Frank Zappa's mustache - Music is the Best

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  • Frank Zappa, Underground Freak Out Music + Freak Out Zilofone: freak & hippy, due mondi opposti

    Frank Zappa, Underground Freak Out Music + Freak Out Zilofone: freak & hippy, due mondi opposti

    Underground Freak-Out Music (You Can’t Do That On Stage Anymore, Vol. 5, 1992)

    Freak Out Zilofone (The MOFO Project/Object, 2006)

    Zappa una volta ha detto a un intervistatore che Freak Out è nato dopo che ha realizzato “registrazioni di ricerche sul comportamento di ragazzi di 17 anni in Ontario, California” e sembra proprio così.
    È un aspro commento sul mondo dei centri commerciali delle autostrade della California meridionale, la società che incoraggia il fiorire del cemento e del neon e sulle vittime della grossolana mega-crescita di Los Angeles: i giovani. (BAM, gennaio 1978)

    “Ascolterai ‘Freakout’ finché non ti uscirà dal culo” ha detto Frank sul palco celebrando il 10° anniversario dei Mothers a Chicago.
    “Oggi ‘Freakout’ mi sembra un mucchio di demo. Ma devi ricordare che i nostri primi tre album sono stati registrati su una macchina a quattro tracce. Allora non c’erano 16 tracce. L’amplificatore più grande che potevi comprare era il Vox Superbeatle: non avevano nemmeno i Marshall!”
    (Frank Zappa, New Musical Express, 25 maggio 1974)

    “Freak Out! è stato un grande album degli anni Sessanta e rimane attuale. L’idea era quella di mostrare una visione diversa della cultura americana. Se lo ascolti oggi, vedi che non è cambiato molto”.
    (“Talking with Frank” by Fabio Massari, Los Angeles/Sao Paulo, 1991)

    Numerosi critici musicali attribuiscono a Frank Zappa e ai Mothers of Invention la nascita del concept album. Si riferiscono all’album “Freak Out” pubblicato il 27 giugno 1966, che fu anche uno dei primi album doppi della storia ed il primo album d’esordio contenente 2 dischi.
    Il precursore del concept album è anche l’album d’esordio dei Mothers of Invention, band nata 2 anni prima dalle ceneri dei Soul Giants a cui si unì il chitarrista Frank Zappa.
    Da un’idea di Frank nasce il tema centrale di questo concept album: una visione satirica della moderna cultura americana da parte della cultura dei ‘fricchettoni’, gli anticonformisti, gli eccentrici, i tipi ‘strani’, i ‘mostri’.
    Il motivo per cui viene considerato il primo concept album della storia lo spiega proprio Zappa nella sua autobiografia “The Real Frank Zappa Book”:
    “Ogni canzone parlava di qualcosa in particolare. Non avevamo un singolo di punta a cui dover costruire attorno brani di riempimento. Ogni canzone aveva la sua funzione ed un messaggio satirico”.
    Con un totale di 14 brani, i due dischi che compongono l’album “Freak Out” hanno segnato la storia della musica.

    Il primo doppio album di debutto “Freak Out” includeva un intero lato, “Return of the Son of the Monster Magnet”, che era un omaggio a Edgar Varese. (The Washington Post, 7 dicembre 1993)

    I suoi primi album, a partire dal 1966 con “Freak Out” e “Absolutely Free”, furono acquistati più per curiosità che per quello che dicevano; qualcosa con cui terrorizzare i genitori. Frank si è impegnato a indirizzare le persone verso l’auto-riflessione e la consapevolezza del loro ambiente.
    Canzoni come “Plastic People”, “America Drinks and Goes Home”, “I’m Losing Status At The High School” erano alcuni dei suoi numeri più noti di orientamento sociologico. (The Echo, aprile 1970)

    “Ho portato Freak Out! di Frank Zappa in Inghilterra e l’ho suonato ai Beatles. Mi hanno detto, ‘Wow! Da dove viene, amico? È incredibile!’ Non vedevano l’ora di incontrarlo. Quindi ho fatto un sacco di spedizioni avanti e indietro, cercando di coinvolgere le persone”. (Eric Burdon)

    I Beatles erano certamente a conoscenza dell’album Freak-Out dei Mothers quando stavano progettando Sgt. Pepper. (IT, 9-24 aprile 1970)

    “Freaking Out (andare fuori di testa) è un processo in base al quale un individuo abbandona gli standard di pensiero, abbigliamento ed etichetta sociale antiquati e restrittivi per esprimere in modo creativo la sua relazione con l’ambiente circostante e la struttura sociale nel suo insieme” (Frank Zappa)

    “Gli hippy indossavano una specie di uniforme, avevano un uso uniforme della lingua e una mentalità da gregge. I freak erano più individualisti. (Frank Zappa, Humo, dicembre 1993)

    “Odiavo gli hippy. Per me erano un’altra manifestazione del conformismo nordamericano, della tendenza a raggrupparsi in tribù che accettano un vangelo che li fa sentire superiori agli altri. La mia gente erano i “freaks”, i mutanti che avevano uno stile individuale che li separava radicalmente dal resto della comunità. “Freaks” in senso fisico, sessuale o mentale, emarginati per necessità, non per seguire l’ideologia alla moda”.
    (Frank Zappa, El Europeo, maggio 1990)

    “C’è una differenza tra freak e hippy. Agli hippy non importa davvero che aspetto hanno, ai freak importa moltissimo. La loro confezione e la costruzione dell’immagine sono una parte molto importante del loro stile di vita. L’aspetto di un gruppo è collegato alla musica nello stesso modo in cui la copertina di un album è collegata al disco. Dà un indizio di cosa c’è dentro.”. (Frank Zappa)

  • Frank Zappa, Farther O’Blivion: 3 versions, review, meaning

    Frank Zappa, Farther O’Blivion: 3 versions, review, meaning

    Farther O’Blivion – 24 giugno 1973 – Sydney, AU (SBD) Horden Pavillion, Sydney, Australia

    Guitar, Vocals – Frank Zappa
    Violin – Jean Luc Ponty
    Bass – Tom Fowler
    Drums – Ralph Humphrey
    Keyboards – George Duke
    Percussion – Ruth Underwood
    Saxophone – Bruce Fowler Trumpet – Ian Underwood, Sal Marquez

