certo, MTV non trasmetterebbe mai un video fatto da me”.

    (FZ, Guitar World, dicembre 2003 – intervista a Frank Zappa del 1988 condotta da Alan di Perna)

  • Frank Zappa e le corde gravi

    Frank Zappa e le corde gravi

    Sei uno dei pochi chitarristi che sfruttano al massimo le corde gravi. Esegui molti suoni armonici estremamente ricchi sulle corde gravi. Cosa c’è dietro a questo tipo di suono?

    “Tutto quello che c’è da fare è toccare la corda Mi [basso] proprio al tasto Sol, e via. Ci sono quattro o cinque armonici in quel piccolo intervallo tra il tasto Fa e il tasto Sol diesis – punti diversi lì ti permetteranno di ottenere cose strane. La stessa cosa succederà sulla corda La e su tutte le altre corde avvolte”.

    Molti chitarristi rock sembrano più interessati a stridere sulle corde alte.

    “Penso che gran parte dei chitarristi tenda a suonare nello stesso modo in cui parla. Visto che io non sono un gran ‘fischiatore’ ma un baritono, suonare sulle corde basse è più in sintonia con la mia realtà”.

    (Guitar World, dicembre 2003 – intervista a Frank Zappa del 1988 condotta da Alan di Perna)

  • Frank Zappa: un instancabile innovatore e sperimentatore

    Zappa's Gear di Mick Ekers

    “Frank Zappa era un instancabile innovatore e sperimentatore, sempre alla ricerca di modi per sfruttare le ultime innovazioni in strumenti musicali, amplificazione, unità di effetti e registrazione del suono. La sua vita lavorativa coincise con l’esplosione dello sviluppo della tecnologia musicale iniziata negli anni ’60 e proseguita per i tre decenni successivi. Di conseguenza, finì per utilizzare una gamma unica e affascinante di chitarre ed altre attrezzature musicali durante la sua carriera. Senza invenzioni come l’amplificatore Marshall, la Gibson SG, il pedale wah-wah e il Synclavier, le “sculture aeree” di FZ avrebbero avuto una forma e una consistenza significativamente diverse. Inoltre, molte delle sue chitarre e dei suoi strumenti musicali furono appositamente modificati e personalizzati (o “pizzicati”, come diceva lui), spesso utilizzati in modi per i quali non erano mai stati progettati.

    (Mick Ekers – autore di Zappa’s Gear – Leigh-on-Sea, Essex, Inghilterra – 2013)

  • Frank Zappa’s Style 21: hammering, D minor, metalanguages, xenochronic experiments, more

    Frank Zappa sceglieva solo i musicisti più dotati cercando strumentisti colti che sapessero leggere la musica ma anche capaci di improvvisare. Non era facile perché le due cose, sosteneva lui, sono spesso all’antitesi. (Suono, novembre 2012)

    Il tipico vezzo zappiano consiste nello scrivere qualcosa di molto semplicistico per attaccarlo contro qualcosa di tecnicamente difficile e viceversa. (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

    Nell’agosto del 1972, Zappa formò la Grand Wazoo Orchestra con alla batteria Jim Gordon. Gordon gli mostrò la tecnica chitarristica detta hammering, che consiste nel far vibrare le corde percussivamente, agendo col plettro direttamente sul manico dello strumento. (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

    “Devi amare moltissimo il re minore (D minor) per suonare nella nostra band” (Ian Underwood, Sounds, 5 dicembre 1970)

    Zappa ha spesso affrontato il suo lavoro come un unico grande progetto, a cui sono collegati i singoli album tra loro attraverso una continuità concettuale. C’è una verità fondamentale in questo per tre ragioni principali.

    1) L’atteggiamento verso la sua musica non è mai cambiato. Poteva integrare tutti gli elementi di stile nella sua produzione, qualunque cosa gli sembrasse carino per qualsiasi motivo. Lo fece in modo “Absolutely free” nel 1967 e lo fece ancora con “Civilization Phaze III” nel 1993.

