Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Categoria: Zappa’s Style

  • La musica di Zappa rientra nel new jazz?

    Negli attuali Mothers c’è la sassofonista Norma Bell, che di recente ha suonato con Mahavishnu John McLaughlin e il suo gruppo elettrico new-jazz. Anche gli ex colleghi di Zappa, il violinista JeanLuc Ponty ed il pianista George Duke, sono associati ai suoni new-jazz.

    La tua musica sta entrando in una categoria new-jazz? – abbiamo chiesto, ingenuamente.

    “Ohhhh, mai…” ha esclamato Zappa tenendosi la testa “Lascia che ti dica una cosa. Se suonare velocemente scale cromatiche e pentatoniche e la cosiddetta “espressione modale” non musicale è la direzione che sta prendendo il jazz, allora siamo nei guai.

    Zappa ha tirato fuori un foglio di carta per manoscritti musicali e, in meno di un minuto, ha riempito un paio di righe con schemi ritmici complessi.

    “Ecco cosa stiamo facendo con il ritmo” ha spiegato “Il mio batterista, Terry Bozzio, mette questi dispositivi ritmici all’interno di metriche normali. Può avere 7, 13, 17 o più note da suonare all’interno di ogni battuta ritmica, ma il ritmo di base del pezzo continua. Il ritmo ‘free-form’ porta solo ad esibizioni tecniche, non a nuova musica” ha affermato Zappa.

    (San Francisco Examiner, 24 dicembre 1975)

  • La musica di Zappa: una creazione barocca basata su atonalità e ritmo

    Zappa dichiarò che concepiva la musica come “decorazione del tempo”, una creazione barocca da costruire con le proprie mani, divertente e libera da schemi prestabiliti, basata sull’atonalità e sul ritmo (poliritmie, tempi dispari, addirittura ritmi irrazionali e casuali).

  • Caratteristiche dello stile di Frank Zappa

    Una delle caratteristiche più belle e originali di Frank Zappa consisteva nel cambiare spesso gli arrangiamenti dei brani.

    I concerti sono sempre l’occasione per nuovi arrangiamenti: difatti, Zappa non suona mai due volte la stessa canzone.

    Prendiamo “Black Page”: su Zappa in New York troviamo una prima versione con assolo di batteria, aggiunte di percussioni, poi orchestra ridotta; nello stesso album troviamo la seconda versione, che ha un ritmo disco-funk e arrangiamenti molto più roboanti; su Make a Jazz Noise Here, possiamo ascoltare la versione new age, molto lenta.

    L’altra pazzesca caratteristica di Zappa era questa: aveva sviluppato un intero linguaggio dei segni che gli permetteva di indicare in qualsiasi momento ogni cambiamento di interpretazione: quindi, un gesto specifico significava che era necessario suonare in stile reggae o hard rock, ecc.

    Ad esempio, se girava un dito a destra e dietro la testa come se stesse giocherellando con un tappetino rasta, il gruppo suonava reggae, mentre se faceva lo stesso con entrambe le mani il gruppo suonava ska.

    Se portava entrambe le mani all’inguine mimando un grosso paio di testicoli, i musicisti sapevano che dovevano suonare heavy metal.

    Frank ha potuto modificare la sua composizione nel momento stesso in cui la band l’ha suonata sul palco.

  • FZ: “questione di mente, di polso e di cuore…

    Non è che sotto sotto hai pubblicato Guitar per ricordare ai giovani come andrebbe suonato lo strumento? Qualcosa del tipo “la chitarra secondo Frank Zappa”?

    “Mi sono sempre rifiutato di usare effetti vari, apparecchiature sofisticate, guitar synth e anche il solo Midi perché non credo che il “suonare bene” una Fender o una Gibson necessiti degli ultimi ritrovati della scienza applicata alla musica. È questione di mente, di polso e di cuore. Invece, purtroppo, sembra che oggi i ragazzi desiderino solo assomigliare al grande di turno, ad esempio Van Halen o Malmsteen, perseguendo l’unico scopo di superarli in destrezza, in velocità di esecuzione. Per quattro anni mi sono rifiutato d’imbracciare una Fender perché ero convinto di aver dato il meglio di me, ma mi sbagliavo. Così sono ritornato sui miei passi e mi sono imbarcato in un’altra tournée. Eccoli qui i calli ai polpastrelli: erano spariti”.

    A parte chi ti influenzò agli inizi come ad esempio Johnny Guitar Watson, ci sarà qualcuno che non ti dispiace, attualmente?

    “Nutro molto rispetto per Allan Holdsworth e, in misura leggermente minore, per Billy Gibbons. Il suo stile è originale e tecnicamente buono”.

