Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Tag: ritmo

  • DRUM DREAMER: xenochrony with music and dialogues by Frank Zappa

    “Frank è un batterista. Nella sua musica, l’aspetto percussivo ha sempre ricevuto la massima attenzione: ci ha sempre lavorato sopra. Non si può ascoltare la sua musica senza notare che la percussività impazza ovunque” (Aynsley Dunbar, tratto dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore).

    La passione per la batteria e le percussioni deriva “dal suo amore per la musica di Edgar Varése. Frank ha assorbito alcuni intervalli melodici e tecniche di orchestrazione dall’ascolto di Varése. Il lavoro orchestrale di Frank è fortemente percussivo”. (Mike Keneally, Guitar World, febbraio 1999)

    Zappa considerava il ritmo e la batteria come la sostanza della musica. Qualsiasi genere si suonasse, secondo lui doveva avere un metro. Coniò il concetto di dissonanza ritmica. (Giordano Montecchi, storico e critico musicale)

    Frank Zappa iniziò suonando la batteria, ancora prima della chitarra. Esordì come batterista con una band scolastica di R&B nel 1956, i Ramblers. Fu lui a formare questa band multirazziale nella sua high school molto “bianca”, dimostrandosi controculturale anche nella controcultura. Non amava gli hippy, che considerava in maggioranza conformisti e non andò a Woodstock.

    All’età di 18 anni Zappa passò dalla batteria alla chitarra perché – come ammise lui stesso – non aveva sufficiente coordinazione tra mani e piedi. Del resto, non era in grado neanche di suonare la chitarra e cantare contemporaneamente (ammise pure questa sua lacuna).

    Zappa fu espulso dalla sua prima band perché non riusciva a tenere un buon ritmo e suonava troppo i piatti. Lo dichiarò lui stesso nel corso di un’intervista pubblicata sulla rivista The Event, nel dicembre 1981.

    Frank Zappa era un polistrumentista: suonava chitarra, basso, piano, vibrafono, batteria e percussioni.

    Nell’album “The Lost Episodes” compare una registrazione del 1963 di “Any way the wind Blows”, brano che fu poi incluso negli album “Freak out” e ” Cruising with Ruben and the Jets”. In questa registrazione Zappa suona basso, batteria e chitarra.

    Per questa xenocronia – un omaggio alla passione di Zappa per il ritmo, la batteria e le percussioni – ho utilizzato passaggi dei seguenti brani:

    • “The Gumbo Variations” (versione CD Rykodisc 1987) in cui Zappa suona chitarra, basso e percussioni;
    • Dog Breath Variations (live 1973, Roxy The Movie) in cui suona le percussioni;
    • “The Clap” suddiviso in due parti (dall’album Funky Nothingness) in cui Frank suona batteria, rullante, tom-tom, timbales e clapping. Si tratta del primo assolo di percussioni suonato e registrato da Zappa;
    • “The Black Page”(versione new age, dal Live 1988 incluso nell’album Make a Jazz Noise Here, 1991), la composizione di Zappa più complessa per batteria e percussioni. Questo brano (scritto inizialmente come assolo di batteria a cui è stata poi aggiunta la melodia) comprende tutti i ritmi più difficili della musica occidentale. Chi riesce a suonarla (come Vinnie Colaiuta e Terry Bozzio) dimostra di essere un vero maestro del ritmo.

    Ho ‘condito’ mix e sovraincisioni dei suddetti brani con una folle raccolta di diversi messaggi utilizzati nella segreteria telefonica dell’UMRK (data sconosciuta). Oltre ad essere divertente, il ‘ritmo’ del parlato è scandito da batteria e percussioni.

    Quando osservo la bacchetta del direttore d’orchestra Frank Zappa, l’associo a quella usata per la batteria che Zappa avrebbe tanto voluto suonare…

  • Frank Zappa drummer & percussionist: passion for rhythm from 1955

    In copertina e come prima foto del video compare l’immagine dell’annuario 1955 di Frank Zappa alla batteria nella Blue and Gold Band sul palco dell’Old Gym del 1937.

