Frank Zappa's mustache - Music is the Best

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  • Frank Zappa – Il significato di Apostrophe

    Frank Zappa – Il significato di Apostrophe

    (Text suggested and published by Dave Hunt, one of most active members of What’s Zappa group. Thanks Dave)

    The Crux Of The Biscuit Is The Apostrophe the particular passage which is being referred to happens on the end of ‘stinkfoot’, and takes place in the context of a man having a conversation with his dog. The dog asks the man, what is his conceptual continuity.
    So the dog is posing a philosophical question to the man about what the man thinks the nature of reality is, or at least his understanding of it.
    The dog is basically asking, what is reality? Well, what is an apostrophe? An apostrophe is a symbol. its an idea. and what is anything else for that matter? what am i to you, but an idea within your mind.
    So, the apostrophe, being a symbol of defined purpose but undefined potential, becomes a more accurate symbol to represent whatever we currently call ‘reality’.
    Basically saying that the crux of the ‘biscuit’, i.e. reality itself, is more accurately represented by a symbol such as an ‘apostrophe’. Meaning… words are limited, language is limited… ideas and concepts are limitless…
    The apostrophe is a symbol that represents something that is not clearly defined. i mean, if you find an apostrophe inside of a word, you know that it means ‘symbol for conjoining two words together’ or ‘symbol to represent plurality, or ownership’… and that makes well enough sense. But say you have an apostrophe out on the page by itself… what does it mean then?
    It is a vague symbol that can mean anything…and it does. Being able to move beyond that and see, that what binds reality together is something that goes beyond conventional comprehension.
    Just try to imagine what an apostrophe means by itself. (an apostrophe, out of context)
    Basically, the apostrophe by itself goes beyond logic. it still means SOMETHING, but without context, it is impossible to define.
    it is only within the CONTEXT of language can the purpose of the apostrophe be understood and decoded.
    The way we observe things and learn about reality is by looking at context. our understanding of everything is based on the context in which it is being observed.
    basically, an apostrophe is dependent upon context to be understood… but an apostrophe is not dependent upon context to EXIST and reality is the same way… reality is dependant upon context in order
    To be understood, but it is not dependent upon context in order to EXIST. and so, in this way, the apostrophe is an accurate symbol for whatever we might call this existence… …and so, the crux of the biscuit is the apostrophe.
    (Dweezil Zappa, on Frank Zappa’s crux of the biscuit)

    (testo suggerito e pubblicato da Dave Hunt, uno dei membri più attivi del gruppo FB What’s Zappa. Grazie Dave)

    In sintesi

    Nel brano Apostrophe (‘) un uomo conversa con il suo cane.

    Il cane chiede all’uomo qual è la sua continuità concettuale. E cos’è un apostrofo?

    Un apostrofo è un simbolo, un’idea.

    Si dice che il nocciolo della questione, ovvero la realtà stessa, sia rappresentato più accuratamente da un simbolo come un ‘apostrofo’. Il che significa che le parole sono limitate, che il linguaggio è limitato… le idee e i concetti sono, invece, illimitati…

    L’apostrofo rappresenta qualcosa di non chiaramente definito. Se trovi un apostrofo all’interno di una parola, sai che si tratta di un “simbolo per unire due parole insieme” e questo ha abbastanza senso. Ma un apostrofo tracciato a caso, da solo, fuori contesto su una pagina cosa significa? E’ un simbolo vago che può significare qualsiasi cosa… L’apostrofo da solo va oltre la logica. Significa comunque QUALCOSA, ma senza contesto, è impossibile da definire. Soltanto all’interno del CONTESTO del linguaggio lo scopo dell’apostrofo può essere compreso e decodificato. Il modo in cui osserviamo le cose e impariamo la realtà è osservando il contesto. La comprensione di ogni cosa si basa sul contesto in cui viene osservata. Un apostrofo ha bisogno di un contesto per essere compreso ma non ha bisogno di un contesto per ESISTERE. Lo stesso vale per la realtà. (Dweezil Zappa)

  • Frank Zappa e Aynsley Dunbar

    Frank Zappa e Aynsley Dunbar

    Frank Zappa jamming with The Aynsley Dunbar Retaliation, Amougies Festival, Belgium, 24 ottobre 1969

    “Penso che Frank sarà sempre ricordato come brillante e completamente in anticipo sui tempi. Frank non è mai arrivato all’altezza di dove avrebbe dovuto essere perché ha sempre intentato causa contro le case discografiche e loro lo odiano. Una volta che fai loro causa, non vogliono conoscerti e tutte le grandi aziende lavorano insieme. Se una decide che non vuole avere a che fare con te il messaggio arriva anche alle altre. Ecco perché lui e sua moglie Gail hanno fondato la sua etichetta”.
    (Aynsley Dunbar, The Aquarian Weekly, 25 ottobre – 1 novembre 1995)

    Come sei arrivato a suonare con Aynsley Dunbar?
    Ci siamo incontrati al Festival di Amougies in Belgio. Era con la sua band, Blue Whale. Abbiamo fatto una piccola jam ed è andata piuttosto bene. Poi ci siamo lasciati: due o tre mesi dopo, l’ho incontrato in Inghilterra e gli ho detto “vuoi suonare? “. Ha subito accettato. Comunque, penso che fosse stufo della Blue Whale. Aveva problemi con gli ottoni, o qualcosa del genere… Aynsley ha sempre suonato come se fosse stato uno dei Mothers. Non per niente gli ho chiesto di suonare con noi. Gli ci sono voluti un paio di mesi per capire davvero cosa significasse la nostra musica e ora è totalmente coinvolto.