    Farther O’Blivion (dall’album Imaginary Diseases contenente materiale tratto dal Petit Wazoo tour, 1972)

    Farther O’Blivion (dall’album Piquantique-Stockholm, 1973, Rhino 1991)

    FZ: guitar, vocals
    Jean-Luc Ponty: violin
    George Duke: keyboards
    Ian Underwood: woodwinds, synthesizer
    Ruth Underwood: percussion
    Bruce Fowler: trombone
    Tom Fowler: bass
    Ralph Humphrey: drums

    “Farther O’Blivion” è l’ultima parte di una suite in quattro parti intitolata “Don’t Eat the Yellow Snow”, che include anche “Nanook Rubs It” e “Saint Alfonzo’s Pancake Breakfast”. Questi brani apparvero tutti sull’LP Apostrophe del 1974.
    Mentre “fai il funky Alfonzo”, ti viene raccontata la storia di Padre O’Blivion (ricorda, è tutto un sogno!). Un folletto gli ha fatto una sega, la sera prima della raccolta fondi per la colazione con i pancake. Lo trasforma in un fanatico del sesso o qualcosa del genere, mentre la canzone passa da un rock frenetico a una soleggiata festa latina.
    L’ultimo verso, “Buongiorno, vostra altezza/Ooo-ooo-ooo/ti ho portato le tue racchette da neve”, è un tentativo intenzionalmente debole di girare la suite su se stessa e stabilizzarla facendo riferimento alla prima parte della suite.
    Nella versione in studio il pezzo, a questo punto, svanisce. Dal vivo, gli è stato dato un finale adeguato.
    La registrazione del 1979 inclusa in You Can’t Do That on Stage Anymore, vol. 1 presenta un finale lungo e roboante.
    “Father O’Blivion” sembra essere antecedente alla suite, poiché fu presentata per la prima volta nel 1972. Questa proto-versione si trova in You Can’t Do That on Stage Anymore, vol. 6.
    “St. Alfonzo’s Pancake Breakfast” e “Farther O’Blivion” costituiscono un’entità relativamente indipendente nella suite e sono stati eseguiti in questo modo da cover band (come la Bohuslan Big Band).
    Come in gran parte della musica di Zappa, questo brano combina elementi di umorismo, commento sociale e sperimentazione musicale, rendendolo un’opera d’arte ricca e stratificata.
    Il verso di apertura, “Join the march and eat my starch”, è il tipico gioco di parole che crea una frase nonsense ma orecchiabile. Può essere interpretato come un commento sul conformismo e sul seguire ciecamente le norme della società. Il seguito, “unirsi alla marcia”, implica l’assecondare la folla senza pensare criticamente alle proprie azioni.
    Un significato simbolico più profondo suggerisce la natura transitoria della vita, il concetto di oblio e il suo ruolo che gioca nelle nostre vite. Zappa accompagna gli ascoltatori in un viaggio, svelando i misteri che circondano l’idea del nulla. I testi descrivono un personaggio noto come Padre O’Blivion, che sembra personificare il vuoto e l’insignificanza che possono permeare le nostre vite. E’ il terrore esistenziale e l’incertezza che molti individui sperimentano. Esplora la ricerca umana di uno scopo, la ricerca di un significato in un universo indifferente.
    La frase “Nessuno sa di cosa si tratta veramente” sottolinea l’ambiguità e il mistero dello scopo della vita. Anche se gli individui possono avere le proprie interpretazioni e convinzioni, la verità ultima rimane sfuggente e inconoscibile.

  • Frank Zappa e lo strano odore del jazz (parte 2): Dupree’s Paradise (Live 1988)

    Frank Zappa e lo strano odore del jazz (parte 2): Dupree’s Paradise (Live 1988)

    Dupree’s Paradise – Live 1988 (dall’album Make A Jazz Noise Here, 1991)

    “Uno dei motivi per cui i Mothers non sono mai stati associati al jazz è questo: gran parte dei recensori non ha mai ascoltato jazz. Non indovinerebbero a meno che non venisse riportato sulla copertina di un album che siamo stati influenzati dal jazz. Se avessi dichiarato in uno dei primi album di essere stato influenzato da Eric Dolphy o Archie Shepp, negli ultimi cinque anni avrebbero scritto di influenze jazz piuttosto che influenze di Stravinsky… Il gruppo è sempre stato incoraggiato nell’improvvisazione di tipo jazz all’interno di una cornice di musica atonale. Il problema è che la maggior parte del pubblico pensa che il jazz vada da Louis Armstrong a Blood Sweat and Tears”. (Frank Zappa, Sounds, 7 novembre 1970)

    La sua musica non è pop, non è beat, “è per i boyscout” pare abbia detto Frank. Non è nemmeno jazz: “il jazz è troppo etico”. La sua musica è un’altra invenzione.
    (Interviu 8-14 marzo 1979 – estratti dall’intervista rilasciata a Parigi, un giorno prima degli spettacoli a Barcellona e Madrid del 13-14 marzo 1979)

    I MOI costituivano la prima band di jazz elettrico. Ciò non significa, tuttavia, che Zappa utilizzi un tempo costante o uno schema ritmico come fa la maggior parte del jazz. È incline, come Miles Davis, a spezzare i passaggi oscillanti dopo un po’, spostare il tempo, utilizzare accelerazioni e rallentamenti e cambiare tutto in termini di schema e ritmo. (Datebook, 8 dicembre 1968)

    Hot Rats era jazz alla portata di tutti e, allo stesso tempo, un rock per le masse che ti faceva sentire sofisticato, una spanna al di sopra degli altri dischi di successo di quell’anno (Led Zeppelin, Allman Brothers, Santana, Stooges e Mott The Hoople). (Classic Rock, luglio 2015)

