
“Frank aveva una visione globale della sua produzione, il disco usciva fuori da solo. Lui prendeva le registrazioni dei tour anche degli anni precedenti, le montava, mischiava lo stesso brano suonato in due o tre tour diversi, prendeva la batteria di Terry Bozzio, il basso di qualcun altro, la chitarra… e faceva i missaggi. Non eri in grado di comprendere cosa stesse facendo, a meno che non riconoscessi il ritmo della canzone. Lui mischiava tutto. E non sapevi mai dove andava a finire. Quando registrava con la band, poi, non sapevi dove finiva. ‘Tengo una minchia tanta’ è finita sul remake di un disco che aveva fatto. Era tutto nella sua mente. Lui suonava e registrava, continuamente. Chiamava il tecnico, andava allo studio e si metteva a suonare un assolo. Però poi quell’assolo tu non sapevi dove andava a metterlo, su quale brano. Era totalmente assorbito dalla sua musica. In albergo l’unica cosa che aveva, a parte qualche groupie che ogni tanto gli capitava, era un gigantesco spartito sul quale lui, in qualsiasi momento, scriveva. Frank trasformava qualsiasi rumore in note. Durante le tournée ci divertivamo con Smothers [la guardia del corpo di FZ, ndr] perché nelle conferenze stampa dopo un po’ si annoiava, noi lo capivamo perché quando si annoiava cominciava a battere il piede destro, stava con le gambe accavallate. Ma il piede destro non gli ballava a caso, lo faceva suonare e andava al ritmo musicale delle domande che gli facevano. Quando vedevamo questo, dicevamo “È finita… ora troverà il modo di staccare”. Ma quella cosa che lui suonava poi se la ricordava, hai capito la genialità di Frank quale era? Praticamente, lui prendeva dall’ambiente un ritmo musicale, delle note, che poi puntualmente diventavano una canzone.
(dall’intervista a Massimo Bassoli di Salvo Cuccia, Ciao 2001 marzo/aprile 2025)