Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Tag: Frank Zappa

  • George Duke on Frank Zappa

    Frank Zappa & Mothers of Invention – Improvisation 13 maggio 1973 (Live all’Università di Cincinnati)

    con Frank Zappa, Jean Luc Ponty, George Duke, Tom Fowler, Ralph Humphrey, Ruth Underwood, Ian Underwood, Bruce Fowler, Sal Marquez

    “Penso che fosse sottovalutato come chitarrista, semplicemente non credo che abbia mai ricevuto i riconoscimenti che meritava perché era molto interessante il suo modo di pensare alla musica, il modo in cui faceva gli assoli e il modo in cui costruiva le sue melodie… Erano come piccoli pacchetti di idee, poi messi insieme. Non voleva spartiti sul palco, doveva ricordare tutto, ma quando faceva un assolo lo faceva esattamente allo stesso modo, erano come pacchetti di idee ritmiche e poi passava all’idea successiva… Era molto matematico ma aveva anche un contenuto emotivo. Molto interessante, e non ho mai visto nessun altro, nella mia carriera, che pensasse alla musica e suonasse come lui. Lui la faceva funzionare, e riusciva ancora a suonare il blues con quella musica… Era design. C’erano rettangoli, quadrati, ottagoni e altre forme diverse e… Ho imparato così tanto solo stando in sua presenza. Voglio dire, era un genio”.

    “Quello che succedeva sul palco era in realtà un’estensione di ciò che succedeva fuori dal palco, molte delle canzoni sono nate da cose che succedevano fuori dal palco. Frank era famoso per questo perché andava sempre in giro con un registratore. Con due microfoni attaccati con il nastro adesivo al registratore, registrava frasi che diceva Jeff Simmons o Howard Kaylan o Mark Volman o me. È così che è nata la battuta ” DownBeat”: portavo sempre in giro la rivista “Downbeat” nella mia borsa a tracolla. Frank ha avuto quest’idea e l’ha inserita nel film: “Voglio portarmi in giro Downbeat così sembro alla moda e so cosa sto facendo”. O qualsiasi cosa dicessi. Tutto era fondamentalmente vero, è stato glorificato e amplificato”. 

    “L’amplificatore di Frank era troppo lontano da dove mi trovavo io, ma so che aveva un Marshall, tirava fuori un sacco di suono considerando che a me non sembrava poi così tanto. Ma so che in seguito metteva Captain Beefheart davanti al suo amplificatore perché gli piaceva vedere come avrebbe reagito. Ad un certo livello del volume, Frank suonava una nota e faceva fare a Don van Vliet qualcosa di divertente. Don era piazzato proprio davanti all’amplificatore, più in basso sul palco davanti all’amplificatore e con tutti i fogli intorno perché Don non riusciva mai a ricordare il testo. Tutti questi fogli erano sul pavimento e, quando Frank suonava questa nota, l’aria generata dall’amplificatore li faceva volare via, non erano fissati con il nastro adesivo! A quel punto, Don andava in giro cercando di raccogliere i fogli, il testo, e ogni volta che Frank suonava la nota, Don diceva “Accidenti!” e lui cominciava…”.  

    “Per le lunghe ore trascorse in studio a lavorare con Frank non sono stato pagato, ma sono stato sicuramente ripagato in un altro modo. Non sono stato pagato economicamente, ma ho ottenuto benefici che vanno ben oltre il semplice ricavato di qualche dollaro di residuo da un disco: la vedo così e non ho problemi con Frank”.

    “Era quasi come se Frank sapesse di avere poco tempo e di avere molto da fare e molto da dire prima di andarsene. Era quasi come se, da qualche parte dentro di lui, sapesse di avere poco tempo e di non avere tempo per le frivolezze, in termini di musica. La sua era una dedizione seria: se non eri coinvolto nella realizzazione delle sue composizioni, allora non aveva tempo per te. Non so se fosse una questione personale, credo che sapesse semplicemente di non avere tempo”.

