Frank Zappa's mustache - Music is the Best

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  • Frank Zappa, Peaches en Regalia (Live Berlino 1978): review

    Frank Zappa, Peaches en Regalia (Live Berlino 1978): review

    Live a Berlino 1978

    In copertina: artwork di Bo Kev

    “Peaches è un classico, è probabilmente la canzone di Zappa definitiva per eccellenza di tutti i tempi. Non ho mai sentito dire a nessuno che non gli piace”.
    (Frank Zappa, Guitar For The Practicing Musician, maggio 1986).

    “Peaches en Regalia è l’unico brano per il quale non sono mai riuscito a scrivere parole” spiegò Zappa in Bugle American nel 1975. “Ci ho provato, ma non riesco a trovare un insieme di testi che funzionerà con esso. Se tu vedessi quella melodia su un pezzo di carta e qualcuno te la passasse durante una lezione di musica e ti dicesse ‘scrivici il testo’, ti sarebbe difficile farlo. Una sillaba per ottava nota. Non puoi cambiare la melodia”.

    Peaches en Regalia / Little Umbrellas” è un singolo di Frank Zappa. Il singolo fu pubblicato con l’etichetta Bizarre Records nel 1970 e presenta Frank Zappa alla chitarra, Ian Underwood alle tastiere, flauto, sassofono e clarinetto, Shuggie Otis al basso e Ron Selico alla batteria. I due brani sono estratti dal primo album solista ufficiale di Frank Zappa “Hot Rats (1969)”.
    Peaches en Regalia è una composizione jazz rock piuttosto impegnativa (seppure dall’atmosfera rilassata e solare) e uno dei momenti salienti di Hot Rats.

    “Peaches en Regalia nacque come una serie di accordi su cui lavorai, che scarabocchiai su un pezzo di carta, e questi accordi furono suonati da un gruppo di 4 elementi” disse Zappa alla NPR nel 1989.

    “Tutto il materiale melodico è stato scritto in studio, praticamente una riga alla volta: in seguito, o suonavo la parte extra oppure (chi suonava fiati e tastiere) Ian Underwood sovraincideva la parte extra. Quindi, era una composizione organica. Non era qualcosa per cui mi sedevo e scrivevo tutto lavorando con una partitura” (Frank Zappa).

    “Per registrare Peaches En Regalia ci sono volute più di 100 ore. Il lavoro ha richiesto molto tempo perché non hanno suonato più di quattro persone su ogni disco contemporaneamente, ci sono volute molte sovrapposizioni” (Frank Zappa)

    Come tutte le ambiziose composizioni jazz strumentali di Zappa, Peaches en Regalia proviene da un luogo strano, un luogo di uguale passione per la musica classica e ambizioni sperimentali e per il rock e un atteggiamento generale di controcultura. Disprezzo per il convenzionale, amore per lo strano. La pomposità di una marcia priva di rigore, una complessità stratificata degna del jazz del 1969 con manipolazioni in post-produzione per sterilizzarne le qualità organiche, prove intense e grande cura riversate in questa canzone.

    L’album Tinseltown Rebellion del 1981 conteneva la versione Peaches III con il caratteristico suono del sintetizzatore di Tommy Mars.
    Parte 1: Introduzione e precursore
    Peaches en Regalia è una composizione strumentale che potrebbe essere meglio descritta come una fusione jazz progressiva integrata con la sensibilità classica dell’era romantica (Occhiogrosso, 1989).

    Nel complesso, la struttura di questo pezzo ricorda le sonate dell’era romantica di Debussy e Strauss con tre diversi soggetti musicali collegati tramite brevi intermezzi e finalizzati con una coda ripetuta (Clendinning, 2005).

    Peaches en Regalia è stata registrata su un registratore a 16 tracce di nuova concezione costruito su misura per Zappa. il pezzo è ricco di sovraincisioni materiche ed è anche uno dei primi esempi di batteria con pan stereo (Zappa, 2010).

    Peaches en Regalia è stata inclusa nella versione “underground” di The Real Book, nonostante sia più complicata in termini compositivi rispetto ai tipici brani da jam session. Avere una canzone inclusa nel libro è stata definita come “la massima credenziale privilegiata per un compositore jazz”.
    Il brano è stato utilizzato come musica di sottofondo strumentale nel programma radiofonico della BBC London presentato da Danny Baker, nello spettacolo di Elis James e John Robins su BBC Radio 5 Live . Era anche la sigla del programma della BBC2 One Man’s Week dei primi anni ’70.
    Una cover del pezzo, registrata da Zappa Plays Zappa (con il figlio di Zappa Dweezil, Steve Vai e Napoleon Murphy Brock), ha vinto un Grammy Award per la migliore performance strumentale rock nel febbraio 2009.

  • BlueSoul – xenocronia Frank Zappa, Johnny “Guitar” Watson, John Cage, György Ligeti – xenochrony

    BlueSoul – xenocronia Frank Zappa, Johnny “Guitar” Watson, John Cage, György Ligeti – xenochrony

    Xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Johnny “Guitar” Watson, John Cage, György Ligeti

    FAIR USE

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    Zappa odiava i critici perché pensavano di sapere di cosa trattasse la sua musica quando ovviamente (per lui) non lo sapevano.
    “Devi conoscere quattro cose per capire la mia musica. Devi sapere molto sul rhythm ‘n’ blues. Devi avere una conoscenza pratica di tutta la musica d’arte occidentale negli ultimi 100 anni. Devi avere una conoscenza pratica completa di tutti i miei LP dal 1964. E devi aver visto uno dei miei spettacoli almeno una volta all’anno”.
    (Toronto Observer, dicembre 1993)

    “È un errore comune del pubblico ascoltare vecchi dischi di Rhythm & Blues e dimenticare che si tratta di musica folk. Anche se questi dischi sono stati prodotti commercialmente, sono davvero pezzi di arte popolare”.
    (Mojo, dicembre 1998)

    “Non credo che Elmore James prendesse il suo collo di bottiglia e facesse “reedledee-deedelee-deedelee-deedee” per stimolare la capacità di qualcuno a produrre un cambiamento sociale. Non penso che fosse questo il motivo. Penso che l’idea secondo cui il blues sarebbe una musica “di lotta” sia soltanto una meschinità inventata dalla gente bianca per giustificare il fatto che lo ascoltano. Se c’è una cosa che tutte queste nullità accademiche bianche hanno in comune è che non sanno apprezzare le emozioni! Penso che la ragione della maggior parte di quella roba sia semplicemente che quel tale la voleva suonare e voleva fare quel rumore. Questo è il suo messaggio: ha condensato tutta la sua estetica in quel “reedledee-deedelee-deedee”. Non si preoccupava se qualcuno in un’università da qualche parte lo intendesse come una forza propellente del cambiamento sociale”. (Frank Zappa)

