Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Categoria: Zappa’s Style

  • Frank Zappa & Erik Satie: lo spirito dada

    Frank Zappa & Erik Satie: lo spirito dada

    Zappa ha più volte sottolineato il suo apprezzamento per il dada e, in verità, del dada Frank ha mutuato procedimenti formali (collage, assemblage, gioco di parole, parodia) e modi di pensare (anarchismo, antiautoritarismo, valore eversivo del sesso, esortazione a non farsi infinocchiare dall’establishment, satira rivolta contro il filisteismo, il romanticume, l’intellettualismo, ecc.).

    Tra i musicisti ‘colti’ cui Frank ha guardato e da cui ha attinto, Erik Satie ha un posto di rilievo, non a caso vicino al dada. Satie, come Zappa, riempie la sua musica di citazioni ironiche di musiche popolari (in Satie sono quelle del circo e del luna-park, delle bande, delle danze di moda) usando in modo stilizzato modi del cabaret: l’uso del rumore, in Zappa come in Satie, è dissacratorio e ironico.

    (Ciao 2001, 3 luglio 1990)

  • Frank Zappa & Sprechstimme: talking in pitch inspired by John Lee Hooker

    The Dangerous Kitchen (Live al The Pier N.Y.C. 1984)

    Dumb All Over (Live Halloween 1981)

    “Sono un basso-baritono, ho un’estensione di ottava, non ho un’intonazione perfetta. E’ difficile per me imparare a cantare. Posso parlare in tono, Sprechstimme. Lo faccio da anni e l’ho imparato da John Lee Hooker, non da Arnold Schoenberg”.

    (American Eye, 23 ottobre 1974)

    Il 21 novembre 1974, in qualità di DJ ospite alla stazione radio WSTM di Chicago, Frank Zappa mandò in onda il brano Dimples di John Lee Hooker.

    Una versione di “Who Are The Brain Police?” trovata su Disconnected Synapses si può stilisticamente paragonare a Boogie Chillin’ di John Lee Hooker.

    “Lo Sprechstimme è una tecnica attribuita ad Arnold Schoenberg ma sviluppata da John Lee Hooker. C’è pochissima differenza tra la tecnica di Pierrot Lunaire di Schoenberg e la tecnica di I’m A Crawlin King Snake o “I’m Mad With You”.

    (FZ, Pop Chronicles, 8 dicembre 1967)

    Nel saggio che hai scritto per Guitar Player Magazine, hai detto che, anche se Elmore James suonava sempre lo stesso famoso lick, avevi la sensazione che lo intendesse davvero.

    “Sì. Trascende la musica ed entra nei regni del linguaggio. C’è un intero divario folcloristico per le cose accadute allora che sono state corrotte dalla televisione, dalle riviste e dai giornali. Il modo in cui parlano degli anni ’50 tendono ad aderire al lato bianco. Ne sentiamo sempre parlare da persone bianche estremamente di parte che stanno cercando di mantenere commerciale il loro programma o articolo puntando molto sulla sindrome tipo Elvis Presley e su tutti i più ovvi successi di grandi vendite dell’epoca. Ma il meglio di quella musica rimane ancora sconosciuto. Buzoo Chavis! “Paper In My Shoe” di Boozoo Chavis. L’hai sentito? Quel disco è classico. Ha la chitarra più stonata del mondo! Hai presente quel tipo di suono di chitarra ritmica d’altri tempi, con tutti gli acuti tolti? È su uno di quegli album di Rural Blues raccolti su Imperial”.

    In molti di quei dischi non è nemmeno fonte di distrazione o stonatura se tutto è stonato. “Se è così stonato trascende! Le cose veramente buone nella vita sono le cose che trascendono. Non è più nemmeno una chitarra; è un suono. Devi ascoltarlo per dire “Che cazzo è?” e quando ti rendi conto che è un chitarrista ritmico a fare quell’affermazione… va oltre il buon gusto ed entra nei regni della religione. Vedi, questo ti mostra le radici in quarti di tono di quel tipo di musica. Non solo John Lee Hooker ha inventato lo sprechstimme, ma Boozoo Chavis ha inventato il rock a quarti di tono. Sai cos’è lo sprechstimme? Schoenberg ha scritto questo famoso pezzo con un ensemble da camera e un soprano donna che canta le ambientazioni di famose poesie astratte. In alcune parti canta, in altre parla in tono. Questa tecnica rivoluzionaria è lo sprechstimme. La notazione mostra la testa della nota sulla linea con l’alterazione e sul gambo c’è una ‘x’, per indicare che parli per metà e canti per metà. Questa era la rabbia dell’inizio del XX secolo. La gente non è a conoscenza dei grandi passi compiuti nel mondo della musica moderna da queste persone di persuasione nera nella prima parte del nostro secolo. Quell’R&B era il migliore…” (Pop & Rock, febbraio 1980)

    “Lo sprechstimme è una tecnica attribuita ad Arnold Schonberg… ma non credo l’abbia inventato lui perché è un tipo di stile vocale utilizzato nel blues e in altri tipi di musica etnica. Puoi trovarlo nella musica bulgara dove, invece di cantare esattamente la nota, ne implichi l’altezza, ma in realtà stai parlando. È una via di mezzo”.

    “Il mio primo album conteneva “sprechstimme”. Spesso, mi sono semplicemente appropriato del discorso-canzone. Quando una persona canta una parola, l’idea che viene trasmessa trascende la parola perché ci sono moltissimi altri dati collegati alla parola nell’intonazione. Riceve anche i dati sull’altezza con cui viene cantata. In altre parole, la stessa parola con un tono alto significa qualcosa di diverso rispetto a quando viene cantata con un tono basso. Se canti quella parola su una qualsiasi delle note che fanno parte dell’accordo, entra a far parte dello sfondo. Se viene cantata su una nota che non fa parte dell’accordo, attira l’attenzione su di sé e diventa una questione di enfasi. La parola acquisisce una caratteristica extra se la dici per metà e per metà la canti. La rende ancora più 3D”. (Frank Zappa)

    (estratto dall’intervista di Bob Marshall del 21-22 ottobre 1988, celebrata come la più grande intervista a Zappa dell’epoca. Le domande sono state preparate da Bob Dobbs. https://www.youtube.com/@bobonzappa )

