Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Tag: Frank Zappa

  • Frank Zappa – Inca Roads significato del testo

    Frank Zappa – Inca Roads significato del testo

    Frank Zappa & Mothers of Invention – Inca Roads, Berkeley Community Theatre, CA, 16 febbraio 1974

    Frank Zappa – guitar, vocals
    Jeff Simmons – rhythm guitar, vocals
    George Duke – keyboards, vocals
    Napoleon Murphy Brock – tenor sax, flute, vocals
    Bruce Fowler – trombone
    Ruth Underwood – percussion
    Tom Fowler – bass
    Ralph Humphrey – drums
    Chester Thompson – drums

    Inca Roads di Frank Zappa è una canzone surreale e piena di giochi di parole.
    Racconta di un veicolo di origine aliena atterrato sulla Cordigliera delle Ande.
    Conduce l’ascoltatore in un viaggio nel mondo mistico ed enigmatico dell’antica civiltà Inca. Attraverso un testo che fa riflettere e un arrangiamento musicale complesso, questa canzone ci invita a esplorare le possibilità di incontri extraterrestri, i misteri delle montagne andine.
    I versi iniziali gettano immediatamente le basi per un’esperienza ultraterrena. La menzione di un veicolo proveniente “da qualche parte là fuori” ci spinge a considerare la possibilità di una visita aliena in un luogo remoto come le Ande. Da dove proviene questo strano velivolo? Ha un motore o qualcosa di diverso?
    La domanda sulla forma e sul sistema di propulsione del veicolo suggerisce che esso sfida la comprensione convenzionale, aggiungendo un’aria di intrigo alla narrazione.
    La canzone ha un’atmosfera comica e fuori dagli schemi, con il testo intervallato da dialoghi.
    Si allude all’impero Inca che costruì strade e strutture complesse sulle Ande e si parla di una figura misteriosa chiamata “regina del guacamole”. In definitiva, la canzone si chiede come sia possibile che uno strano velivolo sia arrivato da qualche parte là fuori e quale sia il suo scopo.
    Il riferimento allo stivale del pitone aggiunge un tocco di surrealismo e di umorismo inaspettato, rafforzando il fascino complessivo della canzone. La descrizione delle targhe sparse in giro e della scarpa del narratore evidenzia le conseguenze caotiche di questo strano evento. Suggerisce che qualsiasi cosa sia arrivata sulle Ande ha avuto un impatto significativo, lasciando dietro di sé tracce sia fisiche che metaforiche. L’interiezione di “Madre Maria e Jozuf!” trasmette un misto di sorpresa, stupore e preoccupazione.

    Inca Roads esplora principalmente gli stereotipi degli extraterrestri che incontrano la civiltà Inca. Questi temi, come la copertina dell’album One Size Fits All, sembrano imitare la spiritualità di molti album di rock progressivo della stessa epoca. Testi e musica sembrano prendere in giro altri gruppi rock progressivi e la loro profondità divina probabilmente forzata.
    “Il veicolo è uscito dal nulla, solo per atterrare sulle Ande? Era rotondo e aveva un motore o qualcos’altro?”. Viene mostrato un UFO che atterra sulle Ande. Man mano che la canzone procede, i testi diventano più sciocchi e sembrano deridere l’inizio della canzone. Un esempio è questo: “… o qualcuno ha creato un posto per far atterrare Chester possa atterrare. Booger Bear è venuto fuori dal nulla…”.
    Il cantante e tastierista George Duke ha detto in un’intervista che Zappa gli ha fatto pressioni per cantare in “Inca Roads”. Duke non aveva intenzione di cantare, era lì soltanto per suonare le tastiere. Ha continuato descrivendo come Zappa gli avesse comprato un sintetizzatore (uno strumento che a Duke non piaceva) e gli avesse detto che avrebbe potuto suonarci se avesse voluto.

    “Inca Roads” ironizzava sulle sconcertanti teorie di Von Däniken, uno scrittore pseudo-scienziato, noto per i suoi libri di archeologia misteriosa e uno dei principali sostenitori della cosiddetta “teoria degli antichi astronauti”.
    Frank ironizzava anche sulla moda musicale del momento: un progressive rock direttamente influenzato dalla fantascienza.

    Vi segnalo questo video sull’evoluzione degli arrangiamenti di “Inca Roads” di Frank Zappa.
    Mostra come il brano sia passato da un breve strumentale ad una ballata e ad un’epopea in più parti completamente formata in un anno e mezzo.

    The Evolution of Inca roads (1973-1974)- Frank Zappa Live!

    https://www.youtube.com/watch?v=eEUCb4QPzAE

    L’Uomo vitruviano (ispirato agli scritti dell’architetto romano Vitruvio) con le proporzioni ideali del corpo umano cerca di dimostrare come possa essere armoniosamente inscritto nelle due figure “perfette” del cerchio, che simboleggia il Cielo (il Cosmo), e del quadrato, che simboleggia la Terra.
    L’uomo rappresenterebbe l’unione tra macrocosmo e microcosmo, è l’idea stessa di ‘mondo’.
    L’uomo è lo specchio dell’universo, il riflesso di un ordine superiore, ‘misura di tutte le cose’.
    Aggiungendo la sua chitarra e il saluto rock, Frank Zappa mi ha convinto.