    “Il blues nel rock bianco è ridicolo e imbarazzante. È imbarazzante sentire la maggior parte dei cantanti rock bianchi cantare il blues. È imbarazzante che loro non siano imbarazzati. I musicisti blues bianchi si illudono…”.
    (Frank Zappa, GO Magazine, 17 ottobre 1969)

    Stilisticamente il mio approccio è simile a quello di Guitar Slim, musicista blues della metà degli anni ’50. La prima volta che lo sentii, pensai: “Che cazzo sta facendo? Ma è veramente incazzato quando suona”. Il suo stile infatti sembrava andare oltre le note, era più un modo di essere che una tecnica strumentale. Quel che ne veniva fuori non era la somma totale di “certi alti contro certi accordi contro certi ritmi”, al mio orecchio era ben altro. Oltre a questo modo di essere, Guitar Slim era anche il primo esempio, per quanto possa ricordare, di chitarra elettrica distorta su disco. Non posso dire di suonare proprio come lui, però quel suo modo di suonare ha avuto molta influenza sullo sviluppo del mio stile. Le altre due influenze che riconosco sono Johnny “Guitar” Watson e Clarence “Gatemounth” Brown. (autobiografia)

    Zappa è stato il primo musicista (ed è forse ancora l’unico) a portare un orientamento classico nel mondo rock producendo brani che certamente potrebbero essere considerati rhythm and blues sinfonici.
    (In Their Own Words, aprile 1975)

    Gli analisti più raffinati affermano che Frank Zappa è in grado, su ciascuna delle sue tante chitarre, di passare indifferentemente da una scala temperata a una scala blues a una modale e di percorrerle in sequenza nel corso dello stesso assolo. (Il Mucchio Selvaggio novembre 1984)

    “Negli anni ’50, i bianchi erano davvero socialmente ritardati e ho avuto modo di notare che le persone che appartenevano ai cosiddetti gruppi minoritari (i neri) si stavano divertendo più di noi. Quando finalmente è diventato possibile per i bianchi godersi un po’ dello stesso tipo di musica per competere con i neri… sono riusciti a mettere insieme forme di musica che tendevano ad esprimere lo stile di vita con cui volevano identificarsi come la musica surf, la musica hot rod e il folk-rock”.
    “Penso che all’inizio la maggior parte del R&B che ascoltavo a scuola fosse musica estremamente onesta, gli atteggiamenti espressi dalle persone che cantavano e suonavano erano molto semplici. Tutto ciò che sapevano era che amavano quello che stavano facendo. Il blues era in loro e facevano funky autentico. Per competere con i neri, gli sfortunati bianchi hanno alterato quella musica perché non sapevano di cosa si trattasse. Gran parte delle band blues bianche oggi suonano versioni molto inferiori rispetto alle canzoni di Muddy Waters, [Howlin’] Wolf e John Lee Hooker. Ho riso quando ho sentito i Rolling Stones cantare “I’m a King Bee” perché avevo questa versione di Slim Harpo quando ero a scuola: lo stesso vale quando sento Paul Butterfield suonare le canzoni di Muddy Waters. Penso “non suona nel modo giusto”.
    “Sto ancora cercando un gruppo blues bianco che esprima un tipo di blues che non debba fare affidamento su un’imitazione della musica nera. Non presto molta attenzione per i bianchi blues…”. (Frank Zappa)

    Frank Zappa provava una profonda simpatia per la musica e la vita degli afroamericani perché riguardavano le cose reali della vita: “Sesso, sopravvivenza e morte”. Momenti esistenziali per Frank non solo nel rhythm and blues ma anche in quella musica dall’odore strano chiamata jazz.

  • Warren Cuccurullo meets Frank Zappa: interview, review, 5 songs

    Warren Cuccurullo meets Frank Zappa: interview, review, 5 songs

    Transylvania Boogie (1996)
    Willie the Pimp (Live Warren Cuccurullo allo Stone Pony, 1994)
    Frank Zappa – Inca Roads (Live Falkoner Teatret, Copenhagen, Danimarca, 5 marzo 1979) con Warren Cuccurullo
    Thanks 2 Frank, versione acustica (VH-1 England 1995) tributo a Frank Zappa
    The Canarsie Daiquiri dall’album ‘Thanks 2 Frank’ con Vinnie Colaiuta alla batteria e Nick Beggs al basso

    Il modo in cui Warren Cuccurullo è finito nella band di Zappa è tipico della propensione di Zappa a fare audizioni a sconosciuti. Ad Halloween del 1976, Warren saltò su una metropolitana di Brooklyn per vedere il titolo del suo eroe al Madison Square Garden.
    “Sono stato presentato a Frank da uno dei suoi vecchi soundman” ricorda “All’epoca ero un tipografo e indossavo un accappatoio con tutte queste foto di Frank che avevo stampato e che vendevo allo spettacolo, solo per poter guadagnare abbastanza soldi per permettermi i biglietti. Gli ho dato una cassetta con alcune mie registrazioni: suonavo esclusivamente assoli con tempi in chiave dispari. Sembrava piuttosto impressionato”.
    “Poi ho suonato insieme a Frank nel backstage in uno spettacolo l’anno successivo e si è creata un’amicizia. Circa due mesi dopo, mi ha detto: ‘Preparati per l’audizione.’ Aveva un tour europeo in arrivo, quindi ho pensato che intendesse tra sei mesi o giù di lì, ma mi ha chiamato la settimana successiva e mi ha detto di volare a Los Angeles il giorno dopo. Sono andato a casa sua e stava suonando la chitarra, composizioni strane e atonali. Mi lanciava battute e diceva ‘Suona quella’ per vedere quanto velocemente riuscivo a rispondere alla richiesta. Ho superato l’audizione e sono entrato a far parte della band”.
    “Frank può far emergere il lato serio o l’umorismo in un pezzo classico.
    Ha un suo modo di manipolare la musica per evocare emozioni diverse”.
    (Warren Cuccurullo)
    (International Musician And Recording World, giugno 1985)

    Adrian Belew e Warren Cuccurullo erano stati assunti da Zappa a condizione di saper suonare assoli e ritmi in tempi dispari. (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

