Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Tag: Charles Ives

  • ZAP & CAP meet CHARLES IVES: xenochrony with music by Frank Zappa & Captain Beefheart

    Per questa xenocronia ho ‘giocato’ con alcuni brani tratti da Trout Mask Replica e da un concerto dei Mothers of Invention a The Rockpile di Toronto datato 23 febbraio 1969. Il famigerato album di Captain Beefheart & the Magic Band e il live dei Mothers sono stati registrati lo stesso anno (1969). ZAP (Zappa) & CAP (il Capitano) incontrano Charles Ives nella parte finale della xenocronia, lì dove la versione del brano “Charles Ives” (probabilmente la migliore) di Frank Zappa si fonde con quella registrata per “Trout Mask Replica” (“The Blimp” con i testi del Capitano, Don Van Vliet, cantati da Jeff Cotton).

    La musica di “The Blimp” è stata composta da Frank Zappa con l’aggiunta di parole del Capitano. In sostanza, questa composizione combina una poesia di Beefheart ed un frammento di musica tratto dal brano “Charles Ives” di Zappa registrato durante un concerto.

    In certi punti del Live di Toronto, gli strumenti a fiato di Zappa si sposano con quelli della Magic Band in un delirio jazz (dallo strano ‘odore’) che ricorda molto lo stile di Archie Shepp.

    “Captain Beefheart e la Magic Band hanno vissuto insieme 18 mesi per realizzare ‘Trout Mask Replica’. Andavo da loro, provavano e provavano. Jeff Cotton ha preso la sua chitarra ed ha suonato le stesse 20-22 canzoni per 18 mesi. Quando sono andati a fare le tracce per ‘Trout Mask Replica’, ci hanno messo 5 ore. E’ stato necessario rifarne alcune diverse volte. Le canzoni sono state provate a morte”. (FZ, International Times, marzo 1977)

    L’intero doppio album “Trout Mask Replica” è stato concepito, scritto e registrato in sole otto ore e mezza, secondo Beefheart. (Melody Maker, 8 novembre 1969)

    “Trout Mask Replica ha avuto molto a che fare con il Rhythm & Blues. Quello che Beefheart stava realizzando derivava molto da Muddy Waters e Howlin’ Wolf. Ma pochissimi di loro l’hanno capito, men che meno le ragazzine di 13 anni che sono quelle che comprano più dischi. ‘Ragazze carine, comprate dischi di cantanti che sembrano bei ragazzi’: è così che funziona l’intero business del pop!”. (FZ, Stereo, gennaio 1985 – rivista tedesca)

    “Realizzare Trout Mask Replica è stato molto difficile perché Captain Beefheart non si trova a suo agio con la tecnica in studio. Ad esempio, a Don non piacevano gli auricolari. Quindi, quando si è trattato di aggiungere la sua voce, quello che voleva fare era stare in studio e sentire la traccia che filtrava attraverso la finestra – quindi, cantare più forte che poteva sopra di essa. Il guaio è che la sua voce rischiava di non essere sempre sincronizzata con la traccia che Don riusciva a malapena a sentire dalla finestra. Ma voleva lavorare così. Non è un modo semplice per mettere insieme un album”. (da un’intervista a FZ del 1991 pubblicata su Mojo novembre 2018)

    “Dopo quattro anni di assenza, il Capitano ha chiamato a casa 3-4 settimane fa, di punto in bianco. Ha chiesto di me ma io non c’ero, così ha parlato con Gail per un po’. Gail gli ha chiesto cosa volesse e lui ha risposto: “Ho chiamato Frank per ringraziarlo di aver prodotto l’album Trout Mask Replica. È il miglior album che abbiamo mai pubblicato.’ “. (FZ, Exit, maggio 1974)

