Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Esplorando Frank Zappa uomo, compositore, musicista, filosofo e genio della musica 

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  • Frank Zappa – Advance Romance, significato del testo

    Frank Zappa – Advance Romance, significato del testo

    Advance Romance (Live, 1984)

    Tratto dall’album Bongo Fury, il brano Advance Romance rappresenta una parodia umoristica delle tradizionali canzoni d’amore.
    La canzone descrive un mondo di povertà, alcolismo, promiscuità, prostituzione e furti.
    Racconta di una ragazza molto brava a compiacere il cantante a letto: usando l’esca del sesso ne approfitta per derubarlo. E’ implicito che sia promiscua.
    “Il modo in cui mi ha trattato, ragazzo, potrebbe farlo anche con te”. Lei approfitta anche degli amici del cantante, come “Potato head Bobby”.
    Risulta ovvio che il brano si riferisce alla capacità di certe prostitute di manipolare gli uomini, non alla capacità della ‘donna’ di manipolare un uomo innamorato. La figura della donna non deve essere confusa con il ‘mestiere più antico del mondo’.
    Una mente ‘open’ non può fare l’errore dei credenti: quello di pensare che Eva sia la tentazione e la colpa, mentre Adamo è la povera vittima. Ognuno, nella vita, fa semplicemente delle scelte.

    Vi racconto una storia su Frank.
    Kay Sherman è stata la prima moglie di Frank Zappa.
    Si sono sposati il 28 dicembre 1960 e, tra la fine del 1963 e l’inizio del 1964, divorziarono.
    Lei lavorava in banca, vivevano al 314 G Street Ontario.
    Vivevano in una casa con soffitta e seminterrato che puzzava di vecchio (questo dettaglio poteva essere attraente per lui). Avevano molti gatti, una grande sala da pranzo, un portico schermato.
    Quando Zappa acquistò ciò che sarebbe diventato lo Studio Z, lui e Kay si erano già separati e Frank si trasferì lì.
    Frank Zappa cita la sua prima moglie nella copertina del suo album d’esordio “Freak Out!” (1966):
    “… una ragazza adorabile: le ho quasi rovinato la vita, ha chiesto il divorzio”.

    “Se tua moglie ha un buon cervello e un buon lavoro, e tutto quello che puoi fare è trovare un lavoro in una stazione di servizio, manderei anche lei a lavorare. Ma mi assicurerei che sapesse chi è il capo, una volta tornata a casa. Sono stato sostenuto per due anni dalla mia prima moglie. Era una sensazione spiacevole sapere che qualcun altro stava portando i soldi, ma non avevo molta scelta. Dovevamo sopravvivere. Quindi faceva la segretaria e portava a casa la pancetta. Nel frattempo, ero un compositore solitario che non riusciva a far registrare o vendere nulla. Ho continuato a scrivere…”.
    (Frank Zappa, Discoscene, maggio 1968)

  • Frank Zappa e Vinnie Colaiuta

    Frank Zappa e Vinnie Colaiuta

    Frank Zappa e Vinnie Colaiuta – Black Page (live, 1978)

    Vinnie Colaiuta leggeva la musica a prima vista ma c’è dell’altro…
    “Quando Vinnie guardava la musica non la leggeva, la identificava come un’istantanea mentale…. Suona una battuta, 17/3. Ne ottiene un’immagine mentale e inizia a voltare pagina. Mentre gira la pagina, gli altri suoi arti iniziano a leggere quello che c’era nella pagina precedente e, poco prima di finire di leggere, quello che c’era nella seconda pagina… Non ha perso un colpo!”. (Steve Vai, Musicradar, 2 agosto 2022)

    “Volli uscire dal gruppo innanzitutto per cercare di raggiungere più gente. Con Zappa cominciavo a sentirmi frustrato; avevo fatto con lui già vari tour e diventai poco previdente. Persi di vista il fatto che lui è un genio incredibile mentre io ero arrivato dal nulla. Un giorno avevo fatto un’audizione per la CBS col Group 87 di Mark Isham e tutto era andato meravigliosamente. Da lì andai alle prove con Zappa, e la prima canzone che facemmo era un testo comico che diceva ‘va’ a farti fottere, brutto figlio di puttana’ e continuava in tedesco. Era veramente banale e ormai avevo perso il mio senso dell’humour per queste cose. Frank mi prese da parte e mi invitò a presentarmi nel suo ufficio… Avevo di sicuro un problema di ego e cominciavo a vedere le cose in modo strano. Avevo sempre pensato che sarebbero stati in difficoltà a sostituirmi e bang! Ecco Vince Colaiuta. Quando lui prese il mio posto con la massima facilità mi venne un colpo: lui è dieci volte meglio di me come batterista, tecnicamente è incredibile. Mi sentii completamente schiantato perché non ero il solo a poter fare quello che facevo con Zappa”. (Terry Bozzio da un’intervista su Rhythm, luglio 1989, dichiarazione estratta da Percussioni, gennaio 1994)

    In cosa consistono le audizioni?
    Consistono in una combinazione. Di solito, le più difficili sono le audizioni di batteria. L’ultima volta, avevamo quaranta concorrenti per il provino della batteria e venticinque per quello del basso. Chad Wackerman è una favolosa scoperta della batteria, Scott Thunes è un buon bassista. Vinnie Colaiuta e Terry Bozzio sono stati provini leggendari, lo stesso vale per Arthur Barrow.
    Colaiuta è stato fantastico. Qualunque cosa gli chiedessi di suonare, poteva suonarla. “Tredici in una mano, undici con l’altra, fai qualcos’altro con i tuoi piedi”. Apprezzavo la sua naturalezza. Per i poliritmi, non ho mai visto nessuno che avesse quel tipo di comprensione animalesca di come dovrebbero suonare i poliritmi. È un peccato che abbia finito per fare cose in studio che gli hanno tolto la possibilità di essere il maniaco che è veramente”. (Musician, ottobre 1986)

