Edgard Varèse – Nocturnal
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L’idolo di Frank Zappa, il compositore d’avanguardia francese Edgard Varèse, fu costretto a smettere di comporre per 25 anni perché l’establishment musicale di New York gli stava dando filo da torcere. Frank Zappa, nonostante la disputa con la sua casa discografica Warner Brothers, non ha nessuna intenzione di fermarsi.
“Mi piace fare musica, provo gioia nel sentire ciò che scrivo. Non credo che Varèse abbia fatto la cosa giusta. Non ho mai incontrato quell’uomo, ma tutto quello che ho letto su di lui mi ha fatto credere che avesse una personalità molto forte e individualista. Non avrebbe dovuto farlo. In 25 anni avrebbe potuto comporre molto: il suo catalogo non è così ampio, vorrei ce ne fosse di più. Mi dispiace che l’America abbia imposto quella situazione a un uomo come Varèse”.
Una differenza importante tra Zappa e il suo idolo, tuttavia, è che Frank ha accesso ai mass media per la sua musica, Varèse no”.
(Melody Maker, 28 gennaio 1978)
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La famosa frase di Edgard Varèse “Il compositore in America si rifiuta di morire!” è stampata sulla copertina di ogni album di Zappa, ma Zappa era molto legato anche ad un’altra frase di Varèse:
“I futuri compositori di musica sinfonica consulteranno lo scienziato nel loro laboratorio invece del liutaio nella loro soffitta”.
I MOI costituivano la prima band di jazz elettrico. Ciò non significa, tuttavia, che Zappa utilizzi un tempo costante o uno schema ritmico come fa la maggior parte del jazz. È incline, come Miles Davis, a spezzare i passaggi oscillanti dopo un po’, spostare il tempo, utilizzare accelerazioni e rallentamenti e cambiare tutto in termini di schema e ritmo.
(Datebook, 8 dicembre 1968)
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Il primo doppio album di debutto di Frank Zappa, “Freak Out”, includeva un intero lato, “Return of the Son of the Monster Magnet”, che era un omaggio a Edgar Varese.
(The Washington Post, 7 dicembre 1993)
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Un tratto in comune tra Zappa e Varèse è la convinzione espressa da quest’ultimo che la musica debba sempre essere “sintesi d’intelligenza e volontà” conservando un’idea forte di composizione.
(Ciao 2001, 3 luglio 1990)
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“Ogni volta che qualcuno veniva a casa mia doveva ascoltare Varèse. Ero convinto che quella fosse la prova definitiva della loro intelligenza, per loro invece era la prova di come io fossi completamente fuso”.
(Frank Zappa)
(Suono, novembre 2012)
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Qual è stato il primo disco che hai posseduto?
“Il primo in assoluto è stato l’album di Edgard Varèse, EMS 401 – The Complete Works Of Edgard Varèse”.
Non un disco di R&B 45?
“No, il primo disco R&B che ho posseduto è stato “I” dei Velvets, dell’etichetta Red Robin”.
Ascoltavi rhythm and blues e musica classica più o meno nello stesso periodo. Le consideravi due attività completamente diverse?
“Facevo ascoltare Varèse ai ragazzi della band e chiedevo: “Se potessimo fare solo un po’ di questo, non sbalordirebbe le vostre menti?” e loro rispondevano: “Sei fottutamente pazzo!”. Lo odiavano. No, per me non c’era differenza, perché quello che sentivo nel rhythm and blues trascendeva quello che esprimevano le note e il tema della performance. Sentivo la stessa cosa con Varèse. C’era qualcosa nella musica che era a parte, al di sopra e al di là dei punti reali scritti sulla pagina. Era l’atteggiamento. Per me, era come se la linea melodica di Octandre fosse nella stessa vena dell’assolo di chitarra di Johnny Guitar Watson in “Three Hours Past Midnight”. Entrambi avevano un atteggiamento aggressivo”.
(M.I., novembre 1979)
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La natura ritmicamente complessa di molte delle melodie di Zappa deriva dal fatto che la batteria era il suo primo strumento e dal suo amore per la musica di Edgar Varése. Ci sono alcuni intervalli melodici e tecniche di orchestrazione che Frank ha assorbito dall’ascolto di Varése, e questo è decisamente evidente in termini di uso delle percussioni. Il lavoro orchestrale di Frank è fortemente percussivo”.
(Guitar World, febbraio 1999)
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Zappa portò l’interesse di Varèse per gli strumenti elettrici un po’ più in là nel regno della modifica elettronica del suono. Ad esempio, alterava la frequenza dei suoni dei clarinetti per farli suonare come trombe o come nessuno strumento mai sentito prima.
(The Chronicle, 20 ottobre 1975)
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