    “Frank diceva sempre che bisogna trovare un modo per uscire da dietro le tastiere e arrivare davanti al palco. E alla fine un giorno, mentre leggevo la rivista Downbeat, ho visto questa cosa e ho pensato ‘Wow! Sembra una chitarra con una tastiera sopra’. Questo tizio si chiamava Wayne Yentis, suo padre viveva a Los Angeles, l’ho chiamato e gli ho chiesto “È vera?”. Lui ha risposto “Sì, vuoi vederla?” e io “Sì! Dove vivi?”. Sono andato a casa sua, l’ho guardata e ho detto “Guarda, è esattamente quello che sto cercando”. La storia è partita da lì, ma a quel punto avevo già lasciato Frank”.

    (estratto da un’intervista a George Duke, Zappa’s Gear, 5 gennaio 2012)

  • Frank Zappa ha iniziato con un rullante preso a noleggio

    Frank Zappa suona la batteria

    Frank Zappa non ha iniziato con i bongo, ma piuttosto con un rullante preso a noleggio.

    Quando i genitori di Frank (che all’epoca aveva 12 anni) non riuscivano a sostenere il pagamento dell’affitto, gli permettevano di battere colpi a mani nude sui mobili usandoli come una batteria. I musicisti lo chiamano ‘mantenere il tempo’.

    (Guitar Player 1994)

  • Frank Zappa’s Style 21: hammering, D minor, metalanguages, xenochronic experiments, more

    Frank Zappa sceglieva solo i musicisti più dotati cercando strumentisti colti che sapessero leggere la musica ma anche capaci di improvvisare. Non era facile perché le due cose, sosteneva lui, sono spesso all’antitesi. (Suono, novembre 2012)

    Il tipico vezzo zappiano consiste nello scrivere qualcosa di molto semplicistico per attaccarlo contro qualcosa di tecnicamente difficile e viceversa. (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

    Nell’agosto del 1972, Zappa formò la Grand Wazoo Orchestra con alla batteria Jim Gordon. Gordon gli mostrò la tecnica chitarristica detta hammering, che consiste nel far vibrare le corde percussivamente, agendo col plettro direttamente sul manico dello strumento. (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

    “Devi amare moltissimo il re minore (D minor) per suonare nella nostra band” (Ian Underwood, Sounds, 5 dicembre 1970)

    Zappa ha spesso affrontato il suo lavoro come un unico grande progetto, a cui sono collegati i singoli album tra loro attraverso una continuità concettuale. C’è una verità fondamentale in questo per tre ragioni principali.

    1) L’atteggiamento verso la sua musica non è mai cambiato. Poteva integrare tutti gli elementi di stile nella sua produzione, qualunque cosa gli sembrasse carino per qualsiasi motivo. Lo fece in modo “Absolutely free” nel 1967 e lo fece ancora con “Civilization Phaze III” nel 1993.

    2) Non si è mai allontanato dai lavori precedenti, più avanti nella sua carriera. C’è un alto grado di coerenza nella sua produzione musicale e nel repertorio che ha suonato dal vivo.

    3) Tornava spesso su temi già utilizzati in precedenza, per lo più sotto forma di varianti dal vivo. A questo si riferiva con la sua espressione “le briciole del biscotto sono l’apostrofo” su “Apostrophe (‘)”. Uncle Meat, in tal senso, può essere considerato un album centrale, forse l’album che ha più briciole che finiscono su altri album. (FRANK ZAPPA’S MUSICAL LANGUAGE 4TH EDITION, july 2012 – A study of the music of Frank Zappa by Kasper Sloots)

    Alcuni analisti affermano che Frank Zappa è in grado, su ciascuna delle sue tante chitarre, di passare indifferentemente da una scala temperata a una scala blues e ad una modale e di percorrerle in sequenza nel corso dello stesso assolo. (Il Mucchio Selvaggio novembre 1984)