    Durante il concerto i Mothers suonano diversi lunghi brani in cui tutti hanno la possibilità di suonare. Poiché molti dei musicisti hanno un vasto background jazzistico (Preston, i fratelli Gardner e Underwood) il loro modo di suonare in questo contesto chiarisce le differenze tra improvvisazione jazz e rock.
    Una qualità essenziale dell’assolo jazz è il senso che trasmette di movimento in avanti attraverso il tempo, che è il risultato (credo) del ruolo del solista jazz anche nei contesti più semplici: stabilire e rivelare la sua identità.
    Nel tipico assolo rock questo tipo di movimento in avanti si verifica raramente. C’è, invece, una quantità di spazio da decorare con la curva emotiva, una conclusione scontata. Ecco perché molti ascoltatori di jazz trovano noiosi gli assoli rock, non importa quanto ben suonati. (Down Beat, 30 ottobre 1969)

    Air Sculpture
    Lo stile chitarristico di Zappa era completamente originale nel mondo del rock. A differenza della maggior parte dei chitarristi che usavano modelli in scala o forme collaudate sulla chitarra, Zappa creò quella che fu chiamata “Air Sculpture”. Non aveva bisogno di fare affidamento su dispositivi e trucchi musicali collaudati perché aveva la capacità di suonare qualsiasi nota (tutti i dodici toni / scala cromatica) sulla chitarra, su qualsiasi tasto. Questo stile di improvvisazione era usato anche dai chitarristi jazz (senza dubbio cervelloni dall’udito immacolato, barbe e banjo…). Il trucco sta nel sapere in quale ordine suonare le note.
    Zappa era famoso per suonare assoli di chitarra smisurati e autoindulgenti. Laddove altri chitarristi perdevano la concentrazione e rimanevano bloccati in cliché e riff per mancanza di immaginazione, Zappa guadagnava slancio dopo sei o sette minuti dall’inizio dell’assolo. (Sun Zoom Spark, gennaio 1994)

    “Non chiamatela musica jazz – insiste Zappa – la stampa rock ci ha attribuito l’etichetta jazz ma non è mai stata concepita come jazz né è mai stata eseguita come jazz”.
    Non cercate fan del jazz ai suoi concerti. “Credo che non siamo ben accolti dalla comunità jazz”.
    (City Life, 25 luglio 1984)

    Il pubblico jazz, abituato ad ascoltare prima di saltare alle conclusioni, ha lodato Zappa come il più interessante compositore e arrangiatore rock. (High Times, marzo 1980)

  • Frank Zappa e lo strano odore del jazz (parte 1): The Black Page (New Age Version, Live 1988)

    Frank Zappa e lo strano odore del jazz (parte 1): The Black Page (New Age Version, Live 1988)

    The Black Page (New Age Version) – Live 1988 (dall’album Make A Jazz Noise Here, 1991)

    Zappa e il jazz avevano davvero un odore strano, Frank?
    Il libro di Geoff Wills pubblicato nel 2015 è un’escursione cronologica di come il jazz abbia giocato una parte importante nella musica di Frank Zappa.
    Iniziando prima del freak out! e terminando con la band dell’88, vengono annotati tutti i musicisti con cui ha suonato, che hanno avuto qualche legame con il jazz, insieme a conversazioni selezionate o corrispondenza che l’autore ha avuto con alcuni di loro, le loro credenziali jazz prima e dopo i loro concerti in studio o sul palco e la loro opinione su Zappa.
    L’autore tenta di mettere in relazione molte composizioni di FZ o anche poche battute in una sua canzone con brani jazz oscuri, familiari, diretti, fusion, avantgarde.
    Conclude che Zappa aveva un’ammirazione fondamentale per il jazz nonostante la sua negatività sull’argomento.
    Frank Zappa preferiva far credere che il jazz non gli piacesse. Nel suo album “Roxy & Elsewhere” del 1974 dichiarò notoriamente che “il jazz non è morto… ha solo uno strano odore”.

    Nel 1969, mentre Miles Davis era impegnato ad “abbattere le barriere” nel jazz incorporando il rock nel suo repertorio, Zappa aveva già messo a punto l’idea anni prima con esibizioni dal vivo di lunghe escursioni jazz-rock come “King Kong”. (Music, 2-15 luglio 1987)

    Zappa non si considera un appassionato di jazz. Tuttavia, non nasconde la sua simpatia per un certo gruppo di musicisti jazz come Eric Dolphy, Wes Montgomery, Charles Mingus, George Russell e Albert Ayler.
    Il flirt jazz inizia già dai primi album, in particolare su “Uncle Meat” del 1968, dove Zappa cerca di penetrare il linguaggio del free jazz (riferimenti ad Aylrey e Dolphy). Momenti simili si ritrovano anche in “Weasels Ripped My Flesh” uscito due anni dopo, contenente, tra gli altri, Eric Dolphy Memorial Barbecue – un meraviglioso tributo al grande strumentista. Echi liberi compaiono anche nell’album “200 Motels”, che però non rientra più nel filone “jazz” di Zappa.
    L’anno 1972 porta altri due album che sviluppano idee da Hot Rats: “Waka Jawaka” e “The Grand Wazoo”. Entrambi, specialmente il secondo (che tanto piaceva a Berendt), sono un importante contributo allo sviluppo del jazz-rock e un tentativo di espanderlo con elementi di big-band jazz; su “Grand Wazoo” si respira la grande tradizione dell’orchestra jazz, soprattutto sotto il segno di Gil Evans e George Russell.
    È discutibile se il jazz in quanto tale sia presente nella musica di Zappa. Se è così, è soprattutto grazie ai musicisti di jazz puro che lavorano o hanno collaborato con lui (Roland Kirk, George Duke, Pete Jolly, Shelly Manne, Sugarcane Harris, Jean-Luc Ponty, Don Preston, Buzz Gardner, Gene di Novi ed altri). Generalmente, però, lo stesso Zappa non prova a suonare jazz; privandolo (forse deliberatamente) di un certo tipo di emozione, tratta il jazz piuttosto come uno stimolo artistico, un materiale o un tipo di espressione musicale desiderato in un certo momento. Da un lato si riferisce chiaramente al genere, dall’altro ne prende ostinatamente le distanze. Estende questo “metodo” a tutta l’area della musica completamente diversa. Pertanto, il jazz è importante per lui fintanto che adempie a compiti specifici definiti dal progetto attuale.
    (Jazz Forum, dicembre 1993)

