Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Categoria: Zappa’s Style

  • Frank Zappa’s Style 13: how to record an electric guitar, role of the bass, whammy bar, more

    Frank Zappa’s Style 13: how to record an electric guitar, role of the bass, whammy bar, more

    Drowning Witch (Ship Arriving Too Late To Save A Drowning Witch, 1982)

    In copertina un disegno di Jim Mahfood

    Come chitarrista e leader cosa ti aspetti da un bassista?
    “Dal bassista mi aspetto che mi indichi sempre in che tonalità mi trovo. Non cerco note più veloci di quelle che sto suonando o implicazioni di situazioni armoniche diverse da quelle che abbiamo iniziato a fare. Mi piace avere un bassista con un buon orecchio e un buon senso del tempo, ma la funzione principale è assicurarsi che io sappia e che il pubblico sappia in quale chiave ci troviamo, che non sono andato troppo ‘lontano’. Se inizio ad improvvisare ed entro in una specie di trance ed anche il bassista va ‘fuori’ è finita: il pubblico perde completamente il contatto con quello che sto facendo. Ci deve essere un punto di riferimento in modo tale che le estrapolazioni possano essere comprese. Questo punto di riferimento è il bassista”.
    Le parti di basso sono fondamentali per te come le linee di batteria?
    “Sono molto importanti. In effetti, mi piace una parte di basso con cui puoi cantare. Se è una canzone scritta, mi piace avere una parte di basso totalmente canticchiabile anche se questo non è applicabile sempre a tutti i diversi brani. Qualche tempo fa abbiamo fatto una canzone che aveva una delle parti di basso più umilianti del 1982: s’intitola “No Not Now” (da Ship Arriving Too Late To Save A Drowning Witch).
    (Guitar Player, marzo 1983)

    “Vedo l’intero studio di registrazione come uno strumento musicale, come un organo a canne con molti colori tonali e molta potenza. La persona che si occupa del missaggio è più o meno l’equivalente di un direttore d’orchestra davanti a un’orchestra sinfonica”.
    Un caratteristico marchio di fabbrica di Zappa praticamente su tutte le sue registrazioni è un colossale suono di grancassa/tom, che di solito è la presenza dominante nel mix.
    Zappa è anche noto per il suo lavoro di chitarra solista fluido e dinamico. Nel corso degli anni, ha sviluppato alcune teorie abbastanza concrete su come registrare una chitarra elettrica.
    “Ci sono un paio di cose da ricordare sulla registrazione di una chitarra. Se stai solo cercando delle note, allora un Pignose andrà bene. Ma se stai cercando una sorta di sensazione audio, il modo migliore per farlo è con uno spazio più ampio e un po’ d’aria per muoversi. La cosa davvero impressionante del suono di una chitarra rock ‘n’ roll è come ti colpisce la pressione. Un microfono non determina solo le oscillazioni che ti dicono qual è il tono ma anche il livello di pressione sonora. Quello che ottieni alzando il volume dell’amplificatore in una stanza grande è tutta quella spinta di fascia bassa che ovviamente non ottieni con un Pignose. Se vuoi suonare come se stessi davvero prendendo a calci in culo qualcuno, devi effettivamente alzare il volume e fare in modo che il microfono senta un suono forte. Il modo migliore per ottenere quel rombo di stanza con tutto il “frazz” e il suono stridulo di fascia alta è registrare la chitarra in un teatro vuoto”.
    (International Musician And Recording World, febbraio 1979)

    C’è qualcosa che vorresti avere su una chitarra non ancora disponibile?
    “Sì. Voglio una chitarra che abbia un manico davvero comodo, lungo 24 tasti, con accesso totale ai tasti superiori, che abbia un circuito sonoro completamente pulito in una posizione e completamente sporco nell’altra con una barra fantastica”.
    Usi principalmente il vibrato con le dita o con la whammy bar?
    “Entrambi, ma uso soprattutto le dita. Se vuoi un sustain (in grado di mantenere il suono in modo uniforme) è più affidabile una barra whammy che non stoni”.
    Come fai a non farla stonare?
    “Ci sono due cose che puoi fare:
    – mettere un po’ di grafite sul capotasto in modo che la corda che scivola avanti e indietro viaggi effettivamente per l’intera distanza e non si riattacchi e rimanga affilata dopo che la barra whammy è tornata;
    – mettere una molla in più all’interno dell’unità della barra whammy che la controbilancia”.
    (M.I., novembre 1979)

    La tecnica di xenocronia utilizzata da Zappa in vari album consiste nell’estrarre un assolo di chitarra (o un’altra parte musicale) dal contesto originale ed inserirla in una canzone del tutto diversa per creare un effetto sorprendente.
    Zappa ha dichiarato che la xenocronia era l’unico modo per ottenere determinati ritmi…

    https://www.youtube.com/watch?v=poU4p_sodzs

  • Frank Zappa’s Style 12: solo for orchestra, rhythm guitar, arrangements, composition, more

    Frank Zappa’s Style 12: solo for orchestra, rhythm guitar, arrangements, composition, more

    Sinister Footwear 2nd Movement – Live, 1988 (Make A Jazz Noise Here, 1991)
    Sinister Footwear World Premiere Complete Version (15 giugno 1984), Zellerbach Auditorium, Berkeley, Concerto ‘A Zappa Affair’

    In copertina un disegno di Jim Mahfood

    Un’intera orchestra suona il tuo assolo di chitarra improvvisato?
    “Sì, ma armonizzato e orchestrato. Non penseresti mai che sia uscito da una chitarra. Il motivo per cui l’ho scelto è che suonava così composto. Il terzo movimento di “Sinister Footwear” è una trascrizione esatta di un assolo (trascritta da Steve Vai). È diabolicamente difficile, probabilmente la cosa più difficile su carta che ho”.
    Una cosa che manca nella maggior parte degli artisti rock è pensare in modo astratto.
    “Il mio segreto è che so quello che sto facendo. Ero in grado di proiettare le cose in modo astratto già da adolescente”.
    Questo ha causato qualche stranezza nei primi gruppi rock in cui hai suonato?
    “Beh, è un po’ difficile convincere la gente che una marimba può avere un posto in una band rhythm and blues. Nella mia band al liceo, suonavo la marimba. Ho sempre pensato che quel tipo di suono sarebbe stato buono per le chitarre boogie e così via. Un approccio non tradizionale”.
    (Mix, giugno 1983)