    2) Non si è mai allontanato dai lavori precedenti, più avanti nella sua carriera. C’è un alto grado di coerenza nella sua produzione musicale e nel repertorio che ha suonato dal vivo.

    3) Tornava spesso su temi già utilizzati in precedenza, per lo più sotto forma di varianti dal vivo. A questo si riferiva con la sua espressione “le briciole del biscotto sono l’apostrofo” su “Apostrophe (‘)”. Uncle Meat, in tal senso, può essere considerato un album centrale, forse l’album che ha più briciole che finiscono su altri album. (FRANK ZAPPA’S MUSICAL LANGUAGE 4TH EDITION, july 2012 – A study of the music of Frank Zappa by Kasper Sloots)

    Alcuni analisti affermano che Frank Zappa è in grado, su ciascuna delle sue tante chitarre, di passare indifferentemente da una scala temperata a una scala blues e ad una modale e di percorrerle in sequenza nel corso dello stesso assolo. (Il Mucchio Selvaggio novembre 1984)

    Zappa è tra i personaggi che più hanno fatto per superare l’elemento fondamentale del rock: l’immediatezza. Ha costruito un rock strettamente gerarchico, cerebrale, che mentre insegue vette espressive tratte dalla tradizione classica occidentale non viene meno agli imperativi irrinunciabili del rock: piacere, fruibilità estesa, movimento. Le sue opere si sono via via ramificate con arrangiamenti sempre più ricchi e complessi. Al primitivo rock chitarristico si sono aggiunti dapprima i fiati, fino alle dimensioni di una big band, poi l’elettronica, infine le orchestre: quella, di 40 elementi, di Orchestral Favourites e quella, di ben 102, della London Symphony Orchestra. Zappa è, insomma, il maggior creatore di metalinguaggi in campo rock and roll; vale a dire, è il maggiore tra quanti si servono di linguaggi e stili accreditati del rock per condurre un discorso critico. Un discorso di secondo grado, che combatte la banalità con i suoi stessi strumenti. (Il Mucchio Selvaggio novembre 1984)

    “La cosa divertente del modo in cui suono è che non mi alleno mai. Ogni volta che un tour finisce e metto via la mia chitarra, di solito non la tocco fino alle prove della prossima stagione. Ogni volta che la prendo in mano è come imparare a suonare di nuovo, non ho calli, mi fa male, non riesco a piegare la corda, la chitarra sembra troppo pesante quando la indosso. È come se qualcuno mi porgesse un pezzo di legno e dovessi esibirmi di nuovo dopo essere stato fermo per nove mesi prima del nuovo tour. Non ho suonato quasi per niente, un paio di volte in studio e basta. Mi sembra di aver perso tutta la mia tecnica, devo adattarmi ad un nuovo batterista. Ma, all’improvviso, scopro che non ho alcun problema a suonare: mi ritrovo sul palco ed esplodo. Suono bene fin dall’inizio del tour e certe sere sono in grado di suonare in modo straordinario anche per i miei standard o per la mia estetica”. (FZ, Guitar World, marzo 1982)

    La chitarra di Frank Zappa sapeva essere morbida e aggressiva, graffiante e delicata, grintosa e suadente, capace di alternare toni da ballad a pesanti distorsioni, ma sempre rivelando la personalità unica del musicista che la impugnava. (neuguitars, 4 dicembre 2017)

    Lo spirito satirico degli esperimenti xenocronici di Zappa ha origine in ciò che Amiri Baraka descrive come la decisione di Coltrane di “assassinare la canzone popolare” ed “eliminare le deboli forme occidentali”. (dal libro “Frank Zappa, Captain Beefheart and the Secret History of Maximalism” di Michel Delville e Andrew Norris, 2005, Salt Publishing)

  • L’origine degli esperimenti xenocronici di Frank Zappa

    Origini della xenocronia di Frank Zappa

    Lo spirito satirico degli esperimenti xenocronici di Zappa ha origine in ciò che Amiri Baraka descrive come la decisione di Coltrane di “assassinare la canzone popolare” ed “eliminare le deboli forme occidentali”.