    Spulciando un programma per il “The Concert Band and the Red Robe Choir in Combined Concert” del 30 marzo 1955 nella vetrina di musica vocale, il sito/museo SD News ha trovato dell’altro. In “Band Personnel”, Frank Zappa è elencato come uno dei 5 membri delle “Percussion”.

    Nello stesso anno (1955), Frank Zappa formò una band multirazziale nella sua high school molto “bianca”, dimostrandosi controculturale anche nella controcultura. Non amava gli hippy, che considerava in maggioranza conformisti e non andò a Woodstock.

    Frank Zappa iniziò suonando la batteria, ancora prima della chitarra. Esordì come batterista con una band scolastica di R&B nel 1956, i Ramblers.

    All’età di 18 anni Zappa passò dalla batteria alla chitarra perché – come ammise lui stesso – non aveva sufficiente coordinazione tra mani e piedi. Del resto, non era in grado di suonare la chitarra e cantare contemporaneamente.

    Zappa ha suonato in diverse band al liceo come batterista prima di passare alla chitarra. Fu espulso dalla sua prima band perché, come disse lui stesso, “non riuscivo a tenere un buon ritmo e suonavo troppo i piatti” (The Event, dicembre 1981).

    L’album “The Lost Episodes” include una registrazione del 1963 di “Any way the wind Blows”, apparsa in seguito su “Freak out” e ” Cruising with Rubin and the Jets”. È una normale canzone pop a due temi con progressioni di accordi. Il tema di apertura è costruito su un’alternanza I e VI in sol. Il secondo tema è accompagnato da armonie cantate “doo-wop”. In questa registrazione Zappa è un polistrumentista: suona basso, batteria e chitarra.

    Frank Zappa suona chitarra, basso e percussioni in “The Gumbo Variations” (versione CD Rykodisc 1987), mentre in Dog Breath Variations (1973) suona le percussioni come potete vedere nel video finale.

    Nel complesso, Frank Zappa suonava chitarra, piano, basso, vibrafono e batteria.

    Zappa considerava il ritmo e la batteria come la sostanza della musica. Qualsiasi genere si suonasse, secondo lui doveva avere un metro. Coniò il concetto di dissonanza ritmica.

    (Giordano Montecchi, storico e critico musicale)

    I Mothers furono uno dei primissimi gruppi a suonare con due batterie.

    Non tutti sanno che Zappa iniziò come batterista ma – come rispose il genio di Baltimora in un’intervista pubblicata su Rhythm, luglio 1989 – “Penso che alla maggior parte delle persone non importi un cazzo”.

    “The Black Page” di Frank Zappa è considerata la composizione più difficile per batteria e percussioni.

    Presenta ritmi più che complessi ed è rigida: segna esattamente quali pelli o piatti colpire non lasciando alcuna scelta al batterista.

    The Black Page include gruppi irregolari da brividi, spesso l’uno dopo l’altro (addirittura troviamo “undicimine” ovvero 11 note nella durata di un battito). Molti di questi gruppi irregolari si trovano all’interno di altri gruppi irregolari.

    Il termine inglese per definire questi gruppi è “nested tuplets”.

    La composizione prevede di dividere una battuta da quattro quarti in tre parti uguali, poi di prendere un terzo di battuta e di suddividerlo in cinque parti uguali.

    All’interno di questa composizione si trovano tutti i ritmi più difficili della musica occidentale: chi riesce a suonarla è un vero e proprio maestro del ritmo.

    Due maestri? Vinnie Colaiuta e Terry Bozzio.

    The Black Page” è stato scritto prima come un assolo di batteria, poi Frank ha usato quei ritmi per scrivere una melodia. Diresti che la natura ritmicamente complessa di molte delle sue melodie era una funzione della sua esperienza come batterista?

    “Deriva dal fatto che la batteria era il suo primo strumento e dal suo amore per la musica di Edgar Varése. Ci sono alcuni intervalli melodici e tecniche di orchestrazione che Frank ha assorbito dall’ascolto di Varése, e questo è decisamente evidente in termini di uso delle percussioni. Il lavoro orchestrale di Frank è fortemente percussivo”.

    (Mike Keneally, Guitar World, febbraio 1999)

    Mi ronza un pensiero nella testa in forma di domanda, probabilmente stupido, ma voglio condividerlo ugualmente: “Quella bacchetta con cui Zappa dirigeva è la stessa con cui avrebbe voluto suonare la batteria?”.