    So che sei anche un estimatore di Hendrix.

    “È stato grande, grandissimo. La prima volta che lo vidi, mi pare a New York, sfasciò la chitarra contro il soffitto del locale lasciandola appesa in pezzi. Si girò senza dire una parola e se ne andò”.

    (Frank Zappa: l’imprevedibilità dello strumento by Paolo Battigelli, Guitar Club, ottobre 1988)

  • Il potere degli assoli di FZ

    Cosa c’è di così impressionante, di così affascinante negli assoli di Zappa? Che cosa lo rende così interessante tanto da poterlo ascoltare senza annoiarti mai?

    In parte, è la qualità del suo tono. Pochi altri chitarristi hanno impiegato tanto tempo, attenzione e denaro per ottenere esattamente il suono che volevano. Cercando il suono più sporco, oscuro e osceno che si possa immaginare, o il suono più gentile, morbido e toccante del pianeta, Zappa ha lavorato per il suo desiderio di creare il tono perfetto. Solo questo lo pone al top. E’ ciò che ha fatto con quel tono perfetto che conta davvero. Ha descritto i suoi assoli come ‘conversazioni’ che sfruttavano i ritmi del parlato; è come sentire un oratore sviluppare un argomento. Dipinge un’immagine sonora che ti porta in posti dove non avresti mai pensato di andare, sonda tutte le possibilità lungo il percorso, sgrossando e interrogando ogni ritmo, ogni armonia, senza mai ricorrere a cliché o virtuosismo fine a se stesso.

    Ciò che ti colpisce davvero è la qualità muscolare del tono, il modo in cui l’assolo acquisisce lentamente potenza senza mai fermarsi per riprendere fiato, la casuale spensieratezza del taglio grezzo del suono e la sorprendente miscela di minaccia e compassione che riesce a spremere da una breve pausa strumentale. L’insistenza ipnotica della sezione ritmica sembra ispirargli solo maggiore inventiva, emergono colpi di scena lamentosi da una nuova angolazione o da una nota inaspettata.

    Si potrebbe dire questo o cose simili della maggior parte degli assoli di Zappa. Una volta che iniziano a parlare a te parlano davvero, in modi che potresti cercare invano altrove. Non tutti lo capiscono. Per l’appassionato restano il cuore pulsante della musica di Zappa, il punto in cui composizione e compositore si incontrano, trasfusi in una zigosi sonica pullulante.

    (estratto dall’articolo “Shut up and listen some more?” di Sam Ayore, The Rondo Hatton Report vol. VIII – 21 settembre 2011)

  • Frank Zappa: un debole per gigantesche strutture compositive

    Il disprezzo di Zappa per le distinzioni accettate tra arte “autentica” e “non autentica”, alta e bassa, così come altre gerarchie estetiche e generiche, è solo un aspetto del suo impegno per la via affermativa della musica contemporanea, che lo accosta ad altri artisti eccentrici come Charles Ives – tra i primi ad integrare elementi di musica “bassa” (inni gospel, jazz, fanfara) e musica classica/orchestrale – e il maestro di Zappa, Edgar Varèse, con cui condivide non solo l’interesse per il bruitismo (o rumorismo, l’arte dei rumori basata su musica e percussioni) ma anche un debole per gigantesche strutture compositive che superano lo standard della performance tradizionale (Varèse ha utilizzato 400 altoparlanti per eseguire il suo “Poème électronique” all’Esposizione Mondiale di Bruxelles del 1958).

    (dal libro “Frank Zappa, Captain Beefheart and the Secret History of Maximalism” di Michel Delville e Andrew Norris, 2005, Salt Publishing)

  • La chitarra di FZ poteva esprimere tutto

    La chitarra di Frank Zappa sapeva essere morbida e aggressiva, graffiante e delicata, grintosa e suadente, capace di alternare toni da ballad a pesanti distorsioni, ma sempre rivelando la personalità unica del musicista che la impugnava.

    (neuguitars, 4 dicembre 2017)

  • La singolare concezione ritmica di Frank Zappa

    Se per un quarto di secolo, dal 1964 al 1988, abbiamo visto Zappa come uno dei più originali chitarristi della storia del rock, è per la particolarissima concezione ritmica del suo solismo. La vocazione ritmica, d’altronde, rappresenta una componente fondamentale, strutturale, anche del suo stile compositivo più ‘serio’. Il cinico Zappa condivideva con Stravinskij la convinzione che i fondamenti dell’arte musicale non stiano nell’espressione delle emozioni ma nel ritmo e nel movimento.