    Hai mai sentito un chitarrista che ti somiglia?
    “Sì. Warren Cuccurullo, è l’unico che mi somiglia. Si siede a casa e memorizza i miei assoli di chitarra. Non riesco nemmeno più a suonare quegli assoli. Sul palco suoniamo “Andy” da “One Size Fits All” e lui fa l’assolo nota per nota. Mi siedo lì e lui la suona. Io ne avevo abbastanza”.
    (Musik Express, maggio 1979)

    Warren Cuccurullo, autentico freak italo-newyorkese (la famiglia era originaria di Nocera Inferiore) ha iniziato a suonare la chitarra all’età di 10 anni copiando i Grand Funk Railroad. Un amico gli prestò Hot Rats e s’innamorò di Willie the pimp. All’età di 13 anni, vide suonare Frank Zappa al Dick Cavett Show, all’epoca in cui suonavano con lui i Turtles. Si emozionò ascoltando dal vivo l’assolo di Who are the brain police.
    Nei primi anni ’70, Cuccurullo divenne un fan sfegatato di Frank Zappa: viaggiò in lungo e in largo per vedere Zappa in concerto. Non passò molto tempo prima che Cuccurullo diventasse amico dei membri della band di supporto di Zappa e, infine, dello stesso Zappa.
    Cuccurullo apparve durante un segmento nel backstage del film-concerto di Zappa, Baby Snakes, e nel dicembre del 1978 ricevette la telefonata che stava aspettando, quando fu invitato a provare per un posto vacante come chitarrista nella band. Alla fine, rimpiazzò Adrian Belew. Ottenne il concerto apparendo in diversi tour di Zappa e in album come Joe’s Garage: Acts 1-3, Shut Up & Play Yer Guitar, Tinseltown Rebellion e i volumi 1, 4 e 6 di You Can’t Do That On Stage.
    Tra le passioni di Cuccurullo: culturismo, pornografia, esibizionismo. Nel 2000 accettò di posare nudo per una rivista gay brasiliana, G Magazine.

    Warren Cuccurullo dovette fare una scelta dopo le sessioni del Joe’s Garage: “La decisione più difficile della mia carriera. La band cambiava continuamente e io volevo una situazione stabile. Fui assunto da Terry e Dale Bozzio (nel gruppo Missing Persons) e avevamo già scritto una decina di canzoni insieme. Avevamo trovato qualcosa di speciale e a Frank piaceva. Quando mi ha richiamato per un tour con lui, gli ho detto che avrei preferito rischiare con questa nuova band. Ci ha augurato tutta la fortuna del mondo. E, con la sua benedizione, ci abbiamo provato”.

    “Ero con John Smothers all’Hyde Park Hotel, nella stanza di Donovan, con la sua famiglia. Stava rollando spinelli con l’aiuto dei suoi figli. John ci guardava per evitare che Frank ci beccasse. Ma è apparso con Gail! Ha immediatamente messo fine alle nostre attività cacciandoci dalla stanza”.
    (Warren Cuccurullo, T’Mershi Duween, 1994)

    Warren Cuccurullo Via Veneto Interview

    https://www.youtube.com/watch?v=AQfhP-oor7Y

  • Frank Zappa & LA Experience: satire on Los Angeles, ‘Babylon of plasticity’, review, 2 songs

    Frank Zappa & LA Experience: satire on Los Angeles, ‘Babylon of plasticity’, review, 2 songs

    City of Tiny Lights (Live Palladium, NY, Halloween 1977), Valley Girls (1982 video with Frank Zappa Daughter Moon Unit)

    Una delle principali preoccupazioni di Zappa sembra essere l’accurata rappresentazione di quella che si potrebbe chiamare “LA Experience” o “Los Angeles is a state of mind”.
    Molti dei pezzi satirici di Zappa trattano di questa dilagante ‘Babilonia di plasticità’.
    Zappa è riuscito a distillare l’essenza della mentalità di Los Angeles nella sua forma più pura. Quei mostri che vivono a Los Angeles servono come una sorta di specchi da bar che distorcono la contraddizione fondamentale dell’esistenza in una valle di cemento e smog in quella che può essere definita “irriverenza plastica”. Chi c’è stato lo sa. Chi non l’ha fatto, non lo saprà mai.
    Il segreto del successo di Frank Zappa con gli artisti che sceglie di registrare potrebbe essere chiamato “l’approccio dell’orecchio della mosca” alla registrazione: è rilassato e totalmente naturale, pur essendo strettamente organizzato e abilmente montato.
    Zappa è un maestro nell’arte della rappresentazione elettronica, non solo del talento ma anche della personalità e dello stile di vita. In effetti, potrebbe aver inventato quei rami dell’arte.
    (Crawdaddy, 1970, vol. 4)

    “Quando andiamo in tour, la vita nel gruppo comincia ad assomigliare a quella nell’esercito. Ogni concerto è una campagna ed è molto probabile che non si sappia dove ci si trova in un dato momento. Seduto nella propria stanza, il più delle volte impegnato con gli altri ragazzi del gruppo, potresti anche essere a casa a Los Angeles. Sembra che portiamo sempre con noi una “bolla misteriosa” della coscienza di LA e all’interno di quella bolla accadono cose strane”. (Impact, gennaio 1972)

    Freak Out! porta il dadaismo della costa occidentale a sopportare l’esplosiva plasticità della controcultura degli anni ’60. Distruggendo la scena di Los Angeles, Zappa ci guida attraverso il mondo di Sunset Strip immergendosi nel suo prezioso doo-wop (“Go Cry On Somebody Else’s Shoulder”) e raccontando en passant le rivolte di Watts del 1965 (“Trouble Every Day”). (Uncut, febbraio 2006)

    I Mothers divennero, inizialmente un po’ per gioco e un po’ per necessità, un laboratorio creativo permanente. Ciò accadde non a Los Angeles ma a New York, tra la primavera e l’estate del 1967, al Garrick Theatre. Il che spiega anche perché Zappa si perse la Summer of Love californiana, guadagnando in compenso gloria eterna.
    (tratto dal libro “Il teatro musicale dei Mothers of Invention” di Gianfranco Salvatore)
    In una celebre intervista degli anni ’80, alla domanda rivolta a Frank da un giornalista che, non conoscendolo bene, lo vedeva come un hippy: “Quali sono i tuoi ricordi della Summer of Love?”, lui rispose: “Non ricordo alcuna Summer of Love, ma The Golden Age of Fucking!”.
    (Rockerilla, settembre 2016)