  • Frank Zappa – Yeszz – xenocronia Frank Zappa, Edgar Varèse, John Cage, Miles Davis, Santana

    Frank Zappa – Yeszz – xenocronia Frank Zappa, Edgar Varèse, John Cage, Miles Davis, Santana

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Edgar Varèse, John Cage, Miles Davis, Santana (Burn at Amnesty International)
    FAIR USE La dedico a Mirko.

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    Nel 1969, mentre Miles Davis era impegnato ad “abbattere le barriere” nel jazz incorporando il rock nel suo repertorio, Zappa aveva già messo a punto l’idea anni prima con esibizioni dal vivo di lunghe escursioni jazz-rock come “King Kong”.
    Nessuno lo prese sul serio negli anni ’60, quando parlò di formare il suo “club del disco” per mettere a disposizione la sua libreria di registrazioni di concerti e studio in rapida espansione. Eppure, 20 anni dopo, Zappa sta facendo proprio questo con una fiorente attività di vendita per corrispondenza per la sua Barking Pumpkin Records (autofinanziata).
    (Music, 2-15 luglio 1987)

    Persone come Miles Davis sanno di te e della tua musica?
    “Beh, ho incontrato Miles Davis nel 1962 in un jazz club di San Francisco chiamato Black Hawk. Mi è piaciuta molto la sua musica: sono andato da lui e mi sono presentato ma lui mi ha voltato le spalle. Quindi, da allora non ho più avuto niente a che fare con lui o la sua musica”.
    Nel 1962, però, non avevi registrato nulla.
    “Va bene. Ha avuto la sua occasione. Non tratto le persone in questo modo”.
    (RockBill, novembre 1984)

    Per molti critici, Frank Zappa è il padre della fusion insieme a Miles Davis. Le prime incisioni completamente fusion sono state “Hot Rats” di Zappa (1969), “In a Silent Way” (1969) ed il doppio album “Bitches Brew” (1970) di Miles Davis.
    A seguire, Weather Report di Wayne Shorter e Joe Zawinul (1970) è uno dei gruppi più rappresentativi del genere fusion che combina elementi di jazz, rock e funk.
    L’adozione ufficiale del termine ‘fusion’ si deve al tastierista statunitense Jeff Lorber che l’ha inserito nel 1977 nel nome della sua band “The Jeff Lorber Fusion”.
    Tuttavia, sono in molti ad ammettere che Larry Coryell è arrivato prima di Miles Davis e Frank Zappa.
    C’è, poi, chi è convintissimo che il padre della fusion sia Tony Williams.

    Ma la risposta secca di Frank Zappa sul genere fusion è un’altra… Questa:
    “Per essere fusion, per corrispondere a quel concetto di marketing di ciò che la gente pensa sia fusion, deve SUONARE fusion. Questo ha poco a che fare con il fatto che si stia effettivamente fondendo qualcosa insieme. Significa solo che il tastierista deve suonare come Jan Hammer, il chitarrista, il batterista e il bassista devono suonare tutti in una certa vena musicale. Dopo che ogni musicista si è modellato in quella certa sindrome, l’intero evento musicale da eseguire deve essere ulteriormente modellato nella sindrome. Quindi cos’hai? Niente. È musica da sega. Il problema è che le persone poi iniziano a guardare dall’alto in basso la musica a tre accordi o la musica a un accordo o la musica a due accordi. E con la musica fusion, cosa hai? In parte è musica a tre accordi, è solo che gli accordi contengono più parziali. Invece di essere uno, quattro, cinque, stanno suonando uno due bemolle sette o qualche altra semplice progressione che consente loro di eseguire una serie di schemi facilmente riconoscibili su di esso. È tutto meccanico. Vedi, parte del problema è il modo in cui i consumatori usano la musica per rafforzare la loro idea di quale sia il loro stile di vita. Le persone che si considerano giovani moderni, in ascesa, preferiscono la fusion o la disco, quel tipo di musica brillante, pulita, precisa e meccanica. Tendono a non gradire tutto il resto perché non ha i ‘capelli pettinati’. La musica fuzztone a tre accordi non è esattamente il genere di cose a cui ti aspetteresti che un giovane dirigente sia interessato. Vuole qualcosa che suoni ‘giusto’, da ascoltare in giro su una Maserati. Quindi, alla fine, che sminuisce la musica… Ma è una buona cosa che tutta quella musica sia lì per quelle persone perché, senza di essa, al loro stile di vita mancherebbe qualcosa”. (Frank Zappa)
    (Down Beat, 18 maggio 1978)

    In una recensione del recente concerto, ho detto che i MOI costituivano la prima band di jazz elettrico. Ciò non significa, tuttavia, che Zappa utilizzi un tempo costante o uno schema ritmico come fa la maggior parte del jazz. È incline, come Miles Davis, a spezzare i passaggi oscillanti dopo un po’, spostare il tempo, utilizzare accelerazioni e rallentamenti e cambiare tutto in termini di schema e ritmo.
    (Datebook, 8 dicembre 1968)