    “Ci sono cose incredibili su Trout Mask Replica e anche su Clear Spot. C’è dell’altro del periodo Trout Mask. Non so se uscirà mai. C’erano cose nelle sessioni originali che Don non voleva usare. Il piano originale per l’album era di farlo come una registrazione sul campo etnico. Lui e il suo gruppo vivevano in una casa nella San Fernando Valley, quindi volevo prendere un rig portatile e registrare la band in casa, usare le diverse stanze della casa come isolamento molto leggero con voce registrata in bagno, i tamburi nel soggiorno, il corno in giardino, ecc. L’abbiamo impostato e abbiamo fatto le tracce in quel modo… Ero in studio a mixare altri nastri. La band che suona su The Blimp, in realtà, è quella dei Mothers. La parte vocale del brano è stata registrata per telefono. Captain Beefheart aveva appena scritto questo testo e l’ha fatto recitare al telefono da uno dei ragazzi della sua band. L’ho registrato in studio sul pezzo di nastro che avevo in quel momento, ovvero la mia traccia. Ecco com’è andata… Il ragazzo che recitava le parole era Jeff Cotton (alias Antennae Jimmy Semens, come era conosciuto all’epoca). The Blimp è incluso col titolo di Charles Ives in un episodio di You Can’t Do That On Stage Anymore. Suonavamo il pezzo nel tour ’68-’69”. (Best of Guitar Player, 1994)

  • Frank Zappa: un debole per gigantesche strutture compositive

    Il disprezzo di Zappa per le distinzioni accettate tra arte “autentica” e “non autentica”, alta e bassa, così come altre gerarchie estetiche e generiche, è solo un aspetto del suo impegno per la via affermativa della musica contemporanea, che lo accosta ad altri artisti eccentrici come Charles Ives – tra i primi ad integrare elementi di musica “bassa” (inni gospel, jazz, fanfara) e musica classica/orchestrale – e il maestro di Zappa, Edgar Varèse, con cui condivide non solo l’interesse per il bruitismo (o rumorismo, l’arte dei rumori basata su musica e percussioni) ma anche un debole per gigantesche strutture compositive che superano lo standard della performance tradizionale (Varèse ha utilizzato 400 altoparlanti per eseguire il suo “Poème électronique” all’Esposizione Mondiale di Bruxelles del 1958).

    (dal libro “Frank Zappa, Captain Beefheart and the Secret History of Maximalism” di Michel Delville e Andrew Norris, 2005, Salt Publishing)

  • FZ: versione amatoriale della collisione multipla di Ives

    Frank Zappa e Charles Ives

    Un tratto in comune tra Zappa e Varèse è la convinzione espressa da quest’ultimo che la musica debba sempre essere “sintesi d’intelligenza e volontà” conservando un’idea forte di composizione. Zappa è, in realtà, molto più vicino a un compositore come Ives che, all’inizio del secolo, mirava a suggerire l’effetto spaziale di bande che si avvicinano, s’incrociano e si allontanano con l’uso contemporaneo di melodie diverse con ritmi e tempi diversi.

    Zappa ha detto: “Questa tecnica è stata adottata fin da ‘Absolutely Free’. Nella nostra versione da poveri, il gruppo si divide in tre parti e suona “The Star-Spangled Banner”, “God Bless America’ e ‘America The Beautiful’ tutte allo stesso tempo, ricreando una versione amatoriale della collisione multipla di Ives.

    (Ciao 2001, 3 luglio 1990)

  • FZ Connection 1 (CC – Didja Get Any Onya?) – xenocronia Frank Zappa, Charles Ives xenochrony

    FZ Connection 1 (CC – Didja Get Any Onya?) – xenocronia Frank Zappa, Charles Ives xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e Charles Ives

    (sembra non partire mai, resta sospesa in attesa che qualcosa succeda… snervante ma mi piace…)

    FAIR USE

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD3JTM39Rx93zM66ZLZS4gCu

    Ho trovato una mappa con i vari collegamenti di brani e album secondo la CC (Conceptual Continuity ovvero Continuità Concettuale) teorizzata ed applicata costantemente da Frank Zappa.
    Inizio a caso con Didja Get Any Onya (Weasels Ripped My Flesh, 1970) i cui collegamenti (connections) sono:
    – Charles Ives (You Can’t Do That On Stage Anymore, Vol. 5 1992 + 2 versioni live a The Rockpile di Toronto, ON, Canada, 24 maggio 1969 e 23 febbraio 1969)
    – The Mammy Nuns (Thing-Fish, 1984)
    – Weasels ripped my Flesh (dall’omonimo album del 1970).
    Non aggiungo nulla (tranne uno ‘Scherzo’ di Charles Ives) ai collegamenti dei vari brani che andrò a mixare, altrimenti questa serie FZ Connection non avrebbe senso.
    La mappa che ho trovato è stata faticosamente realizzata da Cameron Piko.

