Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Frank Zappa, The Black Page #1 & #2: improvisation mother of the composition?

The Black Page #1 (dall’album Lather, 1996)
The Black Page #2 (dall’album You Can’t Do That On Stage Anymore, Vol. 5, 1992)
The Black Page #2 (Live Palladium, New York, 1981)
The Black Page #2 (Live Zappa Plays Zappa con Steve Vai e Terry Bozzio, 2006)
The Black Page (versione inedita 1981-82)

The Black Page è come un gioco di specchi: musica scritta che, mentre simula l’improvvisazione, svela invece la sua natura di testo scritto. L’ascolto di The Black Page è un’esperienza che ha a che fare con l’impossibilità, una sensazione analoga a quella che suscitano certi momenti virtuosistici della musica indiana, quando due maestri improvvisano all’unisono sulle forme del raga e del tala o quando il percussionista, con assoluta precisione, scandisce a voce la sequenza dei colpi che poi eseguirà sui tablas.
In The Black Page logica compositiva e logica improvvisativa alludono l’una all’altra in modo virtuale, simulato. Ma è una simulazione che rimanda a uno dei metodi compositivi forse più originali e suggestivi di Zappa, vale a dire l’utilizzare le registrazioni di brani improvvisati particolarmente riusciti come piattaforma su cui costruire una composizione. E’ difficile stabilire se e fino a che punto la scrittura di The Black Page sia eventualmente debitrice di qualche improvvisazione precedentemente registrata. Se così fosse la cosa non stupirebbe più di tanto. Ugualmente difficile è stabilire in che misura Zappa abbia fatto ricorso a questa tecnica compositiva e in quali brani essa abbia trovato applicazione. Secondo la testimonianza di David Ocker e anche secondo quanto afferma Ben Watson, “la dialettica di improvvisazione/trascrizione dal nastro/composizione è sempre stata uno dei metodi di Zappa”. Tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, alcuni degli assoli trascritti da Steve Vai, ritrascritti a loro volta per altri strumenti, e la stessa Black Page divennero materiali d’uso corrente su cui si esercitavano i componenti della band oppure vennero rielaborati in ulteriori composizioni. “Tutti all’epoca – ricorda Ocker – suonavano The Black Page e circolavano anche altri lavori del genere”. Sinister Footwear III, While You Were Art, Manx Need Women sono solo alcuni dei brani dove si rielabora un materiale nato dall’improvvisazione. Queste pagine ci documentano un rifiuto testimoniando l’incompatibilità del segno scritto con una materia la cui natura estemporanea e istintiva non accetta di farsi decifrare e misurare con uno strumento limitato quale è la scrittura musicale. Viene a galla quanto insegnano gli studiosi della comunicazione ovvero il fatto che la nostra epoca – l’epoca in cui il compositore rischia l’estinzione – ci mette di fronte al profondo gap esistente tra cultura del segno scritto e cultura dell’oralità. E’ in questa interzona che abita e lavora Frank Zappa ricercando i modi attraverso cui questi due universi possono interagire fra loro sul terreno musicale.
Come partitura il Guitar Book è un fallimento o meglio l’emblema di una cultura musicale che annaspa impotente a dar conto di una realtà sonora altra, che sfugge alla sua capacità di lettura e di comprensione. In questa veste cartacea, Zappa sembra godere nel mettere in corto circuito le due polarità.
(estratto dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

The Black Page” è stato scritto prima come un assolo di batteria, poi Frank ha usato quei ritmi per scrivere una melodia.
(Guitar World, febbraio 1999)

“The Black Page” di Frank Zappa è considerata la composizione più difficile per batteria e percussioni.
Presenta ritmi più che complessi ed è rigida: segna esattamente quali pelli o piatti colpire non lasciando alcuna scelta al batterista.
The Black Page include gruppi irregolari da brividi, spesso l’uno dopo l’altro (addirittura troviamo “undicimine” ovvero 11 note nella durata di un battito). Molti di questi gruppi irregolari si trovano all’interno di altri gruppi irregolari. Il termine inglese per definire questi gruppi è “nested tuplets”.
La composizione prevede di dividere una battuta da quattro quarti in tre parti uguali, poi di prendere un terzo di battuta e di suddividerlo in cinque parti uguali.
All’interno di questa composizione si trovano tutti i ritmi più difficili della musica occidentale: chi riesce a suonarla è un vero e proprio maestro del ritmo.
Due maestri? Vinnie Colaiuta e Terry Bozzio.

La “Pagina Nera” allude alla trascrizione su pentagramma della composizione: l’obiettivo di Frank Zappa era quello di tendere ad una complessità tale da riempire di nero (senza, del resto, riuscirci) l’intero spazio della scrittura.

Nell’album dal vivo Zappa in New York, Zappa parla di “statistical density” (densità statistica) del brano The Black Page. Zappa intendeva descrivere la sua complessità ritmica con uso estensivo di gruppi irregolari molto elaborati, il tutto però incluso in una cornice “regolare” di un metro in 4/4.

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