    (Best, febbraio 1971)

    “Ogni membro del gruppo inizierà inconsciamente a interpretare un ruolo: un cattivo, un burlone, un eroe, un Romeo. Tutti gli stereotipi, ma le personalità andranno in quelle direzioni e le leggende inizieranno a formarsi.
    Con i Mothers Aynsley Dunbar di solito assume il ruolo di Romeo o di un cattivo, anche se non entrambi contemporaneamente”. (Frank Zappa, Sounds, 7 novembre 1970)

    Riflettendo su una formazione composta da Jeff Simmons (basso), George Duke (tastiere, trombone), Ian Underwood (sax, organo), Aynsley Dunbar (batteria) e, più tardi, Don Preston (tastiere), Volman ha detto: “In moltissime interviste, Frank ha ammesso che era il gruppo più eccitante che avesse mai avuto, perché ognuno era stato a sua volta leader del proprio gruppo. È stato fantastico. Frank alla chitarra e Aynsley alla batteria hanno creato questo stile di improvvisazione, come con George e Ian. Ian ha acquisito un vero sapore classico e George ha portato una ventata jazz. Poi, Don Preston ha aggiunto un’altra influenza jazz”.
    (Goldmine, 29 novembre 2002)

    A causa delle recenti rivolte studentesche per le strade di Parigi, il Paris Actuelle Music Festival si è svolto in un campo fangoso vicino alla città belga di Amougies, in una giornata molto fredda e perennemente avvolta dalla nebbia.
    “È stato così orribile. Penso che la vera ragione per cui sono finito lì in senso cosmico sia stata quella di incontrare Aynsley Dunbar da inserire nella band” (Frank Zappa, Record Hunter, luglio 1992)

    “Un batterista con cui mi sono davvero divertito a suonare è stato Aynsley Dunbar. Era fantastico. Sapeva rimescolare il cervello, mescolare i pezzi”.
    (Rhythm, luglio 1989)

    “Volevo suonare la chitarra in un contesto ritmico più forte e con i nuovi Mothers è stato possibile farlo. Se c’era un punto debole nel vecchio gruppo dei Mothers of Invention era la sezione ritmica: era troppo statica.
    Ora c’è uno spirito di gruppo che trascende la semplice amicizia tra i membri della band. I ragazzi sentono che non stanno solo suonando ma stanno facendo qualcosa di più. Hanno la libertà di esprimersi in molti modi diversi. Nel vecchio gruppo ero l’unico che parlava al pubblico. In questo gruppo Mark Volman e Howard Kaylan si esibiscono in monologhi (con testi speciali all’interno delle canzoni) e anche Jeff Simmons fa qualcosa. È un contatto con il pubblico più immediato con questa band.
    In più, la base ritmica è molto più orientata al rock and roll grazie al modo di suonare di Aynsley Dunbar. C’è più un’atmosfera jazz-blues grazie a George Duke perché viene da quel mondo.
    Ora le vecchie melodie di Mothers of Invention che suoniamo nel nostro repertorio sono state riarrangiate al punto tale che non sembrano neanche le stesse canzoni. Per esempio, “Who Are the Brain Police?” suona come “Canned Heat”. (Hit Parader, giugno 1971)

    Frank Zappa: “Ci sono molti musicisti che mi piacciono… Penso che un giorno suonerò di nuovo con Aynsley Dumbar. Mi è piaciuto molto”. (Rock & Folk, 1977).
    Frank non avrebbe più avuto questa opportunità fino al 1984.

    Aynsley Dumbar: “Suonare con Frank Zappa è la cosa migliore che possa capitare a un musicista. Suonare con lui è stata una sfida continua, è questo che mi è piaciuto. Poteva farti suonare qualcosa di estremamente semplice, e poi un minuto dopo lo faceva esplodere con una successione di 15 o 16 battute. Bisognava stare sempre all’erta.

  • Frank Zappa – Il Clown Freak

    Frank Zappa – Il Clown Freak

    Frank Zappa – Clownz on Velvet – The Ritz (1981)

    Frank Zappa, il genio travestito da joker, ha unito la musica colta a quella popolare. Nel mondo di Zappa i confini tra musica colta e popolare sono completamente aboliti nel nome di un’assoluta libertà creativa.
    I giullari, facendo i cantastorie, i buffoni e i giocolieri, divennero il maggior elemento di unione tra la letteratura colta e quella popolare.
    Erano guardati con sospetto dalla Chiesa cattolica che ne condannava il modello di vita e i canti.
    Considerati i primi veri professionisti delle lettere (in quanto vivevano della loro arte), i giullari ebbero una funzione molto importante nella diffusione di notizie, idee, forme di spettacolo e di intrattenimento vario. Svolgevano la loro attività in diversi modi e si servivano delle tecniche più disparate, dalla parola alla mimica fino alla musica. (What’s Zappa – gruppo Facebook)

    Ti consideri una specie di trovatore del Rock, il tuo pionierismo fa parte di una trovata dell’industria discografica e ti senti quindi come un buffone di corte della grande società al vinile?
    “Va bene per me, se va bene per voi giornalisti, tanto a me delle critiche non frega un bel niente…” risponde Frank sorridendo, ma poi sottolinea che non si sente un buffone, piuttosto un ambasciatore in un altro regno, che intrattiene con lunghi e fantasiosi racconti le tavole dei commensali, che farà ridere, ma anche pensare.
    (Maurizio Baiata)