  • La musica di Zappa rientra nel new jazz?

    Negli attuali Mothers c’è la sassofonista Norma Bell, che di recente ha suonato con Mahavishnu John McLaughlin e il suo gruppo elettrico new-jazz. Anche gli ex colleghi di Zappa, il violinista JeanLuc Ponty ed il pianista George Duke, sono associati ai suoni new-jazz.

    La tua musica sta entrando in una categoria new-jazz? – abbiamo chiesto, ingenuamente.

    “Ohhhh, mai…” ha esclamato Zappa tenendosi la testa “Lascia che ti dica una cosa. Se suonare velocemente scale cromatiche e pentatoniche e la cosiddetta “espressione modale” non musicale è la direzione che sta prendendo il jazz, allora siamo nei guai.

    Zappa ha tirato fuori un foglio di carta per manoscritti musicali e, in meno di un minuto, ha riempito un paio di righe con schemi ritmici complessi.

    “Ecco cosa stiamo facendo con il ritmo” ha spiegato “Il mio batterista, Terry Bozzio, mette questi dispositivi ritmici all’interno di metriche normali. Può avere 7, 13, 17 o più note da suonare all’interno di ogni battuta ritmica, ma il ritmo di base del pezzo continua. Il ritmo ‘free-form’ porta solo ad esibizioni tecniche, non a nuova musica” ha affermato Zappa.

    (San Francisco Examiner, 24 dicembre 1975)

  • FZ: il timbro determina i gusti musicali nelle diverse culture

    Frank Zappa sul timbro che determina i gusti musicali

    Marshall McLuhan ha lanciato un’idea: che la musica fosse una parola rallentata. Ha detto che il motivo per cui le culture hanno gusti musicali diversi è intimamente connesso alla lingua. Quindi, i ritmi della musica cinese sono collegati al modo in cui parlano e questo determina gran parte del…

    “Non è il ritmo. La cosa che distingue la musica cinese, i ritmi della musica cinese sono simili ai ritmi delle altre musiche. E’ il suo timbro, la trama”.

    Oh, questo è ciò che intendi per “tono”.

    “No, il timbro è la struttura della qualità del suono. In altre parole, viene suonato da un rullante? Viene suonato da un oboe? Viene suonato da una tuba? Questo è il timbro. L’altezza è la frequenza vibrazionale della nota suonata, indipendentemente dallo strumento che la suona. Questo è il tono. Il ritmo è il periodo, la distanza tra una nota e l’altra. Ciò costituisce il ritmo. L’armonia è un dominio armonico implicito o esplicito in cui si svolge tutta l’azione. È come la tela su cui tutto accade. La stessa linea melodica, supportata da un accordo maggiore, è una storia diversa quando è supportata da un accordo minore. Il messaggio che arriva è diverso. E’ così che interagiscono le cose. L’armonia ti dice come percepire la melodia. E’ la bussola che ti mostra da che parte è il Nord. Il ritmo determina la velocità con cui procede il pezzo. Oppure il ritmo determina la distanza, la periodicità tra un inizio e l’altro di ciascuna delle altezze della linea melodica. È così che interagisce. E il timbro invierà il tuo messaggio su alcune altre qualità della linea”.

    (estratto dall’intervista a FZ di Bob Marshall del 21-22 ottobre 1988, celebrata come la più grande intervista di Zappa dell’epoca. Le domande sono state preparate da Bob Dobbs)

  • La singolare concezione ritmica di Frank Zappa

    Se per un quarto di secolo, dal 1964 al 1988, abbiamo visto Zappa come uno dei più originali chitarristi della storia del rock, è per la particolarissima concezione ritmica del suo solismo. La vocazione ritmica, d’altronde, rappresenta una componente fondamentale, strutturale, anche del suo stile compositivo più ‘serio’. Il cinico Zappa condivideva con Stravinskij la convinzione che i fondamenti dell’arte musicale non stiano nell’espressione delle emozioni ma nel ritmo e nel movimento.