  • Frank Zappa – Over the Rainbow – xenocronia Frank Zappa, György Ligeti – xenochrony

    Frank Zappa – Over the Rainbow – xenocronia Frank Zappa, György Ligeti – xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e György Ligeti

    FAIR USE

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    (La xenocronia NON è uno stile ma una TECNICA di incisione sviluppata già nei primi anni ’60 da Frank Zappa che l’ha utilizzata in vari album.
    Tutti possono provare a realizzare una xenocronia anche sovraincidendo random due o più brani o parti di brani, parlato, rumori, ecc. Non bisogna essere geni per riuscirci, basta fare un po’ di pratica e capire ciò che si vuole raccontare trovando la ‘materia prima musicale’ giusta.
    Provate anche voi e, mi raccomando, se esce fuori la magia non sentitevi dei geni.
    Il genio resta sempre colui che compone musica originale dal nulla. Frank era un genio: creava xenocronie da sue composizioni. Il resto è sperimentazione).

    “I Want To Hold Your Hand” (Live al Rainbow Theatre, 10 dicembre 1971) è la canzone che precede l’aggressione.
    Quel rumore sordo verso la fine è sempre così inquietante da sentire.
    Frank Zappa si stava esibendo in una cover dei Beatles.

    I dettagli di cronaca li trovate qui

    https://www.youtube.com/watch?v=slC-0WhxKHA&list=PLNIorVgbZlD2tk02qdmIwbllXkKBe3hOG&index=8

    https://www.youtube.com/watch?v=9tYlga9ozYY&list=PLNIorVgbZlD2tk02qdmIwbllXkKBe3hOG&index=9

    In questa xenocronia ho miscelato diversi brani del concerto al Rainbow Theatre.
    Mi chiedo cosa ha provato, pensato e vissuto Frank mentre quel pazzo lo spingeva nella fossa dell’orchestra volando giù, 12 piedi sotto il palco.
    Di sicuro, la musica di György Ligeti, uno dei compositori che ha influenzato Zappa, può rendere l’idea…

    “Gyorgy Ligeti è un compositore noto soprattutto per la sua musica spaventosa”.
    (Frank Zappa, Bugle American, 17 dicembre 1975)

    In particolari casi di NDE (Near Death Experience, Esperienza di pre-morte) o di OBE (Out of body Experiences, Esperienza extra corporea), una persona in imminente pericolo di vita o clinicamente morta per alcuni minuti ricorda una serie di impressioni vissute in quel ‘’particolare’’ stato di coscienza.
    Queste esperienze contengono diversi elementi presenti in tutte le persone che l’hanno vissuta: c’è quasi sempre una sensazione particolare come la visione di un tunnel, della luce, il rivedere in fotogrammi la propria vita e poi il ritorno cosciente nel proprio corpo.
    Chissà, forse in quel momento Frank ha rivisto in fotogrammi e suoni quel concerto…

  • Frank Zappa e Chester Thompson – Inca Roads

    Frank Zappa e Chester Thompson – Inca Roads

    Inca Roads: trascrizione di Chester Thompson per Frank Zappa

    Chester Thompson è di Baltimora come Frank. È il terzo afroamericano del gruppo, insieme a Nappy e George. È uno studioso e un tecnico immerso nella tradizione del jazz rock.

    Dichiarazioni di Chester Thompson estratte da Percussioni, gennaio 1994
    “Quando ero con Zappa, un giorno io e Ralph Humphrey andammo alle prove e trovammo sul palco questi due doppi kit della Octaplus. A quel punto, o ti sedevi li dietro con un’aria scema oppure imparavi ad usare quella roba. All’inizio fu una cosa un po’ opprimente: non è il genere di cose di cui vado pazzo. Se non ti applichi molto regolarmente non hai scampo. Dopo l’esperienza con Zappa passai direttamente al Weather Report, dove nessuno ti dà alcuna indicazione: o sei adatto a quel gruppo oppure no. Oggi guardo al periodo di quelle due esperienze in questo modo: con Zappa si imparava come leggere e suonare qualsiasi cosa, mentre col Weather Report si imparava a capire cosa bisognava omettere. Perciò spero di aver sviluppato tra questi due estremi un equilibrio nel sapere sempre quando suonare e quando no. Le cose che faccio adesso coi Genesis non richiedono tanti tempi dispari come con Frank. Le parti di batteria, la musica in generale non è altrettanto complicata ma il groove ha un’importanza incredibile: ci sono tempi dispari, ma la loro esecuzione è lasciata al proprio modo di sentire. Con Zappa anche il feeling era scritto, in un certo senso. Zappa era molto specifico riguardo a quel che si doveva suonare: e una volta che lo suonavi in maniera giusta, il feeling rimaneva quello”. (fonte: Drums and Drumming, estate 1987)

