Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Frank Zappa & the Twentieth Century: maximum expression of ‘total music’

Dupree’s Paradise (Live Edinboro, PA – 8 maggio 1974)
Mo’s Vacation (registrata all’UMRK, 1982) con Chad Wackerman (batteria/percussioni), David Ocker (clarinetto) e John Steinmetz (fagotto)

Rispetto ai secoli precedenti, il Novecento è caratterizzato dalla molteplicità, varietà, pluralità musicale a livello tanto esteriore quanto interiore. Nessun secolo ha mai avuto tanti grandi nomi come il Novecento. La lista è davvero lunga, basterà citare i più grandi: Bartòk, Berg, Boulez, Busoni, Cage, Carter, Debussy, Donatoni, Dukas, Gaslini, Gershwin, Gorecki, Honegger, Ives, Kagel, Ligeti, Mahler, Malipiero, Messiaen, Nancarrow, Orff, Penderecki, Petrassi, Pousseur, Ravel, Riley, Satie, Schoenberg, Stockhausen, Strauss, Stravinsky, Takemitsu, Varèse, Webern, Xenakis. Il Novecento è il secolo dell’esplosione musicale, tra neo-classici, avanguardie, post-avanguardie, post-folclorici, autoctoni. E’ il secolo dell’abbondanza qualitativa, della varietà sonora, evoluta e complessa. Molti compositori hanno attraversato più fasi creative diverse tra loro per approccio e stile. La varietà stilistica spingeva certi autori a variare timbrica, melodia, ritmica, armonia anche di singoli brani. Ad esempio, Elliott Carter è passato dal neo-classicismo all’avanguardismo, mentre Stravinsky dopo un’iniziale fase fauve, è passato alla neo-classica e alla musica dodecafonica.
Nel secolo del molteplice, Frank Zappa può essere definito la massima espressione del Novecento e della ‘musica totale’. La musica totale può essere intesa sia nella tendenza ad approcciare i più disparati generi musicali moderni, sia nella ricerca di una sintesi superiore tra diversi generi e radici. Compositore dichiaratamente anti-accademico, Zappa si è mosso musicalmente nei più svariati contesti. Prima ancora di iniziare ad impegnarsi in prima persona nel mondo della musica, aveva giù programmato la propria opera (Project/Object) con anni di anticipo e tanta lungimiranza. Oltretutto, l’opera di Zappa non presenta una suddivisione netta tra vari generi ma un mix avendo sempre presente i diversi approcci. Tanto che di uno stesso brano esistono diverse versioni (rock, jazz, reggae, orchestrali, ecc.).
Ad esempio di Dupree’s Paradise troviamo versioni jazz e la versione sinfonica diretta da Boulez (1984). Moe’s ‘N Herb Vacation, brano sinfonico, introduce l’album rock Joe’s Garage. E, ancora, mentre si esibisce in Bogus Pomp, Zappa fa un’autocitazione di Who Needs The Peace Corps (brano tratto dall’album We’re Only In It For The Money). Si potrebbero fare tantissimi esempi, in questo senso. Zappa cita e autocita, utilizza il riciclo dei più diversi materiali.
La singolarità di Zappa nel saper coniugare complessità e gradevolezza melodica si rinviene anche in Echidna’s Art (Of You) e Don’t You Ever Wash That Thing (sequel da Roxy and Elsewhere, 1974), ma soprattutto in uno dei suoi hit top: Black Page. Eseguito in svariatissime versioni, nasce come “drum solo” (si veda Zappa in New York, 1977), del quale è evidente la derivazione, almeno superficialmente, da Ionisation di Varèse. Un brano infatti che va oltre per poliritmia, per quantità di tuplets e sotto-tuplets. In un tale contesto Zappa riesce a scrivere su questo ritmo intricato una gradevolissima melodia, la cui linea viene condotta principalmente dai mallet instruments, che poi riveste in vari modi, dalla disco al Mingus style al reggae, dallo ska (o era polka?) all’”ambient”, e così via, mettendo a dura prova i suoi bravissimi fidi partners, in particolare l’ottimo Ed Mann.
(estratto dall’articolo “Frank Zappa, musicista del molteplice” di Fabio Massimo Nicosia)

Zappa è un lavoro duro. Genio iconoclasta e absolutely free è sicuramente uno dei protagonisti della musica del Novecento. Un eroe americano come Ives, Gershwin, Monk, Cage e qualcun altro. I suoi studi musicali dal punto di vista accademico si riducono a ben poca cosa ma, pur vivendo nella periferia americana, fin da giovane è attratto dall’intensità che sprigiona dalle pagine di Edgar Varèse, il compositore che ha definitivamente riconsiderato il timbro come parametro essenziale della composizione.
(Marco Dalpane, pianista e compositore)

Nel 1989, in un programma radiofonico chiamato “Castaway’s Choise”, Zappa ha nominato 10 dischi che avrebbe portato con sé su un’isola deserta. Eccoli:
1. Octandre – Edgard Varèse
2. The Royal March from L’Histoire du Soldat – Igor Stravinsky
3. The Rite of Spring – Igor Stravinsky
4. Third Piano Concerto, First Movement – Béla Bartok
5. Stolen Moments – Oliver Nelson
6. Three Hours Past Midnight – Johnny Guitar Watson
7. Can I Come Over Tonight – The Velours
8. Bagatelles for String Quartet – Anton Webern
9. The Anton Webern Symphony, Opus 21 – Anton Webern
10. Piano Concerto in G – Maurice Ravel
(Monster, maggio 2002)

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