    Zappa è tra i personaggi che più hanno fatto per superare l’elemento fondamentale del rock: l’immediatezza. Ha costruito un rock strettamente gerarchico, cerebrale, che mentre insegue vette espressive tratte dalla tradizione classica occidentale non viene meno agli imperativi irrinunciabili del rock: piacere, fruibilità estesa, movimento. Le sue opere si sono via via ramificate con arrangiamenti sempre più ricchi e complessi. Al primitivo rock chitarristico si sono aggiunti dapprima i fiati, fino alle dimensioni di una big band, poi l’elettronica, infine le orchestre: quella, di 40 elementi, di Orchestral Favourites e quella, di ben 102, della London Symphony Orchestra. Zappa è, insomma, il maggior creatore di metalinguaggi in campo rock and roll; vale a dire, è il maggiore tra quanti si servono di linguaggi e stili accreditati del rock per condurre un discorso critico. Un discorso di secondo grado, che combatte la banalità con i suoi stessi strumenti. (Il Mucchio Selvaggio novembre 1984)

    “La cosa divertente del modo in cui suono è che non mi alleno mai. Ogni volta che un tour finisce e metto via la mia chitarra, di solito non la tocco fino alle prove della prossima stagione. Ogni volta che la prendo in mano è come imparare a suonare di nuovo, non ho calli, mi fa male, non riesco a piegare la corda, la chitarra sembra troppo pesante quando la indosso. È come se qualcuno mi porgesse un pezzo di legno e dovessi esibirmi di nuovo dopo essere stato fermo per nove mesi prima del nuovo tour. Non ho suonato quasi per niente, un paio di volte in studio e basta. Mi sembra di aver perso tutta la mia tecnica, devo adattarmi ad un nuovo batterista. Ma, all’improvviso, scopro che non ho alcun problema a suonare: mi ritrovo sul palco ed esplodo. Suono bene fin dall’inizio del tour e certe sere sono in grado di suonare in modo straordinario anche per i miei standard o per la mia estetica”. (FZ, Guitar World, marzo 1982)

    La chitarra di Frank Zappa sapeva essere morbida e aggressiva, graffiante e delicata, grintosa e suadente, capace di alternare toni da ballad a pesanti distorsioni, ma sempre rivelando la personalità unica del musicista che la impugnava. (neuguitars, 4 dicembre 2017)

    Lo spirito satirico degli esperimenti xenocronici di Zappa ha origine in ciò che Amiri Baraka descrive come la decisione di Coltrane di “assassinare la canzone popolare” ed “eliminare le deboli forme occidentali”. (dal libro “Frank Zappa, Captain Beefheart and the Secret History of Maximalism” di Michel Delville e Andrew Norris, 2005, Salt Publishing)

  • Annuncio pubblicitario di “Jean’s West” con Frank Zappa

    Frank Zappa in un annuncio pubblicitario di Jean's West

    Annuncio pubblicitario di “Jean’s West” con Frank Zappa

    “Jean’s West” era un marchio di moda di Benetton lanciato nel 1972.

    Negli anni ’70, un’altra pubblicità di “Jean’s West” ritraeva Jimi Hendrix.

    (Gong, ottobre 1975)

  • Frank Zappa truccato

    Frank Zappa truccato in Finlandia

    Nel numero 3-1977 della rivista finlandese Suosikki è stato pubblicato un servizio che ritrae Zappa truccato.

    Frank Zappa truccato
  • Frank Zappa, DIVAN / the SOFA routine: a blasphemous suite

    Live al Carnegie Hall 1971 (Once Upon A Time, Sofa 1, Magic Pig, Stick It Out, Divan Ends Here) + assolo di chitarra tratto da Sofa (dall’album Zappa In New York)

    In copertina: artwork di Salvador Luna (Lunatico)

    Cos’è “Divan”?

    È una suite di canzoni e parole recitate che racconta una storia. Pensate a “L’Histoire Du Soldat” di Igor Stravinsky. Stravinsky insisteva sul fatto che ogni performance dovesse fare riferimento al luogo in cui veniva messa in scena. Zappa fece spesso lo stesso per quanto riguarda la storia e i pezzi basati sulla recitazione durante il tour del 1971.