    “Chester Thompson: batterista decisamente solido e stimolante, uno stile totalmente diverso dagli altri ragazzi. È stato divertente suonare con Chester, soprattutto dopo che ha imparato a suonare i poliritmi, perché è entrato nella band fondamentalmente dal mondo dei boogaloo. Suonando assoli di chitarra con Chester il suo ritmo era così contagioso che le persone potevano davvero battere i piedi, indipendentemente da quello che stavi facendo con la chitarra. Il lato negativo era che con i poliritmi la sua batteria non si adattava perfettamente. Ho parlato con Chester, ho cercato di spiegargli in modo non tecnico come dovrebbero essere le cose in certi punti delle composizioni musicali, e lui si è grattato la testa e ha iniziato a modificare; penso si sia aperto apprendendo nuove idee. È stato fantastico anche viaggiare con lui. Un ragazzo divertente”.
    (Rhythm, luglio 1989)

    Chester Thompson, il tuo ex batterista, suonerà con i Genesis, sai?
    Sì. Chester Thompson è un musicista jazz. Mi chiedo cosa potrebbe fare con i Genesis. Immagino sia solo un lavoro…
    Ci sono sempre più band che mescolano rock, jazz, ecc.
    Sì, ma non credo che la maggior parte di questi mix sia molto felice. Immagina un magnaccia che va a un ballo in maschera e vuole vestirsi da coniglio. Prende una corazza del XVI secolo, sarebbe carino un boa, e – perché no? – un turbante in testa, occhiali alla Elton John. È un bel costume, ma non ha alcun senso. Ogni musica esiste secondo una realtà propria. Ma incollare un riff jazz su un ritmo rock non è un matrimonio, è solo un collage.
    Questa è la tua specialità, vero?
    Sì, ma io so che tipo di colla usare…
    (Rock & Folk, marzo 1977)

  • Frank Zappa e Mike Keneally

    Frank Zappa e Mike Keneally

    Mike Keneally – Frank Zappa’s Jazz Discharge Party Hats

    Mike Keneally era un vero fan ardente della tua musica, il dizionario ambulante delle tue canzoni, diverso dagli altri…
    “In realtà, ci sono stati altri due dizionari ambulanti… Arthur Barrow era un dizionario ambulante e in una certa misura lo era anche Ike, ma Keneally è unico. Non è soltanto un dizionario ambulante: non ho mai visto nessuno in grado di memorizzare così velocemente come Keneally. È assolutamente una spugna nel memorizzare i passaggi musicali. Colaiuta potrebbe memorizzare velocemente ma solo per la batteria: Keneally memorizza l’intero pezzo, la melodia, gli accordi, il ritmo, ‘fotografa’ tutto e può replicarlo subito dopo averlo sentito.
    (Frank Zappa, Society Pages 1, aprile 1990)

    “È molto gratificante trovare qualcuno la cui musica ti dia la sensazione che stia parlando direttamente con te. E mentre attraversi la vita, trovi più persone che si sentono come te e lì trovi una comunità. Inoltre, c’era l’arte stessa e quanto variava da un album all’altro. C’era così tanto da scoprire nella musica di Frank, come gli indizi segreti nei testi e nelle melodie che creavano connessioni tra album specifici. All’inizio sembrava di far parte di un club segreto”. (Mike Keneally, Guitar World, febbraio 1999)

    Dichiarazioni di Mike Keneally su Frank Zappa
    “L’istinto di sopravvivenza supera lo stupore e la paura. Non c’è niente di peggio di quando Frank ti chiede di fare qualcosa e non sei in grado di farlo”.

    The Black Page” è stato scritto prima come un assolo di batteria, poi Frank ha usato quei ritmi per scrivere una melodia. Diresti che la natura ritmicamente complessa di molte delle sue melodie era una funzione della sua esperienza come batterista?
    “Deriva dal fatto che la batteria era il suo primo strumento e dal suo amore per la musica di Edgar Varése. Ci sono alcuni intervalli melodici e tecniche di orchestrazione che Frank ha assorbito dall’ascolto di Varése, e questo è decisamente evidente in termini di uso delle percussioni. Il lavoro orchestrale di Frank è fortemente percussivo”.
    “Quando c’ero io, socializzare con la band non era una grande priorità per Frank. Diceva sempre che non aveva amici, che era una delle sue linee di scorta. Posso immaginare che abbia vissuto senza essere coinvolto con molte persone a livello sociale, ma era abbastanza gentile, sensibile e comprensivo da rendersi conto che lui significava molto per le persone quando si impegnava con loro”. (Guitar World, febbraio 1999)

    “Pochi mesi dopo lo scioglimento della band di Zappa del 1988, una sera Frank mi ha sorpreso chiedendomi: ‘Pensi che potresti imparare a suonare la chitarra flamenca?’ Era interessato a formare una specie di band di world music. La band non è mai nata, ma questa domanda mi ha fatto riflettere”. (Mike Keneally, Guitar & Bass, ottobre 2015)

