Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Frank Zappa & Edgard Varèse – Sesta parte

Edgard Varèse – Étude pour « espace » (1947) registrazione amatoriale
Edgard Varèse – Étude pour Espace, orchestrata e arrangiata da Chou Wen-Chung nel 2009 (BBC Symphony Orchestra diretta da Sakari Oramo – Barbican Hall, Londra, 6/5/2017)

https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD2rw9x08v1t7g9WU04CBQ0q

“Non posso dare nessuna analisi strutturale né fare alcuna supposizione accademica su come funziona la musica di Edgard Varèse. Né posso spiegare perché a me sembra così bella”. (Frank Zappa).

Lumpy Gravy: l’amore per Varèse si fa coscienza musicale. Non solo per l’uso di un tempo spezzato, di un ritmo puntillistico. Non solo per l’inserimento intelligente della dissonanza o per l’impasto suggestivo di legni-ottoni-percussioni o per l’amore tutto contemporaneo per i limiti bassi e alti dell’estensione degli strumenti. Più propriamente, invece, per una caratteristica a cui si è fatto sempre, forse, poco caso. Parlo dell’unità strettissima di orizzontale e verticale.
Ogni musica generalmente leggera (che nasce fuori dalle accademie) ha sempre utilizzato il sistema di fabbricare una melodia da armonizzare in seguito. Non sfuggono a questa tecnica “smembrante” del fatto musicale neanche gli artisti rock. In Zappa melodia, armonia, strumentazione, ritmo e i testi stessi, costituiscono un unicum: pensati nella loro totalità, come un fatto musicale perfettamente e dialetticamente strutturato.

A una domanda sulla musica contemporanea Zappa, durante l’intervista, ci ha risposto:
Zappa: “Cosa intendi per musica contemporanea? Musica sgradevole? Musica che non piace a nessuno?”.
Muzak: No, per nulla. Intendo una musica buona, ben costruita, solida e nello stesso tempo capace di attaccare in qualche modo il perbenismo musicale e la cultura dominante.
Zappa: “A me piace una musica complessa e ritmicamente sostenuta”.

Attraverso le geniali tappe che si chiamano Uncle Meat, Hot Rats, Chunga’s Revenge, Fillmore East, il “modernismo” di Zappa si stempera e si completa nella nascente e vincente musica rock. Da una parte, si fa più incisivo e stabile il ritmo, dall’altra, vediamo le dissonanze, gli impasti vocali, il gioco delle percussioni e degli ottoni amalgamarsi saldamente e irreversibilmente con un discorso logico ed espressivo, non solo musicale. Nella musica di Zappa entra il Varèse di Ionisation o Density, ma anche Bartòk, Debussy, Ravel. C’è la presa in giro della magniloquenza tardo romantica e delle facili canzonette anni Quaranta. Zappa non si preoccupa solo del discorso musicale, il suo è anche un discorso più ampio, almeno fino a 200 Motels. E forse compreso 200 Motels (a proposito: nel bootleg di 200 Motels suonato dall’orchestra Filarmonica di Los Angeles diretta da Zubin Mehta, c’è un’atmosfera che ricorda molto Arcana di Varèse). E’ un discorso di provocazione e di derisione nei confronti di una cultura che è talmente piena di sé da essere completamente vuota.

1931: Varèse al culmine della carriera scrive Ionisation. E’ un colpo alla musica. Un colpo alle origini. In Varèse c’è il senso pieno, completo, la consapevolezza francese (positivista) e la carica vitale americana (pragmatista). C’è, soprattutto, una teoria che suona come un monito alla rivoluzione sonora di quegli anni: ciò che suona è musica, ciò che è musica deve innanzitutto suonare ma deve anche comunicare, non nel senso di esprimere concetti, ma nel senso di aprire nuovi orizzonti, di trasmettere nuove consapevolezze.
Varèse si concentra sul rumore come simbolo musicale di una società che ha sostituito alla letteratura lo slogan, alla pittura l’immagine pubblicitaria, al tempo libero la mistificante e ossessiva azione dei mass-media, alla politica la persuasione occulta, al benessere l’alienazione per molti e la ricchezza sproporzionata per pochi. Il rumore, l’accozzaglia ordinata a fini musicali del suono indeterminato, la rivalutazione totale degli ottoni e delle percussioni. Le sirene, simbolo della città rumorosa, già in quegli anni inquinata acusticamente. Con i “cluster” di pianoforte (grappoli di note consecutive da suonarsi con tutto l’avambraccio) Varèse punta un dito accusatore contro l’incosciente Ottocento romantico che, mentre procedeva alla ristrutturazione capitalista e al naturale sfogo imperialista, si permetteva di sbavare insulse melodie sul pianoforte. Varèse è l’unico che, oltre il “primitivismo” di Ives, butti a mare con un colpo solo il razionalismo della vecchia Europa adorniana per ironizzare sulla nuova America roosveltiana, su quell’America che promette e non mantiene; giovane figlia viziata che ha già moltiplicato tutti i difetti di mamma Europa.
Come Varèse, Zappa sputa, rutta, vomita sugli ascoltatori da conservatorio, sulla musicaccia e sulla musica presuntuosa e muta.

(estratto dall’articolo “Frank Zappa – Edgard Varèse: le affinità elettive” di Giaime Pintor, Muzak, novembre 1973)

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