Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Tag: Frank Zappa

  • FZ: “può l’umorismo appartenere alla musica?”

    Does humour belong in music?”. Può l’umorismo appartenere alla musica? – si chiedeva Frank Zappa.

    Le risposte zappiane al quesito sono molteplici. Teniamo presente che la risata si genera spesso al cospetto dell’interruzione della prevedibilità di un’azione o di uno schema verbale, che crea una situazione inaspettata. In musica può essere ottenuto un risultato simile con un’improvvisa e inaspettata divergenza ritmica, melodica o armonica rispetto alla regolarità di gran parte dei generi musicali.

    Lo stesso Zappa affermava: “Qualsiasi composizione (o improvvisazione) che suoni consonante e regolare sempre e comunque mi pare l’equivalente di un film dove ci siano solo i buoni o di una cena a base di ricotta”.

    Anche l’accostamento di elementi tra loro normalmente estranei può indurre al riso: ha un effetto assolutamente dirompente ascoltare Stairway to Heaven in versione reggae con tanto di sezione fiati che all’unisono esegue il celeberrimo assolo di chitarra di Page.

    Zappa parlava anche di strumenti dal timbro buffo citando alcuni utilizzi della tromba con la sordina, del sassofono basso suonato nel suo registro più grave nonché del trombone a coulisse, che scatenano reazioni di ilarità negli ascoltatori “cresciuti a cliché subliminali che hanno determinato la loro realtà auditiva fin dalla culla”. Per lo stesso motivo utilizzava effetti sonori di stampo rumoristico come nel finale di Peaches En Regalia (Hot Rats, 1969).

    La risposta più semplice e superficiale è riscontrabile nell’analisi dei testi dei brani cantati che portano alla risata per via delle tematiche particolarmente pungenti oppure originali o anche per la sfrontatezza con cui l’autore ha saputo discutere nei propri testi di tematiche sessuali di cui tutti parlano o fantasticano nella sfera privata ma che difficilmente si ha il coraggio di portare alla superficie dell’ambito pubblico.

    Non bisogna fare l’errore di considerare ‘demenziale’ la musica di Frank Zappa, demenziale nel senso di ‘lontano dalla mente’, ‘fuori di testa’. Questo termine non si addice affatto a una via comica che invece era frutto di un’acutissima ricerca intellettuale.

    Sembrerà paradossale ma far ridere non era affatto l’obiettivo primario di Zappa. In realtà, il suo vero scopo era il riconoscimento della sua dignità di compositore ‘serio’ alla stessa stregua dei suoi idoli Varèse e Stravinskij. Realizzava dischi e tour di musica un po’ più vicina alla popular music seppure con un approccio rivoluzionario e unico allo scopo di racimolare denaro per i lavori più impegnati. Come recita un altro titolo di un suo disco: “We’re Only In It For The Money” (1968).

    (Frank Zappa by Marcello Zappatore, Coolclub.it febbraio 2009)

    “Nella mia mente non c’è differenza tra far ridere qualcuno e far pensare qualcuno. L’uno non è migliore o peggiore dell’altro. Mi piacciono tutti i diversi tipi di musica e penso che siano tutti divertenti da fare e farò quello che mi va di fare. Tutti coloro che pensano di fare rock ‘serio’ possono baciarmi il culo. ‘Serio’ è qualcosa che non fa ridere?”. (BAM, gennaio 1978)

    L’umorismo appartiene alla musica (anche quella seria). Per Zappa vale anche il contrario: “Alcune persone non riescono a capire che puoi voler fare seriamente qualcosa che non è serio”. (LA Star, 119-1969)

    Il senso dell’umorismo deve essere una delle basi per essere una ‘Madre’: “È importante almeno quanto essere in grado di suonare. Se non hai senso dell’umorismo non puoi suonare la musica correttamente. Non è solo una questione di note giuste…”. (FZ, Melody Maker, 20 luglio 1974)