  • Frank Zappa conductor: hand signals

    Frank Zappa conductor: hand signals

    Alcune immagini tratte dal documentario “Frank Zappa the Best conductor ever”
    Drowing Witch assolo (Live Stony Brook, NY, 3 novembre 1984)

    FAIR USE

    Chi ha frequentato una scuola di musica e studiato direzione d’orchestra, sa che c’è una serie comune di segnali con le mani da apprendere. Questo funziona bene per la musica orchestrale, ma una band elettrica richiede qualcosa di più. Nessuno ha mai diretto una band come l’eclettico Frank Zappa.
    Frank ha fatto sì che i suoi musicisti esprimessero la sua musica in un modo provato ma spontaneo che ha perfettamente senso, in un modo che pochi bandleader hanno mai usato allo stesso livello.
    (Bobby Owsinski)

    A 22 anni Frank Zappa scrisse la prima partitura per large ensemble, “Opus 5”, una verbosa emulazione di certi lavori di musica colta, che introduce al Grande Mito Zappiano: la musica per orchestra (Riccardo Bertoncelli).
    “Opus 5” è la prima musica orchestrale d’avanguardia del giovane Frank Zappa (1963). Frank la presentava come “improvvisazione libera”: i segnali delle dita suggerivano agli artisti quale dei frammenti dovevano suonare in un certo momento. Zappa dirigeva, suonava la cetra e introduceva i brani.

    “Ho sviluppato i miei segnali manuali unici nel ’67. Un giorno mi è venuto in mente che, se stai suonando distante e la sezione ritmica si trascina, è naturale allungarsi, battere il tempo e accelerarlo. Non puoi semplicemente prendere i tempi e (agitando la mano destra intorno) modellarli come preferisci. Ho provato a portare i tempi in aree flessibili per enfatizzare certe cose sul palco che stavano accadendo o effetti sonori musicali da inserire, indicati anche da segnali. Abbiamo sviluppato una sorta di vocabolario e verso il ’68 abbiamo iniziato a sperimentare il vocabolario vocale”.
    (Frank Zappa, Melody Maker, 23 ottobre 1971)

    “Con Zappa bisogna sempre tenere gli occhi aperti perché ci sono moltissimi segnali visivi. Se Frank tiene la mano sopra la testa con le dita in basso e poi agita le dita avanti e indietro, come una nuvola carica di pioggia, vuol dire: ‘suona come i Weather Report’. Se si tira una ciocca di capelli alla sinistra della testa, come un dreadlock, vuol dire reggae; se lo fa da tutti e due i lati significa ‘suona ska’.
    (Chad Wackerman, Musician n. 70, agosto 1984)

    Zappa dirigeva le improvvisazioni collettive attraverso un suo codice di segnali. Te li ricordi?
    Beh, ha usato così tanti segnali per così tanti anni… Ma ricordo che era come una segnaletica da ‘baseball coach’, quello che dà i segni per quando bisogna fare la seconda base e tutto il resto. Frank era come il coach, l’allenatore, e usava segnali per farci fare certe cose in certi momenti. Nel bel mezzo di una canzone dava un segnale, noi eseguivamo l’ordine e poi tornavamo alla canzone.
    Usava proprio i segnali convenzionali del baseball?
    Sì. Se tornassi sul palco con Frank Zappa li ricorderei immediatamente, come se si trattasse di andare in bicicletta o di nuotare. Quando suonavamo durante tutto lo show i miei occhi non lasciavano mai Frank Zappa, nemmeno per guardare una ragazza tra il pubblico: nessuno osava perché non sapevi mai quando lui stava per dare un segnale per cambiare quello che stavamo suonando in qualcos’altro.
    Ogni show, ogni serata era diversa: ad un segno di Frank cambiava tutto, la gente non credeva ai propri occhi e i nostri spettacoli erano pieni di musicisti tra il pubblico.
    (intervista a Jimmy Carl Black di Gianfranco Salvatore, Percussioni, gennaio 1994)

    “Frank usava dei segni con le dita per passare da un tempo in 5/8 a 7/8 o altro, poi saltava per aria e, quando tornava giù, eravamo già passati ad un altro pezzo…”.
    (Bunk Gardner, Classic Rock, luglio 2015)

    “Il mio “stile” di direzione (così com’è) è tra l’inesistente e il noioso. Cerco di mantenere i segnali al minimo necessario affinché i musicisti facciano il loro lavoro semplicemente indicando dove si trova il ritmo. Non mi considero un ‘direttore d’orchestra’.
    “Conduzione” è quando crei “disegni” nel nulla – con un bastone o con le mani – che vengono interpretati come ‘messaggi didattici’ da ragazzi con il papillon che vorrebbero pescare”. (Frank Zappa, l’autobiografia)

    La rivista Creem, nel mese di settembre del 1974, ha pubblicato 10 fotogrammi. Tra questi, troviamo:
    3 – Smettere di suonare e muoversi sul palco
    6- Produrre rumori predefiniti. Toccando i capelli ad entrambi i lati, suonare l’intera sequenza. Toccando la parte destra, suonare la prima sequenza. Toccando la parte sinistra, suonare la seconda sequenza. La sequenza è costituita da 12 battute divertenti chiamate “the works”
    10 – Un gesto oscuro, che Frank ha usato in uno o due concerti. Ficcare un dito nell’orecchio destro durante un assolo significa essere pronti. Frank dà loro il downbeat per poi riprogrammare o le parole o l’azione fisica.

    https://www.youtube.com/watch?v=kdQT_EP0a0c&t=1130s

  • Frank Zappa’s Style 20: concept art, electronic alteration, collage & complex structures, more

    Frank Zappa’s Style 20: concept art, electronic alteration, collage & complex structures, more

    Mix The Chrome Plated Megaphone Of Destiny + In France (live Stony Brook, NY, 3 novembre 1984)