    Il controverso rapporto all’insegna dell’odio-amore tra Frank Zappa e il jazz è cosa ben nota, tanto da essere entrato da tempo nella più ricorrente aneddotica musicale. E’ comunque vero che l’amore abbia più di una volta prevalso sul suo opposto, ricambiato anche da più di un jazzista. Qualche esempio: il sassofonista statunitense Ed Palermo con la sua orchestra, gli inglesi Colin Towns (con la tedesca NDR Big Band), John Etheridge con i suoi Zappatistas, i transalpini LeBocal con Glenn Ferris e Rita Marcotulli e, in Italia, Stefano Bollani, Riccardo Fassi, Glauco Venier, Roberto Gatto con i Quintorigo e la violinista Anais Drago. Moltissimi europei, dunque.
    Forse, non è un caso che il primo jazzista ad essere attratto dall’orbita zappiana sia stato un francese: Jean-Luc Ponty. King Kong è l’album che cementa la collaborazione tra Ponty e Zappa: resta un punto di riferimento negli incontri ravvicinati tra mondo jazz e rock ma non solo, in un’ottica diversa da quella davisiana. Nel caso di Ponty e Zappa si potrebbe azzardare la definizione di westcoastiana e non solo in senso geografico, se non addirittura di bianca.
    (Roberto Valentino, Musica Jazz, dicembre 2020)

    continua nella seconda parte
    https://www.youtube.com/watch?v=N2u5qQOiGSI

  • Frank Zappa – Nanook Rubs It (2 versions + session outtake): review, meaning

    Frank Zappa – Nanook Rubs It (2 versions + session outtake): review, meaning

    Nanook Rubs It fa parte dell’album Apostrophe (1974), quindicesimo LP pubblicato a 8 anni di distanza dal debutto di Freak Out!
    Il brano racconta di un cacciatore di pellicce intenzionato ad uccidere il cucciolo di foca del piccolo Nanook per finire sul collo di qualche donna facoltosa. Per difendere il cucciolo, Nanook prende un ‘guanto pieno della micidiale neve gialla’ e lo strofina negli occhi del cacciatore, che resta temporaneamente accecato.
    Per risolvere la situazione, entrambi devono attraversare la tundra fino alla parrocchia di Sant’Alfonzo, patrono dei pescatori di smelt di origine portoghese. Un suggerimento satirico, che prende in giro le sfumature religiose spesso associate alla risoluzione dei conflitti o alla ricerca della salvezza.
    Ad un livello più profondo, può essere interpretata come una metafora: bisogna agire quando si subisce un torto, imparare a farsi valere superando ogni ostacolo.
    Il senso del brano suggerisce che la vita, in tutta la sua complessità, non può essere ridotta al mero commercio e alla ricerca del profitto. Suggerisce di abbracciare altri aspetti della vita.

    La canzone trae ispirazione dal film documentario “Nanook of the North” diretto da Robert J. Flaherty, pubblicato nel 1922, che descriveva la vita degli Inuit nell’Artico canadese e le loro lotte con l’ambiente.
    La scelta di Zappa di fare riferimento a questo film aggiunge un ulteriore livello di commento culturale. Si concentra sullo sfruttamento e sul commercio delle pellicce, sul maltrattamento storico delle culture indigene. Evidenzia l’impatto del colonialismo e dello sfruttamento economico delle popolazioni autoctone.
    Fondamentalmente, Nanook Rubs può essere visto come un commento sull’appropriazione culturale e sulla mercificazione delle culture indigene.
    Zappa, noto per i suoi commenti socio-politici nella sua musica, esplora il modo in cui i media e la società mainstream sfruttano e fraintendono le culture indigene a fini di intrattenimento.

    Gli accordi non convenzionali, le armonie dissonanti e le intricate sezioni strumentali si legano ad una trama altrettanto non convenzionale. Il brano potrebbe sembrare semplice e scorrevole. In realtà, l’arrangiamento è complesso, ricco di variazioni e raddoppi di tempo.
    La strumentazione esalta ulteriormente i temi dell’appropriazione culturale. Zappa incorpora elementi della musica tradizionale Inuit insieme al rock e al jazz, creando una giustapposizione tra l’autentico e il cooptato. Questa fusione di stili musicali funge da commento su come gli elementi culturali siano spesso presi in prestito e distorti per il bene del successo commerciale, senza comprendere o rispettare adeguatamente le loro origini.
    Nanook Rubs It serve a ricordare l’importanza di comprendere e rispettare le diverse culture. Esorta gli ascoltatori ad essere critici nei confronti delle rappresentazioni mediatiche e ad apprezzare la ricchezza e l’autenticità delle tradizioni culturali.

    Tracklist
    Nanook Rubs It (dall’album Apostrophe, 1974)
    Nanook Rubs It (Session Outtake) – The Crux Of The Biscuit (2016 Zappa Family Trust)
    Nanook Rubs it (1986 Rykodisc Version)

  • Kent Nagano meets Frank Zappa (part 3): London Symphony Orchestra (1983) + interview

    Kent Nagano meets Frank Zappa (part 3): London Symphony Orchestra (1983) + interview

    Pedro’s Dowry · Frank Zappa · London Symphony Orchestra (1987)
    Newsnight BBC2 – concerto della LSO al Barbican Center (10 gennaio 1983) intervista a Frank Zappa e Kent Nagano

    Kent Nagano continua risolutamente a programmare musica di compositori contemporanei; considera il divario crescente tra i compositori “moderni” e il loro pubblico come una situazione potenzialmente distruttiva. Ritiene che “un artista ha un lavoro da svolgere all’interno di una cultura, il che non vuol dire che un compositore debba scrivere ciò che il pubblico vuole già sentire. Ha il compito di guidare, di mostrare al pubblico una direzione”.

