
E’ possibile definire lo stile di Zappa?
“Esiste uno Zappa realista e uno surrealista, che si esprimeva in due forme: verbale e grafica. Zappa aveva introiettato fin da piccolo un atteggiamento tra il dada e il surreale nei confronti dell’espressione verbale, manipolabile fino a livelli allucinatori. In ogni concerto decideva the secret word (la parola segreta della serata). Quella parola costituiva un tormentone negli intercalari e negli interventi parlati della band, finiva per modificare anche i testi delle canzoni. La sua attenzione per il potere della parola era nata quando da bambino aveva trovato, in un vecchio libro, la teoria egizia della trasmigrazione dell’anima e della vita ultraterrena. Il Faraone, fin da piccolo, doveva imparare le parole-chiave che designavano ognuno dei luoghi che l’anima avrebbe dovuto attraversare dopo il trapasso: guai a sbagliare il nome! Ciò suscitò in lui la convinzione che la realtà fosse condizionata dalle parole e che ogni paradosso fosse affidato alla manipolazione del linguaggio. Un’altra forma della sua creatività musicale era invece di carattere grafico e risaliva all’età di circa 14 anni, quando le sue conoscenze musicali andavano poco oltre la lettura di spartiti per percussioni non intonate. Si mise a comporre musica scritta perché era affascinato dalla resa grafica delle note sul pentagramma e si era convinto che conoscendo le regole combinatorie e il significato delle note sul pentagramma si fosse automaticamente compositori. Fin da ragazzino applicò metodi complessi come le tecniche seriali e microtonali. Cambiò radicalmente idea sulle sue opere giovanili quando ebbe modo di ascoltarle, e allora si rese conto che la verità musicale è una verità pratica, che il momento in cui un’opera è finita è quello in cui si giudica soddisfacente la sua resa sonora. A decidere, insomma, è l’orecchio. Fu, da questa prospettiva, un totale empirista, che però aveva un sesto senso per le relazioni formali di tutti i tipi. Uno strutturatore nato, un ‘compositore’ per tutti i media”.
(Gianfranco Salvatore, musicologo, biografo di Frank Zappa – Mangiare Musica giugno 1994)