Lo scrittore underground inglese Miles scrive del modo di lavorare di Zappa (Hot Raz Times, n. 3):
“I nastri sono la mensa di Zappa, il suo vocabolario musicale, il suo archivio, i suoi quaderni di schizzi e una costante fonte di nuovo materiale mentre li taglia e li riorganizza in un nuovo ordine creando così nuove connessioni musicali e sfumature di ritmo e contenuto. È un artista di collage che lavora con il tempo manipolando le dinamiche come un artista visivo cambierebbe colore e consistenza. Zappa sposta le tensioni, il contenuto e la carica dell’immagine accelerandoli, collegandoli e lasciandoli scomparire.

Frank Zappa è come gli alchimisti: ognuno di loro ha ripetuto un processo per mesi, a volte anni, fino a quando i materiali con cui stavano lavorando sono diventati mutevoli e hanno sviluppato nuove proprietà, trasformandosi infine nella pietra filosofale.
Frank lavora con una serie di temi, gli stessi che usa sempre (li rinomina solo ogni tanto per confonderti). Li modifica ancora, avvicinandosi di soppiatto da nuove angolazioni, sorprendendoli con strane orchestrazioni e strane descrizioni temporali, facendoli a pezzi sul suo blocco di montaggio: il frenetico Razor Man, impigliato negli archi e illuminato da nastri accelerati, diventano i propri costituenti archetipici. Sono stati sovraccaricati abbastanza da essere forti come il metallo; possono sopportare un trattamento di rock ‘n’ roll anni ’50 o un breakdown poliritmico e arrivare comunque.
Zappa è il maestro della sovrabbondanza di immagini!“.
Miles poi descrive come entrano in gioco i propri ricordi delle circostanze in cui ha ascoltato per la prima volta un brano di Zappa (“ero proprio lì con quella ragazza e ..”) quando si affronta l’argomento ‘ascoltato‘, ‘modificato‘ altrove. Davvero, Zappa gioca con il “tempo” in tutti i modi.
(Jazz, novembre/dicembre 1974, rivista svizzera)