    I musicisti della tua band sono dei buoni lettori di musica a prima vista?
    “Il miglior lettore a prima vista con cui ho lavorato di recente è Vinnie Colaiuta. I batteristi non dovrebbero essere in grado di leggere così; è contro le leggi della natura. In genere lavoro con i batteristi cantando ciò che devono suonare. È più facile per me (visto che suonavo la batteria) descrivere lo schema, emettere suoni diversi con la mia bocca e indicare su quale batteria devono suonare. Se scrivo fino all’ultimo dettaglio ciò che deve eseguire con la batteria, Vinnie Colaiuta è in grado di riprodurlo. (M.I., novembre 1979)

    “Il mio concetto di percussioni è più melodico rispetto a quello classico di batteria rock. Cerco sempre un batterista in grado di immaginare il tempo suddiviso in altre dimensioni e forme. Qualcuno che si approcci ai diversi strumenti che compongono una batteria come a strumenti melodici e suoni insieme alla chitarra, con un senso musicale. Puoi portare un batterista a suonare in quel modo, ma Vinnie Colaiuta è stato il primo ragazzo che abbia mai incontrato a pensare in quel modo istintivamente. Mi piace anche l’idea che la batteria suoni esattamente quella che è la linea di chitarra”. (Musician, settembre 1988)

    “The Black Page” di Frank Zappa è considerata la composizione più difficile per batteria e percussioni.
    Presenta ritmi più che complessi ed è rigida: segna esattamente quali pelli o piatti colpire non lasciando alcuna scelta al batterista.
    The Black Page include gruppi irregolari da brividi, spesso l’uno dopo l’altro (addirittura troviamo 11 note nella durata di un battito). Molti di questi gruppi irregolari si trovano all’interno di altri gruppi irregolari.
    Il termine inglese per definire questi gruppi è “nested tuplets”.
    La composizione prevede di dividere una battuta da quattro quarti in tre parti uguali, poi di prendere un terzo di battuta e di suddividerlo in cinque parti uguali.
    All’interno di questa composizione si trovano tutti i ritmi più difficili della musica occidentale: chi riesce a suonarla è un vero e proprio maestro del ritmo. Due maestri? Vinnie Colaiuta e Terry Bozzio.

  • Frank Zappa e l’Occulto – seconda parte

    Frank Zappa e l’Occulto – seconda parte

    Titties & Beer (Live al Palladium, New York City, 28 ottobre 1977)

    “L’essenza del cristianesimo ci è illustrata dalla storia del Giardino dell’Eden. Il frutto che era proibito raccogliere si trovava sull’Albero della Conoscenza. Il significato è che tutte le sofferenze sono dovute al tuo desiderio di capire com’è che vanno le cose. Saresti potuto rimanere nel Giardino dell’Eden se solo avessi tenuto chiusa la tua fottuta bocca e non avessi fatto alcuna domanda”. (Frank Zappa)

    “Agli americani piace credere nei miracoli, nella magia: quando consumano la religione non è a livello filosofico, ma a livello miracoloso. Gesù può fare cose per te: si tratta di beni, del trasferimento di beni e servizi dalla nuvola al tuo salotto. Sei al verde, hai perso il lavoro nei primi giorni dell’amministrazione Reagan e, invece di guardare Madonna in TV, vedi questi tizi che insegnano teologia della prosperità. Se mandi i tuoi soldi, dimostri a Gesù che ci tieni davvero e lui ti ricompenserà dieci volte. È come comprare un biglietto della lotteria.
    È sempre il libero flusso di informazioni la principale minaccia allo stile di vita americano. Per le persone di destra, non c’è niente di più pericoloso del libero accesso alle informazioni. Deriva dall’inizio della teologia cristiana, quando Adamo ed Eva erano nel giardino. Come ci siamo messi nei guai? Per la mela, il frutto dell’albero della conoscenza: quindi, l’essenza del cristianesimo si basa sul fatto che nessuno può essere più intelligente di Dio e l’accesso alla conoscenza e il possesso della conoscenza ti dannano. La conoscenza stessa è opera del diavolo. Non dobbiamo avere conoscenza e cosa porta alla conoscenza? Porta all’informazione, da stroncare sul nascere”. (Frank Zappa, Spin, luglio 1991)

    Il 4 novembre 2016 è stata messa all’asta da Julien’s Auctions una collezione di libri sull’occulto degli anni ’60 e ’70, precedentemente di proprietà di Frank e Gail Zappa.

    Ecco la lista dei libri messi all’asta:
    Be Here Now (Sii qui ora) di Ram Dass
    777 di Aleister Crowley
    Aha di Aleister Crowley (Knowing me Alan Partridge, Knowing you Mr Crowley)
    Book 4 by Aleister Crowley
    The Book of Thoth (Il libro di Thoth) di Aleister Crowley
    The Holy Book (Il libro sacro) di Aleister Crowley
    Khing Kang King di Aleister Crowley
    Liber Aleph Vel Cxi: The Book of Wisdom or Folly (Il libro della saggezza o follia) di Aleister Crowley
    Znuz is Znees: Memoirs of a Magician (Znuz è Znees: Memorie di un mago) di C.F. Russell
    Satanism in America (Il satanismo in America) di Shawn Carlson e Gerald Larue
    The Book of Black Magic and of Pacts (Il libro della magia nera e dei patti) di A.E. Waite
    The Lancashire Witches (Le streghe del Lancashire) di William Harrison Ainsworth

    L’iscrizione in inchiostro blu alla premessa nel Liber Aleph recita:
    “Per Frank, vorrei essere schiavo dello schiavo, del tuo genio, né allettante, né restrittivo. Sei di gran lunga la stella più brillante. Non rimarranno ombre”. L’autore di questa iscrizione non è stato identificato.