    “Odiavo gli hippy. Per me erano un’altra manifestazione del conformismo nordamericano, della tendenza a raggrupparsi in tribù che accettano un vangelo che li fa sentire superiori agli altri. La mia gente erano i “freaks”, i mutanti che avevano uno stile individuale che li separava radicalmente dal resto della comunità. “Freaks” in senso fisico, sessuale o mentale, emarginati per necessità, non per seguire l’ideologia alla moda”.
    (Frank Zappa, El Europeo, maggio 1990 – rivista spagnola)

    “C’è una differenza tra freak e hippy. Agli hippy non importa davvero che aspetto hanno, ai freak importa moltissimo. La loro confezione e la costruzione dell’immagine sono una parte molto importante del loro stile di vita. Non ho detto ai ragazzi cosa indossare; ho semplicemente suggerito che il loro modo di vestire fosse conforme a quello che stavamo facendo. Ci è voluto un anno prima che alcuni dei ragazzi cambiassero: vivevano a Orange County e avevano paura di tornare a casa se sembravano troppo strani. Dopo un po’ hanno ceduto. L’immagine è legata alla musica. L’aspetto di un gruppo è collegato alla musica nello stesso modo in cui la copertina di un album è collegata al disco. Dà un indizio di cosa c’è dentro. Migliore è la confezione, più piacerà alla persona che ha ritirato quel pacco”. (Frank Zappa)

    “Sono il ‘Mr. Loyal’ di un piccolo circo elettronico musicale”.
    (Extra, febbraio 1971)

    (Conferenza stampa di Frank Zappa al Grand Hotel di Oslo il giorno prima del Kalvoya Festival).
    Come descriveresti la tua musica?
    “Complicata… e per di più divertente. Io sono un ramo della tradizione circense, il buon vecchio circo”.
    (Cream, gennaio 1972)

  • Nigey Lennon su Frank Zappa

    Nigey Lennon su Frank Zappa

    Brain Tap Shuffle (Steely Dan) – cover by Nigey Lennon con John Tabacco e Jim Dexter.
    Ha collaborato all’arrangiamento Candy Zappa, la sorella di Frank.

    “… Una volta gli ho chiesto durante il tour cosa sognava quando dormiva. Disse “Vivo nel mio sogno”. Sentivo che Frank stava vivendo e creando a livelli simultanei di ‘realtà’…”
    “L’alchimia era una cosa molto reale per lui; non era una specie di concetto astratto… era sempre spinto a rendere concreto ciò che era intrinsecamente astratto…”.
    “… Era molto bravo a valutare le persone, incredibilmente bravo con la psicologia, mi ha semplicemente fissato con questo sguardo incrollabile — quello sguardo… una specie di spirale… era la prima volta che incrociavo l’occhio di un mago. Era decisamente in grado di manipolare i livelli della realtà. Era davvero bravo in questo… Era davvero mistico…”. (da un interessante dialogo del 1995 tra Bob Dobbs e Nigey Lennon, amante di Frank Zappa nei primi anni ’70).

    Spesso mi chiedono: è il reverendo Bob Dobbs? Assolutamente no. E’ un caso di omonimia. Non è “quel” reverendo. “Quel” reverendo fu assassinato nel 1984 in un teatro di San Francisco dai suoi stessi seguaci. Il Bob Dobbs di cui sto parlando è nel nostro gruppo, è molto impegnato con la sua radio. Conosceva molto bene Frank Zappa. Dobbs passò le domande a Bob Marshall per l’intervista del 21-22 ottobre 1988, considerata la più grande intervista a Zappa mai realizzata, durata 7 ore.

    “Rideva sempre… non troppo sguaiatamente ma di gusto. Frank rideva anche quando faceva sesso”. (Nigey Lennon).

    “Pur essendo incoraggiante quando si trattava della mia musica, ho sempre avuto l’impressione che Frank fosse a disagio intellettualmente con me perché ero una ragazza. Le donne intorno a lui tendevano a ricoprire ruoli ben definiti: sua moglie manteneva la sua scena domestica correndo come una macchina ben oliata, tutte le groupie assortite e i seguaci del campo che giravano intorno alla band servivano a rendere divertente la vita sulla strada. Io, invece, insistevo per essere il suo pari intellettuale, e questo lo confondeva. Evidentemente non c’era nulla nel suo background che gli permettesse di capire una mina vagante come me. Il fatto che la nostra amicizia fosse sopravvissuta a qualche disaccordo era una testimonianza della sua tenacia e della mia testardaggine”.

    “Ho ricevuto molta ispirazione da Zappa, non solo musicale. Non potevi stargli vicino e non provare la peculiare euforia che derivava dal suo totale disprezzo per la realtà mondana; ha creato il suo universo da zero trasformando le cose intorno a lui esattamente come voleva che fossero. Potevo immaginarlo come un adolescente allampanato, trascinato di scuola in scuola ogni volta che il lavoro di suo padre come collaudatore di armi del governo richiedeva un’altra mossa. Potevo vedere come Frank, leggendo libri sul buddismo zen e ascoltando la musica espansiva del suo idolo Edgard Varèse, aveva sviluppato la sua filosofia come forma di autodifesa. Come un adulto, era riuscito a trasformarlo sia in un’arte che in un business: stava ridendo per l’ultima volta di un mondo che lo avrebbe bandito volentieri nell’inferno speciale riservato agli eccentrici e ai sognatori. A me sembrava il tipo di creatività più sublime”.