    In copertina un disegno di Jim Mahfood

    L’album “We’re Only In It for the Money” incorpora telefonate, passaggi orchestrali, boccate e boing, sibili elettronici e increspature, una brillante parodia musicale (“Bow Tie Daddy”). I testi potrebbero essere descritti come bizzarri, da liceo californiano. C’è un collage di Zappa conclusivo (The Chrome Plated Megaphone Of Destiny) che suona come musica elettronica ma non lo è.
    La copertina dell’album contiene questa nota:
    ”Tutta la musica ascoltata in questo album è stata composta, arrangiata e mutilata scientificamente da Frank Zappa (con l’eccezione di un po’ di musica surf.) Nessun suono è generato elettronicamente. . . tutto è prodotto dall’alterazione elettronica dei suoni di strumenti NORMALI…”.
    (The Sun Magazine, 3 maggio 1970)

    Zappa ha studiato a modo suo da autodidatta su un discreto numero di manuali di composizione e di orchestrazione fin dai tempi del liceo, anche se si poneva di fronte alle regole in maniera fortemente critica. Quando prese in mano per la prima volta un libro di contrappunto e nelle prime pagine trovò la regola che vietava l’uso delle quinte parallele, lui le provò immediatamente al pianoforte e disse: ‘Fantastico!’. Nel giro di poco tempo, avrebbe scoperto che la sonorità particolare delle orchestrazioni di Stravinskij veniva proprio da un analogo atteggiamento critico nei confronti delle regole. Zappa era un talento naturale ed eclettico che, però, aveva studiato moltissimo e che ha sempre assorbito informazioni a ritmo vertiginoso. Si è parlato di Zappa come di una spugna, di un assemblatore di materiale altrui riproposto a minestrone. Se non fosse così, in quale altro modo avrebbe dovuto fare? Comporre vuol dire, etimologicamente, mettere assieme delle cose. C’è un modo di lavorare a collage e un altro per strutture complesse: Zappa li conosceva e li usava entrambi”.
    (Gianfranco Salvatore, musicologo, biografo di Frank Zappa – Mangiare Musica giugno 1994)

    “Quello che facciamo e abbiamo fatto fin dall’inizio è concept art. Sai? Ad esempio, il vero valore artistico di ciò che facciamo non esiste necessariamente sul disco. È come la differenza di toni. Ho cercato di spiegare questo concetto in una lezione che ho tenuto a un gruppo di emittenti radiofoniche. Conosci il pezzo di Pauline Oliveros per l’etichetta Argosy? Ha realizzato un brano musicale in cui i suoni sono generati in questo modo: due suoni, uno al di sotto della gamma udibile dell’udito e uno al di sopra della gamma udibile dell’udito e da essi vengono prodotti i ‘toni di differenza’.
    Sono abbastanza udibili ma accadono tra le due cose reali. Se modifichi leggermente questi due toni puoi creare un pezzo da inserire in un sistema di riproduzioni di nastri e, così, quando vengono riprodotti uno sopra l’altro creano un certo spessore, una larghezza di banda di follia inesistente.
    Alcune delle cose che facciamo funzionano secondo un principio simile. Alcune idee sono al di sotto del livello della coscienza umana, altre sono al di sopra del livello della coscienza umana. Nel mezzo c’è questo particolare sottoprodotto, che è la manifestazione di ciò che sono quelle idee. Ti sembra un po’ troppo astruso?”.
    (Frank Zappa, LA Star, 119-1969)

    Frank non considera i testi delle sue canzoni come poesia: dice che sono una specie di reportage.
    La sua scrittura fonetica/grammaticale è estremamente non convenzionale e inventiva; gestisce il linguaggio “anarchicamente”, il che lo rende più colorato e interessante. L’uso musicale del linguaggio è molto versatile: lo usa come voce parlante, come canzone stranamente formulata, come toni e rumori, nonché come strumenti o documenti dal vivo (conversazioni telefoniche, ecc.).
    (Jazz, novembre/dicembre 1974, rivista svizzera)

    “Ciò che faccio deriva da una vasta gamma di tradizioni di altre culture e altre epoche. Per qualcuno la mia musica suona come la più strana merda che abbia mai ascoltato nella sua vita, ma chi sa qualcosa di musicologia riesce a vedere come alcune di queste tradizioni si sono trasformate in ciò che faccio ora. Questa è probabilmente una delle ragioni per cui godo di un certo apprezzamento al di fuori degli Stati Uniti perché quegli ascoltatori sono stati sottoposti ad una gamma più vasta dell’espressione musicale. Come può un ragazzino che non ha mai sentito suonare un’orchestra o un quartetto d’archi, che non ha mai ascoltato un’opera o una canzone folk avere la minima idea di ciò che accade nella mia musica?”.
    (Frank Zappa, intervista di Gary Steel, 1991)

    “Continuerò a divertirmi a suonare la chitarra prendendo in giro tutto ciò che ritengo stupido perché qualcuno deve farlo. Questa è la terra delle opportunità e deve esserlo per musicisti come me piuttosto che soltanto per certi comici coinvolti nella ‘cosa’ politica” ha detto Frank Zappa.
    (I-AM, marzo 1977)

  • Frank Zappa’s Style 19: muscle memory, resolved dissonance, rhythmic clarity, sound/noise, more

    Frank Zappa’s Style 19: muscle memory, resolved dissonance, rhythmic clarity, sound/noise, more

    Ya Hozna (Them Or Us, 1984)

    Per Zappa la composizione era una questione pratica.
    “Non userei nemmeno uno spartito se ciò che chiedo ai musicisti non fosse troppo complicato per me canticchiarlo. Nella maggior parte dei casi, penso che i migliori risultati si ottengano suonando ciò che hai memorizzato. Quando un brano entra nella ‘memoria muscolare’ puoi dirigerlo, farci cose che sono impossibili quando stai leggendo. Il risultato artistico finale non è una colonna sonora, è il master tape.” (FZ)
    (Ben Watson, The Wire, febbraio 1994)

    “E’ un’arte saper trovare esattamente la nota giusta che darà esattamente la sensazione giusta su un certo accordo: non sempre si può fare seguendo una formula, bisogna farlo seguendo l’orecchio, anche perché la tensione cambierà in relazione al tipo di strumento che dovrà suonare quella certa nota. La ghost note suonata da un flauto non darà lo stesso effetto della stessa ghost note suonata da una tromba. Il ritmo rappresenta un altro tipo di frizione: quando si ha un ritmo regolare occorre offenderlo sovrapponendogli una frase dal ritmo molto irregolare. Questa frase, però, deve essere suonata con molta precisione, non come verrebbe suonata nel corso di un’improvvisazione: deve diventare una specie di bestemmia nei confronti del concetto ritmico originale”. (Frank Zappa)