    “Ci deve essere abbastanza spazio quando suoni. Questo fa funzionare la musica. Non funziona su carta e nel vuoto ma nell’aria. Lo senti perché le molecole d’aria stanno facendo accadere qualcosa nei tuoi timpani. È così che lo senti, a prescindere che provenga da un giradischi, un impianto audio o una sala da concerto. Quindi, senza quelle piccole molecole non hai niente. Ciò di cui parliamo, quando si esegue la musica, è di aria scolpita. I modelli si formano nelle onde radio; tutte le diverse frequenze di tutti gli strumenti che suonano creano schemi e il tuo orecchio li sta rilevando. A livello puramente scientifico, queste frequenze provocano reazioni psicologiche e fisiologiche nell’ascoltatore. Una certa frequenza fermerà il tuo cuore, qualcos’altro ti farà cagare, altro ancora ti farà venire il mal di testa o ti farà sanguinare il naso, qualcos’altro stimolerà emozioni. La mia teoria è che non si percepisce la musica o il suono soltanto attraverso le orecchie, ma attraverso tutto il corpo (nella gola, nello stomaco, nelle braccia, nei piedi). Quando usi un certo tipo di amplificazione in una grande sala da concerto, stai facendo qualcosa alle persone oltre ad intrattenerle. Stai influenzando i loro corpi e dovresti esserne consapevole mentre suoni ad alto volume”.
    (Down Beat, febbraio 1983)

    Ti consideri un chitarrista solista o un chitarrista ritmico?
    “Più un chitarrista ritmico”.
    Definisci te stesso musicalmente…
    “Sono il “Mister Loyal” di un piccolo circo elettronico e musicale”.
    Ti consideri un leader?
    “No, sono solo un musicista”.
    (Extra, febbraio 1971)

    “Mi piacciono gli arrangiamenti in cui tutto è specificato. Pianifico le linee di basso e il tipo di figure che verranno suonate”.
    (Musicians Only, 26 gennaio 1980)

    “La composizione è un processo in cui gli elementi sono organizzati in una certa struttura dal compositore. Questo è lo schema più ampio e generale che posso dare. Anche fare un film è una composizione; si tratta di organizzare elementi visivi, comportamentali, materici e spazio-temporali, allo stesso modo in cui organizzerei gli appunti su un foglio di carta. Penso alla struttura generale allo stesso modo. Se mi esibisco con una band, lo spettacolo stesso è una composizione: coinvolge sezioni che sono composizioni più piccole. Anche un’intervista è una composizione”.
    Che tipo di struttura cerchi quando componi?
    “Non la cerco: penso che ogni compositore abbia un’idea delle proporzioni ideali che si adattano al gusto personale. Prendi la tua materia prima, le tue note, i tuoi elementi visivi o altro e trovi equilibri tra forte e morbido, veloce e lento, tanto e poco, spesso e sottile. È come cucinare o costruire un cellulare. I contrasti aiutano a definire la struttura e, allo stesso tempo, fanno parte degli elementi che si stanno strutturando”.
    (Trouser Press, febbraio 1980)

    “Quando ho formato i Mothers” racconta Zappa “mi piaceva la musica blues ed avevo quella in mente. Sperimentando in giro, ho notato che le scale blues assumevano un carattere completamente diverso se collocate in un altro clima armonico. Avevo scritto molta musica per orchestra e musica da camera, ma non riuscivo a farla suonare. Mi interessavano certe cose ritmiche che non erano comuni né alla musica popolare né a quella orchestrale e volevo lavorare su quelle. La band era l’unica cosa che mi avrebbe permesso di farlo”.
    (Berkeley Barb, 27 marzo – 2 aprile 1980)

  • Frank Zappa’s Style 11: orchestral project, rhythm, guitar technique, use of the synthesizer, more

    Frank Zappa’s Style 11: orchestral project, rhythm, guitar technique, use of the synthesizer, more

    Mo’s Vacation (Live a Monaco, 31 agosto 1978)

    In copertina un disegno di Jim Mahfood

    Oltre alla sua copiosa produzione rock ‘n’ roll, Zappa ha completato un gruppo di ambiziose opere orchestrali che avrebbero dovuto essere presentate in anteprima mondiale a Vienna fino a quando il principale finanziatore del progetto (la rete televisiva austriaca) si è ritirato all’ultimo minuto. Cinque anni di lavoro, le opere sono state composte per un’orchestra di 120 elementi, rendendo necessario l’impiego di cinque copisti, due dei quali erano stati coinvolti nel processo per cinque anni con un investimento totale di cinquantamila dollari. Altri cinquantamila dollari sono stati spesi per telefonate dagli Stati Uniti all’Austria. Rilegato in marocchino nero, “Mo And Herb’s Vacation”, che Zappa ha descritto come “un pezzo drammatico e dissonante”, comprende 83 pagine di musica.
    Una delle massime priorità di Zappa è vedere le sue opere orchestrali eseguite correttamente. “Non ho intenzione di sedermi e spendere migliaia di dollari per produrre risme di carta da parati. Voglio sentire la musica eseguita correttamente. Non voglio andare al concerto, sedermi lì ed essere imbarazzato da 120 persone che lo suonano in modo sbagliato. Non importa cosa ne pensi il pubblico e se il concerto piace da morire: se l’orchestra lo suonasse male, sarei molto arrabbiato”.
    (FZ, Gold Coast Free Press, 29 settembre 1979)

    “Molti hanno un’idea sbagliata del ritmo. Possiamo suonare in 4/4 e fare stronzate terribilmente strane in 4/4. Allo stesso modo, puoi suonare in 9/16 e suonare in modo noioso come succede a molti gruppi jazz rock. La cosa da fare è sovrapporre cose interessanti su una base ritmica costante anziché avere un’intera band che suona un mucchio di riff all’unisono da 8 o 16 note”.
    (FZ, Guitar, maggio-giugno 1979)

    “Mi considero un compositore che ha la chitarra come strumento principale. La maggior parte dei compositori suona il pianoforte. Beh, non sono un pianista: a causa dei limiti tecnici della chitarra rispetto al pianoforte (in termini di note multiple, ecc.) ciò che scrivo è determinato dal mio interesse per la chitarra. Di conseguenza, crea difficoltà per altri strumenti. Se sento qualcosa nella mia testa basato sulla chitarra – mix e cose del genere – molte volte, queste cose non possono essere eseguite con altri strumenti e questo mi provoca frustrazione”.
    (FZ, Down Beat, 18 maggio 1978)

    La tua tecnica chitarristica è abbastanza ortodossa o hai delle idiosincrasie particolari?
    “Ho imparato a suonare nel modo in cui era comodo per la mia mano. Le mie dita sono praticamente a doppia giuntura, si piegano in posizioni strane”.

    Qual è l’aspetto più distintivo del tuo modo di suonare la chitarra?
    “La tecnica della mano sinistra perché probabilmente digito cinque note per tutte le note che scelgo”.

    Quando fai un assolo, pensi in termini di pattern visivi sulla tastiera o pensi ad ogni nota che stai suonando?
    “No, non penso ad ogni nota che sto suonando; in effetti, non penso affatto alle note. Penso alle possibilità”.