    La storia di “Divan” racconta di Dio che individua un divano fluttuante nello spazio. Crea un pavimento in quercia dopodiché comunica al divano, attraverso la canzone e i testi in tedesco, di essere il cielo, l’acqua e molte altre cose. Mentre nella Bibbia si accontentava di descriversi come l’Alfa e l’Omega, in questo caso Dio si paragona alla gomma da masticare e alla sporcizia segreta del sottoscala.

    Ad un certo punto, decide di divertirsi. Chiama la sua ragazza Wendell e il suo assistente Squat The Magic Pig (che eiacula fuoco) e li filma mentre fanno sesso, avvertendoli di non macchiare il divano con le loro secrezioni genitali.

    Quando “Divan” arriva alla parte bestiale della storia, un pezzo heavy metal con bassi potenti, noto come “Stick It Out”, viene cantato dalla ragazza di Dio e inevitabilmente fa crollare il locale. La prima metà della canzone è una sorta di elogio funebre di Dio sul divano, prima di essere cantata in tedesco, ma per descrivere esattamente cosa sta succedendo il testo è in inglese, dove tutto è pornograficamente chiaro.

    Nell’ottobre del 1992 Frank Zappa pubblicò un album intitolato “Playground Psychotics”. Si trattava in parte di un concerto dal vivo e in parte di un documentario basato sulle registrazioni che la band di Zappa (e in un’occasione anche il cantante Mark Volman) aveva effettuato con il registratore portatile Uher da sette pollici al secondo. La musica dal vivo contenuta nell’album, che comprendeva un totale di ben 57 tracce, proveniva da tre concerti del 1971: il leggendario Fillmore East di Bill Graham (5 giugno, New York), il Pauley Pavilion (7 agosto, Los Angeles) e il Rainbow Theatre (10 dicembre, Londra), che culminarono con un ricovero in ospedale di Zappa.

    L’aggressione ai danni di Zappa al Rainbow Theatre e l’incendio scoppiato in un casinò di Montreux furono alla base di una superstizione diffusa in alcuni ambienti secondo cui “zio Frank” stava subendo l’ira di Dio Onnipotente. Qual è la causa di questa superstizione? La risposta sta in un pezzo da concerto: comprende narrazione, recitazione e canto, che alcuni chiamano “The Sofa Routine” e altri “Divan”.

    Di seguito, ecco cosa scrisse Frank Zappa scrisse a riguardo in Playground Psychotics:

    “Questa registrazione del Pauley Pavilion è tutto ciò che rimane di un brano più ampio che includeva “Sofa” e altro materiale”.

    Quando il brano “Stick It Out” finisce, la musica di Zappa assume un tono più allucinogeno, riflettendo la stanchezza dopo tre minuti di depravata copulazione celestiale. Volman e Kaylan cantano di lastre di fuoco e tetti in cartongesso, con Zappa che traduce il loro tedesco in inglese. Ancora in preda all’eccitazione sessuale, Dio ordina alla sua ragazza di compiere gesti misteriosi verso l’orifizio riproduttivo di Squat.

    Nel 1975 Frank Zappa pubblicò “One Size Fits All”, che include Inca Roads. Il tema spaziale di questo brano si rifletteva nella copertina disegnata da Cal Schenkel, comprensiva di una parodia di una mappa stellare insieme a un grande divano marrone fluttuante e la mano di Dio. L’album presenta due volte l’elogio funebre di Dio al divano: prima come brano strumentale, poi come versione vocale originale cantata da George Duke, Napoleon Murphy Brock e Frank Zappa.

    Nel libro “Them or Us”, dopo il suo funerale, lo zio Willie seduto su un grande divano marrone insieme al suo pupazzo racconta la storia di “Divan”. Dopo che Dio, la sua ragazza e il maiale hanno raggiunto l’orgasmo, l’Onnipotente spegne la sua grande luce immergendo ogni cosa nella più completa oscurità… La storia di “Billy the Mountain” è raccontata da Zio Willie, la fidanzata di Dio e Squat il Maiale Magico.