    Una delle preoccupazioni centrali di Zappa era il modo di ricreare l’opera, di renderla contemporanea nel suo discorso e nel suo suono.
    (Cuadernos de Jazz, settembre-ottobre 1997)

    “La mia musica è come una di quelle torture a base di privazione del sonno: quando non dormi per un lungo periodo di tempo, dopo un po’ cominci a vedere e a sentire cose che non esistono veramente, ma che sono comunque molto interessanti. Lo stesso può accadere nello spazio di una composizione, cercando di conoscere in anticipo le reazioni psicologiche a ciò che si scriverà ed incorporandole alla composizione stessa: tu sai quello che gli ascoltatori si aspettano di ascoltare e proprio negando ciò che si aspettano puoi riuscire a procurargli delle sensazioni che normalmente non avrebbero…”. (Frank Zappa, intervista trasmessa da La Grande Radio, 9 dicembre 2013, podcast)

    “La dissonanza quando è risolta è come avere un prurito e grattarsi. Quando è irrisolta è come avere un mal di testa per tutta la vita. La musica più interessante di cui mi occupo è musica nella quale la dissonanza è creata, sostenuta per un giusto periodo di tempo e risolta: hai la tua grattatina e via di nuovo. Il concetto di dissonanza nel mio lavoro opera su livelli differenti. Puoi avere la dissonanza ritmica. Qualunque ritmo che vada contro la tendenza di un ritmo naturale è un disturbo per il tempo in cui esiste la dissonanza. Ma una volta che torni al ritmo di base, puoi guardare indietro e dire: “Hey, era affascinante ciò che è successo. Lo stesso accade con l’armonia, con le parole. Devi capire l’intero concetto di ritmi naturali, cose che esistono e che la gente dà per scontate, e l’idea che uno possa creare un’irritazione artificiale per un certo periodo di tempo tale da dare una sensazione piacevole quando finisce”.
    (Frank Zappa, intervista di Bob Marshall, 1988)

    Una delle caratteristiche di un brano di Zappa è la sua divisione matematica del ritmo: note legate, terzine giustapposte a semicrome, frasi ripetute come un ritmo incrociato ecc. “Uncle Meat Variations” è uno degli esempi migliori.
    Questo tipo di chiarezza ritmica si nota anche nei suoi assoli. La raccolta è veloce e precisa, le sollecitazioni e le divisioni pulite; soprattutto il suo modo di suonare dipende dalla simmetria. Zappa usa le battute come frasi equilibrate, ponendo una domanda e poi rispondendo o basandosi su un’idea suonandola in modo leggermente diverso più volte di seguito.
    È uno stile stranamente formale, pieno di schemi ed elaborazioni, basato sul blues ma intervallato da scale, semplici melodie ripetute e dai suoi accordi preferiti di nona e undicesima. Sebbene non sia caldo o “sentito” in senso blues, può essere ipnotico nella sua assoluta precisione.
    L’uso seminale della ripetizione nella musica moderna ha avuto molti sbocchi nel rock. L’idea mantrica è ‘ripeti qualcosa abbastanza spesso e diventa interessante’. Zappa, in questo senso, risulta essere uno dei primi a usare una nota, un ritmo per sostenere altri eventi musicali; “King Kong” è un altro esempio successivo.
    (New Musical Express, 16 novembre 1974)

    “Edgard Varèse mi ha insegnato tante cose, ma soprattutto mi ha incoraggiato tanto da capire che anch’io potevo fare Musica. Conservo ancora un ritaglio da una rivista con alcune sue parole: ‘Non c’è differenza tra suono e rumore, perché il rumore è un suono che si crea’ “. (Frank Zappa)

  • Frank Zappa’s Style 18: ‘alla Zappa’ (?), crazy auditions, ‘visual’ power of music, sound collages

    Frank Zappa’s Style 18: ‘alla Zappa’ (?), crazy auditions, ‘visual’ power of music, sound collages

    Magic Fingers (200 Motels)

    Cosa significa ‘Alla Zappa’? (stile Zappa)
    “Termine per indicare un ritmo che utilizza una breve nota sul tempo, seguita da una nota tre volte più lunga. Sinonimo di “Scotch Snap” (Theodore Karp, Dictionary of Music)
    oppure
    “Ritmi e tempi in continua evoluzione in un brano musicale pianificato su larga scala e a lungo termine, concepito come un’opera d’arte totale assoluta che può essere smontata in parti e rimontata in modi diversi. Sinonimo di “Gypsy Stile mutante” (Tremendo Zark. Dictionary of Musical Freakery)
    (Jazz, novembre/dicembre 1974)

    “A me piace una musica complessa e ritmicamente sostenuta”.
    (FZ, Muzak, novembre 1973)

    “Mi piace l’idea di una musica in cui sia possibile battere il piede a tempo e ascoltare contemporaneamente cose che si muovono in irritante contrasto con il ritmo di base”. (FZ)

    “Quando sono andato più a fondo nella musica di Zappa, ho sempre trovato grossi motivi di interesse. Mi piace molto, ad esempio, il suo atteggiamento ritmico. Usa moltissimi elementi jazzistici ma adattati ad un contesto sinfonico o rockettaro; per capirci meglio, li usa tutti in battere e non in levare, una caratteristica molto bizzarra. E poi un uso timbrico molto interessante, insieme alla grande scioltezza nel mettere insieme diversi generi”.
    (Eugenio Colombo, jazzista – Mangiare Musica, giugno 1994)