    Fra tanti impegni come assistente direttore della Oakland Symphony, direttore musicale della Berkeley Symphony e della Oakland Youth Orchestra e direttore della Oakland Ballet Orchestra, Kent Nagano ha trovato il tempo e il modo per andare in Inghilterra e dirigere la London Symphony Orchestra per un’opera di Frank Zappa.
    Ecco come ha commentato l’esperienza.
    “Uno dei miei grandi interessi è la nuova musica, non una nuova musica qualsiasi ma di qualità sufficiente per entrare nel repertorio tradizionale. Non mi interessa affatto la musica sperimentale o la musica d’avanguardia; sono interessato alla nuova musica che ha già risolto i bug ed è una forma d’arte altamente raffinata. Quando ho saputo che Frank Zappa era stato incaricato di scrivere alcuni pezzi per Pierre Boulez, ero davvero curioso perché il fatto che Boulez chieda di scrivere un pezzo per il suo ensemble è uno dei più grandi onori che un compositore possa ricevere.
    Così ho contattato la direzione di Frank e l’ho incontrato nel backstage quando ha suonato al Berkeley Community Theatre, verso la fine del 1981. Mi ha mostrato una partitura e ha detto: “Questo è ciò che faccio”. Mi sono seduto lì e l’ho guardato, era semplicemente incredibile, roba molto sofisticata. Dovevo portare a casa la partitura e provarla al pianoforte. Zappa me l’ha consegnata per studiarla e mi ci è voluto molto tempo per farlo. Considerate che io sono uno di quegli idioti eruditi eccessivamente istruiti con un background teorico pesante. Io che esamino circa 50-60 nuove partiture all’anno, ero eccitato davanti ad una partitura così finemente realizzata. Ho chiamato Frank e gli ho spiegato che mi sarebbe piaciuto eseguire il pezzo. La sua risposta, che mi ha un po’ sbalordito, è stata: “Cosa ti fa pensare di poter suonare il pezzo?”.
    Comunque, Frank mi ha chiamato invitandomi ad andare a Londra.
    Il più grande ostacolo nell’accedere alla musica di Frank è il fatto che richiede una tecnica che normalmente non è richiesta al musicista sinfonico medio. Questo non vuol dire che non si possa suonare, ma la tecnica coinvolta è molto in anticipo sui tempi; i musicisti orchestrali avranno quella tecnica 30 anni dopo.
    La composizione stessa utilizza elementi molto conservativi, in termini di costrutti di base che concorrono alla costruzione del pezzo. La forma è identificabile e ripercorre la storia della musica; non c’è niente di così radicale nelle armonie, il particolare stile che ha inventato usa la scala a 12 toni. Il metro a volte è molto sofisticato, ma in gran parte non c’è niente di veramente nuovo per i musicisti sinfonici. Ciò che è nuovo per loro – che considero pionieristico nella scrittura sinfonica – è l’uso di quelli che vengono chiamati ritmi “irrazionali”. Un esempio potrebbe essere 7 contro 6, 8 contro 3, 17 contro 2, 9 contro 2. Sono una parte molto comune del linguaggio di Frank. Quando hai forse 32 persone che suonano lo stesso ritmo all’unisono, devi sederti lì e capire come farlo con precisione.
    Sono molto impegnato come sostenitore della nuova musica nella letteratura orchestrale di Frank, a causa dell’altissima qualità delle tecniche con cui sono state scritte le partiture. Non c’è virtuosismo o effetto fine a se stesso. Non è fusion, è una scrittura sinfonica totalmente senza compromessi, scritta all’interno di quella tradizione. In essa sono incorporate così tante dimensioni che, ogni volta che torni indietro e lavori su un pezzo, noti un nuovo livello di profondità che prima non eri in grado di vedere (è un aspetto delle grandi opere). Ogni volta che ascolti il Jupiter di Mozart, se sei una persona perspicace e sensibile, senti qualcosa che non avevi sentito prima. Un altro aspetto delle grandi opere d’arte è che le persone a qualsiasi livello di sofisticatezza possono ascoltarlo e relazionarsi con esso ad un certo livello; da una persona che conosce solo la musica rock e il baseball ad un cretino eccessivamente istruito, scolastico ed erudito, chiunque può essere coinvolto in qualche modo. La musica di Frank supera queste due prove”.
    (Nagano On Conducting Zappa by Dan Forte, Mix, giugno 1983)

  • Kent Nagano meets Frank Zappa (part 2): A Zappa Affair

    Kent Nagano meets Frank Zappa (part 2): A Zappa Affair

    Spontaneous Minimalist Composition – Live al concerto di ‘A Zappa Affair’, Zellerbach Auditorium, UC Berkeley, 16 giugno 1984 (Berkeley Symphony Orchestra diretta da Kent Nagano) + Bob & Jane

    “L’intero scopo dello scrivere musica, che è una forma d’arte, è servire il pubblico in un modo che altre forme di comunicazione non possono fare. L’arte può dare un senso alla nostra vita. Può aiutarci a vedere le cose in un modo che non vedevamo prima. Può aiutarci a vivere emozioni che altrimenti non potremmo provare. Può anche darci una comprensione di un fenomeno naturale. L’arte dovrebbe insegnarci qualcosa su noi stessi. Questo è ciò che la rende profonda e significativa. Ecco perché il grande pubblico vuole assicurarsi che esistano forme d’arte. Durante gran parte di questo secolo, il grande pubblico ha percepito una crescente distanza tra compositore e pubblico. E quando ti allontani troppo, la logica impone che verrà il momento in cui l’artista non sarà più utile, perché l’arte sarà diventata così lontana da essere incapace di qualsiasi tipo di rapporto sociale”.
    In questi giorni, in cui gran parte delle orchestre sinfoniche sono programmate con la stessa inflessibile ‘efficienza’ e conservatorismo delle stazioni radio standard, è piacevole pensare che la gente non sappia mai cosa aspettarsi dalla Berkeley Symphony.
    “Programmo molta nuova musica con la Berkeley Symphony – spiega Nagano. Ci sono voluti cinque anni per stabilire un livello di fiducia con il nostro pubblico abituale. Qualunque cosa io suoni per loro, saranno in grado ad un certo livello di estrarre un significato personale: saranno toccati in modo emotivo, fisico, intellettuale o spirituale. In uno di questi quattro modi, il pubblico sarà in grado di trovare un significato in ogni brano che programmo, sia esso classico o contemporaneo. Ecco perché ci vuole così tanto tempo per impostare un programma, perché la maggior parte della musica scritta oggi, proprio come in qualsiasi altro tempo, è poco profonda. Bisogna sforzarsi per scavare le opere profonde”. (East Bay Express, 15 giugno 1984)