    Zappa ripropose “Divan” in modi diversi.

    Durante le prove per il tour “Broadway The Hard Way” tra il 1987 e il 1988, la band provò un gran numero di canzoni: tra queste, c’era “Divan”. Zappa non si pentì affatto di aver creato un brano che era una parodia non solo di Wagner, ma anche di quei miti greco-romani in cui gli dei fornicavano con uomini e donne mortali, ma anche con cigni e tori. Il fatto che non sia mai stato eseguito sul palco dopo 17 anni fu probabilmente dovuto all’abbandono di Volman e Kaylan, più che ad una paura radicata. (estratto dall’articolo “Blasphemy and Upholstery” di Clinton Morgan pubblicato il 24 ottobre 2009 sul sito abctales.com)

  • Ritratto di Frank Zappa con le GTO

    ritratto di Frank Zappa con le GTO

    Ritratto di Frank Zappa con le GTO dalla rivista Blender, ottobre 2008

  • ZAP & CAP meet CHARLES IVES: xenochrony with music by Frank Zappa & Captain Beefheart

    Per questa xenocronia ho ‘giocato’ con alcuni brani tratti da Trout Mask Replica e da un concerto dei Mothers of Invention a The Rockpile di Toronto datato 23 febbraio 1969. Il famigerato album di Captain Beefheart & the Magic Band e il live dei Mothers sono stati registrati lo stesso anno (1969). ZAP (Zappa) & CAP (il Capitano) incontrano Charles Ives nella parte finale della xenocronia, lì dove la versione del brano “Charles Ives” (probabilmente la migliore) di Frank Zappa si fonde con quella registrata per “Trout Mask Replica” (“The Blimp” con i testi del Capitano, Don Van Vliet, cantati da Jeff Cotton).

    La musica di “The Blimp” è stata composta da Frank Zappa con l’aggiunta di parole del Capitano. In sostanza, questa composizione combina una poesia di Beefheart ed un frammento di musica tratto dal brano “Charles Ives” di Zappa registrato durante un concerto.

    In certi punti del Live di Toronto, gli strumenti a fiato di Zappa si sposano con quelli della Magic Band in un delirio jazz (dallo strano ‘odore’) che ricorda molto lo stile di Archie Shepp.

    “Captain Beefheart e la Magic Band hanno vissuto insieme 18 mesi per realizzare ‘Trout Mask Replica’. Andavo da loro, provavano e provavano. Jeff Cotton ha preso la sua chitarra ed ha suonato le stesse 20-22 canzoni per 18 mesi. Quando sono andati a fare le tracce per ‘Trout Mask Replica’, ci hanno messo 5 ore. E’ stato necessario rifarne alcune diverse volte. Le canzoni sono state provate a morte”. (FZ, International Times, marzo 1977)

    L’intero doppio album “Trout Mask Replica” è stato concepito, scritto e registrato in sole otto ore e mezza, secondo Beefheart. (Melody Maker, 8 novembre 1969)

    “Trout Mask Replica ha avuto molto a che fare con il Rhythm & Blues. Quello che Beefheart stava realizzando derivava molto da Muddy Waters e Howlin’ Wolf. Ma pochissimi di loro l’hanno capito, men che meno le ragazzine di 13 anni che sono quelle che comprano più dischi. ‘Ragazze carine, comprate dischi di cantanti che sembrano bei ragazzi’: è così che funziona l’intero business del pop!”. (FZ, Stereo, gennaio 1985 – rivista tedesca)