    Dopo la pubblicazione di un cd intitolato “The Best Band You Never Heard In Your Life” venni a sapere che le selezioni per entrare a far parte delle formazioni stabili di Zappa erano qualcosa di folle: solo i migliori strumentisti in circolazione potevano avere qualche speranza di accedervi, ovviamente dopo ore e ore di prove. Solo per il tour mondiale del 1982, che durò la bellezza di 6 mesi, ogni musicista del suo ottetto doveva sapere assolutamente a memoria ogni battuta di 165 composizioni; partiture di una difficoltà pazzesca, infarcite di rivoluzioni ritmiche, di tempi forsennati e di arditi esperimenti ‘analogici’ di ciò che, di lì a poco, Zappa avrebbe poi messo in opera su computer componendo elaborazioni di musica informatizzata, rifacendosi alle composizioni di Edgar Varèse. Una volta, sul nostro palco, per provare il suono dell’impianto, Frank disse solo un numero di pagina, un numero di battuta e contò fino a 4. Tutti iniziarono a suonare all’unisono da un punto qualsiasi nel bel mezzo di una composizione di oltre 15 minuti. Lui si girò compiaciuto, come ogni volta che la band iniziava esattamente da dove voleva lui. Quel concerto bolzanino fu per me un’autentica illuminazione.
    (Vittorio Albani, Musica Jazz, dicembre 2020)

    La musica di Zappa ha un potere ‘visivo’ comprovato dall’amore di Frank per il cinema. Il suo delirante film 200 Motels è forse la prova più calzante. Alla base del film, la vita e le disavventure di una rock band on the road: niente di più vivido e reale.
    “I dialoghi del film sono tratti da cose che ho sentito dire agli altri nel corso degli anni, fin dagli inizi” (FZ). Era, infatti, pratica consolidata di Frank quella di registrare le conversazioni dei suoi musicisti per poi considerarle materiale su cui lavorare. E’ forse questa la magia della musica di Zappa: un fluire continuo e disciplinato di elementi raccolti dalla realtà e cuciti insieme, proprio come fa un montatore di film. I vari take, le voci e le parole di altri vengono uniti insieme, in modo artificiale, dando origine a qualcosa di nuovo. E’ per questo che la musica di Zappa, nella sua apparente follia, è in realtà quanto di più calcolato e studiato si possa concepire nel rock.
    (Classix n.21 – marzo-aprile 2009)

    Strutturalmente, i Mothers of Invention sono più vicini al cinema di qualsiasi altra forma d’arte, in particolare il cinema di Jean-Luc Godard. La musica dei Mothers è un collage sonoro, proprio come i film di Godard sono collage visivi e sonori.
    Il collage è l’unica forma d’arte “moderna” praticabile; i Mothers e Godard sono gli unici artisti popolari di una qualche pertinenza che lo utilizzano correttamente. L’era elettronica è un’era di collage. Le nostre prospettive non sono più unilaterali ma caleidoscopiche. Il nostro ambiente è più complesso, più totale. Siamo costantemente alimentati da informazioni sensoriali ed extrasensoriali da tutte le parti.
    Frank Zappa ha rivoluzionato il popolare collage sonoro. Monta i suoi pezzi esattamente come si farebbe con un film: cioè, non montando immagini o suoni ma il tempo. Il montaggio di un nastro audio o di un film è l’atto del montaggio del tempo. Pochi musicisti o cineasti lo capiscono.
    Gli assemblaggi sonori di Zappa sono ritmati e orchestrati. Lo stile di Zappa può affinare la nostra percezione, renderci ascoltatori migliori ed il suo uso del linguaggio colloquiale è ispirato.
    (Los Angeles Free Press, 21 giugno 1968 by Gene Youngblood)

    “Frank è probabilmente la persona più creativa del pianeta; scrive cose per strumenti che neanche sono stati ancora inventati”.
    (Captain Beefheart, Jam, settembre 2005)

  • Frank Zappa’s Style 17: his own language, realist and surrealist, the work ‘hoover’ by FZ, symbolism

    Frank Zappa’s Style 17: his own language, realist and surrealist, the work ‘hoover’ by FZ, symbolism

    Help I’m rock (Freak Out! 1966)

    In copertina un disegno di Jim Mahfood

    Una delle caratteristiche principali dell’intera opera zappiana è forse quella che risulta meno appariscente a chi non si sia profondamente introdotto nella logica illogicità del Grande Progetto-Oggetto: così come Frank Zappa è riuscito a stravolgere la banale comune sequenza del pentagramma rock introducendovi tempi, interventi e colorazioni così personali da non risultare presenti altrove, allo stesso tempo ha scelto di manipolare il linguaggio e i contenuti dei suoi testi a tal punto da creare una propria, talvolta difficilmente interpretabile, lingua.
    Se l’ironia e la dissacrazione sono le reali chiavi di lettura dell’opera omnia compositiva, il sarcasmo e la corrosività dei contenuti sono le originali, uniche, caratteristiche dei suoi testi. Il linguaggio zappiano sboccato e sfrontato, ironicissimo e irriguardoso è un meraviglioso esempio di come si possono creare gustosissimi neologismi mescolando slang nero a dialetti italiani, raffinati francesismi alle peggiori trivialità anglosassoni. Il tutto non solo senza divenire minimamente volgare o dozzinale, ma risultando addirittura l’unico complemento metrico alla scansione musicale zappiana.
    (Giancarlo Trombetti, Sonora n. 4 – 1994)

    E’ possibile definire lo stile di Zappa?
    “Esiste uno Zappa realista e uno surrealista, che si esprimeva in due forme: verbale e grafica. Zappa aveva introiettato fin da piccolo un atteggiamento tra il dada e il surreale nei confronti dell’espressione verbale, manipolabile fino a livelli allucinatori. In ogni concerto decideva the secret word (la parola segreta della serata). Quella parola costituiva un tormentone negli intercalari e negli interventi parlati della band, finiva per modificare anche i testi delle canzoni. La sua attenzione per il potere della parola era nata quando da bambino aveva trovato, in un vecchio libro, la teoria egizia della trasmigrazione dell’anima e della vita ultraterrena. Il Faraone, fin da piccolo, doveva imparare le parole-chiave che designavano ognuno dei luoghi che l’anima avrebbe dovuto attraversare dopo il trapasso: guai a sbagliare il nome! Ciò suscitò in lui la convinzione che la realtà fosse condizionata dalle parole e che ogni paradosso fosse affidato alla manipolazione del linguaggio.
    Un’altra forma della sua creatività musicale era invece di carattere grafico e risaliva all’età di circa 14 anni, quando le sue conoscenze musicali andavano poco oltre la lettura di spartiti per percussioni non intonate. Si mise a comporre musica scritta perché era affascinato dalla resa grafica delle note sul pentagramma e si era convinto che conoscendo le regole combinatorie e il significato delle note sul pentagramma si fosse automaticamente compositori. Fin da ragazzino applicò metodi complessi come le tecniche seriali e microtonali. Cambiò radicalmente idea sulle sue opere giovanili quando ebbe modo di ascoltarle, e allora si rese conto che la verità musicale è una verità pratica, che il momento in cui un’opera è finita è quello in cui si giudica soddisfacente la sua resa sonora. A decidere, insomma, è l’orecchio. Fu, da questa prospettiva, un totale empirista, che però aveva un sesto senso per le relazioni formali di tutti i tipi. Uno strutturatore nato, un ‘compositore’ per tutti i media”.
    (Gianfranco Salvatore, musicologo, biografo di Frank Zappa – Mangiare Musica giugno 1994)