    Per Zappa l’umorismo è uno strumento fondamentale per affrontare i fanatismi politici e religiosi, per criticare stereotipi reazionari nella società americana. Zappa capisce che il cinema, come la musica, è un modo per esprimere idee, un mezzo di cui bisogna tenere conto nell’intero processo di comunicazione, in cui il pubblico è una parte fondamentale. (Author/Recipient Relationships in FZ’S Movies – Manuel de la Fuente)

    “I testi di Frank erano solo proposte, ti incoraggiava a pensare… Dietro questo umorismo devastante c’era un discorso molto serio. Con l’umorismo evocava argomenti seri. Frank ha lavorato in questo modo… “. (Gail Zappa, Rolling Stone, ottobre 2012)

    “Si dice: ‘Solo chi prende totalmente se stesso e la sua causa seriamente è un vero artista’. Onestamente, non me ne frega niente. La maggior parte delle cose che accadono nella mia vita sono divertenti, quando scrivo di cose che mi sembrano rilevanti, lo faccio nello stesso modo in cui mi sento al riguardo: in modo umoristico, divertente”. (FZ, Music Express Sounds, novembre 1984)

    “Sono una persona concreta con un senso dell’umorismo molto creativo”. (FZ)

    “La mia più grande forza è il mio senso dell’umorismo. (FZ, Tuttifrutti, febbraio 1994)

  • FZ: concerto a Parco di Redecesio (1982) tra zanzare, lacrimogeni e siringhe

    Frank Zappa concerto a Parco di Redecesio 1982

    Parco di Redecesio (Milano), 7 luglio 1982.

    Frank Zappa si esibisce tra zanzare, lacrimogeni e siringhe.

    “Una delle mie peggiori esperienze”.

    (Corriere della Sera, 16 luglio 2020)

    Chi ha assistito al concerto lo sa e lo ricorda ancora. “Un massacro. Volavano nuvole di zanzare così dense da oscurare la vista”.

    In quell’occasione, Frank ha dato il benvenuto al pubblico con un’eloquente “Welcome to the mosquito’s heaven”.

  • FZ: improvvisazione e metodo si fondono

    Frank Zappa metodo e improvvisazione

    Il coinvolgimento di altre rockstar come Ringo Starr, Keith Moon e Pete Townshend fu in parte casuale, come casuale alle volte erano le ospitate fatte nei dischi (di Zappa).

    Eravamo seduti l’uno vicino all’altro allo Speakeasy – ricorda Keith Moon – e all’improvviso Frank si gira verso di me e Pete (Townshend) e ci chiede se ci va di partecipare a un suo film. Rispondiamo di sì e lui ci dà appuntamento alle sette di mattina al Kensington Palace Hotel. Il giorno seguente, a quell’ora, arrivai solo io”.

    Ancora una volta, come da copione zappiano, improvvisazione e metodo si fondono.

    (Classix n.21 – marzo aprile 2009)

  • FZ: “suonare velocemente non significa necessariamente essere bravi…

    Zappa è arrivato a dichiarare di non avere nessuna possibilità di riuscire a superare le audizioni previste per entrare a far parte della sua band. L’approccio chitarristico di Zappa è assolutamente inusuale: rifiuta totalmente l’idea dei licks e delle frasi preconfezionate per non parlare dell’idea di suonare sempre lo stesso assolo, uguale alla versione nel disco, nei concerti. Era uno sperimentatore che azzardava e rischiava molto per verificare dove avrebbero portato certe idee. A volte, erano esperimenti coronati da successo, si poteva quasi sentire il pubblico che tratteneva il fiato dall’emozione. Altre volte portavano a vicoli ciechi, con Zappa che interrompeva bruscamente l’assolo o che svoltava improvvisamente imboccando una nuova direzione musicale (e lì si poteva sentire la band trattenere il fiato).