    Lavori mai fuori scala?
    “Non penso alle scale e non penso agli accordi. Per esperienza, sai che se c’è un certo clima armonico in corso, un certo tipo di evento audio rispetto a quel clima genererà un terzo evento. Questo è ciò che faccio”.

    Quindi lavori ancora con posizioni blues, scale pentatoniche, ecc.?
    “Giusto. Tutto quello che devo fare è riarmonizzare la linea”.

    Componi anche al pianoforte?
    “Sì e anche solo sulla carta. Scrivo schizzi”.

    Componi la maggior parte della tua musica di notte, vero?
    “Mi piace lavorare di notte perché il suono è diverso rispetto al giorno. Per me, suona meglio. Di giorno, l’aria è agitata da tutta la luce del sole ed ogni cosa è in uno stato generale di agitazione”.
    (FZ, M.I., novembre 1979)

    Alcuni ritengono che il sintetizzatore e gli strumenti elettrici in generale sminuiscano in qualche modo l’umanità della musica suonata. Che ne pensi?

    “Le persone che si preoccupano di questo in realtà sono preoccupate della propria immagine, del loro ego: lo strumento è soltanto un mezzo per comunicare al pubblico la loro ‘grandezza’ personale. Questo per me è un disservizio alla musica come forma d’arte. Umanità? Chi se ne frega. La musica è importante. Chi pensa che il sintetizzatore e gli strumenti elettrici rendono la musica meno umana si preoccupano soltanto del fatto che questo possa ostacolare il pubblico nel comprendere quanto lui sia ‘grande’ e ‘bello’. Vuole solo mettere in mostra il proprio ego. Beh, chi se ne frega. In un live non voglio ascoltare la ‘profonda ferita interiore’ di qualcuno. Mi interessa la musica. Le persone vedono e sentono ciò che vogliono vedere e ascoltare”.
    (FZ, Down Beat, 18 maggio 1978)

    La musica di Frank Zappa ha una qualità visiva, le sue immagini sono così forti che è quasi un fumettista che disegna con melodie e testi. (Nuggets, aprile 1977)

  • Frank Zappa’s Style 10: orchestration & dissonance, melody, absurd lyrics, live recordings, more

    Frank Zappa’s Style 10: orchestration & dissonance, melody, absurd lyrics, live recordings, more

    King Kong (Live 1968)
    King Kong versione reggae (dall’album Ycdtosa vol 3)

    In copertina un disegno di Jim Mahfood

    Quale sarebbe per te la forma d’arte definitiva?
    “Penso che dovrebbe essere una combinazione di proiezioni reali, suoni sincronizzati, live action e partecipazione del pubblico, il tutto in un ambiente acustico controllato. Ora sto facendo un film di fantascienza che probabilmente sarà un musical”. (FZ, Jazz Rock & Blues Club, luglio 1973)

    Zappa non fa mai la stessa cosa due volte. (Beetle, luglio 1973)

    “King Kong è un brano semplice con accompagnamento in re minore. In effetti, direi che l’80% dei brani che abbiamo con degli assoli sono nella stessa tonalità. Adoro gli accompagnamenti in re minore con un preaccordo maggiore. Ti dà un bel effetto modale”. (Frank Zappa, International Times, febbraio 1971)

    “Ho un gusto per l’orchestrazione molto elaborata e melodica, oppure per la più fragorosa dissonanza estrema perché sono ugualmente forze opposte e mi piace affrontare questo tipo di fattori primari”.
    (Frank Zappa, After Dark, febbraio 1972)

    “Mi interessano le melodie ed è l’unica cosa che trovo carente nella maggior parte della musica di oggi. La costruzione della melodia è una forma d’arte specializzata. Conosco molte persone che sanno scrivere e arrangiare, ma non prestano troppa attenzione a dove si trova la melodia. È una grande sfida scrivere una melodia. Ecco perché le persone che sanno improvvisare bene contro i cambi di accordi sono così uniche perché è una sfida vinta all’istante. Quando tutto ciò che ti viene presentato è lo scheletro armonico, la tua sfida è creare una melodia personalizzata contro quella serie di cambi di accordi, è un’impresa davvero impressionante. C’è solo una persona nel gruppo che non improvvisa davvero ed è Ruth. Questo perché ha un blocco mentale per l’improvvisazione. Penso che ne sia capace, ma non farà un assolo. Tutti gli altri nel gruppo sono orientati all’improvvisazione”. (FZ, Down Beat, 13 settembre 1973)

    “L’ostinazione di Zappa è colossale. Eccolo alla fine degli anni Settanta che continua a produrre film musicali. Certo, i suoi ripetuti tentativi di combinare musica e pellicola gli conferiscono il diploma di pioniere in quello che, nel frattempo, è diventato pratica quotidiana, cioè filmare musica pop” (Michael Gray)

    “Sono molto interessato alle cose assurde, quindi i testi delle mie canzoni sono assurdi ma alcune persone, per poter apprezzare un’assurdità di tanto in tanto, pensano che i miei brani siano troppo sofisticati. Hanno, in effetti, un significato sociologico ma è sottile, non così letterale come viene fatto dalla maggior parte degli intellettuali. E’ qualcosa di più artistico”. (Frank Zappa)

    I tuoi assoli sono spesso costruiti su vamps (figure musicali ripetute o accompagnamenti).
    “Sì. Non mi piacciono i cambi di accordi. Mi piace avere un centro tonale che rimane lì o, possibilmente, con un secondo accordo che varia dal centro tonale principale. E poi ci gioco intorno. Non so se ascolti mai musica indiana – non ci sono cambi di accordi in questo, ma puoi sentire le implicazioni di tutti i tipi di altri cambi di accordi e linee che vengono suonate l’una contro l’altra. Questo è il modo in cui mi piace lavorare”.
    (FZ, Guitar Player, dicembre 1982)

    “C’è un vuoto sempre più ampio tra ciò che suono con la chitarra e ciò che scrivo sulla carta. L’intento è sostanzialmente diverso. Quando ho una chitarra tra le mani, quello che voglio esprimere è ciò che sto pensando in quel momento, la progressione di accordi che passa; l’80% delle volte riesco a proiettare ciò che sta accadendo. Sono un compositore che suona la chitarra e quello che voglio fare con lo strumento riguarda non solo le singole note ma il suono generale come se stessi disegnando immagini. Cerco di mantenere il suono più spontaneo possibile”. (Frank Zappa, 22 novembre 1969)

    “Il massimo che chiunque può aspettarsi da un artista, affinché quell’artista risulti esteticamente vero, è che dia al pubblico una parvenza di se stesso. Qualunque cosa ascolti in quei dischi è un’estensione di me. È vecchio stile o all’avanguardia. Qualunque cosa sia è ciò che io sono”. (FZ, BLAST, dicembre 1976)

    Frank Zappa ha raccolto una quantità incredibile di materiale registrato e catalogato. Materiale che veniva registrato dal vivo.
    “I miei gruppi provano per mesi, 10 ore al giorno; quando siamo in tour, loro sono in grado di eseguire perfettamente tutto quello che hanno imparato. Perché dovrei spendere altro denaro per riportarli in studio ed eseguire tutto ciò che hanno suonato per oltre un anno?“. (FZ)
    Dal 1970 in poi, gran parte dei dischi di Zappa aveva basi estrapolate da concerti live, anche se sembravano realizzati in studio. Gran parte delle uscite postume sono recuperi di incisioni catalogate.