    Il libro “Il satanismo in America” di Shawn Carlson e Gerald Larue contiene una lettera dattiloscritta a Frank Zappa su carta intestata: suggerisce che il libro potrebbe essere utile nella lotta di Zappa contro la censura musicale. La lettera è firmata dall’autore.

    Un altro libro, “Lamenti di Mulciber l’ Isagoge” di Benjamin A. Franklin presenta un’iscrizione in inchiostro nero sul risguardo anteriore e recita: “A Frank da Andrew Flame…Lucifero”.
    (zeroequalstwo.net, 12 ottobre 2016)

    Un’altra testimonianza a conferma dell’interesse di Frank Zappa per Aleister Crowley arriva da un articolo del magazine inglese The Guardian (agosto 1970):
    “Frank sta leggendo ‘The Confessions of Aleister Crowley’. Apre il libro a pagina 223. Crowley scrive: “La California mi ha fatto innervosire. La vita in tutte le sue forme è diventata retta e disgustosa… Per qualche tempo ho contemplato un poema lirico in cui tutto il mondo dovrebbe essere celebrato in dettaglio”. Ciò è abbastanza vicino all’intenzione di Zappa con il suo nuovo lavoro: “200 Motel”.

    Nel suo brano “Church Chat” Frank Zappa proclama “Well ladies and gentlemen: there ain’t no hell” (“Bene signore e signori: non c’è nessun inferno”).
    Quando Zappa vedeva sul retro di un’automobile l’adesivo con il pesce (simbolo usato spesso dai cristiani statunitensi), diceva che quello era il nemico.
    Non è un caso che il nome di Aleister Crowley compaia (insieme a quelli di Lily Tomlin e Keith Richards) nei ringraziamenti sull’edizione speciale in 4 DVD di “The MOFO – Making of Freak Out: An FZ Audio Documentary” (2006), pubblicata postuma dalla Zappa Family Trust.

    Un segmento particolarmente interessante del concerto di Zappa al Pauley Pavilion dell’UCLA includeva una coreografia in cui il diavolo (Terry Bozzio) rifiutava l’anima di Frank e sceglieva le anime degli imputati nelle cause di Zappa.
    (The Valley News, 30 dicembre 1977)

  • Frank Zappa e Johnny “Guitar” Watson

    Frank Zappa e Johnny “Guitar” Watson

    Frank Zappa – “I don’t even care” con Johnny Guitar Watson

    Hai citato spesso Johnny Guitar Watson come una delle tue prime influenze chitarristiche…
    “Lo ascoltavo sempre e ascoltavo Clarence ‘Gatemouth’ Brown”.
    Cosa hai imparato dai dischi di Johnny Guitar Watson? L’approccio pentatonico?
    “Ciò che stava facendo Watson non si limitava ad una scala pentatonica. Una delle cose che ammiravo di lui era il suo tono, quel tono secco, un po’ sgradevole, aggressivo e penetrante. Le cose che suonava spesso uscivano come esplosioni ritmiche sul ritmo costante dell’accompagnamento”.
    È qualcosa che hai cercato di incorporare nel tuo modo di suonare?
    “Sì. Mi sembrava fosse il modo corretto di affrontarlo perché era come parlare o cantare in sottofondo. C’era un’influenza vocale sul ritmo”. (Guitarist, giugno 1993)

    “Ciò che ho preso da Johnny ‘Guitar’ Watson ed altri chitarristi che mi hanno influenzato non è il loro suono, ma il loro atteggiamento. Stilisticamente, credo di essere più vicino a Guitar Slim più di chiunque altro. Ci sono un paio di assoli che ha suonato che pensavo fossero punti di riferimento, ma sono molto oscuri.
    Watson è il chitarrista minimalista per eccellenza. L’assolo di “Lonely Nights”, l’assolo di chitarra di una sola nota dice tutto. Ricordo che i chitarristi al liceo imparavano quell’assolo e si chiedevano: “Ma come può farlo suonare in quel modo?” Era davvero una nota. Se riesci a suonare quella nota contro quei cambi di accordo e ottenere lo stesso impatto emotivo che ha ottenuto lui suonando quella nota, allora hai capito qualcosa. Cosa c’è dietro quella nota? Qual è la modalità? Perché continua a suonare la tonica quando arriva l’accordo dominante? Devi imparare a farlo.
    Johnny “Guitar Watson” era un chitarrista dal suono estremamente malvagio all’epoca, ma il più oscuro che ho sentito è stato Guitar Slim (Eddie Jones)… pura oscenità. La cosa che mi è piaciuta dei due assoli che ho sentito quando avevo 16 anni e che mi ha davvero incuriosito – l’assolo su “Three Hours Past Midnight” e su “The Story Of My Life” – non era solo il tono dello strumento ma il modo assolutamente maniacale con cui emetteva queste note in una frase con poco o nessun riguardo per il resto del metro, pur essendo consapevole di dove fosse il ritmo. ” (Guitar World, aprile 1987)

    Johny Guitar Watson è il vocalist di tre brani di FZ:
    – In France
    – I don’t even care
    – Brown Moses

    “Il mio chitarrista preferito in origine era Johnny ‘Guitar’ Watson, non da un punto di vista tecnico ma di ascolto, per ciò che significavano le sue note nel contesto in cui venivano suonate” (Frank Zappa)

    Ho sentito dire che sei molto influenzato da Johnny “Guitar” Watson, vero?
    “Sì. In realtà è un mio amico. Ho avuto modo di conoscerlo da quando ha registrato uno dei nostri album circa dieci anni fa e, nell’ultimo anno, è stato nel mio studio e ha registrato molte altre cose con noi. Johnny canta nel brano “In France”, nel nostro nuovo album “Them or Us’”. (Express, marzo 1985)