    Tutti i problemi tecnici che Frank Zappa dovette affrontare e risolvere nella sua faticosa carriera possono essere ricondotti al suo perfezionismo, alla sua fantasia, alle sue ambizioni in materia di timbri e soprattutto di ritmi. In questo campo, Zappa ha collezionato una ricca serie di primati. E’ stato il primo musicista rock a cimentarsi coi tempi dispari, i ritmi composti, i metri additivi e ad inserire nel gruppo due batteristi o percussionisti che suonassero anche marimba, xilofono, vibrafono. Fu il primo a sovrapporre brani diversi suonati simultaneamente e sincronizzati in tempo reale, secondo il dettato di Charles Yves, nonché con quel metodo di sincronizzazione sperimentale di assoli e basi ritmiche di provenienza diversa da lui battezzato ‘xenocronia’. Poi ancora il primo ad adottare i ritmi irrazionali, il primo a formulare concetti come quello di ‘armonia percussiva’ o di ‘dissonanza ritmica’ (sue personali teorizzazioni), a perseguire soluzioni ritmiche realizzabili solo attraverso sofisticatissime apparecchiature digitali come il Synclavier. La sua stessa tecnica chitarristica è di estremo interesse ritmico, con le sue suddivisioni inconsuete, per una ragione squisitamente sperimentale: il fatto di articolare frasi e licks ispirandosi al fraseggio del linguaggio parlato.

    Quando Zappa formava un nuovo gruppo, la scelta cruciale era sempre quella del batterista. Doveva essere in grado di interpretare l’immensa apertura metrico-ritmica della sua musica, oltre a dover assecondare l’estro dello Zappa chitarrista senza costringerlo in schemi troppo vincolanti.

    Zappa spiegava:

    “Preferisco che la sezione ritmica sia cosciente di dove sta la pulsazione-base del tempo e crei delle fondamenta stabili, così che io possa scorrerci sopra. E’ anche difficile far sì che venga lasciato spazio nei punti in cui arrivano le (mie) note veloci. Le sezioni ritmiche hanno sempre la tendenza a copiare: se ascoltano qualcun altro che suona velocemente vogliono farlo anche loro, finché non ne puoi più di sentire cose veloci”.

    Zappa sceglieva i suoi uomini nella consapevolezza che “lo stile del batterista è destinato a determinare lo stile della band”. Per amore del ritmo, Zappa ha rischiato spesso il disamore dei propri collaboratori, critiche.

    “Ho sempre avuto buoni musicisti nella sezione ritmica ma non potrei dire che siano stati sempre entusiasti di quello che io suono o che l’abbiano capito molto bene o che ci siano davvero entrati dentro. Quando provengono dal jazz finiscono per suonare mondi di note zanzara, nuvole di pentatoniche zanzareggianti che non valgono una merda. Quando vengono dal blues vogliono qualcuno che prenda tre note e ci faccia le sue contorsioni”.