  • Frank Zappa’s Style 9: Air sculpture, musical identity, ‘I play as I am’, the perfect sound

    Frank Zappa’s Style 9: Air sculpture, musical identity, ‘I play as I am’, the perfect sound

    Guitar solo in New York (40th Anniversary)

    In copertina un’opera di Jim Mahfood

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD2JxQHgpyF4C3oHQO5eIcno

    Lo stile chitarristico di Zappa era completamente originale nel mondo del rock. A differenza della maggior parte dei chitarristi che usavano modelli in scala o forme collaudate sulla chitarra, Zappa creò la cosiddetta “Air Sculpture”. Non aveva bisogno di fare affidamento su dispositivi e trucchi musicali collaudati perché aveva la capacità di suonare qualsiasi nota (tutti i dodici toni / scala cromatica) sulla chitarra, su qualsiasi tasto. Questo stile di improvvisazione era usato anche dai chitarristi jazz (senza dubbio cervelloni dall’udito immacolato, barbe e banjo…). Il trucco sta nel sapere in quale ordine suonare le note.
    Zappa era famoso per il fatto di suonare assoli di chitarra smisurati e autoindulgenti. Laddove altri chitarristi perdevano la concentrazione e rimanevano bloccati in cliché e riff per mancanza di immaginazione, Zappa guadagnava slancio dopo sei o sette minuti dall’inizio dell’assolo.
    (Sun Zoom Spark, gennaio 1994)

    “La base del mio stile deriva sia dalla musica orientale sia dal blues. Penso che sia naturale per me. Parte dell’influenza orientale è simile ai suoni greci, turchi, bulgari e indiani”.
    “Mi piace l’idea di Stravinsky di ‘economia dei mezzi’: uso poche note e cambio il ritmo. Volendo spiegarlo in termini puramente tecnici, diciamo che hai un accordo che ti dice dove si trova il tuo clima armonico, dove si sta svolgendo l’evento. L’accordo è come l’inquadratura fondamentale in un film, dove si vede l’esterno dell’edificio o il vicolo con i bidoni della spazzatura. Ti dice dove sta succedendo, dove ha luogo l’azione. Quindi hai un accordo e tre note che forniscono determinati tipi di attività emotiva rispetto all’accordo. Quell’attività emotiva viene ridefinita ogni volta che modifichi l’ordine delle note e lo spazio tra le note. Ogni volta che modifichi la posizione della nota, ha un impatto diverso”.
    “Penso che un’amplificazione potente sia necessaria perché non devi far funzionare lo strumento a tutto volume, il che ti dà più spazio per pensare ed ottieni un suono più pulito”.
    (Down Beat, 18 maggio 1978)

    “Fare buona musica significa riuscire ad esprimere ciò che si vuole e suonare per ciò che si è. Quando ascolto BB King, penso che il suono provenga da ciò che lui è come persona. Non credo gli importi quante note suona qualcun altro. Non è rilevante per lui, ha trovato la sua identità musicale e la suonerà, indipendentemente da quello che gli altri ne pensano. Questo è il modo in cui suono. Se suono un mucchio di note – anche note lunghe – è così che mi sento e che sono. Ciò che tento di fare quando suono un assolo è prendere un pezzo di tempo e decorarlo con note rilevanti per il clima armonico creato dall’ensemble dietro di me”.
    (FZ, Record World, 21 gennaio 1978)

    Zappa ha sostenuto che la cosa più importante, al di là dell’essere progressive, è la musica personalizzata. La musica, ha detto, “dovrebbe essere rilevante per la persona che la scrive. Ha più a che fare con il compositore che con lo stile dei tempi o la scuola che potrebbe aver generato il compositore”.
    (guitarplayer.com, 26 gennaio 2023)

    Cosa c’è di così impressionante, di così affascinante negli assoli di Zappa? Che cosa lo rende così interessante tanto da poterlo ascoltare senza annoiarti mai?
    In parte, è la qualità del suo tono. Pochi altri chitarristi hanno impiegato tanto tempo, attenzione e denaro per ottenere esattamente il suono che volevano. Cercando il suono più sporco, oscuro e osceno che si possa immaginare, o il suono più gentile, morbido e toccante del pianeta, Zappa ha lavorato per il suo desiderio di creare il tono perfetto. Questo lo pone al top. E’ ciò che ha fatto con quel tono perfetto che conta davvero. Ha descritto i suoi assoli come ‘conversazioni’ che sfruttavano i ritmi del parlato; è come sentire un oratore sviluppare un argomento. Dipinge un’immagine sonora che ti porta in posti dove non avresti mai pensato di andare, sonda tutte le possibilità lungo il percorso, sgrossando e interrogando ogni ritmo, ogni armonia, senza mai ricorrere a cliché o virtuosismo fine a se stesso.
    Ciò che ti colpisce davvero è la qualità muscolare del tono, il modo in cui l’assolo acquisisce lentamente potenza senza mai fermarsi per riprendere fiato, la casuale spensieratezza del taglio grezzo del suono e la sorprendente miscela di minaccia e compassione che riesce a spremere da una breve pausa strumentale.
    Per l’appassionato restano il cuore pulsante della musica di Zappa, il punto in cui composizione e compositore si incontrano, trasfusi in una zigosi sonica pullulante.
    (estratto dall’articolo “Shut up and listen some more?” di Sam Ayore, The Rondo Hatton Report vol. VIII – 21 settembre 2011)

  • Frank Zappa’s Style 8: rhythmic primacy, digital innovation, solo (instant composition), black dots

    Frank Zappa’s Style 8: rhythmic primacy, digital innovation, solo (instant composition), black dots

    Jam (Parigi, 1968)
    Jam (13 maggio 1973, University of Cincinnati)