    Sei sempre stato un grande fan del blues e dell’R&B, ma non trovo tracce di quel tipo di musica nelle tue composizioni.
    “Beh, se ti piace qualcosa non significa che devi imitarla”.
    Ma sembra che tu ne sia stato davvero assorbito.
    “Sì, lo capisco, so come funziona, ma è come per le persone negli anni ’50 a cui piaceva Chuck Berry e hanno dedicato la loro vita ad imparare a suonare i suoi assoli di chitarra. Non potevo suonare nessuno degli assoli di chitarra di Guitar Slim, di Johnny Guitar Watson o di Clarence Gatemouth Brown, anche se mi piacevano tutti. Penso di essere stato influenzato da loro nel senso che ho compreso il loro approccio melodico, ho capito cosa dovevo fare con quelle note in quella situazione”. (Musician, agosto 1979)

    “Per me non c’era differenza…quello che sentivo nel rhythm and blues trascendeva quello che esprimevano le note e il tema della performance. Sentivo la stessa cosa con Varèse. C’era qualcosa nella musica che era a parte, al di sopra e al di là dei punti reali scritti sulla pagina. Era l’atteggiamento. Per me, era come se la linea melodica di Octandre fosse nella stessa vena dell’assolo di chitarra di Johnny Guitar Watson in “Three Hours Past Midnight”. Entrambi avevano un atteggiamento aggressivo”. (M.I., novembre 1979)

    “Quando parlava dei chitarristi degli anni Cinquanta che gli piacevano così tanto, come Johnny Guitar Watson o Guitar Slim, diceva che potevano essere più sporchi con una sola nota di chitarra di chiunque altro con tutti i testi osceni che mettevano su un disco. Quello era il suo modello. Nei suoi assoli cercava di racchiudere tutto, dalle melodie più sublimi ai suoni più acidi, ed erano sempre un’avventura improvvisata che sapeva dove iniziava ma non dove sarebbe finita”. (intervista a Román García Albertos, autore del libro “Frank Zappa (1940-1993)

  • Frank Zappa e l’Occulto – prima parte

    Frank Zappa e l’Occulto – prima parte

    Invocation and Ritual Dance of the Young Pumpkin, The Grand Wazoo

    Testi raccolti dal gruppo Facebook What’s Zappa

    “Sono l’avvocato del diavolo. Noi abbiamo le nostre adoratrici che vengono chiamate groupies. Ragazze che offrono i loro corpi alle rockstar come si offrirebbe un sacrificio a un dio”. (Frank Zappa)

    “Ero convinto che lo sviluppo di Frank fosse entrato in un’altra orbita, che fosse finito in una zona crepuscolare… Si interessò anche a questioni strane come l’occulto e la magia. Disegnava mostri e creature aliene a matita e carboncino ed ha perfino scritto alcune storie su queste creature. Per anni, né io né lui abbiamo frequentato la chiesa. Mi chiedevo dove fossero diretti questi bizzarri interessi di Frank. Un giorno, mi disse che avrebbe cercato di trovare una copia di un libro chiamato “Il manuale del negromante”, un libro su ‘come fare’ magia nera ed incantesimi risalente al Medioevo. Riportava casi giudiziari di persone accusate di aver praticato la magia e conteneva anche istruzioni su come ideare ed utilizzare incantesimi. Frank diceva che la negromanzia era la forma più estrema di pratica magica e prevedeva l’evocazione di demoni. Voleva sperimentare se era davvero possibile evocare un demone ed impartirgli ordini. Non ha mai trovato una copia di quel manuale, ma non so quanto sia andato oltre negli anni seguenti. Una volta, in tono criptico, ha detto “Ho fatto un patto con il diavolo”. Forse, è per questo che ha avuto tanta sfortuna a Londra e a Montreux e a livello di salute” (“Frankie and Bobby: Growing Up Zappa” di Charles Robert Zappa, fratello minore di Frank).

    Diedi la colpa al libro di Aleister Crowley che avevano comprato da poco. Gail aveva cominciato ad usare parole come occulto, misticismo e alchemico. “La tensione tra maschio e femmina – affermava Crowley – è fondamentale per l’esistenza e per la magia sessuale”. Considerava la donna sottomessa all’uomo, un ruolo che Gail accettava con gioia, con il pieno consenso di Frank. Potevo vagamente capire l’interesse di Gail in Crowley, ma non quello di Frank, un uomo che trasudava razionalità. Eppure Frank conservò sempre una grande curiosità per l’occulto. Molti anni dopo, mi spiegò la sua posizione. Mi raccontò della più giovane delle sue figlie, Diva. “E’ molto particolare, penso che abbia poteri psichici…” (“Freak out! La mia vita con Frank Zappa” di Pauline Butcher)

    “Era molto bravo a valutare le persone, incredibilmente bravo con la psicologia, mi ha semplicemente fissato con questo sguardo incrollabile… quello sguardo… una specie di spirale… era la prima volta che incrociavo l’occhio di un mago. Era decisamente in grado di manipolare i livelli della realtà. Era davvero bravo in questo… Era davvero mistico…” (Nigey Lennon nel dialogo con Bob Dobbs del 1995)

    “Frank mi strinse la mano. Al contatto fisico percepii qualcosa… Era la sua energia, le sue vibrazioni, la sua incredibile presenza. Anni dopo, lessi in un’intervista su Playboy di come Marlon Brando dominasse lo spazio fisico dove si trovava, piuttosto che occuparlo come succede alle altre persone. Era così anche con Frank” (Massimo Bassoli, Prog Italia luglio 2017).