    Il suono aggressivo, appariscente, ringhiante, fallico dei gruppi heavy metal degli anni Settanta e Ottanta non faceva per Zappa che, tra l’altro, detestava l’idea di impressionare il suo pubblico con la velocità. L’unico della sua band a cui concesse questa possibilità fu Steve Vai. Per Zappa suonare velocemente non implica necessariamente essere bravi, anzi vedeva questo aspetto come un espediente per mascherare la mancanza di talento alla stessa stregua dell’indugiare sulle note acute come se fossero difficili da suonare, evitando bending tanto esasperati quanto appariscenti.

    Ascoltando la sua musica, in particolare le registrazioni dal vivo, si ha spesso la netta sensazione che per Zappa ogni assolo fosse una composizione/improvvisazione musicale con il pubblico come testimone dell’atto creativo nel momento: “Vado sul palco per suonare. Voglio improvvisare con la chitarra. Voglio giocare sui cambi di accordi o sul clima armonico, comporre su due piedi qualcosa che abbia senso, che prenda qualche rischio, che vada in qualche direzione in cui nessuno è voluto andare, che dica cose che nessuno ha voluto dire, che rappresenti la mia personalità musicale, che trasmetta emozioni in grado di parlare alle persone disposte ad ascoltare…”.

    Zappa è stato il primo musicista rock a misurarsi coi tempi dispari, i ritmi composti, i metri additivi, ad inserire nel gruppo due batteristi o percussionisti che suonassero anche marimba, xilofono, vibrafono.

    Riteneva che “lo stile del batterista è destinato a determinare lo stile della band e la sua personalità pervade tutto quel che accade. Se è una persona selvaggia e folle si avrà un gruppo selvaggio e folle”.

    La sua chitarra sapeva essere morbida e aggressiva, graffiante e delicata, grintosa e suadente, capace di alternare toni da ballad a pesanti distorsioni, ma sempre rivelando la personalità unica del musicista che la impugnava.

    (neuguitars.com, 4 dicembre 2017)

  • Frank Zappa offrì il primo contratto ai Persuasions

    “Frankly A Cappella: The Persuasions Sing Zappa” è un album del 2000 del gruppo The Persuasions.

    Frank Zappa li sentì al telefono mentre cantavano in un negozio di dischi sulla East Coast e li portò a Los Angeles per registrare il loro primo LP, nel 1969, per l’etichetta di Zappa.

    L’album nasce da un’idea di Rip Rense, un amico di Zappa, come tributo al compianto compositore. Rense è stato produttore esecutivo e ha lavorato con il cantante/arrangiatore Jerry Lawson nella selezione dei brani e degli artisti ospiti, tra cui gli ex allievi di Zappa Bruce Fowler, Robert Martin e Mike Keneally.

    Gary Mankin e Lawson hanno co-prodotto la musica e Gail Zappa ha ottenuto l’approvazione finale del progetto.

    Jerry Lawson, cantante dei Persuasions, è morto a Phoenix mercoledì all’età di 75 anni.

    Il suo sistema immunitario era debole perché aveva la sindrome di Guillain-Barre, un raro disturbo neurologico. I Persuasions, guidati dal baritono morbido e caldo di Lawson, hanno suonato R&B, rock, blues, gospel e pop senza strumenti.

    Frank Zappa pubblicò il loro primo album, “Acappella” con la sua etichetta Straight nel 1970. Joni Mitchell li portò in tour come suo atto di apertura nel 1979 e li fece cantare in due tracce del suo album “Shadows”. e Light”, uscito l’anno seguente. 

    Boyz II Men, Take 6, Rockapella e altri gruppi vocali hanno tutti affermato di essere stati influenzati da loro.

    I Persuasions hanno realizzato circa 20 album, alcuni dei quali erano tributi a Frank Zappa, ai Beatles e ai Grateful Dead. 

  • “Tijuana”/”Grunion Run”: il disco di Paul Buff che salvò Zappa dalla prigione

    Quando Paul Buff realizzò uno strumentale dal suono messicano intitolato “Tijuana Surf” nei suoi Pal Studios a Cucamonga, in California, chiese al collega musicista Frank Zappa di scrivere un lato B. Zappa produsse la brillante strumentale dai toni fuzz “Grunion Run” e Buff vendette le registrazioni all’etichetta Original Sound di Art Laboe. The Hollywood Persuaders divennero il nome d’arte di Buff, pur non essendo una band.