    Da bambino (8 anni), Mike Keneally, il chitarrista ‘acrobatico’ di Frank Zappa, era terrorizzato da lui: trovava inquietante la combinazione del suo viso e del suo nome mentre osservava il suo poster in un negozio di dischi. Inquietante e, al tempo stesso, affascinante.
    E’ entrato a far parte della band di Zappa 5 anni prima della morte dell’iconico musicista ma è un suo fan da sempre. Due suoi amici d’infanzia gli prestavano i dischi di Frank: Keneally ricorda di essere stato particolarmente colpito dal terzo album in studio dei Mothers del 1968 “We’re Only In It for the Money”, che ha “lavorato nel suo DNA” all’età di 11 anni.
    Anni dopo, Mike Keneally si ritrovò a fare un’audizione per il ruolo di “chitarrista acrobatico” di Frank Zappa, che era notoriamente interpretato da Steve Vai nei primi anni ’80.
    Keneally conosceva a memoria gran parte dell’opera di Zappa, il che lo ha reso un candidato inestimabile per il tour di Frank Zappa del 1988. Era ossessionato da lui, ascoltava la sua musica senza sosta: “c’era come un jukebox Zappa nella mia testa”.
    Mike, che ha lavorato come chitarrista e tastierista nel tour dell’88, era capace di suonare le complicate canzoni di Zappa solo grazie alla sua leggendaria memoria: non aveva mai imparato a suonarle correttamente prima.
    Riguardo alla sua relazione personale con Zappa, Keneally ha dichiarato:
    “Frank ha sempre affermato di non essere amico dei membri della sua band. Ma considero la sua presenza nella mia vita molto calorosa. E’ stato molto gentile e generoso con me. Gli ho fatto ascoltare il mio primo album da solista “Hat” (1992): dopo averlo ascoltato, mi teneva fermo in modo da potermi guardare negli occhi e mi ha detto ‘Il tuo disco è fantastico’ “.
    Dopo la morte di Frank Zappa nel 1993, Mike Keneally ha continuato a lavorare con i suoi figli Dweezil e Ahmet, ed è un membro di The Bizarre World of Frank Zappa.
    (Ultimate Guitar, 31 maggio 2022)

    Oggi fa parte di Progject – The ultimate Prog Rock Experience, una super band che spacca.

  • Frank Zappa – Any Downers? Significato del testo

    Frank Zappa – Any Downers? Significato del testo

    Any Downers? Frank Zappa – 1975 – rehearsal band

    “Any Downers?” non è mai stato eseguito o registrato da solo. E’ stato, invece, incorporato in una sequenza di canzoni che si apre con “Society Pages”, “I’m a Beautiful Guy”, “Beauty Knows No Pain” e “Charlie’s Enormous Mouth” terminando con “Conehead”.
    Questa suite manca di unità tematica per formare realmente un’unica composizione.
    E’ stata eseguita nella sua interezza nel 1980 e pubblicata seguendo lo stesso ordine di apparizione nell’album in studio del 1981 You Are What You Is, che include l’intero lato 2 del set originale di due LP. “Any Downers?” era il pezzo più vecchio della sequenza. Fu eseguito per un breve periodo nell’ottobre-novembre 1975 (con testi molto diversi) prima di essere accantonato.
    In “Charlie’s Enormous Mouth”, una ragazza è morta per overdose di cocaina. “Any Downers?” riprende da dove aveva lasciato: gli amici di Charlie sono riuniti attorno alla sua tomba. Mentre la piangono qualcuno chiede altri farmaci, questa volta un sedativo (“downer”). “No, non ne ho più” rispondono gli amici depressi che non riescono ad imparare dall’esperienza della ragazza. Quindi, tutto ciò che resta da fare è accendere la TV, solo per ritrovarsi su uno sketch di “Conehead” al Saturday Night Live: “È una ragazza calva/Con la testa appuntita/Oh no”, che suggerisce il passaggio alla canzone successiva, “Conehead”. (AllMusic)

    “Any Downers?” di Frank Zappa è un commento satirico sull’abuso e la dipendenza dai downers (farmaci depressivi) usati come mezzo per sfuggire alla realtà e anestetizzare il dolore emotivo. La canzone ruota attorno a un personaggio di nome Charlie, probabilmente un pusher o una persona associata all’uso di droghe.
    Il testo inizia con una scena funebre, in cui gli amici di Charlie non riescono a salvare una ragazza dal suo comportamento autodistruttivo.
    Il ritornello ripetitivo riflette la disperazione e il desiderio di droghe. Suggerisce che il narratore sta cercando downers per alleviare la sua angoscia emotiva, ma si rende conto che non ne ha più.
    Le righe successive raccontano come i downers fossero l’unico mezzo che la ragazza avesse per dare sollievo alla sua mente tormentata ed al profondo rimorso. Allude al fatto che l’abuso di droghe è un meccanismo di coping. Il coping è una serie di comportamenti messi in atto per cercare di tenere sotto controllo, minimizzare o affrontare conflitti e situazioni stressanti.
    Tuttavia, con i downers esauriti, alla ragazza non resta altro che la televisione come fonte di distrazione e surrogato di connessione e amore.
    La menzione della “ragazza calva con la testa appuntita” sullo schermo televisivo nelle ultime righe potrebbe essere una rappresentazione metaforica del vuoto e della superficialità di cercare conforto attraverso i media. Evidenzia l’assurdità e l’inadeguatezza di usare una televisione per colmare il vuoto lasciato dall’assenza di droghe.
    (songtell)