    “Realizzare Trout Mask Replica è stato molto difficile perché Captain Beefheart non si trova a suo agio con la tecnica in studio. Ad esempio, a Don non piacevano gli auricolari. Quindi, quando si è trattato di aggiungere la sua voce, quello che voleva fare era stare in studio e sentire la traccia che filtrava attraverso la finestra – quindi, cantare più forte che poteva sopra di essa. Il guaio è che la sua voce rischiava di non essere sempre sincronizzata con la traccia che Don riusciva a malapena a sentire dalla finestra. Ma voleva lavorare così. Non è un modo semplice per mettere insieme un album”. (da un’intervista a FZ del 1991 pubblicata su Mojo novembre 2018)

    “Dopo quattro anni di assenza, il Capitano ha chiamato a casa 3-4 settimane fa, di punto in bianco. Ha chiesto di me ma io non c’ero, così ha parlato con Gail per un po’. Gail gli ha chiesto cosa volesse e lui ha risposto: “Ho chiamato Frank per ringraziarlo di aver prodotto l’album Trout Mask Replica. È il miglior album che abbiamo mai pubblicato.’ “. (FZ, Exit, maggio 1974)

    “Ci sono cose incredibili su Trout Mask Replica e anche su Clear Spot. C’è dell’altro del periodo Trout Mask. Non so se uscirà mai. C’erano cose nelle sessioni originali che Don non voleva usare. Il piano originale per l’album era di farlo come una registrazione sul campo etnico. Lui e il suo gruppo vivevano in una casa nella San Fernando Valley, quindi volevo prendere un rig portatile e registrare la band in casa, usare le diverse stanze della casa come isolamento molto leggero con voce registrata in bagno, i tamburi nel soggiorno, il corno in giardino, ecc. L’abbiamo impostato e abbiamo fatto le tracce in quel modo… Ero in studio a mixare altri nastri. La band che suona su The Blimp, in realtà, è quella dei Mothers. La parte vocale del brano è stata registrata per telefono. Captain Beefheart aveva appena scritto questo testo e l’ha fatto recitare al telefono da uno dei ragazzi della sua band. L’ho registrato in studio sul pezzo di nastro che avevo in quel momento, ovvero la mia traccia. Ecco com’è andata… Il ragazzo che recitava le parole era Jeff Cotton (alias Antennae Jimmy Semens, come era conosciuto all’epoca). The Blimp è incluso col titolo di Charles Ives in un episodio di You Can’t Do That On Stage Anymore. Suonavamo il pezzo nel tour ’68-’69”. (Best of Guitar Player, 1994)

  • ANY DOPE? – xenochrony with music by Frank Zappa & Krzysztof Penderecki

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e Krzysztof Penderecki

    Il termine ‘dope’ (in slang americano) si traduce in ‘somministrare una droga o farmaco per indurre sonnolenza o uno stato di incoscienza’.

    “Tutti mi consideravano cinico e cattivo perché ero al di fuori di quello che stava succedendo. Ero cattivo perché osavo dire che il flower power faceva schifo. Molte persone pensavano fosse la fine di tutto. Pensavano davvero che avrebbero governato il mondo con un fiore in mano. Erano pazzi. Credevano in tutti questi leader hippie e in qualunque altra cosa stessero dicendo questi stronzi. Erano così pieni di droga che andavano ciecamente per la loro strada senza pensare che l’origine dell’LSD provenisse dalla CIA. A molti di loro probabilmente non piace pensarci ora. Prendendo LSD stavano aiutando la CIA in uno dei suoi esperimenti preferiti. Dopo aver finito di usare volontari dall’esercito, hanno realizzato un profitto vendendolo alla gente per strada e vedendo cosa sarebbe successo effettivamente ad una popolazione civile. Le droghe sono un fenomeno culturale, un’industria e uno strumento attraverso cui il governo tiene sotto controllo i ragazzi. Ogni volta che assumi droga e pensi di poter scappare dalla tua vita, stai solo facendo il gioco del governo e diventi una pedina. La società ha reso l’esistenza quasi impossibile a livello pratico ma non prenderanno la mia mente. Nel momento in cui inizi ad assumere quelle droghe, ti hanno preso. Il minimo che puoi fare è mantenere il rispetto di te stesso e sapere che ciò che pensi non sia indotto chimicamente da un’agenzia governativa”.