    Con pochissime eccezioni, Paul Buff suonava tutti gli strumenti. Quando l’Original Sound pubblicò “Tijuana” nell’estate del 1963, il disco divenne un grande successo regionale. In effetti, il disco è stato pubblicato due volte: come “Tijuana Surf” dei Persuaders e come “Tijuana” dei The Hollywood Persuaders.

    “Tijuana” è stato pubblicato in Messico e in Argentina come Los Persuaders ed è rimasto in cima alle classifiche per 16 settimane in Messico, impedendo persino a “I Want To Hold Your Hand” dei Beatles di raggiungere il primo posto!

    Il successo di “Tijuana” ha permesso a Buff di creare più registrazioni di Hollywood Persuaders. Le royalties del disco hanno anche aiutato a salvare Frank Zappa dalla prigione dopo essere stato arrestato nel marzo 1965!

  • FZ racconta come scoprì la musica dodecafonica

    Frank Zappa scopre la musica dodecafonica

    A scuola trovai alcuni insegnanti che mi aiutarono. Il signor Kavelman, insegnante della banda alla Mission Bay High, fu in grado di risolvere una delle questioni musicali più brucianti della mia giovinezza. Non capivo perché “Angel In My Life”, la mia canzone preferita di R&B in quel periodo, potesse piacermi così tanto. Pensai che lui, essendo insegnante di musica, potesse saperlo. “Ascolti questo e mi dica perché mi piace tanto” gli chiesi portando con me una copia del disco. La conclusione fu: “Quarte parallele”. Il signor Kavelman fu la prima persona che mi parlò della musica dodecafonica, pur non essendo un appassionato; ma almeno menzionò la sua esistenza e di questo gli sono grato perché altrimenti non avrei mai ascoltato Webern.

    (tratto da “The Real Frank Zappa Book”, l’autobiografia)

  • John Smothers: la guardia del corpo di Frank Zappa

    John Smothers guardia del corpo di Frank Zappa

    John Smothers aveva tutte le caratteristiche tipiche della più tipica guardia del corpo: quasi due metri d’altezza, fisico a tre ante, preferibilmente ricoperto da un kimono mimetico.

    John era la guardia del corpo di Frank Zappa. Nato a Baltimora, come Frank, quando parlava in pubblico di argomenti che dovevano restare segreti, usava un particolarissimo slang proveniente da quella zona del Maryland: nessuno avrebbe capito.

    Ma non era questa l’unica lingua anomala parlata o scritta da Frank. In effetti, una delle caratteristiche principali dell’intera opera zappiana è forse quella che risulta meno appariscente a chi non si sia profondamente introdotto nella logica illogicità del Grande Progetto-Oggetto: così come Frank Zappa è riuscito a stravolgere la banale comune sequenza del pentagramma rock introducendovi tempi, interventi e colorazioni così personali da non risultare presenti altrove, nello stesso momento ha scelto di manipolare il linguaggio e i contenuti dei suoi testi a tal punto da creare una propria, talvolta difficilmente interpretabile, lingua.

    Se l’ironia e la dissacrazione sono le reali chiavi di lettura dell’opera omnia compositiva, il sarcasmo e la corrosività dei contenuti sono le originali, uniche, caratteristiche dei suoi testi. Il linguaggio zappiano sboccato e sfrontato, ironicissimo e irriguardoso è un meraviglioso esempio di come si possono creare gustosissimi neologismi mescolando slang nero a dialetti italiani, raffinati francesismi alle peggiori trivialità anglosassoni. Il tutto non solo senza divenire minimamente volgare o dozzinale, ma risultando addirittura l’unico complemento metrico alla scansione musicale zappiana.