    (dal libro “Frank Zappa, Captain Beefheart and the Secret History of Maximalism” di Michel Delville e Andrew Norris, 2005, Salt Publishing)

  • Frank Zappa: i tre elementi della Continuità Concettuale

    Frank Zappa i tre elementi della continuità concettuale

    Zappa ha spesso affrontato il suo lavoro come un unico grande progetto, a cui sono collegati i singoli album tra loro attraverso una continuità concettuale.

    C’è una verità fondamentale in questo per tre ragioni principali.

    1) L’atteggiamento verso la sua musica non è mai cambiato. Poteva integrare tutti gli elementi di stile nella sua produzione, qualunque cosa gli sembrasse carino per qualsiasi motivo. Lo fece in modo “Absolutely free” nel 1967 e lo fece ancora con “Civilization phaze III” nel 1993.

    2) Non si è mai allontanato dai lavori precedenti, più avanti nella sua carriera. C’è un alto grado di coerenza nella sua produzione musicale e nel repertorio che ha suonato dal vivo.

    3) Tornava spesso su temi già utilizzati in precedenza, per lo più sotto forma di varianti dal vivo. A questo si riferiva con la sua espressione “le briciole del biscotto sono l’apostrofo” su “Apostrophe (‘)”. Uncle Meat, in tal senso, può essere considerato un album centrale, forse l’album che ha più briciole che finiscono su altri album.

    (FRANK ZAPPA’S MUSICAL LANGUAGE 4TH EDITION, july 2012 – A study of the music of Frank Zappa by Kasper Sloots)

  • Progetto Oggetto di FZ: Cameron Piko traccia una mappa interattiva

    Progetto Oggetto di Frank Zappa mappa interattiva di Cameron Piko

    Cameron Piko ha realizzato una mappa interattiva che traccia la continuità concettuale di Frank Zappa in 63 dei suoi album.

    Eccola

    https://piko.com.au/in-disciplined/network-zappa/?fbclid=IwY2xjawKDTH1leHRuA2FlbQIxMABicmlkETB0dEVZNlhDbGR5ZDRNOVZKAR5piXzlqrBTZ6hXixOmjjhSqTKEDeBTBlJ3RKgWQGpcNIhU9JGExnacf1w7wQ_aem_8xXYNe2nC0U6ssMYagTceA

    I nodi di continuità concettuale (in viola) avranno una maggiore elaborazione su quando e dove queste tracce ricorrono e potete seguirli fino ai brani (nodi blu) o agli album (nodi rosa).

    Attenzione: il link della mappa interattiva funziona soltanto connettendosi con il PC, non con lo smartphone. Non chiedetemi perché.

    Riporto, di seguito, alcune note dello stesso Piko nel descrivere il Progetto/Oggetto di Frank Zappa con citazioni e pensieri personali. Potete trovare l’articolo originale a questo link

    Progetto/Oggetto è un termine che ho usato per descrivere il concetto generale del mio lavoro in vari media. Ogni progetto (in qualsiasi ambito), o intervista ad esso collegata, è parte di un oggetto più grande, per il quale non esiste un “nome tecnico”.

    Pensate al materiale di collegamento nel Progetto/Oggetto in questo modo: uno scrittore inventa un personaggio. Se il personaggio è buono, assume una vita propria. Perché dovrebbe andare a una sola festa? Potrebbe spuntare in qualsiasi momento in un romanzo futuro.”

    “…Nel caso del Progetto/Oggetto, potresti trovare un piccolo barboncino qui, un piccolo pompino lì, ecc., ecc. Tuttavia, non sono ossessionato dai barboncini dai pompini; queste parole (e altre di pari insignificanza), insieme a immagini pittoriche e temi melodici, ricorrono in tutti gli album, le interviste, i film, i video (e questo libro) senza nessun altro motivo se non quello di unificare la collezione”.