    “Tuttavia, a volte l’universo privato di Zappa può diventare opprimente. Odiava perdere il controllo, reale o immaginario, praticamente fino alla paranoia. Una volta, a New York durante un tour, frugò nel mio bagaglio a mano e trovò il mio diario, che, essendo un registro delle mie attività quotidiane, conteneva varie osservazioni, pro e contro su ciò che accadeva intorno a me. Andò su tutte le furie e mi accusò senza motivo di prendere appunti da vendere a Rolling Stone. Ho cercato di spiegargli che non avevo intenzione di farlo, ma lui non voleva ascoltare. Stufa dei suoi deliri, mi sono scusata per lo spettacolo di quella sera, che si è svolto alla Carnegie Hall. La mattina dopo ho saputo che aveva fatto un lungo discorso dedicandomi lo spettacolo come una sorta di pubblica scusa. Era difficile non volergli bene”. (Nigey Lennon, City Paper, 19 gennaio 1994)

  • Frank Zappa e la Guerra

    Frank Zappa e la Guerra

    The torture never stops – Frank Zappa & The Mothers Of Invention

    “Per me, la guerra è un altro nome che si dà agli scambi internazionali”. (Frank Zappa, Popster, giugno 1979)

    “Chiunque abbia un cervello può capire come costruire una specie di arma per rovinare qualcun altro. Questa è l’attività principale che si sta svolgendo in ogni angolo del mondo e, di solito, è supportata da un sistema religioso che rafforza la convinzione che ciò che stanno facendo è corretto perché sono dalla parte di Dio. “Sbarazzati di questi figli di puttana qui perché non credono nel nostro libro” ed è quello contro cui ti trovi. Guarda, è stata la mia esperienza nel “mondo degli affari” ovunque in qualsiasi tipo di attività, collegata a qualsiasi religione. Non c’è nessuno di cui valga la pena fidarsi, nessuno che sia mai abbastanza sicuro delle proprie convinzioni da fidarsi di se stesso. Non ho conosciuto nessuno che non fosse disposto a svendersi per un centesimo o ad essere un potenziale assassino per motivi religiosi o politici o per una sorta di bizzarra fantasia che ha nella mente perché pensa che il modo in cui vede le cose è superiore a quello degli altri. E’ questa la natura umana”. (Frank Zappa – Ecolibrium Interviews n. 19 – 1984)

    “La natura umana e la stupidità umana spesso generano violenza. Quando la violenza degenera in uno scontro internazionale, dovresti essere in grado di proteggerti. D’altra parte, pianificarlo, come abbiamo fatto durante la Guerra Fredda, sulla base di stime dell’intelligence mal gestite sulla minaccia alla nostra sicurezza nazionale è semplicemente stupido. La maggior parte delle stime dell’intelligence indicava che i sovietici non potevano farci un cazzo, ma furono ignorate per mantenere il livello di occupazione e attività finanziaria nell’industria della difesa”. (Frank Zappa, Playboy, 2 maggio 1993)

    “La politica estera americana è così miope, un vero fallimento. E’ infestata da un’arroganza culturale contro arabi, neri, chiunque. C’è una totale arroganza culturale. Non puoi avere pace, non puoi avere nient’altro che la guerra ed è molto arrogante credere che, poiché hai una società tecnologica, i macchinari che costruisci per uccidere le persone saranno sempre migliori dei macchinari degli altri”. (Frank Zappa – Society Pages 6, giugno 1991)

    “Ho reagito malissimo alla guerra del Golfo, alla guerra in sé, mi sembra folle che abbiamo accettato di combattere. E’ stato completamente inutile mandare in Iraq mezzo milione di uomini per togliere di mezzo la merda che c’era. Penso che la guerra è stata fatta per assecondare una propaganda verbale che sostanzialmente era costruita sulle fatidiche parole di Bush: nuovo ordine mondiale. Di recente, ho rilasciato un’intervista in Germania e il giornalista che mi intervistava ad un certo punto mi ha chiesto: “Che ne pensi di questo nuovo ordine mondiale? Pensi che Bush sappia che sono le stesse parole che usava Hitler? Perché la sua mi sembra la stessa linea di Hitler”. Sai cosa ti dico? Aveva ragione”. (Frank Zappa – Rockstar, settembre 1991)

    “La difesa più forte che qualsiasi nazione può avere è un’economia solida. Una nazione è davvero forte quando tutti partecipano all’economia. Siamo stati criminalizzati dal nostro stesso codice fiscale: il 90% della popolazione deve scalpellare e truffare per sopravvivere… Esplosioni nucleari sotto il deserto del Nevada? Che cazzo stiamo testando? Sappiamo già che la merda esplode. Noi stiamo costruendo macchinari per una guerra tanto improbabile quanto impossibile da vincere e, nel frattempo, stiamo creando effetti collaterali ambientali. Il denaro della difesa dovrebbe essere investito in manodopera e attrezzature adeguate ai tipi di conflitti che incontreremo davvero nel prossimo quarto di secolo”. (Frank Zappa. L’autobiografia)