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD2JxQHgpyF4C3oHQO5eIcno

    In copertina un’opera di Jim Mahfood

    Nel campo del ritmo, Zappa ha collezionato una ricca serie di primati. E’ stato il primo musicista rock a cimentarsi coi tempi dispari, i ritmi composti, i metri additivi e ad inserire nel gruppo due batteristi o percussionisti che suonassero anche marimba, xilofono, vibrafono. Fu il primo ad adottare i ritmi irrazionali, il primo a formulare concetti come quello di ‘armonia percussiva’ o ‘dissonanza ritmica’ (sue personali teorizzazioni), a perseguire soluzioni ritmiche realizzabili solo attraverso sofisticatissime apparecchiature digitali come il Synclavier. La sua stessa tecnica chitarristica è di estremo interesse ritmico, con le sue suddivisioni inconsuete, per una ragione squisitamente sperimentale: il fatto di articolare frasi e licks ispirandosi al fraseggio del linguaggio parlato.
    Quando Zappa formava un nuovo gruppo, la scelta cruciale era sempre quella del batterista. Doveva essere in grado di interpretare l’immensa apertura metrico-ritmica della sua musica, oltre a dover assecondare l’estro dello Zappa chitarrista senza costringerlo in schemi troppo vincolanti.
    Zappa spiegava:
    “Preferisco che la sezione ritmica sia cosciente di dove sia la pulsazione-base del tempo e crei delle fondamenta stabili, così che io possa scorrerci sopra. E’ anche difficile far sì che venga lasciato spazio nei punti in cui arrivano le (mie) note veloci. Le sezioni ritmiche hanno sempre la tendenza a copiare: se ascoltano qualcun altro che suona velocemente vogliono farlo anche loro, finché non ne puoi più di sentire cose veloci”.
    (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

    In un momento ‘poetico’, Frank disse: “Il computer non è in grado di trasmettervi il lato emozionale della questione. Può fornirvi la matematica ma non le sopracciglia”.
    Ok, l’ha detto, ma era un perfezionista ed un innovatore tanto che, a metà anni ’80, già parlava della possibilità di sostituire la distribuzione dei dischi con trasferimenti da digitale a digitale via telefono o via cavo TV e di royalty pagate ai compositori direttamente integrate nel software.
    Tornando ai computer, Zappa fu uno dei primi sperimentatori e compositori elettronici: il Synclavier e il computer, nei primi anni ’80, gli permettevano di eliminare l’errore umano delle orchestre.
    Era maniacale: nell’88 fece provare la sua band per 4 mesi, 5 giorni a settimana e 6 ore al giorno.
    “Preferisco utilizzare le apparecchiature elettroniche al posto dei musicisti. Fanno meno errori” disse Frank, in un momento tutt’altro che ‘poetico’.

    “Amo la musica, mi piace suonare, salire sul palco e improvvisare un assolo di chitarra. Salire sul palco e suonare qualcosa che nessuno ha mai sentito prima è la sfida istantanea di andare contro le leggi della fisica e della gravità. Questo mi piace fare. Questo è… sesso, è meglio del sesso. Ti porta in un regno della scienza e non puoi farlo seduto a casa o in uno studio di registrazione. Non mi darebbe la stessa sensazione… Ci sono molti bravi chitarristi ma ti garantisco che io sono l’unica persona a fare quello che sto facendo. Non sono una star della chitarra. Suono composizioni istantanee con la chitarra. Voglio prendere un cambio di accordi o un clima armonico e costruire una composizione sull’impulso del momento che abbia un senso, che vada in un luogo dove nessun altro vuole andare, che dica cose che nessun altro vuole dire, che rappresenta la mia personalità musicale, con un contenuto emotivo da trasmettere al pubblico. Ci sono persone che non sopportano di sentirmi suonare la chitarra perché non ho un ritmo regolare. Tutti vogliono battere il piede: quando impazzisco, perdono continuità, non riescono a contare il tempo, quindi lo rifiutano totalmente. Vogliono quelle cose belle, sicure, dritte e ce ne sono un sacco in giro. Non mi piace suonare dritto, regolare, è innaturale per me. Non mi piace nemmeno ascoltarlo, non è il mio mondo”.
    (Guitar World, marzo 1982)

    Frank Zappa era un compositore che tracciava “puntini neri su fogli di carta bianchi a righe”. Li consegnava ad ogni suo musicista che fosse stato capace di leggerli. Per tutti gli altri, non restavano che mesi e mesi di prove per sopperire alla mancanza di intuizione.

    “Di solito, quando scrivo musica prendo un po’ di carta, inizio a tracciare dei punti e aspetto che qualcuno suoni così. E’ musica da camera rigida. C’è una differenza tra le canzoni e le composizioni: le canzoni sono messe insieme in modo diverso, mentre questi piccoli pezzi che stiamo facendo si basano su un’altra tecnica. Annoto la mia musica per il 50%: l’altro 50% è improvvisato, strutturato con molta attenzione. Gli spettacoli dal vivo sono tutti diversi non solo per l’improvvisazione ma anche per il modo con cui possono essere assemblati gli elementi dello show”. (Frank Zappa)

  • Frank Zappa’s Style 7: doo-wop, clean sound, no-stop music on stage, about punk, electronic music

    Frank Zappa’s Style 7: doo-wop, clean sound, no-stop music on stage, about punk, electronic music

    The Deathless Horsie (Live 1979, Monaco)

    In copertina un’opera di Jim Mahfood

    “Il popolo americano non ha molto da offrire in termini di gusto. Voglio dire, il gusto è qualcosa che viene inflitto al pubblico americano da altre forze esterne. Quindi, se qualcuno ti dice che qualcosa è bello, penserai che sia bello e andrai a comprarlo. Fare un album come Cruising With Ruben & The Jets in quel momento storico, nel ’68, era molto fuori moda. Tutti hanno detto: “Oh, non posso accettarlo, non è bello. Non è acid rock, non è fuzztone, non è psichedelico. Chi ha bisogno di questo?”. Non l’ho fatto solo per essere arbitrario: mi piace quel tipo di musica e volevo avere alcuni esempi di quello stile nel mio catalogo”.
    “E’ molto difficile trovare cantanti che capiscano ancora quella tecnica. Il tipo di cose che Roy Estrada e Ray Collins stavano facendo è un’arte perduta. Potrebbero esserci poche persone al mondo che sappiano fare quel tipo di roba in falsetto. Nessuno dei cantanti più giovani sa come farlo. Devi capire cosa significa far uscire quei suoni dalla tua gola. Non sono solo note basse”.
    (FZ, Pop & Rock, febbraio 1980)