    (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

  • FZ: sintesi stilistica e formale mai osata prima nel rock

    Zappa tentò una sintesi stilistica e formale mai osata prima nel rock. Tra le sue prime innovazioni spiccano quelle metrico-ritmiche. Il doppio album d’esordio, Freak Out! conteneva numerosi episodi musicali senza precedenti. Who Are the Brain Police è fondamentalmente in tempo ternario e ha una complessa struttura politematica con numerosi stacchi ritmici e sospensioni del tempo e una parte centrale in 4/4 piena di effetti. How Could I Be Such a Fool in 6/8 contiene spostamenti di accento. Help I’m Rock in ¾ era una sorta di avanguardistico tormentone su un pedale ostinato e sincopato di basso: includeva, oltre ad un assolo di batteria, una sezione improvvisata in studio. It Can’t Happen Here era a cappella ma tra il free e il parodistico, unica nella storia del rock’n’roll. Gli aspetti più follemente percussivi erano destinati, però, a The Return of the Son of Monster Magnet. Allargò il gruppo a due batterie. In tutto il disco di Absolutely Free predominano repentini cambiamenti di tempo, ritmo, stili e atmosfere. In America Drinks, ad esempio, si alternano tempi in 4/4 e 9/8.
    Zappa teneva a sottolineare le influenze varesiane del disco Lumpy Gravy dove gran parte degli accordi è costruita su settime maggiori e none minori.
    In We’re Only In It for the Money, sono frequenti i cambiamenti di tempo e di ritmo e costante è la ricerca di un’economia produttiva tra i due batteristi. Va oltre la parodia beatlesiana. Il canto è quasi sempre doppiato (all’unisono o in contrappunto) da strumenti, le strutture sono multitematiche, frequenti i cambiamenti di tempo e ritmo. Moltissimi brani sono, in tutto o in parte, su tempi dispari. The Chrome Plated Megaphone of Destiny elabora una percussività basata su un’apparecchiatura appositamente costruita.
    “I rumori di tipo percussivo, quella cosa che suona come piccoli schizzi ed esplosioni, fu fatta usando una piccola scatola con tre bottoni che costruimmo in uno studio e chiamammo Apostolic Blurch Injector (una piccola scatola con tre pulsanti costruita da Dick Kunc). L’input alla scatola poteva essere qualsiasi sorgente sonora, esasperata fino ad una massiccia distorsione a onda quadra”.
    Il 6/8 del tema principale di King Kong che divenne poi un classico standard del jazz-rock, veniva periodicamente spezzato dalle improvvisazioni free dei fiati di Bunk Gardner, da sezioni a stacchi asimmetrici, da break che portavano a episodi funky o a strane miscele ritmiche di timpani, tamburelli e piatti swinganti, da improvvise rullate di timpani e gong, dall’uso del wah-wah applicato non solo alla chitarra ma anche ai fiati e alle tastiere, preconizzando sia l’apertura formale che il sound dei caratteristici insiemi dei gruppi di Miles Davis di cinque anni dopo.
    Ecco la spiegazione dei suoi procedimenti ritmici, illustrati dallo stesso Zappa, a beneficio del pubblico, all’inizio di un concerto:
    “Per un certo numero di battute, andremo avanti in 4/4, poi d’improvviso inseriremo tre battute di 17/8 e una di 22/8, il tutto lo eseguiremo con tale velocità e così legato che nessuno dovrà capire in che razza di tempo ci troviamo, nemmeno noi”.
    Per realizzare questi tour de force, il gruppo provava moltissimo, otto ore al giorno per 4-5 giorni a settimana, ma Zappa non era mai soddisfatto, voleva di più.
    (tratto da libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore) 

  • Frank Zappa’s Style 6: serious & popular music, modified sounds, meganote, rhythmic, chironomy, jam

    Frank Zappa’s Style 6: serious & popular music, modified sounds, meganote, rhythmic, chironomy, jam

    Frank Zappa improvvisa con The Aynsley Dunbar Retaliation, Festival di Amougies, Belgio, 24 ottobre 1969

    In copertina un’opera di Jim Mahfood

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD2JxQHgpyF4C3oHQO5eIcno

    Zappa portò l’interesse di Varèse per gli strumenti elettrici un po’ più in là nel regno della modifica elettronica del suono. Ad esempio, alterava la frequenza dei suoni dei clarinetti per farli suonare come trombe o come nessuno strumento mai sentito prima. (The Chronicle, 20 ottobre 1975)

    La chironomia di Zappa
    https://www.youtube.com/watch?v=kdQT_EP0a0c&t=1124s

    Frank Zappa ha unito la musica colta a quella popolare. Nel mondo di Zappa i confini tra musica colta e popolare sono completamente aboliti nel nome di un’assoluta libertà creativa.

    Zappa è stato il primo musicista a portare un orientamento classico nel mondo rock producendo brani che certamente potrebbero essere considerati rhythm and blues sinfonici.
    Con il suo gruppo, The Mothers of Invention, nell’estate del 1967 Frank Zappa portò una teatralità brutale e spontanea sul palco rock del Garrick Theatre, molto prima che lo facesse chiunque altro.
    Da allora ha ampliato ulteriormente la sua visione nei regni della musica classica, rock, jazz e R&B.
    (In Their Own Words, aprile 1975)