  • Frank Zappa – Underground Wazoo – xenocronia Frank Zappa, John Cage, Edgar Varèse – xenochrony

    Frank Zappa – Underground Wazoo – xenocronia Frank Zappa, John Cage, Edgar Varèse – xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, John Cage (Roaratorio 1979), Edgar Varèse
    + spot pubblicitario Grand Wazoo Radio Commercial, novembre 1972

    FAIR USE

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    Brani usati per questa xeno:
    John Cage: Roaratorio (1979)
    Invocation And Ritual Dance Of The Young Pumpkin (1967)
    Zomby Woof assolo (Live) 1988
    The Girl In The Magnesium Dress
    The Grand Wazoo (The Lost Episodes 1996)
    The Mothers of Invention – Vito Rocks The Floor (Greek Out)
    1984 Frank Zappa on BioTerror (Musicbox) intervista
    Frank Zappa – 1968 – Octandre by Edgar Varèse – Live in Vancouver

    “Potresti pensare che il mio cappello sia buffo, ma non lo è.
    Sono il Grand Wazoo, custode della pergamena mistica
    e del rotolo di pergamena della loggia.

    Sono un veterano.
    Ogni giorno durante la pausa caffè al negozio di ferramenta
    dico a Fred cosa aspettarsi
    perché facciamo scherzi durante l’iniziazione.

    Sono il Grand Wazoo dal negozio di ferramenta.
    Vaffanculo se non ti piace il mio cappello”.
    (Frank Zappa, The Grand Wazoo)

    Il titolo della xenocronia è solo un pretesto per inserire questo testo che mi interessa particolarmente.
    Il resto è un tuffo rapido nel mondo underground dei primi Mothers Invention con brani come “Vito Rocks The Floor (Greek Out)” e “Invocation and Ritual Dance of the Young Pumpkin” (sovraincisi).
    Ho concluso con una parte di intervista del 1984 in cui Frank dice la sua sull’AIDS.

    Le persone si ammalano di AIDS…
    “La seconda volta che ho fatto uno spettacolo della CNN chiamato Cross Fire, l’argomento del dibattito era ‘La musica rock causa l’AIDS?’. Stavo discutendo con il Rev. Jeff Ling del PMRC. La loro logica era questa: la musica rock fa desiderare alle persone di fare sesso e il sesso ti dà l’AIDS. Abbastanza scarsa come argomentazione, non credi? Hanno impostato la domanda e io ho semplicemente risposto “No”. C’è stato un grande silenzio, poi hanno dovuto capire cosa fare con gli altri 29 minuti dello spettacolo. Da allora non sono più stato invitato”.

    Nel tuo libro ti è venuta in mente questa grande questione dell’AIDS, di come fossero probabilmente i missionari che attaccavano le persone con aghi non disinfettati…
    “Non è la mia teoria. L’ho sentito da qualcun altro. La prima volta ho sentito parlare dell’AIDS da una notizia di cronaca: diceva che nel mese di novembre erano morte improvvisamente 700 persone in una certa città. Improvvisamente, un certo gruppo di persone in un determinato luogo si ammala di una certa malattia. Dato che ero cresciuto in una famiglia in cui sapevo dei gas velenosi e della guerra batteriologica, mi è sembrato subito un esperimento, l’utilizzo di civili per i test. Non è inverosimile pensarla in questo modo perché ci sono stati molti altri esempi riportati nei media nazionali di quando il governo ha utilizzato privati per testare contro la loro volontà, comprese persone che sono entrate nell’esercito: è stato somministrato LSD senza dire loro che facevano parte di un esperimento. In un ospedale in Canada, alcuni pazienti sono stati utilizzati per i test dalla CIA. Non è stato ampiamente riportato negli Stati Uniti, ma sicuramente lo sanno in Canada. La CIA è stata sorpresa a farlo.
    Poi c’è stato l’esperimento che ha avuto luogo nella Grand Central Station di New York City, dove è stato emesso un gas per scoprire che tipo di panico sarebbe avvenuto. Diciamo che sei cittadino statunitense. Hai dei diritti, ok? Non credo tu abbia l’obbligo di partecipare involontariamente ad esperimenti di guerra chimica e biologica nella tua città natale. Non credo che faccia parte del tuo obbligo di cittadino statunitense. Se vuoi offrirti volontario, fantastico. Se vuoi portare i ragazzi nel braccio della morte e usarli per testare questa roba, ok. Ma dire: “Beh, andiamo alla stazione dei treni, diamo il gas e vediamo cosa succede…” che cos’è? Che razza di Paese fa questo?”. (Frank Zappa, High Times, dicembre 1989)

    Zappa aveva una teoria particolarmente interessante sull’AIDS. Ha suggerito che è stato creato in un laboratorio ai fini della guerra biologica, ma è sfuggito alla popolazione generale. Pensa che la ricerca del governo stia coltivando germi specifici per razza (“designer”) che potrebbero essere mirati contro un nemico scelto senza danneggiare altri gruppi e che il virus dell’AIDS sia un agente di guerra batteriologica impazzito.
    Ha avvertito che ci sono due strutture di ricerca sulla guerra chimica/batteriologica nel Maryland: Fort Detrick e l’Edgewood Arsenal”.
    (Frank Zappa, Duckberg Times, 25 novembre 1986)