    “Di solito, dico di non usare nessun effetto perché gli effetti sono dannatamente rumorosi. Il problema più grande con il suono è che, quando si utilizza una grande amplificazione, si ha anche una grande amplificazione dei rumori all’interno degli strumenti. Tutti vogliono attaccare un flanger o un Bi-phase o qualcosa del genere sui propri strumenti; quegli effetti sono belli, ma sono rumorosi. Il crepitio, questo rumore non musicale. È irritante”.
    “Preferisco un suono pulito, soprattutto dalle tastiere. La cosa principale che mi infastidisce dei tastieristi è che, dal momento in cui imparano a suonare il sintetizzatore, sono spinti a suonare come se avessero una chitarra. Pensano di suonare come Jimi Hendrix ma non succederà. Fondamentalmente, un sintetizzatore è un piccolo strumento squallido. Come potrebbe avere i meravigliosi toni e le capacità espressive della chitarra elettrica?”.
    “Cerco la definizione, strumenti a linea singola che aggiungono un tocco pulito ai suoni della chitarra. I tastieristi orientati al jazz creano problemi all’orchestrazione. non riescono a capirlo. In concerto, specialmente con strumenti elettrici, il suono è così denso che non hai bisogno di accordi di 12 note sul pianoforte, molto meno su due configurazioni di tastiera. Hai bisogno di linee singole che siano suonate in modo pulito ed escano nel modo giusto”.
    “Tutti vogliono suonare molto in ogni forma di musica, anche i chitarristi. È difficile convincere un chitarrista che poche note faranno il lavoro meglio di un milione di note. Questo è un problema che devo affrontare come compositore e orchestratore. Non appena le luci si accendono e il pubblico applaude un paio di volte, ognuno inizia ad aggiungere le proprie piccole cose. Alla fine di un tour, molte cose suonano come il caos. Questo è uno dei motivi per cui alcune persone perdono il lavoro”.
    “La musica si basa su contrasti tra cose molto semplici e cose molto complicate. Se tutto è sempre complicato, non c’è contrasto e non c’è contatto con il pubblico, non possono gestirlo. Il pubblico non vuole essere sconcertato dalle 32 note che lo circonda costantemente per due ore. Non è divertente da ascoltare”.
    (FZ, Keyboard Magazine, 1980)

    Odeon Hammersmith, 1978
    Nella maggior parte dei concerti, lo spettacolo consisteva in due ore solide di musica durante le quali non ci sono banalità come intervalli o spazi durante i numeri in cui il pubblico può applaudire.
    Zappa ha seguito circa 20 numeri in un blocco continuo di musica. Una sera l’ho visto in 45 minuti di bis.
    La notte seguente si è fermato dopo il primo numero dicendo al pubblico che avrebbe suonato del materiale che forse non gli piaceva perché voleva registrarlo su nastro (usando la Manor Mobile) e che se volevano uscire a bere qualcosa, poco dopo sarebbe iniziato lo spettacolo vero e proprio.
    (muzines.co.uk)

    SUL PUNK
    Frank Zappa ammirava lo spirito insofferente del genere punk, ma ne disprezzava la totale mancanza di tecnica, talento e organizzazione.

    “La maggior parte delle persone impegnate nella musica elettronica usa suoni di tipo spaziale e li attacca tutti insieme. Il mio interesse per gli strumenti elettronici è ottenere esecuzioni accurate di altezze, ritmi e armonia, gli elementi essenziali della musica. Mi piace anche il rumore, come il colore, ma come stile di vita non è esattamente la mia idea di divertimento.
    Dal momento che le mie composizioni sono fatte di altezze, melodia e armonia, scelgo suoni familiari con cui è facile identificarsi dal mondo reale. In questo modo, puoi concentrarti su ciò di cui parla la musica, piuttosto che sulla natura fantascientifica della macchina… Spesso, le persone si dichiarano contro l’uso della tecnologia in una composizione: bene, sono ignoranti, totalmente ignoranti”.
    (FZ, Digital Audio, ottobre/novembre 1984)

  • Frank Zappa’s Style 6: serious & popular music, modified sounds, meganote, rhythmic, chironomy, jam

    Frank Zappa’s Style 6: serious & popular music, modified sounds, meganote, rhythmic, chironomy, jam

    Frank Zappa improvvisa con The Aynsley Dunbar Retaliation, Festival di Amougies, Belgio, 24 ottobre 1969

    In copertina un’opera di Jim Mahfood

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD2JxQHgpyF4C3oHQO5eIcno

    Zappa portò l’interesse di Varèse per gli strumenti elettrici un po’ più in là nel regno della modifica elettronica del suono. Ad esempio, alterava la frequenza dei suoni dei clarinetti per farli suonare come trombe o come nessuno strumento mai sentito prima. (The Chronicle, 20 ottobre 1975)

    La chironomia di Zappa
    https://www.youtube.com/watch?v=kdQT_EP0a0c&t=1124s

    Frank Zappa ha unito la musica colta a quella popolare. Nel mondo di Zappa i confini tra musica colta e popolare sono completamente aboliti nel nome di un’assoluta libertà creativa.

    Zappa è stato il primo musicista a portare un orientamento classico nel mondo rock producendo brani che certamente potrebbero essere considerati rhythm and blues sinfonici.
    Con il suo gruppo, The Mothers of Invention, nell’estate del 1967 Frank Zappa portò una teatralità brutale e spontanea sul palco rock del Garrick Theatre, molto prima che lo facesse chiunque altro.
    Da allora ha ampliato ulteriormente la sua visione nei regni della musica classica, rock, jazz e R&B.
    (In Their Own Words, aprile 1975)

    Quando ha fatto suonare la London Symphony Orchestra, FZ ha messo un microfono sotto la sedia di ogni strumentista e, con tecnologia digitale, li ha registrati praticamente uno per uno. Poi, li ha messi assieme in modo che si sentisse una sola nota. Una meganota, fatta dalla somma delle note che ogni strumento stava suonando. Il tutto è più della somma delle parti. Da quella integrazione, viene fuori la bellezza. Andatela a cercare. (Ferdinando Boero, Rolling Stone dicembre 2013)

    FZ: l’arte dell’improvvisazione
    https://www.youtube.com/watch?v=8xCqTsPPg_o&list=PLNIorVgbZlD1S20usXVU6cpL2iyriHJuz&index=2&t=435s

    “Quando compongo, la mia idea principale spesso parte da varie teorie musicali e mi chiedo cosa succede se faccio questo o quello, quali sono i limiti fisici di ciò che un ascoltatore può comprendere in termini di ritmo. Quanto è grande l’”universo dei dati” che le persone possono assorbire e percepire ancora come una composizione musicale? Questa è la direzione in cui sto andando con il Synclavier”.
    (Sound On Sound, febbraio 1987)