    Ciò che Frank Zappa ha definito Continuità Concettuale (o Progetto/Oggetto) rivela che tutti i suoi sforzi artistici sono collegati tra loro in qualche modo o per un semplice dettaglio. Questo concetto deriva, molto probabilmente, dalla sua teoria della Big Note citata per la prima volta nell’album Lumpy Gravy (1967). Come per la teoria del Big Bang, quella della Grande Nota postula che l’universo sia stato creato con una nota iniziale. Tutto ciò che vediamo e sentiamo altro non è che l’insieme delle vibrazioni sonore derivanti da quella nota iniziale. In poche parole, tutto è sonoramente collegato.

    “Progetto/Oggetto è un termine che ho usato per descrivere il concetto generale del mio lavoro in vari media. Ogni progetto (in qualsiasi ambito) o intervista ad esso collegata fa parte di un oggetto più grande per il quale non esiste un “nome tecnico”. Pensate al materiale di collegamento nel Progetto/Oggetto in questo modo: uno scrittore inventa un personaggio. Se il personaggio funziona assume una vita propria. Perché dovrebbe andare ad una sola festa? Potrebbe spuntare in qualsiasi momento in un romanzo futuro. In questo progetto potresti trovare un barboncino qui, un pompino lì, ecc., ecc. Tuttavia, non sono ossessionato dai barboncini o dai pompini: parole insignificanti che, insieme ad immagini pittoriche e temi melodici, ricorrono in tutti gli album, interviste, film, video senza nessun altro motivo se non quello di unificare la collezione” (Frank Zappa).
    Acquistando un album a caso di Zappa potresti cadere in un campo minato di testi criptici e autoreferenziali di altri album, temi strani che rivelano la loro importanza solo in lavori futuri o persino brani musicali che hanno avuto origine da un lavoro di 20 anni prima.
    Nella sua mappa interattiva, Cameron Piko traccia la Continuità Concettuale di ben 63 album di Zappa che vanno dal 1966 al 1996: ha esaminato tutti i brani mappando i collegamenti tra le varie canzoni.

    Per quanto il Progetto/Oggetto debba essere, appunto ‘oggettivo’, ciò che rende la continuità concettuale è incredibilmente soggettiva: ognuno di noi traccia la propria linea in un punto diverso. Cameron Piko ha sentito la necessità di tracciare una rappresentazione grafica della continuità di Frank attraverso la sua mappa. Arrangiamenti diversi delle canzoni di Zappa forniscono nuovi indizi di continuità alla traccia. Si tratta di un lavoro enorme che rivela davvero quanto Frank abbia agito come documentarista nel corso della sua carriera.
    Nella citazione iniziale, Zappa definisce tutto il suo Progetto/Oggetto ‘ugualmente insignificante’. La sua unica ragione d’essere è legittimare la mitologia autocostruita. Nella sinossi di “Them Or Us: The Book”, Zappa pone la domanda “Come si incastrano tutte queste cose che non hanno nulla a che fare l’una con l’altra, formando un’assurdità più grande?”. E’ proprio riconoscendo l’assurdità dell’intera impresa che tutto inizia a funzionare. Collegare i pompini ai barboncini ed al musicista jazz Eric Dolphy è un’impresa molto sciocca e inutile. Eppure, la sua inutilità è il suo stesso punto. È l’espressione più pura delle tendenze dadaiste di Zappa. L’acronimo della creazione di Zappa inizia ad avere senso. AAAFNRAA: Anything Anytime Anyplace For No Reason At All.
    Nonostante la presunta “insensatezza” di questo ‘piano’, la dedizione di Zappa a questo quadro di continuità concettuale è ambiziosa.