    (Frank Zappa con Peter Occhiogrosso, autobiografia)

    “Come i frattali di Mandelbrot, ogni grottesco di Zappa nasce da qualche piccolo dettaglio di un lavoro precedente (il celebre racconto sexy ‘Dinah Moe-Humm’ è stato annunciato da una frase nel racconto di fantascienza all’interno del libretto che accompagnava Uncle Meat)”.

    (Ben Watson, Frank Zappa: la guida completa alla sua musica)

    “La discografia ufficiale di Zappa è spesso un indicatore cronologico inaffidabile; pertanto, non si può necessariamente supporre che la composizione di un dato pezzo sia contemporanea alla sua prima uscita ufficiale su un album”.

    (Brett Clement, Uno studio sulla musica strumentale di Frank Zappa)

    Uno degli aspetti più affascinanti della musica di Frank Zappa per me – dietro la bellezza assoluta delle sue composizioni – è quello di ciò che lui definisce “continuità concettuale” o Progetto/Oggetto. Come rivela la citazione principale di Frank, lui considera tutti i suoi sforzi artistici come collegati. Ciò deriva molto probabilmente dalla sua teoria della Grande Nota, di cui gli ascoltatori hanno sentito parlare per la prima volta nell’album del 1967 Lumpy Gravy. Come il Big Bang, la teoria della Grande Nota postula invece che l’universo sia stato creato con una nota iniziale. Tutto ciò che ora vediamo e sentiamo sono le vibrazioni sonore rimaste da quella nota iniziale. Tutto è collegato sonoramente.

    Di per sé, questo è un concetto piuttosto lineare; una nota originale viene suonata, e poi si diffonde lentamente per comprendere tutto ciò che sperimentiamo con il passare del tempo. Tuttavia, questo significherebbe che se si dovesse approfondire la discografia di Frank in ordine cronologico, quella continuità si accumulerebbe facilmente e in modo ordinato. Sebbene in una certa misura questo sia ciò che accade, come rivela la citazione di Brett Clement, non è esattamente così. Questo perché il tempo non è una progressione lineare per Frank, ma piuttosto una “costante sferica”.

    “Stiamo affrontando il tempo in modo quasi pratico. Abbiamo ideato il nostro universo personale e il nostro stile di vita che è governato dal tempo tagliato in questo modo, e progrediamo di tacca in tacca, giorno dopo giorno, e impari semplicemente a rispettare le scadenze in questo modo. Questo è solo per comodità umana. Questa, per me, non è una buona spiegazione di come funzionano davvero le cose. Questa è solo la versione della percezione umana di come funziona. Mi sembra altrettanto fattibile che tutto accada in continuazione “. (FZ)

    La mappa interattiva di Cameron Piko mi ha ispirato diverse xenocronie raccolte nella serie FZ Connection. Ecco la playlist

  • Il Progetto/Oggetto di Frank Zappa: analogia

    Il Progetto/Oggetto di Frank Zappa

    “Quando un romanziere inventa un personaggio, se il personaggio è buono, questo assume una vita propria. Perché dovrebbe andare ad una sola festa?” (Zappa, 1989).

    Questa analogia è interessante, poiché questo processo è stato costantemente incorporato nelle numerose traduzioni/riarrangiamenti che Zappa ha fatto della sua opera. Proprio lui ha sviluppato la terminologia “Oggetto” e “Progetto” quando si tenta di differenziare tra l’opera d’arte completata e i processi costanti utilizzati per ridefinirla.

    Questi gesti di “continuità concettuale” non sono stati utilizzati solo per tradurre ed evolvere nuova musica registrata innovativa, ma può essere trovata adattata in tutta la sua creativa produzione, che spazia dalle copertine degli album, ai video, ai film, alle performance dal vivo.

    (“An Autocratic Approach to Music Copyright?: The means through which Frank Zappa translated and adapted both his own and other composers’ music” by Paul Carr, University of Glamorgan)