Frank Zappa's mustache - Music is the Best

SATIEsfaction – xenocronia Frank Zappa, Erik Satie – xenochrony

Xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa & Erik Satie

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Una xenocronia strana… Treacherous Cretins mi trasmette un’emozione particolare: il rimpianto. Ogni volta che l’ascolto, rimpiango di non aver potuto assistere neanche ad un concerto di Zappa. Lo cerco tra le pagine dei giornali… ho il rumore di una macchina da scrivere in testa, affascinante antenata della tastiera, che fa da ponte tra me e lui. La stessa che ha usato Erik Satie in una sua composizione. Questa xenocronia non vi piacerà ma la lascio così, random… è un bel gioco per me, che solo io conosco… un rimpianto dissonante.

Erik Satie, nelle sue composizioni, usa molto umorismo, molti piccoli commenti verbali scherzosi per la sua musica. L’ha fatto come difesa, a causa della sua mancanza di fiducia in se stesso, e mi chiedevo se tu…
“Non so nulla della vita di Satie e non credo che questo sia il motivo per cui ha messo dell’umorismo nella sua musica. Ci sono stati altri compositori che hanno messo l’umorismo nella loro musica in vari modi e, a dire il vero, non mi piacciono le idee sui meccanismi di difesa. In effetti, la cosa più coraggiosa che puoi fare è riuscire a divertire un pubblico che non ha senso dell’humour come, ad esempio, un pubblico di musica classica. Esistono tre audience con meno umorismo di un pubblico classico: il pubblico country/occidentale, rock and roll e jazz”. (Frank Zappa, Iconoclast, 15-22 marzo 1974)

Zappa ha più volte sottolineato il suo apprezzamento per il dada e, in verità, del dada Frank ha mutuato procedimenti formali (collage, assemblage, gioco di parole, parodia) e modi di pensare (anarchismo, antiautoritarismo, valore eversivo del sesso, esortazione a non farsi infinocchiare dall’establishment, satira rivolta contro il filisteismo, il romanticume, l’intellettualismo, ecc.).
Tra i musicisti ‘colti’ cui Frank ha guardato e da cui ha attinto, Erik Satie ha un posto di rilievo, non a caso vicino al dada. Satie, come Zappa, riempie la sua musica di citazioni ironiche di musiche popolari (in Satie sono quelle del circo e del luna-park, delle bande, delle danze di moda) usando in modo stilizzato modi del cabaret: l’uso del rumore, in Zappa come in Satie, è dissacratorio e ironico. (Ciao 2001, 3 luglio 1990)

Frank Zappa e Erik Satie sono stati entrambi due autodidatti convinti che l’unico scopo delle regole sia superarle.

Éric Alfred Leslie Satie (detto Erik), compositore e pianista francese, è stato un protagonista della musica e dell’ambiente artistico francese tra la fine dell’800 e l’inizio del 900. Il suo interesse artistico non si è limitato alla musica ma anche alla pittura, letteratura, teatro e cinema. Impressionismo, simbolismo, cubismo, dadaismo, neoclassicismo: nella sua arte è confluito tutto questo, ma ha mantenuto un’individualità netta e coerente in tutte le sue composizioni. Altri punti in comune con Zappa.
Nel 1886, Satie compose le quattro Ogives per pianoforte nella cui partitura non compare alcun segno di misura. Sviluppò anche un proprio stile di annotazioni sul modo di interpretare le sue opere.
Intorno agli anni ’20 compose ‘musica da tappezzeria’ (come la definì lo stesso Satie): rappresenta una satira contro la musica dotta e l’accademismo. La scrittura musicale di Satie era assolutamente originale: in Parade, ad esempio, usa suoni molto innovativi come sirene, macchine da scrivere e altri effetti sonori non tradizionalmente musicali; scrive brani difficilmente inquadrabili nei generi conosciuti come le celebri tre Gymnopédies e sette Gnossiennes. Sperimenta nuove forme del suono e inventa di fatto la tecnica del ‘piano preparato’ inserendo, per la prima volta, oggetti nella cassa armonica dello strumento nell’opera Le Piège de Méduse.

Erik Satie fu un personaggio originale, stravagante, bizzarro.
Visse in un appartamento da lui chiamato “l’Armadio”, composto da due stanze, di cui solo una utilizzata pienamente. L’altra stanza era chiusa a chiave ed il suo contenuto fu scoperto solo alla morte dell’artista: conteneva una collezione di ombrelli di vari generi a cui lui teneva così tanto che non li usava. Amava passeggiare sotto la pioggia e proteggeva l’ombrello sotto la giacca per non sciuparlo. Satie adorava i completi in velluto: ne possedeva tantissimi, tutti uguali. Quando suonava il pianoforte nei cabaret di Montmartre, indossava sempre un cappello a cilindro ed un’estrosa cravatta Lavallière. Lo scrittore Alphonse Allais lo definì “Esoterik Satie”.
Il numero 3 era un chiodo fisso per lui, un’ossessione mistica, forse una reliquia del simbolismo trinitario associato all’Ordine cabalistico dei Rosacroce, di cui Satie aveva fatto parte in gioventù. Molte delle sue composizioni sono raggruppate in cicli di tre: tra queste, le Trois Gymnopédies del 1888.

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