    “Ho iniziato suonando lick blues nei miei assoli, ma sono più interessato alle cose melodiche. Penso che la sfida più grande quando vai a suonare un assolo sia cercare di inventare una melodia al momento. Penso anche che un chitarrista possa suonare bene quanto la band che lo accompagna. Se le persone che ti sostengono sono sensibili a ciò che stai suonando suonerai alla grande; se sono solo ‘schiaccia-note’ allora suonerai in modo banale”.
    “Ho sempre lavorato con musicisti capaci nella sezione ritmica, ma non posso dire se siano sempre stati entusiasti di ciò che stavo suonando, se lo comprendessero bene o se si siano davvero divertiti. Se una persona viene dal mondo jazz suonerà un mucchio di notine, sciami di pentatoniche che, in realtà, non valgono un cazzo. Oppure se vengono dal mondo blues vogliono qualcuno che prenda tre note e faccia squirm-squirm-squirm. È difficile spiegare ai ragazzi appena entrati nella band il mio concetto ritmico: si basa su idee di equilibrio metrico: eventi lunghi e sostenuti contro gruppi con molte note su un battito come numerose sestine, settimine e cose del genere. Diverse volte suonerò tredici note su due quarti e cercherò di distanziare in modo uniforme affinché tutto scorra. Tutto questo è un po’ contrario al rock and roll dove tutto è in binario o ternario, dritto su e giù, in modo da battere costantemente il piede su di esso. Preferisco una sezione consapevole della pulsazione ritmica in grado di creare una base che non si muova, per darmi modo di fluire sopra di essa. È difficile da fare, è difficile convincere le persone a farlo ed è anche difficile convincere i musicisti a lasciare un po’ di spazio per le note veloci. I musicisti della sezione ritmica hanno la tendenza a copiare: se sentono qualcun altro suonare frasi veloci iniziano a suonare frasi veloci anche loro e, alla fine, non si sente più nessuna frase veloce. Scompare il contrasto, quando i musicisti si “copiano” l’un l’altro. Ho sempre avuto un buon rapporto ritmico con Aynsley Dunbar, penso sia davvero bravo con la batteria. Terry Bozzio, il batterista dell’attuale gruppo, è eccellente. Ha la tendenza a dare di matto, ma immagino sia solo perché è di San Francisco”. (FZ, Guitar Player, gennaio 1977)

    Zappa e il ritmo
    https://www.youtube.com/watch?v=8AUdZJIcin8&list=PLNIorVgbZlD1S20usXVU6cpL2iyriHJuz&index=9

  • Frank Zappa’s Style (part 5): tapping, composition, arrangement, cut up and fold in technique

    Frank Zappa’s Style (part 5): tapping, composition, arrangement, cut up and fold in technique

    Inca Roads (Live Helsinki, Finlandia, 22 settembre 1974, dall’album You Can’t Do That On Stage Anymore Vol.2)

    In copertina un’opera di Jim Mahfood

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD2JxQHgpyF4C3oHQO5eIcno

    Steve Vai ricorda come Frank Zappa lo introdusse alla tecnica del tapping, prima che Eddie Van Halen arrivasse con un’epica trasmutazione della chitarra. Ha dichiarato di aver sentito per la prima volta provare questa tecnica su disco con Inca Roads di Zappa.
    “Usava questo plettro e gli sarebbe piaciuto picchiettare sul collo con il plettro. E’ stato un grande assolo, lungo, bellissimo e coinvolgente, registrato dal vivo a Helsinki. Quando ho sentito il tapping, ho detto ‘Va bene’ e ho iniziato a farlo, ma non era raffinato ed era più basato sulla novità”.
    “Suonare con Zappa non era solo una questione di virtuosismo. Mi ha insegnato ad apprezzare le sfumature e ad essere in grado di prendere una direzione. Frank ha costruito la musica con ogni mezzo necessario. Entrava con del materiale scritto e diceva ‘Suona questo!’ oppure prendeva la chitarra e suonava in modo criptico qualcosa… Usava qualsiasi mezzo necessario solo per arrivare al punto e dovevi solo essere pronto”.
    (musicradar.com)

    “Per le mie composizioni adotto un sistema di pesi e misure, equilibri, tensioni e rilasci, simile per molti aspetti all’estetica di Varèse. Le analogie sono più comprensibili se paragoniamo gli stili ad un oggetto mobile di Calder: una roba come-diavolo-la-volete-chiamare, variopinta a penzoloni nel vuoto con grosse gocce di metallo collegate a pezzi di filo elettrico, ingegnosamente in equilibrio con piccoli chicchi di metallo infossati dall’altra parte. Varèse conosceva Calder ed era affascinato dalle sue creazioni. Nel mio caso, quindi, dichiaro che una massa consistente di qualsiasi materiale ne bilancerà una più piccola e densa di qualsiasi materiale, secondo la lunghezza dell’oggetto sul quale oscilla e del punto d’equilibrio scelto per facilitare questa oscillazione”. (Frank Zappa).
    Questo estratto della biografia è così interessante che vale la pena riportarlo per intero. Il paragone della composizione con una macchina, le cui componenti sono in equilibrio grazie a un ingegnoso artificio rivela molto della tecnica compositiva Zappiana. Interessante anche il fatto che la macchina in questione è completamente inutile: Calder le considerava sculture, opere d’arte. Un equilibrio del quale bisogna godere per il semplice fatto che c’è ed è appeso al vuoto.
    Zappa aveva un grande talento nel costruire intricate progressioni melodiche scopertamente dissonanti (Little Umbrellas, Strictly Genteel) e creare unità ritmico-melodiche solide solo per scuoterle, deformarle, farle collassare (The Grand Wazoo).
    La cura nell’arrangiamento è maniacale, i brani cercano sempre di superarsi in continui guizzi e artifici; insomma, una musica che nella sua godibilità e apparente leggerezza, è estremamente complicata. Ma non basta: una volta che abbiamo la nostra composizione, ben pesata e bilanciata nelle sue parti, viene il processo che Frank chiama “mettere le sopracciglia”: in sostanza, dare una caratterizzazione al pezzo, fare sì che esprima un atteggiamento, una direzione emotiva ben precisa.
    Per dare caratterizzazione al pezzo, Zappa dispiega tutti i suoi strumenti: i “moduli”, una scelta maniacale di timbri, strumenti e onomatopee presi dalla “grande enciclopedia dei suoni”; in studio, tecniche di registrazione e montaggio innovative e ingegnose; in sala prove, riflessioni su uno spunto, una qualunque direzione possibile, a volte anche solo un errore, per esplorare tutte le possibili strade da percorrere per dare un senso a una melodia (“Ogni stecca ripetuta due volta è l’inizio di un arrangiamento”).
    (Filippo Marani Tassinari)

    È probabile che derivi dalla tecnica del cut up e del fold in impiegata da William Burroughs, romanziere apprezzato da Zappa, l’inserimento nei testi delle canzoni di dialoghi registrati in precedenza, come in Bit of Nostalgia, Very Distraughtening, White Ugliness e Just One More Time (Lumpy Gravy) o Willie the Pimp (Hot Rats). (dalla rivista Parole rubate. Fascicolo 24, dicembre 2021)