    Il 15 e 16 giugno 1984, la Berkeley Symphony presenterà allo Zellerbach Auditorium di Berkeley “A Zappa Affair”, quattro partiture orchestrali che includeranno ballerini e marionette a grandezza naturale realizzate da John Gilkerson, direttore artistico del San Francisco Miniature Theatre, e coreografate da Tandy Bea. I pezzi saranno presentati anche al San Jose Center for the Performing Arts il 21 giugno.
    Zappa non sa se tacere o ridere alla menzione di ‘musica seria’.
    “Vorrei sapere cos’è la musica seria. Cosa c’è di grave?” ha chiesto Zappa “Supponendo che uno fosse interessato alla musica seria, quanto dovrebbe essere seria la musica? La maggior parte delle persone usa il termine ‘serio’ come licenza per annoiare a morte le persone. Prendo sul serio il mio lavoro, ma quello che faccio è fornire un servizio, una serata di intrattenimento”.
    La musica per la produzione della Berkeley Symphony è stata scritta tre anni fa e Zappa aveva quasi rinunciato all’idea di farla eseguire.
    “Durante il nostro tour negli Stati Uniti del 1981 abbiamo fatto uno spettacolo a Berkeley e Kent Nagano, direttore della Berkeley Symphony, ha detto di aver sentito parlare delle mie composizioni e di voler dare un’occhiata. Gli piacevano ed è davvero l’unico responsabile dell’esecuzione della mia musica. Compongo da 30 anni e questa è la prima volta che non ho dovuto fare tutto il lavoro. E’ incredibile la trafila che una persona deve attraversare nel mondo della musica classica per fare qualcosa del genere”.
    Zappa ha detto che i suoi pezzi classici non sono eccezionalmente bizzarri a livello musicale, anche se ammette che a volte sono discordanti. “Alcuni sono discordanti, potrebbero non piacere alcune parti, proprio come il mondo reale. La musica è composta da materiale molto vecchio stile: melodia, armonia e ritmo. Non è musica minimalista”.
    Le esibizioni di “A Zappa Affair” avranno avuto 34 sessioni di prove, qualcosa di inaudito per un nuovo pezzo.
    (San Francisco Examiner, 18 maggio 1984)

    “Come compositore classifico Frank Zappa al pari degli altri grandi maestri del secolo. È stato uno dei progetti più emozionanti su cui abbia mai lavorato” (Kent Nagano)

    “Frank Zappa è stato per me un’icona degli anni Sessanta. Voleva registrare musica contemporanea mentre aveva un enorme successo popolare nel rock. Ho analizzato la sua musica e ho trovato passaggi che richiedevano una buona padronanza della tecnica ritmica. Alcune cose sembravano impossibili e anche la portata richiesta da alcuni strumenti sembrava difficile. Ma non era solo complesso, era ben scritto” (Kent Nagano)

  • Kent Nagano meets Frank Zappa (part 1): Sinister Footwear (1984) + interview Kent Nagano

    Kent Nagano meets Frank Zappa (part 1): Sinister Footwear (1984) + interview Kent Nagano

    Nella sua continua ricerca di buona musica contemporanea, Kent Nagano si è associato ad un certo numero di rockstar negli ultimi anni (tra cui Ronnie Montrose), un’associazione che raggiungerà il massimo dei frutti questo fine settimana quando la Berkeley Symphony presenterà un concerto dedicato alla seria musica orchestrale di Frank Zappa.

    “Ero all’IRCAM del Centro Georges Pompidou di Parigi, l’Istituto Boulez per la Musica Contemporanea. Ho scoperto che Boulez aveva chiesto un pezzo proprio a Frank Zappa – ricorda Nagano – Sono rimasto davvero sbalordito perché Boulez può pretendere il meglio. Non appena Frank è venuto a suonare al Berkeley Community Theatre, ho chiamato il suo management a Los Angeles e ho chiesto di parlare con Zappa del suo pezzo orchestrale. Frank mi ha chiamato più tardi, con mia grande sorpresa. Mi ha detto di fare un salto nel backstage tra uno spettacolo e l’altro e l’ho raggiunto. Non sapevo bene cosa aspettarmi, ma non mi aspettavo di vedere un’opera con la difficoltà di una partitura di Elliott Carter, la complessità di un’opera di Boulez, la sincerità di Takemitsu e l’intensità trascinante di Varèse. Sono rimasto sbalordito seduto lì in questo squallido camerino a guardare Frank che dirigeva le persone nel suo modo inimitabile”.
    “Ho portato a casa la colonna sonora e ho trascorso diverse settimane a esaminarla con molta attenzione, e alla fine ho concluso che si trattava di un’opera davvero importante. Ho contattato il suo ufficio chiedendo di eseguire la partitura con la Berkeley Symphony e la risposta è stata: ‘Cosa ti fa pensare di poterlo eseguire?’ perché il pezzo è davvero, davvero difficile. Frank mi ha invitato a scendere e parlare con lui più seriamente. Voleva essere certo che si potesse programmare il numero necessario di prove. Nessuna di queste partiture orchestrali che scriveva da quando aveva 14 anni era mai stata eseguita”.

    “Poche settimane dopo, di punto in bianco, Frank mi ha chiamato dicendo che voleva registrare parte della sua musica. Stava per assumere la London Symphony Orchestra e avrebbe preso in considerazione l’idea di farm dirigere. Per un periodo di quasi due mesi sono rimasto sveglio e ho dormito circa tre ore. Per molto tempo non ho dormito, quelle partiture stavano forzando la mia tecnica personale. Sono cresciuto parecchio solo imparando le partiture”.
    “Poi, quando siamo andati a Londra, sapevo cosa avrebbero pensato i membri dell’orchestra: musica di un musicista rock, sarà una giornata facile. Abbiamo iniziato con la colonna sonora più difficile e si scatenava il panico quando i musicisti aprivano le partiture”.
    “C’era molta tensione. Era un’orchestra con cui non avevo mai lavorato prima e Frank Zappa era seduto proprio dietro di me. E’ stato un compositore meraviglioso con cui lavorare perché è rimasto fuori dai piedi quando doveva restare fuori dai piedi, eppure era sempre lì per rispondere a qualsiasi domanda. Quando lavori con qualcuno di quel calibro, diventa così eccitante, perché sai che lavorerai ai più alti standard e non dovrai scendere a compromessi a causa del tempo”.
    “Quando abbiamo eseguito la performance a Londra, qualcuno l’ha descritta come una sagra della primavera, perché tutto il pubblico stava urlando. Non sono mai stato a un concerto sinfonico dove la gente urlava dopo. Non giovani, ma musicisti e critici seri. Non so nemmeno esattamente perché stessero urlando.