    “Le persone vogliono commerciare tra loro, non uccidersi a vicenda. Le sole persone che vogliono la guerra sono i fanatici religiosi e i pazzi che si trovano al potere. Le persone normali vogliono fare affari… con un pizzico d’ironia, negli anni ’60, gli uomini d’affari erano alla base di ogni male, mentre adesso saranno forse loro a salvare il mondo per puro caso…”. (Frank Zappa)

    “Gesù penserà che sei un coglione … Se lasci che quei predicatori televisivi ti trasformino in una scimmia”.
    Mi sembra che il rischio di una guerra nucleare sia maggiore con un uomo che crede che Gesù non tornerà finché non ci sarà un conflitto finale… e che i fedeli, i buoni, non soffriranno affatto perché saranno assunti in paradiso, e potranno vedere tutti i peccatori arrostire e brindare.
    “Se un uomo che ha quella teologia è seduto accanto a qualcosa che assomiglia a un bottone rosso, qui siamo in grossi guai”. (Frank Zappa – Chicago Sun-Times, 21 febbraio 1988)

    “Non ci sarà mai una guerra nucleare; ci sono troppi beni immobili coinvolti.
    (Frank Zappa)

  • Frank Zappa e le Atrocità – terza parte

    Frank Zappa e le Atrocità – terza parte

    Frank Zappa – “The Return of the Son of Monster Magnet

    Estratto trasmesso per la prima volta dal programma televisivo AVRO ‘Vjoew’ il 13 maggio 1968.
    Filmato girato al Garrick Theatre di New York da Ed Seeman

    Zappa ha l’aria di essere appena tornato dall’inferno mentre fissa la folla, leccandosi il pizzetto e i baffi, quasi annusando il pubblico come un animale che fiuta la sua preda. Quando sente che sono pronti per esplodere, dice semplicemente:
    “Ciao, sono Frank. Suoniamo”.
    Sax, vibrafono, percussioni, batteria, basso e sintetizzatore esplodono dietro di lui come la polvere da sparo con cui giocava da bambino. Il suono di Zappa martella il pubblico in piedi, facendolo letteralmente cadere sulle sedie e riducendolo ad una massa ondeggiante di carne mentre i musicisti si rincorrono intorno a un palco pieno di apparecchiature audio, ad uno scheletro che penzola da un lampione, un pollo di gomma con un cartello ARF che sporge dal becco, una grande anatra di gesso con seni immensi, un piede enorme costantemente criticato per il suo pessimo odore e manichini assortiti.
    Il suo orecchio inquietante rileva le note discordanti come un sismografo e regola l’attrezzatura brontolando con rapidi movimenti di manopole e quadranti come uno stregone elettronico.
    (I-AM, marzo 1977)

    Com’era la scena musicale ai tempi dei Mothers?
    “Abbastanza bizzarra con tutte queste band degli anni Sessanta, inclusi Jefferson Airplane e Paul Butterfield e Johnny Rivers. Abbiamo aperto per Lenny Bruce al Fillmore West nel 1966. Gli ho chiesto di firmare la mia bozza di carta, ma ha detto di no”.
    E’ stato allora che hai incontrato John Wayne?
    “Sì. È venuto a uno spettacolo molto ubriaco. Mi vide, mi prese in braccio e disse: “Ti ho visto in Egitto ed eri grande… e poi mi hai fatto esplodere!”. Sul palco ho detto: “Signore e signori, è Halloween e stasera avremmo avuto ospiti importanti qui come George Lincoln Rockwell, capo del Partito nazista americano, ma sfortunatamente tutto ciò che siamo riusciti a trovare è stato John Wayne”. Si è alzato e ha fatto un discorso da ubriaco e le sue guardie del corpo mi hanno detto che avrei fatto meglio a raffreddarlo”.

    “Se non avessimo provato certe esperienze estreme probabilmente non avremmo inventato nessuna di quelle partecipazioni squilibrate e punizioni del pubblico che stavamo sperimentando in quel periodo. Ci chiedevamo: fino a che punto si sarebbero spinti? Cosa potremmo chiedere di fare al pubblico? La risposta sembrava essere: qualsiasi cosa. Portavamo qualcuno sul palco e dicevamo: “Togliti scarpe e calzini, mettiti i calzini sulle mani e leccali mentre suoniamo”. Chiedevamo qualsiasi cosa ci venisse in mente. Finché la persona era sul palco, faceva tutto ciò che gli chiedevamo. Il resto delle persone tra il pubblico rideva della persona che stava facendo le cose più ridicole, ma allo stesso tempo diceva: “Potrei essere io e lo farei!”. (Playboy aprile 1993)

    Zappa aveva un innato senso dello spettacolo, un gusto perverso di cabaret e lo usò come emolliente e tonico per la sua proposta artistica; fin da un memorabile stage al Garrick Theatre di New York, quando con i Mothers of Invention tenne 14 show alla settimana per tre mesi e mezzo, maggio-settembre 1967, improvvisando e coinvolgendo il pubblico in una oltraggiosa versione rock del Living Theatre.
    (Riccardo Bertoncelli, Musica Jazz, dicembre 2020)

