Live At The Roxy, Hollywood/1973 – voce Napoleon Murphy Brock
Live In Chicago, 10/31/1973 (Halloween), Show 1 – voce George Duke
Live In Chicago, 1978
Poughkeepsie (Smokin’, 2018)
Village of the Sun ci catapulta negli anni dell’adolescenza di Frank Zappa, a Lancaster (California). La zona era piena di allevamenti di tacchini ed è ancora soggetta a violente tempeste di sabbia.
La piccola cittadina di Sun Village (quasi interamente nera e latina) fu in gran parte rasa al suolo durante le rivolte razziali alla fine degli anni ’60 e i primi anni ’70. Qui Zappa e alcuni amici formarono un gruppo chiamato The Black-Outs che suonava in un posto chiamato The Village Inn & Barbecue su Palmdale Boulevard. C’era sempre una folla di ubriachi che ballavano barcollando, menzionati nella canzone.
“Torno a casa, al Villaggio del Sole, dietro Palmdale, dove corrono gli allevatori di tacchini – ho deciso”.
“Ti toglie la vernice dalla macchina e ti distrugge anche il parabrezza. Non so come faccia la gente a sopportarlo… Sono ancora tutti lì, nel Villaggio del Sole, anche Johnny Franklin, la piccola Mary e Teddy…e anche Thelma. Village Inn ho sentito dire che non c’è più, spero non sia vero…
Dove andranno gli ubriachi? A guardare le luci diventare blu?”
(estratto dal testo della canzone)
Il testo di “Village Of The Sun”, per i miei standard – lo ammetto, mi sembra sentimentale e non ce ne sono molti nel mio catalogo. Vale la pena approfondire alcuni riferimenti. ,,
Si poteva sempre capire se un tizio era un “topo del deserto” dal parabrezza della sua auto. Il vento era un
fattore costante, trasportava microscopiche particelle di sabbia capaci di bucare un parabrezza fino a non riuscire più a vedere fuori, riducendo contemporaneamente la migliore verniciatura personalizzata a spazzatura in un lasso di tempo incredibilmente breve…
Quando ero al liceo a Lancaster, ho formato la mia prima band: i Black-Outs. Era l’unica band R&B in tutto il deserto del Mojave a quel tempo. Tre dei ragazzi (Johnny Franklin, Carter Franklin e Wayne Lyles) erano neri, i fratelli Salazr erano messicani e Terry Wimberly rappresentava gli altri individui oppressi della terra.
(da The Real Frank Zappa Book, autobiografia)
(Bob, il fratello di Frank, durante una conferenza al 13° Zappanale (2002) rivelò che Thelma si riferisce alla madre di Johnny Franklin).
“Ho sentito dire che il Village Inn fu distrutto da un incendio durante un “incidente razziale” nei primi anni ’70 e che la gente del quartiere aveva preso l’abitudine di spararsi a vicenda. Quando lavoravo lì era un bel posticino. Tra un set e l’altro accendevano il jukebox e un tizio chiamato The Stumbler ci andava e ballava. Alla fine, tutti ondeggiavano e si prostravano davanti a lui. Una sera, ho deciso di parlargli. Pensavo fosse una specie di barbone spaziale. Non lo era, era un bravo ragazzo. Ubriaco, certo, ma non fuori di testa, solo felice. Mi ha invitato ad andare a casa sua. Dopo il concerto, lo seguii nel deserto per qualche miglio, fino ad un piccolo allevamento di tacchini. C’era una specie di casa fatta a mano con gradini in blocchi di cemento. Nonostante l’esterno trasandato, il soggiorno era piacevole, con mobili nuovi e uno stereo Magnavox molto grande e nuovo di zecca. A quanto pare aveva ascoltato qualche disco prima della sua scorribanda serale davanti al jukebox. L’album sul giradischi era la Suite dell’Uccello di Fuoco di Stravinsky.
(da The Real Frank Zappa Book, autobiografia)
Village of the Sun, in soli 3 minuti e 24 secondi, può essere un viaggio potente e illimitatamente rivelatore. L’ho amato fin dal primo giorno e col passare degli anni l’apprezzo sempre più intimamente.
E’ un capolavoro. Non saprò mai cosa John e Nellie Wilson conoscessero a proposito della canzone e del suo vero significato. Mi attrae il suo tema universale e l’immagine elegiaca del ritorno a casa di Frank (come me lo immagino io). A volte mi ritrovo in pellegrinaggio verso quel luogo interiore agrodolce e quasi insopportabilmente triste e bello.
(Ruth Underwood)