    E’ stata venduta all’asta una giacca di Frank Zappa con una spilla massonica (4 diamanti). Si tratta di una giacca Kenzo in tweed di lana dai toni autunnali: Zappa l’ha indossata all’11° edizione degli American Music Awards 1984 ed a New York in compagnia di sua moglie Gail.
    Interessante questo stralcio del testo di “The Grand Wazoo”:
    “Potresti pensare che il mio cappello sia divertente, ma io non lo sono, io sono il Gran Wazoo custode della pergamena mistica e del rotolo di pergamena della loggia. Sono un veterano. Ogni giorno, durante la pausa caffè al negozio di ferramenta, dico a Fred cosa aspettarsi perché facciamo scherzi durante… l’iniziazione. Sono il Grand Wazoo, dal negozio di ferramenta. Fottiti se non ti piace il mio cappello…”.
    Concentriamoci sul significato originario della massoneria nata in Inghilterra nel sec. XVIII e di ispirazione illuministica: lotta all’ignoranza, liberazione da ogni pregiudizio e fanatismo religioso, aspirazione alla fratellanza universale. Beh, il concetto non è lontano da ciò in cui credeva Frank.
    Occultismo, massoneria, è voglia di scavare, è ricerca della verità e ribellione ai dogmi imposti. Cogli la mela dall’Albero della Conoscenza…

  • Frank Zappa – Outrage at Valdez

    Frank Zappa – Outrage at Valdez

    Colonna sonora di Frank Zappa per il documentario della Cousteau Society sulla fuoriuscita di petrolio della nave cisterna Exxon Valdez in Alaska – 1990

    “Ho appena finito di registrare la musica per un nuovo documentario televisivo di J.-Y. Cousteau. Questo è un film ambientale sui pozzi petroliferi e sulla raffinazione del petrolio nella regione di Valdez, in Alaska”. (Frank Zappa, WM – World of Music n. 1/1990 – rivista russa)

    “Outrage at Valdez è un brano di The Yellow Shark che ho originariamente composto per un documentario della Cousteau Society: trattava del disastro della petroliera a Valdez/Alaska. Nel documentario della Cousteau Society sono stati utilizzati solo 90 secondi, mentre l’intero pezzo dura 7 minuti”. (Oor, 5 settembre 1992)

    “La Fondazione Cousteau ha commissionato un’opera per illustrare un documentario sul disastro ecologico della Exxon Valdez, petroliera statunitense. Il 24 marzo 1989, una nave cisterna si è incagliata sulla costa dell’Alaska, vicino ad Anchorage, causando una terribile fuoriuscita di petrolio. Le indagini stanno ancora cercando di determinare la responsabilità del capitano, mentre i danni alla fauna e alla flora sono notevoli” (Frank Zappa).
    Frank espresse il suo disgusto e Jacques-Yves Cousteau pensò a lui per creare una musica adatta al dramma. L’opinione pubblica fu profondamente colpita da questa vicenda. Ha portato alla revisione legislativa del Codice del trasporto marittimo. La Exxon Valdez deviò dalla sua rotta per guadagnare tempo, anche se si sapeva che il capitano era ubriaco fradicio. Frank aveva un grande rispetto per il lavoro di sensibilizzazione svolto dalla Fondazione Cousteau. Per questo motivo accettò questo ordine urgente.

    L’incidente provocò un danno enorme sia a livello economico che a livello ambientale: furono contaminati 1900 chilometri di costa quasi vergine. A seguito dell’incidente, circa 20 specie di pesci hanno riportato danni a livello genetico, deformità fisiche e ridotti tassi riproduttivi e di crescita con gravi ripercussioni sulla pesca locale. In seguito a questo evento drammatico, nel 1990 è stato redatto l’Oil Pollution Act, un accordo tra varie nazioni che prevede di attuare misure di prevenzione per ridurre gli incidenti da petrolio. È stato anche istituito un fondo fiduciario, l’Oil Spill Liability Trust Fund, usufruibile da varie nazioni per supportare i costi della rimozione dell’inquinante in caso di incidente.

  • Frank Zappa e Steve Vai – terza parte

    Frank Zappa e Steve Vai – terza parte

    Sinister Footwear, Palladium, NYC, 31 ottobre 1981
    Estratti da interviste raccolti dal gruppo Facebook What’s Zappa

    Steve Vai aveva 18 anni quando ha iniziato a lavorare con Frank Zappa come suo trascrittore. Nel 1980, all’età di 20 anni, si è unito alla band itinerante di Zappa fino al 1983.
    Durante quei 3 anni, Steve è stato accreditato in sette album di Zappa.
    Lavorare nella band di Frank Zappa ha messo a dura prova Steve Vai a livello psicofisico: ha vissuto un totale esaurimento.
    La sua emotività è arrivata al culmine quando era in tour con Frank a Montreal nel 1980: ha avuto un esaurimento nervoso, ha sofferto di attacchi d’ansia per un anno e mezzo.
    Era panico, era sopraffatto dalla paura, non sapeva cosa fosse, non si drogava, aveva paura di impazzire.
    “Amo la musica, amo l’idea di suonare e tutto il resto, ma avevo l’impressione che se fossi diventato famoso sarei diventato pazzo” racconta Vai.
    Steve ha rivelato che le sue costanti lotte con la salute mentale “mi hanno spinto a trovare da solo le risposte” attraverso la spiritualità, che gli ha permesso di vincere i suoi demoni. (Faroutmagazine)

    “Prima che Frank morisse, stava mettendo insieme questo progetto che provvisoriamente sarebbe stato composto da me, dal batterista Terry Bozzio e dal bassista Scott Thunes insieme all’Ensemble Moderne. Stavamo per mettere insieme un programma di tutta la sua musica più complessa. Frank entusiasta disse: “Sai, posso suonare queste cose molto meglio di quanto avrei mai potuto fare prima”. Ho messo insieme tutti gli spartiti e li ho portati con me nel mio tour di Sex and Religion. Sfortunatamente, la sua salute è peggiorata molto rapidamente”. (Steve Vai, Guitar World, febbraio 1999)