    Frank è spesso etichettato come il “padre” del rock teatrale alla Alice Cooper (uno dei suoi primi pupilli) ed altri. Ha offerto alcuni spunti interessanti sul passato dei MOI (Mothers of Invention).
    “Probabilmente sono io il padre” ha ammesso “ed ora il rock teatrale si è trasformato in qualcosa di davvero spettacolare. All’epoca, avevamo un’attrezzatura molto scarsa e lo facevamo in circostanze in cui la maggior parte dei gruppi rock di oggi non avrebbe funzionato. In altre parole, l’abbiamo fatto nel modo più duro: sei sere a settimana, due spettacoli in una notte per cinque mesi al Garrick Theatre di New York, in agosto e settembre senza aria condizionata e umidità al 90%. Era un piccolo teatro da 300 posti, e suonavamo per chiunque entrasse e prendesse parte a ciò che stavamo facendo. Abbiamo coinvolto il pubblico in modo spontaneo: non avevamo paura di fare nulla fintanto che il pubblico se ne sarebbe andato. Faccio cose strane sul palco, ma niente che riguardi scariche di materiale dal corpo o piccoli animali soggetti a ferite. Abbiamo fatto delle cose strane, ma non abbiamo fatto del male a persone o animali”. (Circular, 10 dicembre 1973)

  • Frank Zappa e le Atrocità – seconda parte

    Frank Zappa e le Atrocità – seconda parte

    Who are the Brain Police

    Frank, nel raccontare gli spettacoli dei MOI chiamati ‘atrocità’, ha spiegato che sul palco hanno fatto di tutto.
    “Abbiamo anche celebrato matrimoni, abbiamo scelto persone dal pubblico per lasciare che facessero discorsi o cantassero/suonassero con i nostri strumenti”.
    Den Simms (intervistatore): Cos’è successo con Albert Wing… riguardo al “matrimonio Wing/Pollack”?
    Frank Zappa: Mi è stato mostrato un falso certificato di matrimonio.
    Eric Buxton: Ero presente alla cerimonia. Ero nella stanza d’albergo.
    Frank Zappa: Dovresti intervistare Eric. (ride) È il testimone oculare della maggior parte delle cose che sono successe.
    Eric Buxton: E’ successo questo. Erano ubriachi, sono rimasti insieme per tutto il tour e volevano sposarsi. Bruce Fowler è presumibilmente un ministro ordinato. Non ricordo in quale città è successo ma c’erano molte ragazze del New Jersey: stavano facendo una festa di addio al nubilato e noi stavamo semplicemente girovagando per l’hotel preparandoci per andare a dormire. Niente da fare. Bobby Martin ci dice “Ho trovato questa stanza piena di ragazze che volevano uscire, bere e festeggiare”. Siamo andati nella stanza e abbiamo festeggiato per tutta la notte: al culmine della festa, c’è stata questa cerimonia di matrimonio (ride). Bruce Fowler ha celebrato la cerimonia e ha mangiato le pagine della Bibbia da cui stava leggendo.
    Frank Zappa: Giusto per concludere l’affare.
    Eric Buxton: Ha strappato quelle pagine ed ha iniziato a masticarle. Quella è stata la cerimonia di matrimonio.
    Frank Zappa: Non mi hanno raccontato di quella vicenda. Sono sicuro che sarebbe finita sul palco. Tralasciano sempre di dirmi le cose belle.
    (da un’intervista pubblicata su Society Pages 2, giugno 1990)
    (certificato di matrimonio falso pubblicato su Society Pages1 aprile 1990)

    Nella classifica top 10 dei musicisti più pazzi del mondo, troviamo Frank Zappa.
    Zappa, eclettico e incredibilmente prolifico, associò sempre la sua musica complessa ad un umorismo trasversale e inesauribile. Il suo senso dell’humour dissacrava tutto.
    Secondo Frank nessuno era capace di comprendere il senso della sua opera. Al massimo, il pubblico poteva essere ‘educato’ con strumenti ‘didattici’ durante i concerti, tra cui baby-doll volanti, salami, uova, bambolotti vietnamiti fatti a pezzi dai marines.
    Nella fase ‘acuta’ del suo pazzo umorismo (il 4 luglio 1967), allestì sul palco una grossa giraffa di peluche che veniva titillata da un estintore collegato ad una macchina per la panna montata e ad un grosso petardo destinato a scoppiare. “Per qualche strano motivo – disse Frank – la gente si divertì moltissimo”.

    Al Garrick Theatre, Frank Zappa: “Avevamo anche un cavo che andava dalla sala di controllo delle luci al retro del palco. Il direttore di scena vi appendeva e faceva scorrere le cose, come una bambola con le braccia e le gambe aperte, seguita da un salame in velocità. Tutto è stato pianificato con cura e abbiamo suonato la musica giusta per questo genere di cose. A volte il direttore di scena ci prendeva e ci tirava le uova. Ma la nostra grande attrazione è stata la morbida giraffa. Aveva un tubo che correva tra le zampe posteriori. Ray Collins cavalcava la giraffa e la massaggiava con un guanto a forma di pupazzo. Il tubo si irrigidiva e improvvisamente spruzzava le prime tre file di panna montata. Questo è stato il momento più popolare del nostro spettacolo. La gente continuava a chiederlo. (Barry Miles, 1993)