    Tutti i problemi tecnici che Frank Zappa dovette affrontare e risolvere nella sua faticosa carriera possono essere ricondotti al suo perfezionismo, alla sua fantasia, alle sue ambizioni in materia di timbri e soprattutto di ritmi. In questo campo, Zappa ha collezionato una ricca serie di primati. E’ stato il primo musicista rock a cimentarsi coi tempi dispari, i ritmi composti, i metri additivi e ad inserire nel gruppo due batteristi o percussionisti che suonassero anche marimba, xilofono, vibrafono. Fu il primo a sovrapporre brani diversi suonati simultaneamente e sincronizzati in tempo reale, secondo il dettato di Charles Yves, nonché con quel metodo di sincronizzazione sperimentale di assoli e basi ritmiche di provenienza diversa da lui battezzato ‘xenocronia’. Poi ancora il primo ad adottare i ritmi irrazionali, il primo a formulare concetti come quello di ‘armonia percussiva’ o di ‘dissonanza ritmica’ (sue personali teorizzazioni), a perseguire soluzioni ritmiche realizzabili solo attraverso sofisticatissime apparecchiature digitali come il Synclavier. La sua stessa tecnica chitarristica è di estremo interesse ritmico, con le sue suddivisioni inconsuete, per una ragione squisitamente sperimentale: il fatto di articolare frasi e licks ispirandosi al fraseggio del linguaggio parlato.

    Quando Zappa formava un nuovo gruppo, la scelta cruciale era sempre quella del batterista. Doveva essere in grado di interpretare l’immensa apertura metrico-ritmica della sua musica, oltre a dover assecondare l’estro dello Zappa chitarrista senza costringerlo in schemi troppo vincolanti.

    Zappa spiegava:

    “Preferisco che la sezione ritmica sia cosciente di dove sta la pulsazione-base del tempo e crei delle fondamenta stabili, così che io possa scorrerci sopra. E’ anche difficile far sì che venga lasciato spazio nei punti in cui arrivano le (mie) note veloci. Le sezioni ritmiche hanno sempre la tendenza a copiare: se ascoltano qualcun altro che suona velocemente vogliono farlo anche loro, finché non ne puoi più di sentire cose veloci”.

    Zappa sceglieva i suoi uomini nella consapevolezza che “lo stile del batterista è destinato a determinare lo stile della band”. Per amore del ritmo, Zappa ha rischiato spesso il disamore dei propri collaboratori, critiche.

    “Ho sempre avuto buoni musicisti nella sezione ritmica ma non potrei dire che siano stati sempre entusiasti di quello che io suono o che l’abbiano capito molto bene o che ci siano davvero entrati dentro. Quando provengono dal jazz finiscono per suonare mondi di note zanzara, nuvole di pentatoniche zanzareggianti che non valgono una merda. Quando vengono dal blues vogliono qualcuno che prenda tre note e ci faccia le sue contorsioni”.

    (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

  • La ‘conducted improvisation’ di FZ: una contraddizione in termini…

    Frank Zappa e l'improvvisazione eterodiretta

    Non si può parlare di semplice improvvisazione nel caso dei Mothers. Frank Zappa dirigeva una serie di variazioni improvvisate controllando forma e stili. Lui la chiamava conducted improvisation (improvvisazione eterodiretta) cioè diretta da un altro, dall’esterno. Una contraddizione in termini in ambito jazz. Zappa ne era pienamente consapevole. Improvvisare una composizione usando i musicisti come semplici strumenti dirigendo dall’esterno le loro invenzioni estemporanee. Muoveva le dita nell’aria e la musica semplicemente avveniva con il suo codice gestuale e gli impulsi energetici del Maestro.

    (Il teatro musicale dei Mothers of Invention, Gianfranco Salvatore)

    Senza di lui, quando si sono sciolti, i vari musicisti che componevano i Mothers non hanno più avuto un’esperienza del genere che era ‘diretta’ da Zappa.

  • Zappa: una quantità incredibile di materiale live registrato e catalogato

    Frank ha raccolto una quantità incredibile di materiale registrato e catalogato. Materiale che veniva registrato dal vivo.
    “I miei gruppi provano per mesi, 10 ore al giorno; quando siamo in tour, loro sono in grado di eseguire perfettamente tutto quello che hanno imparato. Perché dovrei spendere altro denaro per riportarli in studio ed eseguire tutto ciò che hanno suonato per oltre un anno?“.
    Dal 1970 in poi, gran parte dei dischi di Zappa aveva basi estrapolate da concerti live, anche se sembravano realizzati a studio. Gran parte delle uscite postume sono recuperi di incisioni catalogate.