    Zappa ritiene che questo sia più preoccupante delle testate nucleari: “Entrambe le parti vogliono abbandonare le testate perché distruggono proprietà immobiliari”. Inoltre, gli accordi USA-URSS sulle armi “non tengono conto dei fanatici islamici che vogliono qualsiasi cosa esploda per usarla sugli infedeli”. (Duckberg Times, 25 novembre 1986)

  • Frank Zappa – La Chironomia, i gesti sul palco

    Frank Zappa – La Chironomia, i gesti sul palco

    Frank Zappa – King Kong (You can’t do that on stage anymore vol.3) versione reggae

    La chironomia di Zappa
    Zappa muoveva le dita nell’aria e la musica semplicemente avveniva.
    Le linee, i disegni, gli impulsi energetici che il Maestro tracciava fra sé e il gruppo corrispondevano ad un preciso codice gestuale di cui l’autore non ha lasciato il dizionario ma che è possibile ricostruire in parte attraverso filmati e interviste, soprattutto grazie alla memoria di spettatori e collaboratori di Zappa.
    Il codice funzionava nella maniera più semplice e meno arbitraria: allusioni, metafore, associazioni d’idee. Molti dei moduli individuati erano richiamati nella maniera più intuitiva: alzando le cinque dita di una mano per l’ostinato in 5/8, servendosi anche dell’altra mano per quello in 7/8. Se le dita erano allargate anziché strette, l’indicazione valeva per un tempo di 5/4 o 7/4.
    Soprattutto i primi tempi, Zappa indulgeva nella ricerca di effetti squisitamente teatrali ordinando a uno o più membri del gruppo di smettere di suonare e di eseguire un certo comando. Un dito puntato su un occhio voleva dire ‘piangi’. Un triangolo formato unendo pollici e indici delle due mani significava ‘ridi roboticamente’. Grattarsi la testa significava ‘vaga per il palco grattandoti la testa’ come essere in dubbio su cosa suonare.
    Mettersi il pollice in bocca a mo’ di pipa reclamava invece una prestazione più professionale: va’ al microfono più vicino e dici, imitando lo stile di un grande scienziato tedesco, “very inderesting” (sic).
    Poi c’erano i vocal noises, esperienza esilarante anche per i componenti dei Mothers.
    Il gesto delle corna con la mano che si allontana dalla bocca e il braccio che descrive un arco davanti a sé era il segnale per vocalizzare il conato di vomito.
    Un altro gesto partiva con ambedue le braccia stese in avanti e portate verso di sé piegando i gomiti: era il segnale per il vocalizzo ‘uah!’, una via di mezzo tra un wow e un puah! – dunque emblema sonoro della confusione di idee dell’uomo qualunque, del plastic people.
    Le indicazioni di tipo musicale erano rigorose.
    Il gesto-base consisteva nel puntare il dito verso uno dei Mothers: significava ‘suona la prima cosa che ti viene in testa mentre gli altri procedono nella normale esecuzione’.
    Due dita unite servivano, invece, a designare un estremo della gamma vocale: se spinte all’improvviso verso il basso, invitavano ad emettere la nota più grave. Se fatte scattare verso l’alto inducevano la nota più acuta. Il dito puntato e mosso poteva fornire ad un musicista indicazioni di altezza e dinamica, dunque frasi melodiche anche complesse o una nota tenuta (in crescendo o in diminuendo) secondo il movimento del braccio.
    La richiesta di un’improvvisazione collettiva veniva invece trasmessa muovendo un dito circolarmente verso il basso come un cucchiaio in una tazza: gesto che Zappa, col suo innato ésprit de finesse, definiva ‘rimestare la merda’. Tutto questo veniva costantemente orchestrato, sempre in tempo reale.
    Negli anni Settanta e Ottanta, Zappa avrebbe sfruttato meno queste tecniche tranne residui segnalo che gli servivano a montare, in tempo reale, esercizi di stile basati sul riarrangiamento ritmico ‘a comando’ di un brano in scaletta ovvero:
    – Ruotare le dita sul lato destro della testa (come accarezzando un dreadlock ‘rasta’) = suonare in stile reggae;
    – Ruotare le dita su entrambi i lati della testa = suonare in stile ska;
    – Tre dita a M sospese sopra la testa e in leggera vibrazione come una pioggia = suonare alla Weather Report (per via delle previsioni del tempo);
    – Poggiare le mani all’altezza del cavallo dei pantaloni a mo’ di attributi virili = suonare in fiero stile heavy metal.
    (Tratto da libro “Frank Zappa Domani” di Gianfranco Salvatore)