    Altri siti hanno cercato di tracciare mappe interattive e non interattive del Progetto/Oggetto di Frank, tra cui Zappa Wiki Jawaka, Globalia, Arf.ru, Zappateers ma quello di Cameron Piko sembra il più ricco e completo.

  • HELP I’m in Loop: xenocronia Frank Zappa e Charles Ives – xenochrony

    HELP I’m in Loop: xenocronia Frank Zappa e Charles Ives – xenochrony

    Xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e Charles Ives.
    FAIR USE

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    “Help I’m a rock” è come un mantra e anche il loop lo è. Per “HELP I’m in Loop” non potevo che scegliere questo brano jazz in forma libera, acid rock e psichedelico in cui Zappa ha sovrapposto urla, richiami di papere, segnali acustici e chiacchiere aliene, canti tribali, un orgasmo femminile – il tutto al servizio del mantra “Aiuto, sono rock”.

    https://www.youtube.com/watch?v=hI5C4rnIJaU&t=354s

    Ho scelto Charles Ives per accompagnare questo mantra condito di assoli di Zappa sovraincisi.
    Charles Ives aveva almeno tre punti in comune con Zappa: la passione per le dissonanze, la passione per la sperimentazione e la forte influenza della musica folk e popolare che ascoltava da ragazzino. Suonava la batteria a 7 anni (più tardi, pianoforte e organo).
    Charles Ives ha esplorato la bitonalità, una tecnica musicale nel procedimento compositivo per cui tra due o più parti (o voci) in concerto, alcune seguono una tonalità e altre una diversa. Ha sperimentato anche i poliritmi (due o più ritmi contrastanti allo stesso tempo).
    Ives produsse, in un periodo incredibilmente breve di non più di 12 anni (1902-1914), centinaia di composizioni che non solo costituiscono gli unici parallelismi musicali con i nostri capolavori letterari del diciannovesimo secolo, ma che anticipano anche quasi ogni tecnica e sviluppo della pratica musicale del XX secolo: neoclassicismo, scrittura dodecafonica, serialismo, cluster tonali, armoniche quartali, struttura statica dell’altezza, “rumore”, contrappunti di masse sonore, composizione provvisoria e aperta, collage, citazioni, giustapposizioni stilistiche, contrasti di sfondo in primo piano, metodi aleatori, scelta di ensemble “speciali”, gruppi non sincronizzati, musica spaziale e uso di poliritmi, poliarmonie e politonalità. Era interessato alla multidimensionalità strutturale.
    Ives sapeva che nel mondo della Creazione la legge relativa alle forme era una legge di successione e di cambiamento continuo (“variazioni”): le forme erano immutabili e non successive (“vera musica”). Nelle sue composizioni, Ives ha tentato di presentare simultaneamente e quindi di riconciliare il Reale e il Trascendentale, la storia e il cosmo.
    Ha utilizzato trasposizioni, loop, metri multipli, musica trascendentale.

    Tra i pionieri del looping, negli anni Settanta, troviamo Frank Zappa, Jimi Hendrix, Beatles e Pink Floyd.
    Frank Zappa fu influenzato da Halim El-Dabh: utilizzò i tape loop per formare il suono unico della sua band, i Mothers of Invention. Il suono di Zappa era un mashup di vari generi, dalla musique concrete all’R&B, al jazz e al primo rock n’ roll, che combinava suoni di chitarra elettrica con frammenti di commenti politici e filmati di performance dal vivo. Ha usato il nastro non solo come formato di registrazione e come strumento pratico in studio, ma anche come strumento in sé. La sua musica è stata fonte di ispirazione per molti artisti di oggi, dai Kraftwerk ai Primus a Bobby Sanabria, abbracciando una vasta gamma di generi e stili musicali.
    Cos’è il looping?

    https://www.youtube.com/watch?v=iNFhXEnYiS4&t=84s