    Questo fine settimana Nagano e la Berkeley Symphony presenteranno la prima americana di molte delle opere di Zappa incluse nella registrazione, così come la prima mondiale di Sinister Footwear. Inizialmente, era stato programmato l’Oakland Ballet per il ballo delle opere ma è stato cancellato e sostituito con uno spettacolo di marionette. Nagano ha visto il lavoro del burattinaio John Gilkerson e del San Francisco Miniature Theatre. Era così impressionato che ricorda di aver chiamato Zappa nel cuore della notte per elogiare queste monumentali marionette high-tech, alcune delle quali raggiungono un’altezza di 36 piedi. I burattini volano nell’aria, esplodono, si trasformano in strane creature con cinque paia di bulbi oculari: tutti effetti richiesti nelle partiture di Zappa, che creerebbero una certa difficoltà ai ballerini in carne e ossa”.
    Nagano ha dichiarato che le opere di Zappa sono autentiche opere sinfoniche che suonano come Bartok o Varèse.
    “Frank Zappa è al fianco di Elliott Carter nella sua padronanza della scrittura sinfonica – commenta Nagano – e, allo stesso tempo, stabilisce un rapporto con i giovani”.
    Secondo Nagano, gli artisti hanno la responsabilità di fornire al pubblico un’opera non solo della più alta qualità artistica, ma che contribuisca alla qualità, alla comprensione, al godimento della vita.
    “Ciò che rende un’orchestra un’organizzazione vivente, impegnata a comunicare con entusiasmo, è il fatto che i musicisti abbiano una sorta di propria ispirazione” afferma Nagano.
    (East Bay Express, 15 giugno 1984)

  • Vincent Beldon: xenocronia Frank Zappa, Edgar Varése + video intervista a Edgar Varèse – xenochrony

    Vincent Beldon: xenocronia Frank Zappa, Edgar Varése + video intervista a Edgar Varèse – xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e Edgar Varése (spezzoni di 7 brani di Varése mixati e sovraincisi) + video intervista a Edgar Varése.

    Foto/collage FZ con sguardo di Edgar Varése di Roxa

    FAIR USE

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    Undici anni fa, un grande fan di FZ (Deepinder Singh Cheema) ha fatto una scoperta: la pubblicazione di una rara poesia di Frank Zappa, L.A. Night Piece.
    Deepinder ha spiegato che possiede il dattiloscritto originale e le lettere che FZ ha scritto all’editore Grover Haynes. Gran parte della poesia non è ancora stata pubblicata su Internet nella sua interezza.

    Riporto di seguito una sintesi dell’articolo pubblicato su idiotbastard.com:
    “Il 16 aprile 1959, il 18enne Frank Zappa inviò una poesia ‘beat’ di 4 pagine dattiloscritta all’editore Grover Haynes. L’editore rispose positivamente a LA Night Piece chiedendo a Frank alcune informazioni su se stesso. Frank ha fornito queste informazioni sul suo conto: ‘anticlericale, antinazionalista, anarchico, edonista, diversamente normale, penso che la vita sia una grande esplosione, approfondisco Pierre Boullez e Muddy Waters, la filosofia orientale, Modigliani, Ferlinghetti e il caffè denso’.
    Lorraine Belcher ha confermato che la stessa macchina da scrivere è stata usata per il testo di Trouble Every Day.
    Frank scrisse una seconda lettera all’editore Haynes dicendo che era estremamente importante che il suo nome fosse cambiato in Vincent Beldon al momento della pubblicazione della poesia. Perché ha scelto questo pseudonimo?
    Vincent era il secondo nome reale di Frank, questo lo sappiamo, ma perché Beldon?
    Denny Walley ha sottolineato che “Belden è il nome dell’azienda che produce il miglior cavo per le corde delle chitarre”. Forse Frank ha leggermente modificato l’ortografia? Sapremo mai da dove deriva il cognome Beldon?
    Deepinder Cheema ha acquisito la poesia originale e la lettera di presentazione; l’ha mostrata a Gail Zappa nel backstage della Roundhouse di Londra nel 2010. Ha anche permesso a Bob, il fratello di Frank, di vederla. Bob ha riconosciuto la calligrafia di suo padre sulla busta. Deepinder ha commentato: “Questa rivelazione mi ha sorpreso perché dimostra che FZ senior non solo si interessava a qualsiasi cosa stesse facendo suo figlio ma che lo aiutava in caso di bisogno”.
    Il 18 luglio 2017, Deepinder ha portato i documenti agli studi di Elstree della BBC per la registrazione di uno speciale sullo spettacolo Antiques Roadshow. E’ stato filmato mentre presentava questi manufatti a Mark Hill fuori dal Queen Vic in Albert Square. Sfortunatamente, il filmato non è stato incluso nel programma trasmesso il 5 febbraio 2018. Evidentemente, la BBC non era in grado di aggiungere nulla nonostante l’appello di Deepinder di interpellare persone della prima età adulta di FZ che potessero risolvere alcuni misteri su di lui”.

    Sulla busta, in alto, si nota la frase “Vincent Beldon non ha personalità”, mentre in basso la firma “Frank Zappa”. La calligrafia è del padre di Frank.
    La poesia è illustrata da 5 disegni di Rico Rivera. Il disegno sul pacco ricorda molto quello realizzato da Cal Schenkel per l’album “Cruising With Ruben & The Jets”.

