Frank Zappa sceglieva solo i musicisti più dotati cercando strumentisti colti che sapessero leggere la musica ma anche capaci di improvvisare. Non era facile perché le due cose, sosteneva lui, sono spesso all’antitesi. (Suono, novembre 2012)
Il tipico vezzo zappiano consiste nello scrivere qualcosa di molto semplicistico per attaccarlo contro qualcosa di tecnicamente difficile e viceversa. (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)
Nell’agosto del 1972, Zappa formò la Grand Wazoo Orchestra con alla batteria Jim Gordon. Gordon gli mostrò la tecnica chitarristica detta hammering, che consiste nel far vibrare le corde percussivamente, agendo col plettro direttamente sul manico dello strumento. (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)
“Devi amare moltissimo il re minore (D minor) per suonare nella nostra band” (Ian Underwood, Sounds, 5 dicembre 1970)
Zappa ha spesso affrontato il suo lavoro come un unico grande progetto, a cui sono collegati i singoli album tra loro attraverso una continuità concettuale. C’è una verità fondamentale in questo per tre ragioni principali.
1) L’atteggiamento verso la sua musica non è mai cambiato. Poteva integrare tutti gli elementi di stile nella sua produzione, qualunque cosa gli sembrasse carino per qualsiasi motivo. Lo fece in modo “Absolutely free” nel 1967 e lo fece ancora con “Civilization Phaze III” nel 1993.
2) Non si è mai allontanato dai lavori precedenti, più avanti nella sua carriera. C’è un alto grado di coerenza nella sua produzione musicale e nel repertorio che ha suonato dal vivo.
3) Tornava spesso su temi già utilizzati in precedenza, per lo più sotto forma di varianti dal vivo. A questo si riferiva con la sua espressione “le briciole del biscotto sono l’apostrofo” su “Apostrophe (‘)”. Uncle Meat, in tal senso, può essere considerato un album centrale, forse l’album che ha più briciole che finiscono su altri album. (FRANK ZAPPA’S MUSICAL LANGUAGE 4TH EDITION, july 2012 – A study of the music of Frank Zappa by Kasper Sloots)
Alcuni analisti affermano che Frank Zappa è in grado, su ciascuna delle sue tante chitarre, di passare indifferentemente da una scala temperata a una scala blues e ad una modale e di percorrerle in sequenza nel corso dello stesso assolo. (Il Mucchio Selvaggio novembre 1984)
Zappa è tra i personaggi che più hanno fatto per superare l’elemento fondamentale del rock: l’immediatezza. Ha costruito un rock strettamente gerarchico, cerebrale, che mentre insegue vette espressive tratte dalla tradizione classica occidentale non viene meno agli imperativi irrinunciabili del rock: piacere, fruibilità estesa, movimento. Le sue opere si sono via via ramificate con arrangiamenti sempre più ricchi e complessi. Al primitivo rock chitarristico si sono aggiunti dapprima i fiati, fino alle dimensioni di una big band, poi l’elettronica, infine le orchestre: quella, di 40 elementi, di Orchestral Favourites e quella, di ben 102, della London Symphony Orchestra. Zappa è, insomma, il maggior creatore di metalinguaggi in campo rock and roll; vale a dire, è il maggiore tra quanti si servono di linguaggi e stili accreditati del rock per condurre un discorso critico. Un discorso di secondo grado, che combatte la banalità con i suoi stessi strumenti. (Il Mucchio Selvaggio novembre 1984)
“La cosa divertente del modo in cui suono è che non mi alleno mai. Ogni volta che un tour finisce e metto via la mia chitarra, di solito non la tocco fino alle prove della prossima stagione. Ogni volta che la prendo in mano è come imparare a suonare di nuovo, non ho calli, mi fa male, non riesco a piegare la corda, la chitarra sembra troppo pesante quando la indosso. È come se qualcuno mi porgesse un pezzo di legno e dovessi esibirmi di nuovo dopo essere stato fermo per nove mesi prima del nuovo tour. Non ho suonato quasi per niente, un paio di volte in studio e basta. Mi sembra di aver perso tutta la mia tecnica, devo adattarmi ad un nuovo batterista. Ma, all’improvviso, scopro che non ho alcun problema a suonare: mi ritrovo sul palco ed esplodo. Suono bene fin dall’inizio del tour e certe sere sono in grado di suonare in modo straordinario anche per i miei standard o per la mia estetica”. (FZ, Guitar World, marzo 1982)
La chitarra di Frank Zappa sapeva essere morbida e aggressiva, graffiante e delicata, grintosa e suadente, capace di alternare toni da ballad a pesanti distorsioni, ma sempre rivelando la personalità unica del musicista che la impugnava. (neuguitars, 4 dicembre 2017)
Lo spirito satirico degli esperimenti xenocronici di Zappa ha origine in ciò che Amiri Baraka descrive come la decisione di Coltrane di “assassinare la canzone popolare” ed “eliminare le deboli forme occidentali”. (dal libro “Frank Zappa, Captain Beefheart and the Secret History of Maximalism” di Michel Delville e Andrew Norris, 2005, Salt Publishing)