    Alice Cooper ha la reputazione di uccidere polli durante le esibizioni. Circular riporta una dichiarazione di Cooper apparsa originariamente all’UCLA Summer Bruin (30 luglio 1971) in un’intervista con Alice di Jacob Wiesel.
    “In realtà non abbiamo mai veramente ucciso nessun pollo, ma nessuno mi crede. Quello che è successo è che stavamo facendo un concerto all’aperto con i Mothers e il palco era proprio sotto una veranda. Nel mezzo del set ho visto questo pollo che camminava sul palco. Ho pensato tra me e me, se prendo questo pollo e lo lancio in aria, volerà via, senza rendermi conto che i polli non possono volare. Così ho preso l’uccello e l’ho lanciato in aria, proprio nello strapiombo ed è caduto giù con il collo rotto. Mi sono sentito davvero di merda per questo, quindi l’ho lanciato tra il pubblico. La folla l’ha fatto a pezzi. Il giorno dopo Frank è venuto da me e mi ha detto: ‘Ehi Cooper, ho appena sentito che hai preso un pollo, gli hai aperto la gola con un morso e ne hai succhiato il sangue’. Ho quasi vomitato quando l’ha detto. Da allora, siamo diventati i famigerati assassini di polli”. (Circular, 23 agosto 1971)

    Con il suo gruppo, The Mothers of Invention, nell’estate del 1967 Frank Zappa portò una teatralità brutale e spontanea sul palco rock del Garrick Theatre, molto prima che lo facesse chiunque altro.
    (In Their Own Words, aprile 1975)

  • Frank Zappa e le Atrocità – prima parte

    Frank Zappa e le Atrocità – prima parte

    Frank Zappa – “The Return of the Son of Monster Magnet”

    Estratto trasmesso per la prima volta dal programma televisivo AVRO ‘Vjoew’ il 13 maggio 1968.
    Filmato girato al Garrick Theatre di New York da Ed Seeman

    GLI SPETTACOLI DEI MOTHERS OF INVENTION CHIAMATI “ ATROCITA’ ”
    Sul palco abbiamo fatto di tutto. Abbiamo celebrato matrimoni, abbiamo scelto persone dal pubblico per lasciare che facessero discorsi o cantassero/suonassero con i nostri strumenti.
    Usavamo trucchi e colpi di scena sorprendenti come un bambolotto con le gambe spiegate seguito da un salame che lo avrebbe speronato nel culo.
    Tutto è stato pianificato con cura: abbiamo suonato la musica giusta per questo genere di cose.
    La nostra grande attrazione era la morbida giraffa. Avevamo questa grande giraffa di peluche sul palco, con un tubo che correva fino a un punto tra le gambe posteriori. Ray Collins si avvicinava alla giraffa e la massaggiava con un burattino a forma di rana… poi la coda della giraffa si irrigidiva e le prime tre file del pubblico venivano spruzzate di panna montata che usciva dal tubo. Il tutto ovviamente con accompagnamento musicale. Era la caratteristica più popolare del nostro spettacolo. La gente lo richiederebbe tutto il tempo. Avevamo un venditore ambulante in piedi fuori dal teatro che trascinava le persone dalla strada in quella stanza puzzolente per un brivido e noi gli abbiamo dato un brivido.
    La musica è sempre un commento sulla società, e certamente le atrocità sul palco sono piuttosto lievi rispetto a quelle condotte per nostro conto dal nostro governo.
    In realtà, il modo in cui sono iniziate le atrocità è stato casuale. Qualcuno aveva regalato a uno dei ragazzi una bambola grande e una notte abbiamo scelto tra il pubblico alcuni Marines. Giusto per rompere la monotonia. Non avevamo ancora iniziato le atrocità. Abbiamo avuto l’idea di mostrare al pubblico com’erano veramente i Marines. Ho lanciato la bambola ai marines e ho detto: “Questo è un bambino gook … mostrateci come trattiamo i gook in Vietnam”. Hanno fatto a pezzi quella bambola.
    Da quella volta, abbiamo incluso oggetti di scena in tutti i nostri spettacoli. Li chiamo aiuti visivi”.

    “I live più singolari che i Mothers abbiano mai fatto furono quelli avvenuti al Garrick Theatre nel 1967 e non c’è nessuna registrazione. Non ho registrazioni del Garrick Theatre. Forse qualcuno potrebbe aver ripreso lo spettacolo ma Verve non l’ha fatto. Avevamo un accordo con Wally Heider che a quel tempo aveva un camion di registrazione a New York City; aveva tutta questa attrezzatura in un furgone e aveva bisogno di un posto dove parcheggiare il suo furgone. Volevo fare un patto con lui per dargli un posto auto per il furgone fuori da questo teatro che avevamo affittato. Tutto quello che doveva fare era accendere il nastro ogni notte e avremmo potuto avere le registrazioni. Verve non l’ha fatto”. (Goldmine, 27 gennaio 1989)

    Sul palco del Garrick Theatre di New York sono successe cose molto strane; l’altra sera è salita sul palco una ragazza, alta circa 1,50 mt, aveva i capelli totalmente arruffati. Una ragazza di circa diciotto anni con occhiali scuri, sandali, con in mano due borse della spesa e un flauto… Sale sul palco, posa le borse della spesa, si infila il flauto in bocca ed ha un attacco epilettico davanti a spettatori assolutamente sbalorditi. Non l’abbiamo fermata, è stato davvero straordinario. È rimasta lì per circa mezz’ora: quando ha finito ci siamo augurati la buonanotte, se n’è andata e nessuno tra il pubblico sapeva cosa fare…
    La nostra musica è sempre un evento. Ogni spettacolo è diverso. Le canzoni rimangono relativamente le stesse, ma il loro ordine è costantemente sconvolto, si incastrano l’una nell’altra o si susseguono senza tempi morti. A volte suoniamo tre quarti d’ora consecutivi senza sosta. Spesso il pubblico rimane ipnotizzato e alla fine dei brani si dimentica di applaudire. . . Personalmente, ho preso parte ad un solo happening; era l’Ucla in California. Avevo portato alcune delle mie registrazioni private. (Rock & Folk, novembre-dicembre 1967)