    “Uncle Meat” è un’esperienza, non un film; un concetto che nasce direttamente dalle tecniche compositive di Frank Zappa. Puoi intuitivamente afferrare Zappa ma non essere in grado di spiegarlo se non in altre immagini: la sua musica è fantasiosa, crea immagini di Los Angeles, polizia robotica alimentata da plastica e bambini perduti, lapidati, super-psichedelici in un mondo folle.
    Uncle Meat è una visione della follia interpretata attraverso la mente di Zappa e le Madri sono gli attori di una pazza farsa: sono i contrasti di un mondo folle, gli attori di uno psicodramma che non ha inizio né fine.
    Il dialogo è dolorosamente casuale ma simbolico; rappresenta il caos in corso… Se siamo tutti pazzi e vediamo la follia di un governo impazzito forse è perché anche loro sono nel film.
    (Rock Magazine, 8 giugno 1970)

    https://www.youtube.com/watch?v=BeeTrv41ATo&t=442s

    “La radio di Los Angeles non dà al pubblico la possibilità di ascoltare tanta musica interessante come succede nel Midwest. La radio di Los Angeles è una delle radio più noiose del Paese”.
    (Frank Zappa, Record World, 21 gennaio 1978)

    Zappa una volta ha detto a un intervistatore che Freak Out è stato realizzato dopo che “ho realizzato registrazioni di ricerche sul comportamento di ragazzi di 17 anni in Ontario, California” e sembra proprio così.
    È un aspro commento sul mondo dei centri commerciali delle autostrade della California meridionale, la società che incoraggia il fiorire del cemento e del neon e sulle vittime della grossolana mega-crescita di Los Angeles: i giovani. (BAM, gennaio 1978)

    Nella canzone City of Tiny Lights, Zappa si riferisce a Los Angeles. Il brano è noto per i suoi testi satirici ed i complessi arrangiamenti musicali. I testi sono sorprendentemente vuoti e ripetitivi, un modo per tradurre in canzoni le minuscole menti dei minuscoli abitanti.

    https://www.youtube.com/watch?v=_zr42ZiXD3Q

    “Valley Girl” interpretata da Moon Unit Zappa, la figlia di Frank, prende in giro gli abitanti più superficiali e materialisti della San Fernando Valley di Los Angeles.

  • Frank Zappa, the ‘Bulgarian bagpipe’ technique: what is it? 2 songs

    Frank Zappa, the ‘Bulgarian bagpipe’ technique: what is it? 2 songs

    Gee, I Like Your Pants e Variations On The Carlos Santana Secret Chord Progression (dall’album Shut Up And Play Yer Guitar, 1981)

    Vorrei chiederti una tecnica specifica che sembra essere un ‘motivo Zappa’ in molte delle tue registrazioni: la tecnica della ‘cornamusa bulgara’.
    “Intendi con il plettro alle corde? Con la mano sinistra batti le note e con la mano destra batti le note anche con un plettro. Invece di pizzicare la corda che stai premendo, la colpisci e poi la premi contro il tasto in modo da azionarla e determinarne anche l’altezza: puoi muoverti avanti e indietro molto velocemente in quel modo solo puntandolo in basso verso la corda. Puoi ascoltarlo su “Gee I Like Your Pants” e “Variations On The Carlos Santana Secret Chord Progression”. In realtà, l’ho imparato dal batterista Jim Gordon, che l’ha appreso da un altro chitarrista. Me lo mostrò nel 1972. Fu allora che vidi per la prima volta qualcuno farlo: la prima volta l’ho usato in concerto a Vienna nel ‘72 o ‘73. Ho deciso che l’avrei provato e, da quel momento, l’ho fatto”.
    (Down Beat, febbraio 1983)

    Cosa pensi della musica indiana?
    “Ho sempre amato la musica indiana. Pensavo di andare in India per ascoltare questa musica ma poi ho scoperto quanti vaccini dovevano farti e quali malattie si rischiano e mi sono limitato ad ascoltare i dischi. Mi piace la musica indiana e mi piace molto la musica bulgara”.
    Hai mai assistito a un concerto di donne bulgare? Le hai incontrate?
    “È stata un’esperienza abbastanza spaventosa. Portano con sé alcuni musicisti. C’è un ragazzo che suona una specie di batteria o qualcosa di simile alla chitarra, ma questi ragazzi sembrano far parte del KGB bulgaro, come cani da guardia del gruppo. Avevano un look speciale, un cappotto di pelle nera, e stavano nel backstage. Una volta finito il concerto, le ragazze erano tutte nel camerino. Erano in fila per un ricevimento formale e siamo entrati per salutarle, poi ci hanno fatto uscire. Non potevi avere alcuna comunicazione con loro”.
    Ascolti mai musica africana, roba tribale?
    “Sì, l’ho ascoltata. Molte persone sono affascinate dal ritmo, ma il ritmo non è così eccitante per me. Non sono interessato alla musica africana come lo sono per la musica bulgara, sarda o indiana. Penso che molte persone ascoltino musica africana e vogliano consumarla nello stesso modo in cui consumerebbero un disco di una drum machine statunitense. Quel ritmo fantasioso e costante. Il mio gusto per il ritmo va in altre direzioni”.
    E la musica asiatica? Indonesiana? Gamelan, balinese o giavanese?
    “Mi logora. Il timbro è bello, ma va avanti all’infinito: possono suonare la stessa cosa pentatonica per secoli e secoli. È simile alla musica minimalista”.
    Che mi dici della noh music? Giapponese?
    “Mi piace. E’ come la musica da fantascienza di Webern con gente che fa grugniti irregolari seguiti da un colpo di batteria e tutta questa roba stranamente equilibrata. Include punti sonori nel tempo stranamente bilanciati, non ho idea di cosa si tratti o cosa succederà sul palco, ma il suono è qualcosa che trovo interessante”.
    (Best of Guitar Player, 1994)