    L’opera di Zappa era concepita come hoover, un’aspirapolvere che risucchia tutti i relitti e i detriti della “civiltà” prodotta in serie assemblando da tutto questo una gigantesca “scultura spazzatura” (come disse Zappa a Gary Steel nel 1990).
    Frank Zappa ha distrutto l’idea di ascolto della musica come ‘educazione’ sostituendola con ascolto di musica come ‘esperienza’.
    (tratto da “Frank Zappa’s Legacy: Just Another Hoover?” by Ben Watson, articolo pubblicato su Circuit v14 n3 2004)

    Frank Zappa ha scelto lo stile che meglio gli ha permesso di raggiungere i suoi obiettivi. La sua musica è volutamente dissonante, i suoni sconvolgenti, quasi insopportabili, i ritmi esasperanti (in certe composizioni si alternano misure di 8/8, 9/8, 4/4, 4/8, 5/8 e 6/8!). Utilizza anche collage, nastri inversi, voci fuori campo e altre ricerche sonore. A volte il canto assume un certo aspetto teatrale sul palco.
    Tutto questo ha un solo obiettivo: impedire all’ascoltatore di lasciarsi cullare da belle armonie, farlo uscire a tutti i costi dal suo torpore, renderlo consapevole dell’assurdità del mondo.
    Zappa è un logico e gli piacciono le persone come lui. Tuttavia, nulla è più divertente per lui dell’illogico e del bizzarro.
    Ci ha parlato della decristallizzazione della società in cui vivevamo; la sua soluzione sta nel fascino magico di parole come “Muffin” e “Pumpkin”. Sarebbero, secondo Zappa, la chiave della saggezza. Infatti, il simbolismo è evidente nei testi di Zappa che ricordano, ad esempio, quelli di Artaud.
    (Extra, febbraio 1971)

  • Frank Zappa’s Style 16: satire in musical notes, noisy outrage, free melody, music as a lifestyle

    Frank Zappa’s Style 16: satire in musical notes, noisy outrage, free melody, music as a lifestyle

    Why Don’t You Do Me Right (mono 45, Absolutely Free, 1967)

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD2JxQHgpyF4C3oHQO5eIcno

    FAIR USE

    “Sono capace di suonare quello che penso, ma non quello che scrivo, per questo assumo qualcun altro che lo sappia fare”.
    (intervista con Frank Zappa, Hollywood, 11 agosto 1989 di Veniero Rizzardi, Mucchio Extra autunno 2004)

    “Non so se fare musica emotiva sia un segno di eccellenza. Questa non è affatto la mia estetica. Mi piace l’abilità nella musica”.
    (FZ, Bat Chain Puller, 1990, da “Frank Zappa” di Kurt Loder, 1988)

    “Non mi interessano le parole. Le parole sono un compromesso, io scrivo musica. Le melodie e i cambi di accordi sono davvero interessanti… Non sto dicendo che non credo alle parole, ma doverle scrivere ferisce i miei sentimenti. Se devo scrivere delle parole, almeno saranno la verità, invece di qualche sciocchezza sentimentale. Ma la verità è davvero nella musica. È un peccato che gran parte degli americani abbia bisogno di un qualche tipo di contenuto verbale”.
    “Voglio solo essere in grado di suonare qualsiasi tipo di musica che ho voglia di fare in quel momento per essere coerente con il mio stile di vita. Deve essere un’espressione diretta di me stesso”.
    (Melody Maker, 19 febbraio 1977)

    “Penso che il contenuto satirico in musica non debba necessariamente basarsi sull’aspetto verbale. Ci sono molte cose satiriche che puoi fare con una semplice nota o una semplice inflessione e non dire mai una parola”.
    (intervista a Frank Zappa di Martin Perlich, 1972)

    L’oltraggio è la caratteristica di Frank Zappa come ha dimostrato nel periodo di massimo splendore dei Mothers of Invention.
    I Mothers (come, del resto, Zappa) erano tutti musicisti brillanti, ma Frank li tratteneva e li faceva suonare rumorosi, irritanti e cacofonici finché il pubblico non era così infastidito che si alzava e urlava insulti alla band.
    A quel punto, Zappa liberava i Mothers e il pubblico restava sbalordito dalla pura genialità tecnica dei musicisti.
    (New Musical Express, 9 maggio 1970)

    “La teoria standard che conosco è davvero limitata perché l’ho sempre trovata piuttosto noiosa. Ho preso in mano il libro delle armonie di Walter Piston quando ero al liceo e ho svolto alcuni degli esercizi descritti nel libro. Mi chiedevo perché una persona dovrebbe dedicare una vita a fare questo per suonare come tutti gli altri che usano le stesse regole. Così ho imparato gli elementi di base per apprendere il concetto di cosa deve fare l’armonia e la voce principale, come dovrebbe funzionare la melodia in un clima armonico, cosa avrebbe dovuto fare il ritmo. Ho imparato tutto questo e poi ho buttato via il resto.
    Ho iniziato a scrivere la mia musica in cui le terze erano omesse dagli accordi. Questo sembrava darmi più libertà con la melodia perché, se non c’è una terza nell’accordo, non sei condizionato dal clima armonico maggiore o minore. Se hai una fondamentale, una quarta e una quinta, una seconda e una quinta, la tua capacità di creare atmosfera e implicare armonia avendo una varietà di note di basso che interagiscono con l’accordo sospeso ti dà più opportunità. Quindi, la linea melodica può andare avanti e indietro tra maggiore o minore o qualsiasi altra cosa tu voglia con facilità. Hai più flessibilità”. (FZ, SongTalk, 1994 vol 4 issue 1)

