E’ stata soprattutto la musica di Zappa a conquistare la mia mente, in particolare gli assoli di Frank, che mi hanno trascinato in un viaggio mentale che ancora oggi mi delizia. Ho appena finito un libro che parla di “Narrativium”, la capacità dell’uomo di raccontare storie, che gli permette di controllare il suo ambiente. Il cervello è l’arma di questa specie, l’organo dominante, sviluppato nel tempo attraverso il potere dell’immaginazione. Naturalmente ho pensato alla musica di Frank, alla sua chitarra e alle immagini che imprime nella nostra testa. Considero la musica da due punti di vista. Il primo parla alla mia pancia, vibrazioni a bassa frequenza che fanno vibrare i ritmi “pilota” del mio corpo. Il secondo parla al mio cervello, alle frequenze medie e alte della voce e agli strumenti che cantano le melodie che mi raccontano storie. Sono queste che mi hanno colpito particolarmente di Frank, fin dalla prima volta che le ho sentite. Ma il mio mondo musicale non è incentrato a caso attorno al suo lavoro. Ho ascoltato molti altri artisti, con molto piacere, ma nessuno mi ha toccato così tanto con la loro immaginazione. La ricchezza del lavoro e la varietà di stili di Zappa mi hanno subito attratto. Ma non le parole, che capivo a malapena. Ciò che mi attrae di più sono i suoi assoli, che mi piacciono per la loro intensità dal vivo.
Non ho trovato niente di meglio da ascoltare. Quando ha pubblicato la serie “Shut Up…”, ho capito che non ero solo, che altri apprezzavano i suoi viaggi con la chitarra. La nota blu che Miles Davis stava cercando ha deciso di stabilirsi negli assoli di Frank? Oppure, come in alcuni viaggi, non è importante la destinazione, ma la strada? In ogni caso, questa strada che conosco così bene, che ho percorso così spesso e che tuttavia cambia ad ogni viaggio, questa strada è per me come una ricerca del Santo Graal. Mi parla, raccontandomi ogni volta storie diverse. Devo andare costantemente, eppure non mi importa niente di dove porta, purché quelle note blu continuino a solleticare le mie sinapsi. Probabilmente non vivrò abbastanza a lungo per poter girare il suo mondo, peccato per me, è (quasi) una scelta difficile, ma ho scelto la libertà: la musica di Frank è il mio “Narrativium“.
(NARRATIVIUM EXPERIMENT by The Grotchy, The Rondo Hatton Report vol IV, 21 settembre 2010)
Cosa c’è di così impressionante, di così affascinante negli assoli di Zappa? Che cosa lo rende così interessante tanto da poterlo ascoltare senza annoiarti mai?
In parte, è la qualità del suo tono. Pochi altri chitarristi hanno impiegato tanto tempo, attenzione e denaro per ottenere esattamente il suono che volevano. Cercando il suono più sporco, oscuro e osceno che si possa immaginare, o il suono più gentile, morbido e toccante del pianeta, Zappa ha lavorato per il suo desiderio di creare il tono perfetto. Solo questo lo pone al top. E’ ciò che ha fatto con quel tono perfetto che conta davvero. Ha descritto i suoi assoli come ‘conversazioni’ che sfruttavano i ritmi del parlato; è come sentire un oratore sviluppare un argomento. Dipinge un’immagine sonora che ti porta in posti dove non avresti mai pensato di andare, sonda tutte le possibilità lungo il percorso, sgrossando e interrogando ogni ritmo, ogni armonia, senza mai ricorrere a cliché o virtuosismo fine a se stesso.
Ciò che ti colpisce davvero è la qualità muscolare del tono, il modo in cui l’assolo acquisisce lentamente potenza senza mai fermarsi per riprendere fiato, la casuale spensieratezza del taglio grezzo del suono e la sorprendente miscela di minaccia e compassione che riesce a spremere da una breve pausa strumentale. L’insistenza ipnotica della sezione ritmica sembra ispirargli solo maggiore inventiva, emergono colpi di scena lamentosi da una nuova angolazione o da una nota inaspettata.
Si potrebbe dire questo o cose simili della maggior parte degli assoli di Zappa. Una volta che iniziano a parlare a te parlano davvero, in modi che potresti cercare invano altrove. Non tutti lo capiscono. Per l’appassionato restano il cuore pulsante della musica di Zappa, il punto in cui composizione e compositore si incontrano, trasfusi in una zigosi sonica pullulante.
(estratto dall’articolo “Shut up and listen some more?” di Sam Ayore, The Rondo Hatton Report vol. VIII – 21 settembre 2011)
Uncle Meat Variations (live Royal Albert Hall, Londra, 1968)
In copertina un’opera di Jim Mahfood
Nel gruppo FB What’s Zappa ho raccolto molti dettagli sull’insolito stile di FZ che andranno ad arricchire la nuova serie Frank Zappa’s Style.