    “La mia musica preferita, dopo quella bulgara, è la musica tradizionale indiana. E’ una forma molto interessante di serialismo, anzi uno dei primi esempi in assoluto di musica seriale, ed è sicuramente più piacevole da ascoltare della musica seriale contemporanea: ci sono regole precise per determinare, in un dato raga, quali gruppi di note possono essere usati in senso ascendente e quali in senso discendente, nonché i limiti entro cui quelle stesse note possono essere variate nell’improvvisazione, e in un certo senso tutto questo è molto seriale.
    Credo che ci sia una certa affinità con il mio modo di lavorare, perché anch’io ho a che fare con materiali tonali e con cose che talvolta all’ascolto possono non sembrare tonali perché implicano combinazioni di intervalli estranee ad ogni armatura di chiave tradizionale; tutto questo materiale, poi, viene manipolato attraverso strategie seriali che assomigliano più ai processi di sviluppo della musica indiana che non al serialismo matematico europeo e occidentale, quello che si studia sui testi universitari”.
    Il raga come congegno di proliferazione seriale, dunque: l’interesse squisitamente etno-musicologico si stempera nell’attenzione ai modelli compositivi.
    (Riccardo Giagni, Sonora n. 4 – 1994)

    Sei sempre stato sottovalutato come chitarrista rock. Il tuo stile è basato sul blues ma è molto originale e distintivo.
    “La base deriva sia dalla musica orientale sia dal blues. Penso che sia naturale per me. Parte dell’influenza orientale è simile ai suoni greci, turchi, bulgari e indiani”.
    (Down Beat, 18 maggio 1978)

  • Frank Zappa, the longest and the shortest concert ever: Halloween ’78 – Mannheim 1982, review

    Frank Zappa, the longest and the shortest concert ever: Halloween ’78 – Mannheim 1982, review

    Halloween ’78 NYC Palladium concerto completo (31 ottobre 1978, durata: 4 ore circa), The Big One Band con Frank Zappa, Patrick O’Hearn, Arthur Barrow, Denny Walley, Vinnie Colaiuta, Ed Mann, Tommy Mars, Peter Wolf
    Ospiti: L. Shankar, Warren Cucurullo (monologo) e Nancy (monologo)

    1 Crowd, Tuning
    2 Ancient Armaments
    3 “The Big One” Intro
    4 Dancin’ Fool
    5 Easy Meat
    6 Honey Don’t You Want A Man Like Me?
    7 Keep It Greasey
    8 The Meek Shall Inherit Nothing
    9 City Of Tiny Lights
    10 Pound For A Brown
    11 Thirteen
    12 Ms. X story
    13 Girl from the audience
    14 Dinah-Moe Humm
    15 Go Cry On Somebody Else’s Shoulder
    16 Little Rubber Girl
    17 The Idiot Bastard Son
    18 Bobby Brown
    19 Conehead
    20 Suicide Chump
    21 Little House I Used To Live In
    22 Zeets
    23 Watermelon In Easter Hay
    24 Stinkfoot
    25 Take Your Clothes Off When You Dance
    26 Peaches En Regalia
    27 Strictly Genteel
    28 Sofa
    29 Packard Goose
    30 Magic Fingers
    31 Yellow Snow Suite
    32 Camarillo Brillo
    33 Muffin Man
    34 Black Napkins
    35 The Deathless Horsie

    Nel 1978, Zappa suonò al Palladium di New York City per sei spettacoli: dal 27 ottobre al 31 ottobre.
    Il leggendario live del 31 ottobre 1978 è il concerto più lungo di sempre di Zappa: dura 4 ore circa.
    Questo concerto vanta assoli di chitarra eccezionali e grandi abilità musicali della band in alcuni dei materiali più difficili di Zappa.
    E’ un bootleg ma non importa, il live è fantastico. Parte di questo live è stato pubblicato in DVD.

    https://www.youtube.com/watch?v=9iuu8A89tlc&t=314s

    L. Shankar viene presentato per la canzone “Thirteen”, l’esibizione è preziosa.
    Warren Cuccurullo sale sul palco per raccontare una storia: confessa di essersi infatuato di una donna ‘compromettente’, un travestito.
    L. Shankar ritorna per suonare il violino in “Conehead”, mentre la band fornisce un groove davvero fantastico in sottofondo.
    “Packard Goose” è una canzone ricca di cambi di tempo: Shankar e Zappa si scambiano riff ed è questa la parte più impressionante e sinergica dello spettacolo.
    “Yellow Snow Suite” viene presentata nella sua interezza così come è sempre stata eseguita.

    Il concerto più breve di sempre di Frank Zappa e della sua band è quello di Mannheim (Rhein Neckar Stadion), in Germania, del 6 giugno 1982.
    Il concerto all’aperto è stato interrotto a causa di un forte temporale. Durante la seconda canzone della scaletta, FZ ha interrotto il live perché qualcuno aveva lanciato oggetti sul palco e, poi… è arrivata la pioggia.
    Il concerto dura 10 minuti e include tre brani: Sofa, Montana e Easy Meat (interrotto).
    La band è composta da Frank Zappa, Ed Mann, Tommy Mars, Robert Martin, Scott Thunes, Steve Vai, Chad Wackerman e Ray White.

    Non di rado, Frank Zappa ha interrotto lo spettacolo a causa del comportamento del pubblico (lancio di sigarette, bottiglie ed altri oggetti sul palco).
    E’ successo, ad esempio, al concerto del 1° luglio a Ginevra, a Colonia (19 novembre 1977) a Providence (8 novembre 1980), Detroit (26 novembre 1980 e 25 novembre 1981), Tucson (9 ottobre 1981), Santa Monica (11 dicembre 1981) e Kiel (23 maggio 1982).

  • Allan Zavod meets Frank Zappa (6 songs): interview, review

    Allan Zavod meets Frank Zappa (6 songs): interview, review

    Does humor belongs in Music (live 26 agosto 1984 a “The Pier”, New York City)
    Frank Zappa & Archie Shepp (Let’s Move To Cleveland Solos) Live registrato nel 1984, fa parte dell’album “You Can’t Do That on Stage Anymore, Vol. 4” (Ryko Disk, 1988)
    Advance Romance (Live al Majestic Performing Arts Center San Antonio, Texas, 10 dicembre 1984)
    Nig Biz + Alien Orifice (Stony Brook University, NYC, 3 novembre 1984)
    Chana In De Bushwop (Stony Brook University, NYC, 3 novembre 1984)

    Allan Zavod (16 ottobre 1945 – 29 novembre 2016) è stato un pianista, compositore, musicista jazz e direttore occasionale australiano. Ha suonato con star del jazz e con Frank Zappa. Ha fatto parte del tour mondiale del 1984 ed è accreditato su 10 album di Zappa: appare in “Does Humor Belong in Music?”.
    Ha iniziato la sua carriera nei primi anni Settanta a New York come pianista di big band, lavorando con la Glenn Miller Orchestra, Woody Herman, Mike Gibbs e Gary Burton, Maynard Ferguson e la Thad Jones-Mel Lewis Orchestra, prima di unirsi a Jean-Luc Ponty nel 1976.
    Allan ha lavorato con James Morrison, Eric Clapton, George Benson, Cab Calloway e molti altri.