    Nel mondo di Frank Zappa la fantasia diventa realtà e i figli si chiamano Moon Unit, Dweezil, Ahmet e Diva, e l’unico nome plausibile per uno studio di registrazione sotterraneo è “La cucina per la ricerca dell’utilità della brioche” (The Utility Muffin Research Kitchen).

    (Giancarlo Trombetti, Sonora n. 4 – 1994)

  • FZ: “il mio raga preferito, il ‘serialismo’ della musica indiana…

    “Il mio raga preferito è Raga Jog: mi ha sempre ricordato un assolo di chitarra alla Eric Clapton…”.
    (Frank Zappa)

    “La mia musica preferita, dopo quella bulgara, è la musica tradizionale indiana. E’ una forma molto interessante di serialismo, anzi uno dei primi esempi in assoluto di musica seriale, ed è sicuramente più piacevole da ascoltare della musica seriale contemporanea: ci sono regole precise per determinare, in un dato raga, quali gruppi di note possono essere usati in senso ascendente e quali in senso discendente, nonché i limiti entro cui quelle stesse note possono essere variate nell’improvvisazione, e in un certo senso tutto questo è molto seriale.

    Credo che ci sia una certa affinità con il mio modo di lavorare, perché anch’io ho a che fare con materiali tonali e con cose che talvolta all’ascolto possono non sembrare tonali perché implicano combinazioni di intervalli estranee ad ogni armatura di chiave tradizionale; tutto questo materiale, poi, viene manipolato attraverso strategie seriali che assomigliano più ai processi di sviluppo della musica indiana che non al serialismo matematico europeo e occidentale, quello che si studia sui testi universitari”.

    Il raga come congegno di proliferazione seriale, dunque: l’interesse squisitamente etno-musicologico si stempera nell’attenzione ai modelli compositivi.

    (Frank Zappa, tratto da un articolo di Riccardo Giagni, Sonora n. 4 – 1994)

  • FZ: “il metodo che uso per costruire una melodia…

    “Il metodo che uso per costruire una melodia è molto simile a quello che sta alla base delle decisioni che si devono prendere quando si improvvisa un assolo di chitarra in un blues. Quando si suona un blues (che è una musica molto diatonica), alcune note vengono suonate su un dato accordo: ciascuna di esse racconta una storia e configura un’atmosfera particolare. A seconda della traiettoria della melodia, l’accordo della progressione cui deve ancorarsi la nota della melodia ti fornisce una serie di scelte possibili. Sono scelte logiche che determinano il modo in cui la melodia suonerà e ciò che dirà. Così, se sto scrivendo una musica per orchestra e devo determinare l’altezza di una melodia, lo farò seguendo dei criteri che tengono conto della quantità sensibile di tensione tra ciò che l’accordo rappresenta, in termini di clima armonico, e la quantità di irritazione che la nota della melodia provocherà sull’accordo, in quello stesso clima armonico.

    In altre parole: quella nota cadrà dentro quell’accordo e riposerà in esso, rinforzandolo a sua volta? Oppure contribuirà a creare una tensione che la costringerà a muovere il passo successivo in un’altra direzione?

    Alcune persone amano mangiare in bianco, altre invece preferiscono un cibo pieno di peperoncino piccante. Io cerco di ottenere la maggior quantità possibile di irritazione per secondo all’interno di una linea melodica: è come aggiungere un bel po’ di aglio. Ecco perché alcune persone trovano difficile digerire le mie cose, mentre ad altre piacciono. Qualcosa di simile accade in una certa parte del repertorio di Stravinsky, il modo in cui alcuni suoi piccoli temi pentatonici sono accompagnati da accordi complessi che cambiano il carattere pentatonico della melodia e la fanno diventare qualcosa di diverso, e poi quelle piccole frasi melodiche ripetute, riorchestrate e ricomposte in un quadro musicalmente molto colorato. Edgar Varèse è ancora più economico, perché a questo fine usa solamente note ripetute ed è il numero delle ripetizioni a determinare un certo tipo di tensione: i suoi stessi accordi sono molto tesi”.

    (Frank Zappa. Riccardo Giagni, Sonora 1994)