    (Frank Zappa, Circus Raves, dicembre 1975)

    “Le persone che sono nel business della vendita di droghe lasciano che una certa droga funzioni per un po’ come accettazione sociale di un gruppo, come valore sociale in una certa cerchia di amici, uno stile di vita che illude il consumatore di essere il migliore. Tende a rafforzare i sentimenti di autostima per chi ne ha bisogno. Se non puoi ottenere l’autostima dalla religione, dalla TV, da tua madre e da tuo padre, la riceverai dal ragazzo in fondo alla strada che te la fornirà ad un certo prezzo. Se non è il tizio che ti vende la droga, può essere il tizio che ti promette di liberarti con una parola o un idiota che ti dirà di rotolarti per terra per liberarti. Tutti vogliono essere liberati. OK, beh, se vuoi liberarti tutto quello che devi fare è toglierti i pantaloni e fare sesso. E’ l’unico modo per liberarti davvero. Bisogna pensare al sesso in modo naturale, per come è realmente: chi ti annuncia che il sesso è sporco non lo fa perché è davvero sporco, è solo un espediente per il controllo mentale governativo”.

    (Frank Zappa, Nuggets, aprile 1977)

    “Non ho mai avuto un risultato positivo fumando marijuana. Semplicemente non era la mia tazza di tè. E non ho mai usato LSD, cocaina, eroina o cose del genere“ (Frank Zappa).

    “Non ho alcun diritto di chiamarmi essere umano perché sono volgare, arrogante, crudele e non faccio uso di droghe”

    (FZ, Musica, gennaio 1987)

    “Ho scoperto che chiunque faccia uso di droghe non può eseguire ciò che gli chiedo di fare sul palco perché semplicemente non ‘è’ lì. Con la mente è altrove. Le droghe tendono a rovinare la memoria, a ridurre l’efficienza in alcune aree che sono molto importanti per la musica che facciamo. La droga peggiore per la memoria è la marijuana”.

    (FZ, Zoo World, 2 gennaio 1975)

    “Il tipo di droga popolare tra il pubblico ha una qualche influenza sul modo in cui percepisce le cose. C’era così tanto acido durante gli anni ’60 che è stato molto facile per un gran numero di persone pensare di aver visto Dio non appena i Beatles sono esplosi. Quella particolare sostanza chimica ha reso possibili molte cose davvero peculiari in termini di vendite musicali. Quando lo status di un certo tipo di droga svanisce e viene sostituito da altro – in particolare, vino e birra – il pubblico cambia mentalità”.

    (FZ, Down Beat, 18 maggio 1978)

    Frank Zappa si è avvicinato agli studenti inglesi della School of Political Economy per incoraggiarli a smettere di drogarsi. Si è pronunciato contro le droghe perché sono una manifestazione del non-essere-qualcuno. Le considera codardia sulla base di un eroismo castrato. Alcuni dei partecipanti non erano d’accordo con la sua tesi, eppure lo hanno applaudito freneticamente.

    (Idolos del Rock, agosto 1970 – rivista messicana)

    “Penso che la droga dovrebbe essere messa sotto controllo. L’unico modo per porre fine ai profitti realizzati dai baroni della droga è abbassare il prezzo, rendendo la sua circolazione vigilata dallo Stato. (“Talking with Frank” by Fabio Massari, Los Angeles/Sao Paulo, 1991)

  • Una strana presenza nello studio di FZ e strumenti che suonano da soli

    Frank Zappa e il segreto di The Vault

    In questo video short, l’autore riferisce di un fatto strano avvenuto tra le enigmatiche mura dello studio di registrazione di Frank Zappa. Si tratta di un fenomeno che ha lasciato i musicisti presenti perplessi e spaventati.