    Nel 1984, Zavod ricevette una telefonata da un amico a Los Angeles: “Zappa vuole che tu faccia subito il provino”. Percorse 600 km fino a Los Angeles arrivando verso le 3 del mattino.
    “Mi ha messo davanti una musica impossibile che nessuno poteva leggere; era peggio che cercare di leggere una partitura di Stravinskij – ricorda Zavod – Era pieno di 9/3 e 7/16. Ho faticato e ho pensato ‘Mi sta prendendo in giro’. Poi abbiamo suonato insieme spontaneamente e mi ha dato il lavoro all’istante”.
    Allan trascorse l’anno successivo in tournée con il selvaggio Zappa sperimentale. La sua fusione di rock, jazz e musica classica ha favorito l’educazione musicale e l’esperienza di vita di Zavod.
    L’attrattiva di Allan Zavod risiedeva nell’opportunità di oltrepassare i limiti e le convenzioni per assumere un ruolo che Duke Ellington una volta descrisse come ‘il risolutore di problemi’.

    Zappa si comportava come una sorta di figura paterna benevola e come leader della band; diceva ai suoi musicisti che voleva fossero felici, che andassero avanti e si divertissero, ma pretendeva anche l’eccellenza.
    “Dopo un anno in tour con Zappa – racconta Zavod – musicalmente non avevo paura di nulla”.
    “Suonare con Zappa era una sfida, ti permetteva di estendere le tue capacità musicali oltre la più sfrenata immaginazione. Come musicista non è mai stato noioso. Ogni notte era una nuova esperienza. Abbiamo fatto 250 spettacoli in un anno; ogni spettacolo era unico”.
    “Il primo giorno di tre settimane di prove, Frank mi presentò 200 brani e mi chiese se potevo impararli in quel lasso di tempo. Ho iniziato a rendermi conto che non potresti mai imparare tutta la musica di Frank: è un’avventura continua”.

    “I testi di Zappa erano una caricatura degli atteggiamenti sessuali perversi che esistono nella vita americana. Di solito, c’era un messaggio serio dietro i testi strani e talvolta maniacali. L’uomo Zappa non era strano e selvaggio. Era un compositore serio, uno dei musicisti più professionali con cui abbia mai lavorato. Era un disciplinare del tipo più severo quando si trattava di guidare la band in esibizioni serrate. Per i controlli del suono si impiegavano tre ore per le prove su base giornaliera. Abbiamo suonato così tanti stili diversi, tutti eseguiti con sincerità e con enorme sentimento. Abbiamo suonato di tutto: gospel, Broadway, jazz, musica classica atonale del XX secolo, rock e pezzi umoristici con cliché che ricordano Spike Jones. Non abbiamo mai suonato come una band jazz che cerca di suonare altri stili perché abbiamo suonato rock dell’intestino con pura sensazione e, il momento successivo, abbiamo intellettualizzato su un po’ di musica classica, anche con il soul”.
    “Con Frank dovevi stare attento a non rivelare troppo di te stesso o saresti finito in una canzone sul palco che poteva riguardarti”. Durante il tour 1984 di Zappa, Allan indossò per lungo tempo gli stessi pantaloni blu, tanto che Frank nello show cantò qualcosa come “I pantaloni blu di Allan” dicendo quanto fossero disgustosi.
    “Frank raramente si circondava di amici: la sua famiglia era sua amica. Fu uno shock quando a casa sua propose di uscire a cena. Al Brown Derby Restaurant di LA, dove le star del cinema sono all’ordine del giorno, tutte le teste si sono rivolte verso Frank… Zappa ha fan devoti ovunque”.

    Allan era noto per la sua parte “Vulcano”. Frank raccontò che “Allan Zavod, il nostro tastierista del 1984, avrebbe concluso il suo assolo con questa cosa che tutti chiamavano ‘Il vulcano’. Allan è un grande pianista (e compositore di film). Forse – visto che lavorava in una band rock and roll – pensava che quel tipo di assolo fosse il veicolo adatto per proiettare la sua aura in vaste aree continentali”. (autobiografia di Frank Zappa)

  • Chad Wackerman meets Frank Zappa (The Black Page The Black Page #2 Mo ‘N Herb’s Vacation): interview

    Chad Wackerman meets Frank Zappa (The Black Page The Black Page #2 Mo ‘N Herb’s Vacation): interview

    The Black Page #2 (Live at Palladium, New York 1981)
    Peter Rundel Conducts Zappa – Mo ‘N Herb’s Vacation Pt I (2005, Teatro La Fenice, Venezia) con Chad Wackerman alle percussioni
    Terry Bozzio e Chad Wackerman (The Black Page, Drum Solo)

    Dichiarazioni di Chad Wackerman estratte da Percussioni, gennaio 1994
    “Quando suoni con Zappa, molta gente dà per scontato che tu sia un batterista ‘fusoide’ che sa solo suonare molto velocemente. Io non voglio essere identificato come un batterista fusion perché la maggior parte della musica chiamata ‘fusion’ non mi interessa”. (da Modern Drummer, dicembre 1988)
    “Con lui bisogna sempre tenere gli occhi aperti perché ci sono moltissimi segnali visivi. Se Frank tiene la mano sopra la testa con le dita in basso e poi agita le dita avanti e indietro, come una nuvola carica di pioggia, vuol dire: ‘suona come i Weather Report’. Se si tira una ciocca di capelli alla sinistra della testa, come un dreadlock, vuol dire reggae; se lo fa da tutti e due i lati significa ska”. (da Musician n. 70, agosto 1984)