    Le composizioni di Zappa sono trame fitte di note scritte, maniacalmente scritte, e spazi bianchi in cui i musicisti hanno libertà completa di improvvisazione.
    Ogni concerto di Zappa era un dispositivo temporale strutturato in modo da cavalcare il caos. (Editorialedomani.it, 21 dicembre 2020)

    “Tutte le combinazioni di musica che io uso sono normali, per me sono normali. Vedo la musica come vedo la vita: un insieme composto da elementi molto vari che funzionano tutti nello stesso momento. Talvolta, c’è un po’ di confusione ma non per questo si smette. Lo stesso con la musica. Non c’è nessuna ragione per cui non devo avere una base di rhythm’n’blues con delle linee di jazz sopra ed improvvisamente spezzare tutto con una polka che diventa un bolero in tre battute. E’ normale per me, c’è un senso. E’ logica lineare”.
    (Frank Zappa, Ciao 2001, 21 ottobre 1979)

    Zappa era un autentico perfezionista, è stato definito “schiavo del suo stesso orecchio interiore”.
    Intendeva cambiare il modo di comporre ed ascoltare musica. Non amava il business nel suo lavoro ma divenne imprenditore per essere indipendente.
    Ha speso tutte le forze residue nel rimixare, manipolare, correggere e trasferire su compact, con l’aiuto delle nuove tecnologie, gli album storici del suo colossale archivio, arricchendolo continuamente di avventure dal vivo che andava man mano scoprendo, a partire dal rivoluzionario numero uno del 1966, il leggendario “Freak out!”.

  • Frank Zappa’s Style 15: interactive music, vinyl or CD?, low and high art, ‘serious’ musicians, more

    Frank Zappa’s Style 15: interactive music, vinyl or CD?, low and high art, ‘serious’ musicians, more

    Montana (Live at the Roxy 1973)

    In copertina un disegno di Jim Mahfood

    Puoi portare la musica con te ovunque tu vada?
    “E’ dentro la mia testa. In genere, non ascolto niente, preferisco suonare. Riesco a sentire la musica tutto il tempo. Riesco a sentire cose che le persone non possono suonare”.
    (RockBill, novembre 1984)

    Lavorando con un sintetizzatore computerizzato, trovi che il vinile non sia più il modo migliore per presentare la tua musica? Pubblicherai registrazioni solo su CD?
    “Il vinile non è mai stato un mezzo così eccezionale. Alcune persone si aggrappano alla convinzione che il vinile suoni meglio. Non so, non al mio orecchio. Mi piace la musica su nastro digitale. Molti pensano che il vinile sia più ‘caldo’. Analizziamo la parola calore. Il calore significa una mancanza di fascia alta o un ulteriore aumento di frequenza a 300 cicli. Che cazzo è il calore? Come lo quantifichi in termini audio? Puoi dimostrare lo pseudo-calore in modo tecnico in studio usando un equalizzatore a banda larga e aumentando le cose di circa 300 cicli. Diventa solo più ‘grassoccio’. Ti allontani un po’ dall’estremità superiore e le cose iniziano a suonare calde – se questo è il tipo di suono che ti piace. Non mi interessa particolarmente quel suono”.
    (BAM – Bay Area Music Magazine, 16 gennaio 1987)

    “La mia musica è partecipativa. La musica dovrebbe interagire con la persona che la sta ascoltando. Quello che faccio non è progettato per rafforzare lo stile di vita di qualcuno. Non è un prodotto ma qualcosa di diverso. Alla fine, tutto ciò che viene pubblicato da una casa discografica si trasforma in prodotto, ma l’intento di ciò che faccio non è orientato al prodotto. Ho qualcosa da dire, voglio dirlo in un certo modo e curo molto la presentazione del materiale. Curo tutto il percorso fino al processo di mastering. Mi occupo del packaging, delle copertine degli album, delle pubblicità, faccio le interviste e rispondo a domande specifiche a riguardo, in modo che non si trasformi in prodotto. Mi assumo la responsabilità di quello che faccio, che a qualcuno piaccia o no”.
    (FZ, Guitar For The Practicing Musician, maggio 1986).

    La capacità di Frank Zappa di integrare arte bassa e alta in un genere ibrido senza soluzione di continuità è ineguagliabile.
    Ad esempio, in “Montana” (dall’album “Overnite Sensation”, 1973), fonde casualmente un ponte a 12 toni con una forma di canzone pop, dirigendo i suoi intrepidi vocalist attraverso un allenamento di gruppi di quintupletti e salti intervallari frastagliati in una canzone sul filo interdentale.
    Il suo lavoro può variare dal blues puro (“Directly From My Heart to You” in “Weasels Ripped My Flesh”, 1972) alla musica per big band altamente arrangiata (“The Grand Wazoo”, 1972) al delicato jazz da camera (“Twenty Small Cigars” da “Chunga’s Revenge”, 1970) al rock rabbioso della chitarra (“Sheik Yerbouti”, 1979) ai timbri rigorosamente orchestrali (“The London Symphony Orchestra: Zappa Vol. I”, 1983).
    Ma anche quando predomina uno stile, in genere sono presenti altri elementi.
    (The San Bernardino Sun, 6 giugno 1989)

    “Gran parte delle persone non usa i poliritmi ed i ritmi più complessi, non li considera molto naturali ma ci sono stati compositori che hanno lavorato in quel campo. Per me è stato un grande shock quando qualcuno mi ha inviato un album di un gruppo olandese che aveva “Ballet Mécanique” di George Antheil da un lato e dall’altro brani per violino e piano. In quel momento, ho giurato che avrei potuto scriverli per via dei ritmi. Era esattamente lo stesso tipo di cose che avrei fatto io. Non avevo mai sentito questi pezzi prima. Il ritmo è ciò che senti. La maggior parte delle persone nell’Europa occidentale tende ai ritmi in 2, 3 e 4, mentre nell’Europa orientale molte persone si sentono a proprio agio con 5, 7, 9. In India si sentono a proprio agio con tutto, dal 2 al 13”. (Rhythm, luglio 1989)