    “Lavorando con Frank Zappa mi sono reso conto che se vuoi qualcosa, puoi semplicemente costruirlo. Oppure, se vuoi cambiare qualcosa, devi solo cambiarlo. Era un po’ sacrilego alterare le chitarre. Ad esempio, se avevi una Les Paul o una Stratocaster, non ci fai buchi. Ma Frank l’ha fatto. Quindi ho pensato, beh…”.
    “Certi aspetti delle chitarre convenzionali mi piacevano ma c’erano dei limiti. Mi piacevano le Stratocaster ma non ero pazzo del suono, e i pickup single coil non erano rock and roll per me. Non mi piaceva che avessero solo 21 tasti.”
    “Adoravo le Les Paul, ma non avevano le sbarre.”
    “Ho deciso di andare in un piccolo negozio di strumenti musicali e progettare una chitarra per me. Volevo 24 tasti su un corpo in stile Stratocaster”.
    “La configurazione del pickup era unica perché divideva le bobine in determinate posizioni. Aveva un tremolo fluttuante… Volevo essere in grado di tirare su il whammy bar. Mi sono reso conto che c’era solo del legno in mezzo, quindi l’ho tagliato. Quello è stato come il primo ponte galleggiante”.
    “La JEM era un’intera ricostruzione…”. (Steve Vai, Ultimate Guitar)

    “Ho ricevuto una cassetta da un ragazzo – credo che abbia diciotto anni – di nome Steve Vai. Suona la Stratocaster e andrà al Berklee [College of Music di Boston]. Mi ha inviato una cassetta ed è stato fantastico; questo ragazzo ha delle doti incredibili. Voleva suonare “Black Page Number One” (Zappa a New York) alla chitarra e mi ha chiesto la musica. Così gliel’ho inviata e lui mi ha mandato una cassetta di due versioni – una al metronomo 58 e un’altra al metronomo 84. Voglio dire, considera che è già un problema eseguirlo a 58. È un tempo lento del metronomo, ma è comunque veloce quando arrivi alle parti veloci. L’ha fatto andare così in fretta che si riusciva a malapena a distinguere quale fosse la melodia. Steve Vai mi ha inviato anche una cassetta con alcune composizioni originali molto belle..”. (Frank Zappa, M.I., novembre 1979)

    IL TUO SUONO E’ NELLA TESTA, NON NEGLI AMPLIFICATORI
    “Dopo il primo spettacolo con Frank, l’ho incontrato al mattino nel ristorante dell’hotel mentre faceva colazione e gli ho chiesto: ‘Allora, come sono andato?’. Lui mi ha risposto: ‘Sai, Steve, penso che tu sia davvero un bravo musicista, ma il tuo tono suona come un panino al prosciutto elettrico. Frank raramente entrava nei dettagli ma esprimeva concetti inequivocabili. Mi ha detto ‘Il suono non è negli amplificatori, è nella tua testa.’ All’inizio, non capivo cosa intendesse dire, pensavo che quella frase avesse un significato esoterico ma più tardi ho capito. Sì, il suono è nella testa e in nessun altro posto. Nella testa suonerà come ti aspetti che suoni. E’ un po’ difficile da spiegare… Una volta captato il tuo suono nella testa, potrai manipolarlo a tuo piacimento”.
    (Steve Vai)

    “Frank aveva la straordinaria capacità di dire cose che avevano il perfetto equilibrio tra franchezza, verità, cinismo e commedia, il tutto in una frase concisa”. (Steve Vai, Guitar World, febbraio 1999)

  • Frank Zappa e Steve Vai – seconda parte

    Frank Zappa e Steve Vai – seconda parte

    Black Napkins – Palladium New York, 1981
    Estratti da interviste raccolti dal gruppo Facebook What’s Zappa

    “Per spiegare la sua musica alla band, Frank usava ogni metodo immaginabile: usava grafici, nastri e a volte se ne stava semplicemente lì e creava, il che era sempre il metodo più divertente. Frank era un compositore con una conoscenza totale e completa della nota scritta, quindi gli schemi potevano essere molto dettagliati e specifici. A volte usava la chitarra come strumento per comporre, ma di solito, quando lo faceva, aveva la band intorno a sé e usava la chitarra per mostrare alle persone quali note o accordi suonare sui loro strumenti”.
    “Frank usava la chitarra come strumento di arrangiamento ma, quando componeva la sua musica orchestrale, di solito si sedeva al pianoforte e suonava. In una delle prime conversazioni che abbia mai avuto con lui, gli ho chiesto come ha imparato ciò che sapeva sulla musica. Mi ha detto di comprare un libro chiamato Music Notation di Garnder. ‘Leggi e studialo’. Disse anche che avrei dovuto imparare a suonare il piano se volevo diventare un compositore. Al piano Frank era più un compositore che un esecutore, come lo sono praticamente tutti i compositori. Non suonava davvero il piano, di per sé, lo usava come strumento compositivo. L’ho visto comporre brani orchestrali mentre era seduto in un aeroporto o mentre volava su un aereo. Si sedeva con carta da musica bianca e scriveva musica tutto il tempo. Nel 1981, durante il tour americano, ogni minuto dietro le quinte in cui vedevi Frank, scriveva musica su carta. Era davvero molto riservato riguardo alle sue composizioni. Non che stesse cercando di nascondere qualcosa, ma per qualcuno chiedere di guardare qualcosa era come chiedere: “Posso leggere il tuo diario?”. Una volta sono venuto da lui e gli ho chiesto cosa stesse facendo, e lui ha detto: “Niente”. Mi sono seduto e sono rimasto zitto, poi mi ha detto: “Vieni qui. Queste sono ‘densità’ ” e mi ha mostrato queste enormi e strane strutture di accordi, accordi di otto e dieci note senza note ripetute. Non aveva mai parlato prima di come creasse musica o delle tecniche che usava. Iniziò a spiegarmi cosa stava facendo. Per quanto riguarda la dissonanza e la scala temperata, se inizi ad impilare grandi gruppi di note non correlate, puoi ottenere alcuni accordi dal suono orribile o alcune perversioni di accordi esotiche e dissonanti. Mi ha mostrato alcune delle diverse scale che stava utilizzando e le melodie: disse che, una volta tornato a casa, avrebbe digitato questi accordi nel Synclavier. Per un secondo, mi ha permesso di sbirciare nel suo mondo”.
    “Frank non era un lettore a prima vista. Essere un compositore, un lettore di musica o un lettore a prima vista sono abilità completamente diverse. Frank sapeva esattamente come sarebbe stata suonata la sua musica mentre la scriveva. Le sue capacità compositive erano estremamente evolute”.
    (Steve Vai, Guitar World, febbraio 1999)