    “Per me, l’arte della composizione è l’arte di mettere insieme qualunque cosa. L’imballaggio è in certa misura l’estensione dell’opera stessa. Se la persona che si porta a casa uno dei nostri prodotti ha abbastanza senso della prospettiva da mettersi a sedere ed osservare l’intero imballaggio, beh, penso che scoprirebbe alcune idee inusuali piuttosto carine”.
    La tecnica di Zappa è sempre stata quella di prendere i cliché propri del grande spettacolo musicale affaristico, dell’Highschool, che è stato il filone musicale della fine anni ’50 legato alle scuole superiori, sdolcinato ed esaltante i valori piccolo borghesi, di collegarli con brevi motivi declamatori di propria composizione e di fondere l’intera faccenda in un quadro satirico, surreale da incubo americano.
    (Popster, aprile 1978)

  • Frank Zappa’s Style (part 4): guitar technique, audio editing, chord, Bulgarian bagpipe technique

    Frank Zappa’s Style (part 4): guitar technique, audio editing, chord, Bulgarian bagpipe technique

    Lumpy Gravy (Extract) – Improvisation (Live al Royce Hall, 18 settembre 1975)
    I Don’t Know If I Can Go Through This Again (dall’album Lumpy Gravy)

    In copertina un’opera di Jim Mahfood

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD2JxQHgpyF4C3oHQO5eIcno

    La tua tecnica chitarristica è abbastanza ortodossa o hai delle idiosincrasie particolari?
    “Ho imparato a suonare nel modo in cui era comodo per la mia mano. Le mie dita sono praticamente a doppia giuntura, si piegano in posizioni strane”.

    Qual è l’aspetto più distintivo del tuo modo di suonare la chitarra?
    “La tecnica della mano sinistra perché probabilmente digito cinque note per tutte le note che scelgo”.

    Quando fai un assolo, pensi in termini di pattern visivi sulla tastiera o pensi ad ogni nota che stai suonando?
    “No, non penso ad ogni nota che sto suonando; in effetti, non penso affatto alle note. Penso alle possibilità”.

    Lavori mai fuori scala?
    “Non penso alle scale e non penso agli accordi. Per esperienza, sai che se c’è un certo clima armonico in corso, un certo tipo di evento audio rispetto a quel clima genererà un terzo evento. Questo è ciò che faccio”.

    Quindi lavori ancora con posizioni blues, scale pentatoniche, ecc?
    “Sì. Tutto quello che devo fare è riarmonizzare la linea”.

    Componi anche al pianoforte?
    “Sì e anche solo sulla carta. Scrivo schizzi”.

    Componi la maggior parte della tua musica di notte, vero?
    “Sì, mi piace lavorare di notte perché il suono è diverso rispetto al giorno. Per me, suona meglio. Di giorno, l’aria è agitata da tutta la luce del sole ed ogni cosa è in uno stato generale di agitazione”.
    (FZ, M.I., novembre 1979)

    “Ci sono alcune cose che vorrei chiarire sulla mia tecnica di montaggio. La tecnica di montaggio è un’estensione della composizione: mi dà la possibilità di esercitare un controllo ancora maggiore sul materiale musicale, dall’inizio alla fine. Dopo aver scritto e fatto eseguire un pezzo, posso mixarlo, migliorarlo o addirittura alterarlo radicalmente dai bilanciamenti di volume dei diversi strumenti. Quindi, dopo averlo inserito su un pezzo di nastro da un quarto di pollice, posso esaminarlo, tagliarlo in vari pezzi, integrarlo con materiale non musicale o materiale non prodotto con strumenti musicali e includere quel materiale che da solo sarebbe considerato come rumore o cazzate ambientali nella struttura musicale, e usarlo come contrappunto ritmico o come materiale musicale reale come è stato fatto in “Lumpy Gravy”. Con quella tecnica di montaggio è come eliminare tutti gli errori. Mi ci è voluto molto tempo per imparare ad usare l’apparecchiatura. Di recente, ho acquistato una macchina che mi permetterà di fare quel lavoro a casa: a volte, lavoro dieci o undici ore di fila seduto davanti a quella macchina a tagliare il nastro. Mi piace davvero farlo”.
    (Frank Zappa, The International Times, 29 agosto 1969)

    Vorrei chiederti una tecnica specifica che sembra essere un ‘motivo Zappa’ in molte delle tue registrazioni: la tecnica della ‘cornamusa bulgara’.
    “Intendi con il plettro alle corde? Con la mano sinistra batti le note e con la mano destra batti le note anche con un plettro. Invece di pizzicare la corda che stai premendo, la colpisci e poi la premi contro il tasto in modo da azionarla e determinarne anche l’altezza: puoi muoverti avanti e indietro molto velocemente in quel modo solo puntandolo in basso verso la corda. Puoi ascoltarlo su “Gee I Like Your Pants” e “Variations On The Carlos Santana Secret Chord Progression”. In realtà, l’ho imparato dal batterista Jim Gordon, che l’ha appreso da un altro chitarrista. Me lo mostrò nel 1972. Fu allora che vidi per la prima volta qualcuno farlo: la prima volta l’ho usato in concerto a Vienna nel ‘72 o ‘73. Ho deciso che l’avrei provato e, da quel momento, l’ho fatto”.
    (Down Beat, febbraio 1983)

    https://www.youtube.com/watch?v=eNfxhZY6t-8

    I vari compositori che hanno influenzato le tue composizioni hanno avuto qualche effetto sul tuo stile di chitarra?
    “Mi piace l’idea di Stravinsky di ‘economia dei mezzi’: uso poche note e cambio il ritmo. Volendo spiegarlo in termini puramente scientifici, hai un accordo che ti dice dove si trova il tuo clima armonico, dove si sta svolgendo l’evento. L’accordo è come l’inquadratura fondamentale in un film, dove si vede l’esterno dell’edificio o il vicolo con i bidoni della spazzatura. Ti dice dove sta succedendo, dove ha luogo l’azione. Quindi hai un accordo e tre note che forniscono determinati tipi di attività emotiva rispetto all’accordo. Quell’attività emotiva viene ridefinita ogni volta che modifichi l’ordine delle note e lo spazio tra le note. Ogni volta che modifichi la posizione della nota, ha un impatto diverso”.

    Pensi che un’eccessiva amplificazione possa essere esagerata?
    “No, penso sia necessario: se hai tutta quella potenza, non devi far funzionare lo strumento a tutto volume, il che ti dà più spazio per pensare ed ottieni un suono più pulito”.
    (Down Beat, 18 maggio 1978)