    “I musicisti seri non sono interessati a quello che sto facendo. Ignorano completamente la musica rock. Pensano di essere all’avanguardia nella sperimentazione musicale. Sono sciocchi a pensare questo perché nel mondo rock abbiamo un’attrezzatura che loro neanche conoscono. Sono convinto che molti compositori seri non conoscono gli strumenti a fiato elettrici e tutto ciò che si può fare con questi strumenti come, del resto, la chitarra elettrica. Pensano che la musica elettrica si faccia con un sintetizzatore e che la musica amplificata sia un mondo completamente diverso. Rispetto al compositore serio il nostro ensemble ha aggiunto l’elettricità a fagotto, flicorno, clarinetto, flauto ed altri strumenti. I musicisti ‘seri’ hanno una mentalità troppo ristretta. Dovrebbero assistere ai concerti rock. Questo è uno dei motivi per cui i giovani non hanno un approccio con la loro musica. Il grosso del pubblico è composto da teenager. Noi suoniamo in luoghi dove i compositori seri non vanno mai”. (Frank Zappa)

  • Frank Zappa’s Style 14: talent scout, what is genius, experimental music, more

    Frank Zappa’s Style 14: talent scout, what is genius, experimental music, more

    That Ol’ G Minor Thing (dall’album Guitar, 1988)

    In copertina un disegno di Jim Mahfood

    Hai scoperto diversi grandi musicisti. Un caso? Riescono a crescere di livello con te oppure è l’ambiente che promuovi che stimola quel tipo di creatività?
    “Vado in giro, esco per strada, la maggior parte delle persone rock ‘n’ roll famose non lo fa. Non vado nei bar solo per comprare dei musicisti: so cosa mi piace e posso individuare un talento. Se lo incontro, prendo il nome del ragazzo perché se non lo scelgo per la mia band posso sempre consigliarlo a qualcun altro. La gente mi chiama quando è in cerca di musicisti. Molti gruppi non escono, vanno in giro con persone normali, in piccoli bar di merda e cose del genere. Io vado nei posti giusti, è lì che si trovano, là fuori mentre lavorano o si azzuffano. Se entrano a far parte della mia band hanno la possibilità di lavorare con attrezzature migliori, ottengono un po’ di disciplina, hanno la possibilità di essere visti da centinaia di migliaia di persone per un certo periodo di tempo, vengono menzionati nelle interviste e cose del genere. Non credo che alcune delle persone scoperte da me sarebbero mai state scoperte da nessuna delle persone per cui alla fine sono andate a lavorare perché quelle persone non sanno dove cercare”. (FZ, Musician, aprile 1982)

    L’approccio chitarristico di Zappa è assolutamente inusuale: rifiuta totalmente l’idea dei licks e delle frasi preconfezionate per non parlare dell’idea di suonare sempre lo stesso assolo, uguale alla versione nel disco, nei concerti. Era uno sperimentatore che azzardava e rischiava molto per verificare dove avrebbero portato certe idee. A volte, erano esperimenti coronati da successo, si poteva quasi sentire il pubblico che tratteneva il fiato dall’emozione. Altre volte portavano a vicoli ciechi, con Zappa che interrompeva bruscamente l’assolo o che svoltava improvvisamente imboccando una nuova direzione musicale (e lì si poteva sentire la band trattenere il fiato).
    “Frank scriveva musica per me da suonare che non aveva niente a che fare con la chitarra” ha detto Steve Vai riferendosi ai suoi anni come “chitarrista stunt” di Zappa.
    Saltando da collage sonori di ispirazione classica ad estese improvvisazioni jazz-fusion, questa era una band che viveva senza regole, guidata da un compositore e musicista che suonava senza limiti.
    (Total Guitar, winter 2013)

    “Le mie conclusioni sulla genialità di Frank le ho tratte dall’osservazione delle sue attività. Non ho mai visto una persona così dedita all’esecuzione delle sue idee. L’autodisciplina non è uno sforzo consapevole per Frank. C’è solo lavoro e per lui non è difficile, è divertente. Ha preteso molto dai membri della sua band, ma solo un quinto di quello che chiedeva a se stesso. Per me è sempre stata evidente una forte integrità in tutto ciò che faceva ed è anche molto divertente. Sono le caratteristiche che mi hanno ispirato ma non sono queste le caratteristiche legate necessariamente alla genialità.
    Innovatività e originalità sono il risultato di una concentrazione incrollabile. Questo tipo di concentrazione è un dono, ma può anche essere sviluppato.
    Guardare Zappa mentre lavora è stimolante. La sua mente è completamente concentrata su ciò che sta facendo, senza distrazioni (dalle conversazioni alla lettura di un giornale o alla creazione di un fantastico pezzo orchestrale). Ogni evento per lui è come una meditazione. Ho imparato che il potere della concentrazione altamente sviluppato è ciò che costituisce il genio”.
    (Steve Vai, Guitar For The Practicing Musician, maggio 1986)

    “Fra un tour e la pubblicazione di un album, pianifico campagne pubblicitarie, dirigo personalmente l’opera d’arte. Mi occupo di tutta la produzione effettiva di un disco fino al punto in cui viene consegnata. Passo attraverso il processo di mastering, faccio tutto il lavoro perché mi piace farlo. Mi piace essere il più possibile responsabile del progetto perché so che le case discografiche non si preoccupano tanto della musica quanto me. Nessuno sa quanto tempo dedico a scrivere o registrare, a produrre e portare a termine un progetto. Non hanno idea di che tipo di lavoro faccio e le uniche impressioni che rimangono nella loro mente sono le cose che leggono degli anni ’60. Quindi nella loro immaginazione, forse, sono una persona congelata alla fine della guerra del Vietnam o qualcosa del genere”. (FZ, High Times, marzo 1980)

    “Il tipo di musicisti di cui ho bisogno non esiste. Ho bisogno di qualcuno che capisca i poliritmi, che suoni qualsiasi stile musicale, capisca la messa in scena, il rhythm and blues e come funzionano molte diverse tecniche di composizione. Quando assegno una parte ad un musicista, dovrebbe sapere come funziona nel mix con tutte le altre parti”. (FZ, Down Beat, 18 maggio 1978)