    I concerti di Frank Zappa sono sempre l’occasione per nuovi arrangiamenti: difatti, Zappa non suona mai due volte la stessa canzone.
    Prendiamo “Black Page”: su Zappa in New York troviamo una prima versione con assolo di batteria, aggiunte di percussioni, poi orchestra ridotta; nello stesso album troviamo la seconda versione, che ha un ritmo disco-funk e arrangiamenti molto più roboanti. Su Make a Jazz Noise Here, possiamo ascoltare la versione new age, molto lenta.
    Zappa aveva sviluppato un intero linguaggio dei segni che gli permetteva di indicare in qualsiasi momento ogni cambiamento di interpretazione: quindi, un gesto specifico significava che era necessario suonare in stile reggae o hard rock, ecc.
    Ad esempio, se girava un dito a destra e dietro la testa come se stesse giocherellando con un tappetino rasta, il gruppo suonava reggae, mentre se faceva lo stesso con entrambe le mani il gruppo suonava ska.
    Se portava entrambe le mani all’inguine mimando un grosso paio di testicoli, i musicisti sapevano che dovevano suonare heavy metal.
    Frank poteva modificare la sua composizione nel momento stesso in cui la band la suonava sul palco.

  • Frank Zappa – The Secret Word – xenocronia Frank Zappa, John Cage, Krzysztof Penderecki – xenochrony

    Frank Zappa – The Secret Word – xenocronia Frank Zappa, John Cage, Krzysztof Penderecki – xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, John Cage e Penderecki

    FAIR USE

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    (La xenocronia NON è uno stile ma una TECNICA di incisione sviluppata già nei primi anni ’60 da Frank Zappa che l’ha utilizzata in vari album.
    Tutti possono provare a realizzare una xenocronia anche sovraincidendo random due o più brani o parti di brani, parlato, rumori, ecc. Non bisogna essere geni per riuscirci, basta fare un po’ di pratica e capire ciò che si vuole raccontare trovando la ‘materia prima musicale’ giusta.
    Provate anche voi e, mi raccomando, se esce fuori la magia non sentitevi dei geni.
    Il genio resta sempre colui che compone musica originale dal nulla. Frank era un genio: creava xenocronie da sue composizioni. Il resto è sperimentazione).

    Frank Zappa e i Mothers si stavano esibendo in uno dei miei brani preferiti, King Kong, quando è scattato l’allarme per l’incendio divampato al Casinò di Montreux.
    I dettagli di cronaca li trovate qui

    https://www.youtube.com/watch?v=5KQPWyyXTA4

    Con la mente mi sono ritrovata in quel locale, in mezzo al pubblico.
    Nell’imminente pericolo, ho immaginato Frank che continuava a suonare sfidando la morte, prendendo per i fondelli anche lei.
    In una sorta di replica di Joe’s Garage, prevaleva l’immaginazione di Joe, pronto a lanciarsi in assoli immaginari…
    Frank/Joe aveva deciso di cambiare il finale di quello strano film che è la vita dando retta solo a lei, la Grande Nota. In qualsiasi momento, in qualunque dimensione.
    Le fiamme avanzavano ma lui era lì e non aveva nessuna voglia di smettere di suonare. Suonava e rideva… sovraincidendo fantasia e realtà.
    Stava succedendo… tra passato, presente e futuro.
    The Secret Word for tonight is… Fire.
    La voce che pronuncia ‘Fire!’, la folla, il panico, il segnale di allarme… è tutto reale. Tutto è stato registrato in quella dannata notte del 4 dicembre 1971.
    E’ un omaggio a Frank.
    “Il compositore moderno si rifiuta di morire” e Frank, oggi, è più vivo che mai.

  • Frank Zappa – Keep It Greasey, significato del testo

    Frank Zappa – Keep It Greasey, significato del testo

    Keep It Greasey (Live al Paramount Theatre, Seattle, Washington, 1984)

    “Keep It Greasey” di Frank Zappa (tratto dal triplo album Joe’s Garage) è un brano che esplora le complessità delle relazioni di coppia, la lotta per trovare un amore e un legame autentici.
    Con i suoi giochi di parole e le sue allusioni, la canzone offre un commento umoristico e satirico sulle sfide che uomini e donne devono affrontare per trovare partner adatti.
    La frase ripetuta “Keep it greasey so it’ll go down easy” è una metafora della necessità di aggiungere lubrificazione o morbidezza alle relazioni. Il senso di ‘lubrificazione’ è sia figurato che letterale.
    Da un lato, si riferisce alla lubrificazione sessuale (soprattutto il lato B), sottolineando l’importanza di una comunicazione aperta e di una connessione fisica per mantenere una relazione sana.
    Dall’altro, “greasey” può essere visto come una metafora della morbidezza e adattabilità, che implica la necessità di essere flessibili e accomodanti.
    Proprio come la lubrificazione fa in modo che tutto scivoli e scorra facilmente, sia gli uomini che le donne hanno bisogno di portare un certo livello di sforzo, comprensione e compromesso per far funzionare la relazione senza intoppi.
    Il testo di Zappa suggerisce che le donne buone spesso hanno difficoltà a trovare uomini buoni. Zappa sottolinea la scarsità di uomini “buoni”: sono rari e difficili da trovare. Questo concetto è ulteriormente rafforzato dalla ripetizione del verso “The good men, well there just ain’t enough”.
    Se una donna riesce a trovare un uomo buono e lo lascia andare “è probabile che non ne trovi più un altro simile”.