Le imprese solistiche di Zappa sono intrise di virtuosismo ‘da editing’: è leggendario il taglia/incolla sul suo materiale live ritenuto l’unico valido a livello chitarristico visto che, come ha dichiarato, non era portato per il solo in studio.
Ecco le caratteristiche del suo insolito stile:
– Mano sinistra: dita piuttosto ‘svolazzanti’, incernierate attorno alle pentatoniche.
– Scelte melodiche: “Più che progressioni di accordi, uso un ‘clima armonico’ (uno o due accordi). Armonicamente gioco con le pentatoniche (anche esatonica + vari cromatismi), i modi (specie misolidio e lidio), le sovrapposizioni tonali (e modali)”.
– Mano destra: penna fra pollice e indice-medio all’altezza di fine tastiera, con anulare e mignolo poggiati sul termine della tastiera, in basso. Pennata anarchica, totalmente di comodo, né alternata né sweep ma un po’ di entrambe. “Uso molto hammer-on e pull-off. Ho sempre fatto del tapping con la penna (invece delle dita destre) contro i tasti” (FZ).
– Scelte ritmiche decisamente anarchiche: “La gente non parla in 4/4 o 3/4, la gente parla ‘dappertutto’. La mia chitarra tende a seguire la cadenza naturale del linguaggio parlato: per me, la cosa più difficile è suonare dritto, battere e levare”. Un consiglio da tempi dispari: “Non contare, preoccupati di come ‘senti’ il tempo” (FZ).
(Chitarre n. 73, aprile 1992)
“Vedo l’intero studio di registrazione come uno strumento musicale, come un organo a canne con molti colori tonali e molta potenza. La persona che si occupa del missaggio è più o meno l’equivalente di un direttore d’orchestra davanti a un’orchestra sinfonica”.
Un caratteristico marchio di fabbrica di Zappa praticamente su tutte le sue registrazioni è un colossale suono di grancassa/tom, che di solito è la presenza dominante nel mix.
Zappa è anche noto per il suo lavoro di chitarra solista fluido e dinamico. Nel corso degli anni, ha sviluppato alcune teorie abbastanza concrete su come registrare una chitarra elettrica.
“Ci sono un paio di cose da ricordare sulla registrazione di una chitarra. Se stai solo cercando delle note, allora un Pignose andrà bene. Ma se stai cercando una sorta di sensazione audio, il modo migliore per farlo è con uno spazio più ampio e un po’ d’aria per muoversi. La cosa davvero impressionante del suono di una chitarra rock ‘n’ roll è come ti colpisce la pressione. Un microfono non determina solo le oscillazioni che ti dicono qual è il tono ma anche il livello di pressione sonora. Quello che ottieni alzando il volume dell’amplificatore in una stanza grande è tutta quella spinta di fascia bassa che ovviamente non ottieni con un Pignose. Se vuoi suonare come se stessi davvero prendendo a calci in culo qualcuno, devi effettivamente alzare il volume e fare in modo che il microfono senta un suono forte. Il modo migliore per ottenere quel rombo di stanza con tutto il “frazz” e il suono stridulo di fascia alta è registrare la chitarra in un teatro vuoto”.
“La cosa che distingue il rock ‘n’ roll da altra musica non è la ripetizione né i testi e neanche gli accordi: è il timbro. E’ questa la chiave. Puoi prendere gli stessi tre accordi da qualsiasi canzone rock n’ roll, puoi prendere “Louie Louie” e scriverla per fisarmonica, oboe e arpa e non è più rock & roll. D’altra parte, puoi prendere qualsiasi tipo di canzone di un altro genere musicale e orchestrarla con un paio di chitarre con toni fuzz, un basso forte e una batteria con riempimenti di tom-tom e diventerà rock ‘n’ roll. Il timbro fa il genere insieme all’attacco e al modo in cui vengono suonati gli strumenti”.
(FZ, International Musician And Recording World, febbraio 1979)
“Una delle caratteristiche delle canzoni di Zappa è la divisione matematica del ritmo: triplette contrapposte a semicrome, frasi ripetute in controtempo, ecc. Il brano Uncle Meat Variations è uno dei più sviluppati sotto questo punto di vista. Un tale tipo di limpidezza ritmica si può notare anche nei suoi assoli. Il pizzicato è veloce e preciso, gli accenti e le divisioni sono chiare; la maggior parte di quello che suona è subordinato alla simmetria. Zappa utilizza le linee musicali come frasi equilibrate, facendosi una domanda e quindi rispondendo o costruendo un’idea col suonarla alcune volte e, ogni volta, in modo leggermente diverso”
(Fred Frith)
“Mi piace molto l’atteggiamento ritmico di Zappa. Usa moltissimi elementi jazzistici ma adattati ad un contesto sinfonico o rockettaro; per capirci meglio, li usa tutti in battere e non in levare, una caratteristica molto bizzarra. E poi un uso timbrico molto interessante, insieme alla grande scioltezza nel mettere insieme diversi generi”.
(Eugenio Colombo, jazzista – Mangiare Musica giugno 1994)