    Chi è Vincent Beldon? Da dove deriva lo pseudonimo dell’adolescente Frank Zappa?
    Ho fatto qualche ricerca su ‘Beldon’ perdendomi in alcuni ragionamenti.
    Vincent è sicuramente il secondo nome di Zappa. A proposito di Beldon…
    Beldon è un nome proprio di persona e ha un significato preciso: ‘abitare nella bella valle’. Valle di San Fernando? Laurel Canyon Boulevard è un’importante rotta in direzione nord-sud tra la città di West Hollywood e San Fernando Valley.
    A maggio del 1959, Frank viveva ancora con i suoi genitori a St. Augustine, ma già nel 1958 desiderava andare a Los Angeles, tanto che poi si trasferì a Echo Park, dopo aver fatto pubblicare la poesia in una rivista locale con il nome di Vincent Beldon. L’ho scoperto nel libro “Les Aventures extravagantes de Frank Zappa – Acte 1” di Christophe Delbrouck.

    Harold Beldon è un personaggio (poliziotto) che appare in un episodio di The Twilight Zone (serie televisiva iniziata nel 1959) che presentava storie misteriose, paranormali, futuristiche, distopiche o inquietanti. Ho scoperto che il tema di questo programma televisivo è menzionato in Jesus Thinks You’re A Jerk e Rhymin ‘Man e durante alcuni dei concerti dal vivo di Zappa. Inoltre, il conduttore Rod Serling (che ha creato la serie) è apparso sulla copertina di We’re Only In It For the Money. Coincidenza…

    Beldon… bel-don. Bel dono. Penso a Edgar Varése e a tutto quello che ha rappresentato per Frank. Una fortuna, un grande dono…

    “Edgard Varèse mi ha insegnato tante cose, ma soprattutto mi ha incoraggiato tanto da capire che anch’io potevo fare Musica. Conservo ancora un ritaglio da una rivista con alcune sue parole: ‘Non c’è differenza tra suono e rumore perché il rumore è un suono che si crea’ “. (Frank Zappa)

  • Frank Zappa & Ray White: City Of Tiny Lites, You Are What You Is, review

    Frank Zappa & Ray White: City Of Tiny Lites, You Are What You Is, review

    City Of Tiny Lites (You Can’t Do That On Stage Anymore, Vol. 5 – 1992), You Are What You Is (Thing-Fish, 1984)

    Immediatamente riconoscibile per il suo stile vocale pieno di sentimento, blues e gospel, Ray White si unì alla band itinerante nell’autunno del 1976. Ex membro del gruppo gospel Edwin Hawkins Singers, la sua prima apparizione su disco fu Zappa In New York del 1978, che presentava registrazioni dal vivo del dicembre 1976 e mostrava la sua caratteristica ginnastica vocale nel brano The Illinois Enema Bandit.
    Ray aveva ascoltato la musica di Zappa solo una settimana prima del loro incontro. “All’epoca ero in una band a San Francisco e una mia amica, Bianca Thornton (alias Lady Bianca, che si unì a FZ come cantante quello stesso anno), mi chiamò e mi disse di venire a Los Angeles per un’audizione”.
    La storia racconta che Ray è stato invitato a casa di un amico nei progetti di San Francisco, dove gli è stata presentata la canzone Montana da Over-Nite Sensation. Nella canzone, il protagonista esprime il suo desiderio di trasferirsi nel Montana per diventare un magnate del filo interdentale, immaginandosi seduto in cima a un pony pigmeo e tenendo in alto un paio di lucenti pinzette di pietre preziose. La settimana successiva Ray ha potuto condividere i suoi pensieri con il compositore della canzone.
    “Ho detto a Frank che quando il mio amico Hervey mi ha suonato l’album, ho esclamato: ‘Questo è l’uomo bianco più pazzo della Terra.’ Ha riso.”
    Ray è noto per essere profondamente religioso, cosa che lo avrebbe messo in contrasto con un uomo come Zappa, che era spesso critico nei confronti della religione organizzata, non da ultimo nei suoi testi che Ray doveva cantare.
    “Per quanto riguarda il punto di vista religioso di Frank” rimugina Ray “mio padre era un vescovo e quattro dei miei fratelli erano ministri. Frank mi ha detto che aveva forti obiezioni sui ministri in TV che fregavano soldi alle persone. Fino a quando non ha detto questo, ho avuto un’estrema trepidazione all’idea di suonare con lui. Poi, ho sentito il motivo del conto in banca celeste (da You Are What You Is) e gli ho detto che eravamo completamente d’accordo perché anche a me non piaceva l’uso del nome di Dio per spennare il gregge.
    I primi passi di Ray nel mondo della musica lo hanno portato inavvertitamente a dare uno shock a sua madre che andava in chiesa. “Quando avevo tre anni ero sotto il portico della nostra piccola casa in Arkansas, ho raggiunto la tastiera e ho suonato alcune note. Ho trovato uno schema, non sapendo davvero cosa stessi facendo e mia madre ha urlato “Chi sta suonando quella musica?!”. Poi corse fuori e mi tirò via dal pianoforte. La melodia in cui mi sono imbattuto era la melodia di una canzone voodoo. Si chiamava The Devil’s Dance”.
    Del suo stile di canto Ray dice: “Nessuno mi ha influenzato, sognavo un posto, una scena e ci andavo”.
    “Ho sempre cantato. Canzoni come Donkey Serenade (Allan Jones) e Singing In The Rain (Gene Kelly) avevano suoni meravigliosi per me, ma devo la maggior parte della mia influenza all’ascolto della musica dei primi anni ’50. Ricordo che The Clovers, Ruth Brown e Charles Brown venivano suonati sulla nostra veranda nel Michigan dalla band di mio fratello Charles. Mi ha regalato la mia prima chitarra a 15 anni”.
    Ray è ricordato con affetto per la sua collaborazione armonica unica con Ike Willis, che dice di lavorare con Ray: “E’ scattata subito l’intesa con Ray, dal giorno in cui ci siamo incontrati. Ognuno di noi sapeva all’istante dove stava andando l’altro. Voglio dire, non abbiamo mai dovuto discutere chi doveva prendere la parte alta, la terza o le modalità con cui cantiamo durante la registrazione”.
    La coppia Ray White/Ike Willis era al meglio quando cantava dal vivo, come attesta Ray: “Ike e io avevamo una chimica naturale sul palco”. L’audio e il video dei tour del 1980 e del 1984 lo confermano sicuramente. Secondo Ray, si trattava di: “Tu vai lì, quindi io vado qui, e andremo nella tana del coniglio”.
    (Record Collector, Natale 2016)