    “Frank scriveva musica per me da suonare che non aveva niente a che fare con la chitarra” ha detto Steve Vai riferendosi ai suoi anni come “chitarrista stunt” di Zappa.
    Saltando da collage sonori di ispirazione classica ad estese improvvisazioni jazz-fusion, questa era una band che viveva senza regole, guidata da un compositore e musicista che suonava senza limiti.
    (Total Guitar, winter 2013)

    “One Size Fits All è stato un altro cambio di paradigma per me. Inca Roads era semplicemente il pezzo di paradiso più favoloso che avessi mai sentito, aveva tutto ciò che stavo cercando nella musica.
    L’assolo di chitarra è uno dei più grandi assoli di chitarra mai suonati. Suonare con Frank era molto più di una fantasia per me. Quando avevo 16 anni mi sono imbattuto per caso nel suo numero di telefono e ho iniziato a chiamarlo … avevo 18 anni quando finalmente mi ha risposto al telefono. Per mia fortuna era di buon umore. Ha un catalogo così vasto ed è pieno di musica geniale: ogni volta che ha pubblicato un nuovo disco, è entrato a far parte del mio DNA musicale”. (Steve Vai, Planet Rock, ottobre 2019)

    “Steve Vai è un vero mago della Stratocaster e suona tutti quei rumori armonici, alcuni non sono mai intonati” (Frank Zappa, Record Review, giugno 1982).

    Il suono aggressivo, appariscente, ringhiante, fallico dei gruppi heavy metal degli anni Settanta e Ottanta non faceva per Zappa che, tra l’altro, detestava l’idea di impressionare il suo pubblico con la velocità. L’unico della sua band a cui concesse questa possibilità fu Steve Vai. (neuguitars.com, 4 dicembre 2017)

    (continua nella terza parte)

  • Frank Zappa e Steve Vai – prima parte

    Frank Zappa e Steve Vai – prima parte

    Stevie’s spanking – Roma – 1982
    Estratti da interviste raccolti dal gruppo Facebook What’s Zappa

    “Le mie conclusioni sulla genialità di Frank le ho tratte dall’osservazione delle sue attività. Non ho mai visto una persona così dedita all’esecuzione delle sue idee. L’autodisciplina non è uno sforzo consapevole per Frank. C’è solo lavoro e per lui non è difficile, è divertente. Ha preteso molto dai membri della sua band, ma solo un quinto di quello che chiedeva a se stesso. Per me è sempre stata evidente una forte integrità in tutto ciò che faceva ed è anche molto divertente. Sono le caratteristiche che mi hanno ispirato ma non sono queste le caratteristiche legate necessariamente alla genialità.
    Innovatività e originalità sono il risultato di una concentrazione incrollabile. Questo tipo di concentrazione è un dono, ma può anche essere sviluppato.
    Guardare Zappa mentre lavora è stimolante. La sua mente è completamente concentrata su ciò che sta facendo, senza distrazioni (dalle conversazioni alla lettura di un giornale o alla creazione di un fantastico pezzo orchestrale). Ogni evento per lui è come una meditazione. Ho imparato che il potere della concentrazione altamente sviluppato è ciò che costituisce il genio”.
    (Steve Vai, Guitar For The Practicing Musician, maggio 1986)

    Come hai avuto l’opportunità di suonare con Frank?
    Mentre ero alla Berklee, la cosa importante a scuola era: chi può suonare “The Black Page” di Zappa? Un paio di anni prima, quando avevo 15 anni, avevo avuto il numero di telefono di Frank da un mio amico e chiamavo Frank una volta all’anno – non volevo esagerare – ma non riuscivo mai a contattarlo. Un giorno l’ho chiamato da Berklee e lui ha risposto al telefono! Sapevo che stava cercando alcune delle partiture di Edgar Varése difficili da trovare. La biblioteca pubblica di Boston li aveva, quindi ho detto che li avrei fotocopiati e glieli avrei inviati. Gli ho anche detto che suonavo la chitarra e lui ha detto di mandargli una cassetta. Il pensiero di mandargli una cassetta sembrava folle, perché sentivo che non avrei mai avuto la possibilità di suonare con lui, sembrava completamente fuori dalla mia portata. Ma gli ho mandato una cassetta e gli è piaciuta molto! Ho anche inviato la mia trascrizione di “The Black Page” e le partiture di Varése, e lui mi ha rispedito una copia del suo grafico per “The Black Page”, oltre a questa enorme colonna sonora per un suo pezzo intitolato “Mo and Herb’s Vacation che alla fine si trasformò in “The Second Movement of the Theme from Sinister Footwear”. Non potevo crederci: ricevo un pacco pieno di tutta questa roba da Frank, inclusa una nota scritta a mano che diceva: “Mandami una registrazione di te che suoni ‘The Black Page’ il più velocemente possibile”.
    (Steve Vai, Guitar World, febbraio 1999)

    “Amo Frank e mi manca ogni giorno” (Steve Vai).