    Nell’autunno del 1981, in occasione di un nuovo tour, entrò nel gruppo l’ultimo batterista zappiano, Chad Wackerman: una specie di computer umano, all’epoca appena ventunenne, capace di produrre al fianco di Zappa suddivisioni ardite, poliritmi intricati e metri additivi d’ogni sorta, esibendo un magistero tecnico ritenuto da alcuni ineguagliabile, una gelida efficienza secondo altri. Wackerman era figlio di un batterista jazz e si era formato fin da piccolo ai seminari di Stan Kenton, per poi dedicarsi al rock durante il college, ma finendo col suonare nella big band di Bill Watrous. L’esperienza con Zappa ne ha fatto comunque un batterista richiestissimo dai chitarristi più impegnativi: lo vedremo, infatti, in seguito al fianco di guitar heroes come Albert Lee, Andy Summers e soprattutto Allan Holdsworth oltre che in una remunerativa esperienza commerciale, quella dei Men at Work, consumata però in soli quattro mesi.
    Il provino a cui partecipò Wackerman durò tre giorni e vi si sottoposero ben 40 strumentisti. Il batterista non lesse a vista The Black Page perché, a suo dire, era in grado di suonare quintine e sestine ma non aveva esperienza delle più complesse poliritmie zappiane, ma Zappa ebbe modo comunque di intuire il suo valore, cogliendone il “favoloso talento batteristico” e lo assunse dandogli la solita lista di suoi album da studiarsi e raccomandandogli di non diventare mai un clone di Bozzio o Colaiuta: “non voglio la replica di qualcuno che ho già avuto”. Ciò fu di grande aiuto a Wackerman nella ricerca di uno stile personale e forse suggerì anche l’adozione della Simmons SDS-7: un’evoluzione abbastanza naturale del modo in cui Zappa aveva missato Joe’s Garage aggiungendo effetti elettronici alla batteria di Colaiuta. Il batterista sostiene che, nella preparazione del primo tour, il brano ritmicamente più complesso era Mo ’n Herb’s Vacation. “Cominciai a sezionarlo battuta per battuta, cercando prima di individuare le suddivisioni, suonandone le note col ritmo e la velocità giusti. Il passo successivo fu di organizzare lo sticking perché le note erano tante e certe alternanze delle bacchette l’avrebbero reso più facile e più fluido. Alla fine vennero le dinamiche, gli accenti, gli ultimi dettagli”.
    A partire dal tour del 1984, Zappa cercò di trovare un diverso equilibrio tra suoni acustici ed elettronici nella sezione ritmica: eliminata la Simmons, Wackerman adottò un set formato da piatti, cassa e rullante normali con l’aggiunta di 10 pads per i suoni elettronici e campionati. La capacità del batterista di usare percussivamente questi effetti impressionò notevolmente Zappa che in un’intervista lo definì “il mio batterista più sperimentale, in grado di sviluppare uno stile basato sui campionamenti”.
    Wackerman si dimostra meno fantasioso di Colaiuta, meno elastico di Bozzio, meno funky di Thompson, ma con un drumming più ‘razionale’ di quello di tutti i suoi predecessori. Ma si farebbe un torto a Wackerman se non gli si riconoscesse una notevole qualità melodica, che lui stesso ha tecnicamente illustrato:
    “Tengo i tom-tom molto aperti: sono la cosa più vicina a note melodiche e dunque penso melodicamente le loro voci, mentre altre cose come i rullanti le penso in maniera percussiva. Altri pezzi ancora come i piatti possono essere pensati come sonorità di ottoni e la cassa come la voce inferiore, quasi un coro sovrapposto alla sezione degli ottoni con alcune cose che dialogano a botta e risposta”.
    (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

    “Frank ha condiviso il mio punto di vista secondo cui è il batterista il motore del gruppo che lo fa andare avanti. È raro trovare un chitarrista che abbia una tale opinione! Un altro membro della band di Frank all’epoca era un sostenitore di questa idea: Steve Vai”. (Chad Wackerman, Music Box n.1 – 2015)

  • Frank Zappa, Sofa (7 versions): review, meaning

    Frank Zappa, Sofa (7 versions): review, meaning

    Sofa No. 1 (album One Size Fits All, versione strumentale, 1975)
    Sofa No. 2 (album One Size Fits All, versione vocale, 1975)
    Sofa (1977 Mix), Zappa Original Motion Picture Soundtrack (2020, UMG)
    Sofa (album Zappa In New York, 1978)
    Sofa No. 2 (live in Munich, 1978)
    Sofa #1 (album The Best Band You Never Heard In Your Life, 1991)
    Sofa No. 1 (album Zappatite, 1991)

    In copertina: artwork di Salvador Luna (Lunatico)

    Inizialmente, Sofa veniva eseguita soltanto live. Faceva parte di una composizione più lunga nel periodo di Flo e Eddie, quando Mark Volman fingeva di essere un divano.
    Nel 1975, Sofa fece la sua prima apparizione nell’album One Size Fits All (1975) come versione strumentale e vocale (“Sofa No. 1” e “Sofa No. 2”). Al centro della copertina dell’album c’è un enorme divano con le iniziali OSFA, anagramma di SOFA.
    Nello stesso anno, “Sofa No. 2″ fu pubblicato come singolo in Germania col titolo di “Du bist mein Sofa”. La traccia di “Sofa No. 1” è apparsa nell’album live Zappa in New York (1976) con il titolo di Sofa.
    Nell’album You Can’t Do That on Stage Anymore vol. 1, Sofa #1 è la versione vocale e “Sofa #2” è la versione strumentale. Sia in One Size Fits All che in You Can’t Do That on Stage Anymore, vol. 1, “Sofa No./#1” è la traccia 3, mentre “Sofa No./#2” conclude ciascun album.
    Nell’album Playground Psychotics, il brano è rinominato “Divan”.
    Sofa è una delle canzoni di Zappa più citate in tutta la sua discografia. E’ una miscela unica di rock, jazz e musica sperimentale.

    Nel 1993, Steve Vai fece una cover di Sofa per l’album tributo a Zappa (Zappa’s Universe). La cover vinse un Grammy Award nel 1994 per la migliore performance strumentale rock: fu il primo dei 3 Grammy vinti da Steve Vai.

    Sofa era la canzone preferita di Gail Zappa, moglie di Frank.
    Matt Groening, ideatore dei Simpsons, era un patito fan di Zappa. Il famoso divano della serie animata prende spunto da Sofa.

    La versione vocale di Sofa contiene testi in inglese e in tedesco. I testi in inglese citano vari elementi della natura (cielo, acqua, nuvole), mentre quelli in tedesco descrivono la ‘dinette cromata del divano’, ‘ tutti i giorni e tutte le notti’.
    Ya Hozna (incluso nell’album Them or us, 1984) include parti vocali di Sofa No. 2 suonate al contrario, parti di Lonely Little Girl (dell’album We’re Only in It for the Money) e materiale inutilizzato di Valley Girl (album Ship Arriving Too Late a Save a Drowing Witch) riprodotto in reverse.