    Nel corso di una sessione di registrazione notturna, alla fine degli anni Settanta, Zappa e la sua band furono testimoni di una misteriosa apparizione che sembrava fluttuare al di sopra del mixer. Una presenza che non ha lasciato traccia della sua origine. Ad un certo punto, mentre cresceva la tensione, gli strumenti iniziarono inspiegabilmente ad emettere suoni inquietanti. Nessuno stava suonando quegli strumenti. Nel video, si racconta che Zappa, grattandosi la testa, disse ai presenti che si trattava di un problema tecnico. L’autore dello short ha definito Frank Zappa ‘notoriamente scettico’.

    In realtà, Bob Dobbs (autore delle domande poste durante l’intervista a Frank Zappa di Bob Marshall del 1988) mi ha spiegato ben altro. Quando ho chiesto a Bob se lui conoscesse questa storia, mi ha risposto così:

    “Frank mi confidò di aver scoperto che The Vault gli ha conferito ‘potere’. Disse che non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto senza quel ‘potere’ extra, ovvero senza lo strano effetto che The Vault ha avuto su di lui. Non mi ha mai specificato alcun dettaglio su come avesse avuto accesso a quel potere. Tuttavia, questo è il motivo per cui Lady Gaga acquistò la casa di Zappa: era venuta a conoscenza del ‘segreto’ di Frank e voleva avere accesso al Caveau. Ho capito che non è riuscita ad accedervi, così ha venduto la casa alla figlia di Mick Jagger. Chissà se Elizabeth ‘Lizzie’ Jagger sa di quel segreto…”.

    Forse, il potere di The Vault ha qualcosa a che fare con Houdini?

    La Houdini House (di Harry Houdini) e la Log Cabin (dove viveva Frank) si trovavano entrambe a Laurel Canyon, nelle colline di Hollywood.

    La villa di Houdini aveva parapetti, torri, un palcoscenico teatrale al coperto, tunnel sotterranei, passaggi segreti, piscine sotterranee, una caverna segreta e profonda dove Houdini teneva un baule chiuso a chiave con tutti i suoi più grandi segreti che finora nessuno ha mai trovato. Un incendio rase al suolo la Houdini House nel 1959: secondo alcune voci il fantasma di Houdini infesterebbe ancora oggi le rovine bruciate della villa.

    Secondo Dave’s Web, circolavano voci di attività sospette nelle due case risalenti al periodo in cui furono costruite, prima del 1920.

    La lunga storia della casa di Houdini comprende omicidi, sedute spiritiche ed esperienze paranormali. Harry Houdini, per molto tempo, smentì gli spiritualisti ma trascorse anche molto tempo cercando di trovare il ponte tra i vivi e i morti. Questa pratica è continuata dopo la sua morte, quando il defunto Houdini è stato al centro di numerose sedute spiritiche.

    Alcune leggende riferiscono di passaggi nascosti e grotte segrete che collegavano la Houdini House e la Log Cabin. Osservando la copertina dell’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, emergono alcuni sorprendenti collegamenti con le colline di Hollywood. L’uomo con il cappello bianco dietro la statua di cera di Paul McCartney è l’attore Tom Mix che è stato il proprietario della Log Cabin per un po’ e ci ha vissuto per un breve periodo. Harry Houdini non è sulla copertina di Sgt. Pepper: c’è, però, Tony Curtis che ha interpretato il famoso mago nel film “Houdini”.

    Negli anni ’60 e nei primi anni ’70, Laurel Canyon era un posto magico dove una vertiginosa schiera di artisti musicali si riuniva per creare gran parte della musica che forniva la colonna sonora di quei tempi turbolenti.

    La baita affittata da Zappa per un breve ma memorabile periodo è andata a fuoco, ma il posto conserva una carica: le ossa del suo giardino, ancora distinguibili dalla strada, suggeriscono che Something Happened Here.

    La Log Cabin e la casa in cui Zappa fece costruire The Vault non sono le stesse, ma immagino che l’esperienza ‘magica’ a Laurel Canyon abbia ‘seguito’ Frank nell’altra casa dove ha organizzato il Caveau. Penso fosse Frank l’interruttore del potere del Caveau, non la casa in sé.