    “Steve Vai ha molti grandi attributi, ma suonare la chitarra ritmica non è uno di questi. È davvero un virtuoso. La sua principale funzione nella band è suonare le battute scritte in modo duro, roba davvero complicata che è al di là delle mie capacità. È fantastico, ma non mi sento molto a mio agio con lui quanto esegue il ritmo perché, nonostante le sue migliori intenzioni, a volte tira fuori cose che potrebbero portarmi nella direzione sbagliata. Ma è un grande chitarrista” (Frank Zappa, Down Beat, febbraio 1983)

    Steve Vai usa il modello del linguaggio parlato come fonte per i suoi fraseggi. ‘Andy’ ha quella dinamica.
    “La gente non parla con un ritmo regolare. Nelle conversazioni ci sono pause, inflessioni, diversi tipi di accelerazioni e ritardi, quindi perché non si potrebbe suonare allo stesso modo? Se fai un assolo, in un certo senso ‘parli’ al pubblico, giusto? Dovresti, a meno che tu non sia uno dei Milli Vanilli”.
    (Steve Vai, Chitarre n. 73, aprile 1992)

    Steve Vai ha dovuto imparare canzoni nel sonno a causa del programma estenuante di Frank Zappa: “È stato un ottimo allenamento, ma mi ha sconvolto psicologicamente”
    Ha spiegato una tecnica che ha sviluppato per imparare nuove parti di chitarra nel sonno in modo da poterle avere pronte in qualsiasi momento.

    (continua nella seconda parte)

  • Frank Zappa – Le sue teorie sul Tempo

    Frank Zappa – Le sue teorie sul Tempo

    Frank Zappa – Watermelon In Easter Hay

    Parliamo delle tue idee sul tempo.
    “Penso che tutto succeda continuamente: noi pensiamo al tempo in modo lineare perché siamo condizionati a farlo. Questo perché l’idea umana delle cose è che hanno un inizio e una fine. Non credo sia necessariamente vero. Penso al tempo come a una costante, una costante sferica in cui tutto sta accadendo tutto il tempo: è sempre successo e sempre accadrà”.

    Quindi questa tazza di caffè…
    “… è sempre stata piena e vuota. Tutto è sempre”.

    Perché questa tazza vuota ha senso per me?
    “Non lo so”.

    Capisci cosa intendo, però?
    “È una domanda Zen?”

    Nel senso che dico: “L’ho già fatto, la tazza che ho bevuto non sembra più piena”.
    “Beh, è perché non è piena in questa particolare versione”.

    Le nostre percezioni?
    “Abbiamo a che fare con il tempo in modo quasi pratico. Abbiamo ideato il nostro universo personale e il nostro stile di vita che è governato dal tempo suddiviso in questo modo, progrediamo da una tacca all’altra, giorno dopo giorno, e tu impari a rispettare le tue scadenze in questo modo. Funziona così solo per comodità umana. Questa, per me, non è una buona spiegazione di come funzionano davvero le cose. Questa è solo la versione della percezione umana su come funziona. Mi sembra altrettanto fattibile che tutto accada continuamente e se credi che la tua tazza di caffè sia piena o meno è irrilevante. Non puoi definire qualcosa con precisione finché non capisci ‘quando’ lo è”.

    Quando in termini di tempo.
    “Sì, quando è cosa. Senza la perfetta comprensione del quando non hai niente da affrontare, vedi? Perché analizzi quella tazza di caffè un po’ prima, ed è piena. In pochi minuti la berrai e non esisterà più. Lo stato della coppa viene determinato da quando lo percepisci”.

    Il che significa che il futuro è già accaduto.
    “Sì. Il motivo per cui credo fortemente in questo è che può spiegare perché le persone possono avere premonizioni, perché invece di guardare avanti si guardano solo intorno. Non devi guardare avanti per vedere il futuro. Puoi guardare laggiù”.

    Cosa limita le nostre percezioni di altre cose o di altri tempi o del futuro?
    “Penso che escogiti i tuoi limiti per tua comodità personale. Ci sono alcune persone che desiderano avere dei limiti e si inventeranno tutte le scatole che vogliono. Come gli uomini che hanno inventato l’armatura. Volevano proteggersi dalle fionde e dalle frecce del destino. Le persone fanno la stessa cosa psichicamente e psicologicamente: costruiscono la propria armatura e scelgono la loro esistenza. Che lo facciano consapevolmente o a causa di un governo o di un sistema educativo non importa: qualcuno sta aiutando a plasmare questa scatola immaginaria in cui vivi, ma non deve esserci per forza”.

    Allora quali sono i limiti al nostro riuscire a capire qual è lo scopo di ogni nostra vita?
    “Perché devi? L’importante è affrontare il quando, il quando aprirà un sacco di merda per te.

    E’ l’idea che il tempo sia un vortice di Moebius…
    “No, la forma dell’universo è un vortice di Moebius, credo. Il tempo è una costante sferica. Ora immagina un vortice di Moebius all’interno di una costante sferica e avrai la mia cosmologia. Ma il ‘quando’ è molto importante”.
    (Best of Guitar Player, 1994)

    “La musica non dura, non ha nulla a che fare con il tempo” scriveva Sergiu Celibidache.
    Frank Zappa era convinto che il tempo fosse ‘un concetto sferico’, una costante sferica, in modo che, per così dire, tutto avvenga in una volta. Gnostici, buddisti e William Blake sono d’accordo, credendo che si possano varcare le porte dell’eternità in un istante e che il tempo sia una delle illusioni del mondo. William Burroughs e Sun Ra pensavano che, per sopravvivere, dobbiamo evolverci “fuori dal tempo, nello spazio”.

    “Sono creativo 36 ore al giorno. I 12 extra sono nel mio programma da un altro pianeta”.
    (Eyeopener, 22 novembre 1973)

    “Le persone hanno un’idea sbagliata del tempo. Il tempo non è niente di più e niente di meno che una serie di frazioni dell’eternità. Nel migliore dei casi, si tratta di divisioni irrazionali, stupide divisioni meccaniche di un continuum. Ora, le persone presumono che abbia una direzione, che vada da qui a lì, e talvolta – se proprio ci devono pensare – pensano al tempo come ad una linea, una striscia o un continuum che progredisce in una certa direzione. Ma non funziona affatto in questo modo. Il tempo è sferico. E’ una sfera di moebius e si muove verso l’interno e verso l’esterno allo stesso tempo”. (Bugle American, 17 dicembre 1975)