    Significato di Sofa No. 1
    Il significato della canzone, aperto all’interpretazione, esplora vari temi: desiderio, conforto, introspezione.
    Il divano simboleggia una piccola oasi, un luogo di riparo lontano dal caos, una ricerca di conforto in tempi difficili, tra vulnerabilità e introspezione. Evoca una serie di emozioni, dalla tranquillità alla malinconia e alla nostalgia. Spinge l’ascoltatore a riflettere sulle proprie esperienze ed emozioni.

    Sofa (Swiss Cheese/Fire!) di Zappa è un brano complesso e surreale che approfondisce i temi dell’identità, desiderio e ruolo del potere nelle relazioni. Nei dialoghi in inglese e tedesco, Frank Zappa si lancia in una narrazione tanto umoristica quanto introspettiva.
    Mark Maroon sostiene di essere un grasso divano maroon: cerca di spiegare la sua identità al pubblico che, però, all’inizio sembra confuso e non riesce a indovinare chi sia veramente Mark Maroon.
    Questa confusione è lo spunto di una storia fantastica in cui il Signore in persona, accompagnato dal suo fedele San Bernardo (Wendell), esprime il desiderio di possedere un bel divano. Per esaudire questo desiderio, il Signore si consulta con gli ingegneri celesti chiedendo di pavimentare il divano galleggiante. In tedesco chiede un pavimento in legno e subito appaiono tavole di quercia.
    La canzone prende una piega surreale quando il Signore inizia a cantare una serie di frasi in tedesco e in inglese che evidenziano il suo potere e la sua presenza divina. Si proclama il cielo, l’acqua, lo sporco e la sporcizia segreta. Trasmette un senso di onnipresenza e di controllo: il Signore afferma di essere l’autore di tutte le ruote e del tavolo da pranzo cromato, la sua autorità su tutte le forme di vita, incluse le uova. Ripete la frase “Ich bin hier und du bist mein Sofa” rafforzando il suo senso di proprietà e dominio sul divano, che potrebbe significare il senso del Sé e dell’identità dell’individuo.
    In seguito, il Signore canta in tedesco di comete e gas oscuri. Ad un certo punto, richiede la presenza di una ragazza bassa e di un maiale magico di nome Squat. Il testo diventa esplicito, sessualmente carico con frasi come “fuck me, you ugly son of a bitch” e “stick out yer hot curly weenie”.
    Il testo può essere visto come un commento sulle dinamiche di potere e sull’uso del linguaggio per affermare il controllo. Il Signore chiederà alla ragazza bassa di compiere gesti misteriosi.

  • Frank Zappa, Clownz On Velvet (3 versions), Al Di Meola Ritz NYC, Thing-Fish, Sporthalle: review

    Frank Zappa, Clownz On Velvet (3 versions), Al Di Meola Ritz NYC, Thing-Fish, Sporthalle: review

    Clownz On Velvet (The Ritz, NYC, 17 novembre 1981, dall’album Zappa in New York 1981) con Al Di Meola

    Clowns On Velvet (dall’album Thing-Fish, 1984)

    Clownz On Velvet (Live a Sporthalle, Linz, Austria, 29 giugno 1982)

    Zappa & Di Meola – Clownz On Velvet
    Al Di Meola si esibì con Frank Zappa in un concerto al Ritz di New York il 17/11/1981.
    Frank voleva pubblicare ufficialmente questa performance, ma Al Di Meola rifiutò perché non pensava che il suo assolo fosse abbastanza buono. Beh, aveva torto. Guitar Play Magazine ha condotto un sondaggio per creare un elenco di concerti memorabili e questo particolare spettacolo al Ritz è stato nominato “il miglior concerto di sempre da chiunque”.
    Clownz On Velvet fa parte dell’album Zappa in New York (1981).

    Il brano Clowns on Velvet è incluso anche nell’album Thing-Fish (1984).
    L’album The Thing Fish narra di una sostanza (Galoot Cologne) potenzialmente letale per omosessuali e persone di colore, sviluppata da Evil Prince. Quest’ultimo ordina di sperimentarla nella prigione di San Quentin: le ‘cavie’ che assumono questa sostanza si trasformano: si ritrovano con una testa a forma di patata, labbra a becco d’anatra e vestite da suora. Alcuni sopravvissuti a questo test organizzano un musical, un’opera rock.
    Thing-Fish (triplo album in vinile) racconta le avventure di Harry e Rhonda, coinvolti nello spettacolo.
    Per illustrare la storia, Zappa riutilizzerà ampie sezioni delle sue composizioni passate: “Zoot Allures”, “Tinseltown Rebellion”, “You Are What You Is”, “Ship Arriving too Late to Save a Drowning Witch”.
    Nel secondo disco, entra in scena Quentin Robert dei Nameland, in cerca di una donna dalle curve generose. In “Clowns On Velvet” appare Harry-as-a-Boy, una vecchia versione di Harry. E’ diventato omosessuale dopo aver notato che i gay arrivano più rapidamente alle alte cariche dello Stato rispetto agli eterosessuali. Non nasconde di essere uno strumento dello Stato impegnato a convertire la popolazione in omosessuali per impedire la crescita demografica.
    Nel brano Clowns On Velvet, Thing-Fish parla del paradiso degli ipocriti rompicazzo cristiani chiamato Las Vegas (Nevada). Quentin, che lavora nel settore della video-religione, fissa un incontro clandestino con una donna di facili costumi parzialmente sgonfiabile. Quando la vede, si sente miracolato: quella brutta cameriera di gomma gli sembra un sogno che si avvera. Intanto, la moglie ‘televisiva’ di Quentin (Opal) si trova nella stanza accanto a bere Jack Daniel’s, impegnata a mettere le mani addosso al fattorino ignorante di turno. Si scopre che il fattorino è il figlio illegittimo del tele-evangelista.
    Sempre nel secondo disco (al lato B), tutti vanno in cerca di un partner. Rhonda diventa una dominatrice e cerca di sottomettere Harry che, nel frattempo, sposta le sue attenzioni su una bambola gonfiabile. Descrive la sua ragazza di plastica in “Artificial Rhonda” che diventa madre: il suo bambino si chiama “Crab-Grass Baby” e ha una voce elettronica. Harry pensa di essere suo padre ma il vero padre è Quentin. La voce del bambino è sintetizzata su un Mockingbird (un computer).

    https://www.youtube.com/watch?v=ek7mv1MvqD4