    Una “oscenità” che Frank ama recitare ha un inizio insolito. La maggior parte dei membri della band ha suonato musica da ballo e, occasionalmente, i Mothers apriranno un concerto con una dolce interpretazione di “Moonlight Serenade”, la colonna sonora di Glenn Miller di 30 anni fa.
    Gli uomini tra il pubblico di solito reagiscono dicendo: “Accidenti, Mildred, questi ragazzi non sono poi così male. Con tutti quei brutti capelli, non penseresti mai che possano recitare in modo così carino”. A quel punto Frank fa un segnale ai ragazzi della band. La musica di ieri si interrompe su una mezza nota e tutte e nove le Madri iniziano a grugnire, grugnire, ragliare e ruttare. Un certo numero di persone presenti durante queste occasioni non si sono ancora riprese. (Teen Set, settembre 1968)

  • Frank Zappa – “City of Tiny Lights” cosa significa?

    Frank Zappa – “City of Tiny Lights” cosa significa?

    (con la straordinaria animazione mandata in onda nel programma tv “Old Grey Whistle Test” della BBC)

    “City of Tiny Lights” di Frank Zappa è una canzone vivace ed eccentrica che invita gli ascoltatori ad esplorare un mondo stravagante di proporzioni miniaturizzate. Sebbene in apparenza sia leggera, il testo e il contesto generale rivelano un messaggio profondo sulla condizione umana, sui valori della società e sulla ricerca della felicità.
    La canzone si apre con il verso ripetuto “City of tiny lites, don’t you wanna go”, che ci introduce immediatamente al tema centrale dell’esplorazione di questo paesaggio urbano in miniatura. Il concetto di città di piccole luci può essere interpretato come una metafora di un’utopia idealizzata. Zappa invita l’ascoltatore a considerare se vuole avventurarsi in questa città, simboleggiando il desiderio di esplorare un mondo migliore, più ideale.
    La menzione di minuscoli clacson e di minuscoli fulmini nella tempesta suggerisce che, anche in questo microcosmo, la vita ha la sua versione di caos e di conflitto.
    Tuttavia, Zappa introduce l’idea di piccole coperte, cuscini e lenzuola, che rappresentano il comfort e il calore in mezzo alla natura imprevedibile dell’esistenza. Il verso “Talkin’ bout them tiny cookies that the peoples eats” mette in evidenza gli aspetti mondani della vita, sottolineando che anche in questo mondo in miniatura le persone si dedicano ad attività ordinarie come mangiare.
    Zappa giustappone l’enormità della presenza fisica dell’ascoltatore alla piccolezza della città, suggerendo un senso di nostalgia e di fuga. Il verso successivo, “Every cloud is silver liney”, implica che anche in questo mondo ci sono barlumi di speranza e positività.
    Zappa invita gli ascoltatori a guardare oltre le loro circostanze e a trovare la bellezza, anche nei piccoli momenti. La ripetizione di “Tiny is as tiny do” rafforza l’idea che le azioni, indipendentemente dalla loro portata, possono avere un impatto significativo. Zappa suggerisce che non sono le dimensioni delle azioni, ma l’intenzione e il significato che vi sono dietro che contano davvero.
    Nella sezione di canto scat con l’assolo di chitarra, Zappa sottolinea ulteriormente l’idea di esplorazione e di rottura delle convenzioni. L’improvvisazione strumentale rappresenta la libertà di esprimersi in modo creativo e di allontanarsi dalle norme sociali. La canzone si conclude con la ripetizione del verso sui biscotti piccoli, sottolineando che anche se la città può essere piccola e apparentemente insignificante, la gente trova ancora gioia nei piaceri semplici. Nel complesso, “City of Tiny Lights [Conceptual Continuity]” è un’affascinante esplorazione dell’esperienza umana.
    (songtell)

  • Frank Zappa, Drowning Witch: meaning, review

    Frank Zappa, Drowning Witch: meaning, review

    La canzone “Drowning Witch” di Frank Zappa racconta la storia di una strega che si trova in una situazione disperata.
    I testi presentano metaforicamente la sua lotta come una strega che affoga e non può essere salvata da una nave che arriva troppo tardi. La strega stava cercando una relazione con una presunta persona ricca della Marina Mercantile, ma diventa chiaro che questa relazione non ha funzionato.
    La canzone fa riferimento alle conseguenze dell’inquinamento e alle condizioni tossiche delle vie d’acqua americane. Il menzionare l’acqua verde e non pulita suggerisce che l’ambiente sia stato pesantemente contaminato. I serpenti d’acqua e i relitti arrugginiti simboleggiano la degradazione causata dall’inquinamento.
    Frank Zappa introduce anche il concetto di radiazioni, che possono avere effetti pericolosi sugli organismi viventi.
    I testi esprimono preoccupazione per la strega, avvertendo del potenziale per essere esposta alle radiazioni e mutare in modi drastici e imprevedibili. Queste immagini vengono utilizzate per criticare l’impatto dannoso delle azioni umane sull’ambiente e su come possano danneggiare sia la natura che gli individui.
    (Songtell)