    Quando ha fatto suonare la London Symphony Orchestra, FZ ha messo un microfono sotto la sedia di ogni strumentista e, con tecnologia digitale, li ha registrati praticamente uno per uno. Poi, li ha messi assieme in modo che si sentisse una sola nota. Una meganota, fatta dalla somma delle note che ogni strumento stava suonando. Il tutto è più della somma delle parti. Da quella integrazione, viene fuori la bellezza. Andatela a cercare. (Ferdinando Boero, Rolling Stone dicembre 2013)

    FZ: l’arte dell’improvvisazione
    https://www.youtube.com/watch?v=8xCqTsPPg_o&list=PLNIorVgbZlD1S20usXVU6cpL2iyriHJuz&index=2&t=435s

    “Quando compongo, la mia idea principale spesso parte da varie teorie musicali e mi chiedo cosa succede se faccio questo o quello, quali sono i limiti fisici di ciò che un ascoltatore può comprendere in termini di ritmo. Quanto è grande l’”universo dei dati” che le persone possono assorbire e percepire ancora come una composizione musicale? Questa è la direzione in cui sto andando con il Synclavier”.
    (Sound On Sound, febbraio 1987)

    “Ho iniziato suonando lick blues nei miei assoli, ma sono più interessato alle cose melodiche. Penso che la sfida più grande quando vai a suonare un assolo sia cercare di inventare una melodia al momento. Penso anche che un chitarrista possa suonare bene quanto la band che lo accompagna. Se le persone che ti sostengono sono sensibili a ciò che stai suonando suonerai alla grande; se sono solo ‘schiaccia-note’ allora suonerai in modo banale”.
    “Ho sempre lavorato con musicisti capaci nella sezione ritmica, ma non posso dire se siano sempre stati entusiasti di ciò che stavo suonando, se lo comprendessero bene o se si siano davvero divertiti. Se una persona viene dal mondo jazz suonerà un mucchio di notine, sciami di pentatoniche che, in realtà, non valgono un cazzo. Oppure se vengono dal mondo blues vogliono qualcuno che prenda tre note e faccia squirm-squirm-squirm. È difficile spiegare ai ragazzi appena entrati nella band il mio concetto ritmico: si basa su idee di equilibrio metrico: eventi lunghi e sostenuti contro gruppi con molte note su un battito come numerose sestine, settimine e cose del genere. Diverse volte suonerò tredici note su due quarti e cercherò di distanziare in modo uniforme affinché tutto scorra. Tutto questo è un po’ contrario al rock and roll dove tutto è in binario o ternario, dritto su e giù, in modo da battere costantemente il piede su di esso. Preferisco una sezione consapevole della pulsazione ritmica in grado di creare una base che non si muova, per darmi modo di fluire sopra di essa. È difficile da fare, è difficile convincere le persone a farlo ed è anche difficile convincere i musicisti a lasciare un po’ di spazio per le note veloci. I musicisti della sezione ritmica hanno la tendenza a copiare: se sentono qualcun altro suonare frasi veloci iniziano a suonare frasi veloci anche loro e, alla fine, non si sente più nessuna frase veloce. Scompare il contrasto, quando i musicisti si “copiano” l’un l’altro. Ho sempre avuto un buon rapporto ritmico con Aynsley Dunbar, penso sia davvero bravo con la batteria. Terry Bozzio, il batterista dell’attuale gruppo, è eccellente. Ha la tendenza a dare di matto, ma immagino sia solo perché è di San Francisco”. (FZ, Guitar Player, gennaio 1977)

    Zappa e il ritmo
    https://www.youtube.com/watch?v=8AUdZJIcin8&list=PLNIorVgbZlD1S20usXVU6cpL2iyriHJuz&index=9

  • Frank Zappa’s Style (part 1): characteristics, rhythmic and melodic choices, solos

    Frank Zappa’s Style (part 1): characteristics, rhythmic and melodic choices, solos

    Uncle Meat Variations (live Royal Albert Hall, Londra, 1968)

    In copertina un’opera di Jim Mahfood

    Nel gruppo FB What’s Zappa ho raccolto molti dettagli sull’insolito stile di FZ che andranno ad arricchire la nuova serie Frank Zappa’s Style.

    Le imprese solistiche di Zappa sono intrise di virtuosismo ‘da editing’: è leggendario il taglia/incolla sul suo materiale live ritenuto l’unico valido a livello chitarristico visto che, come ha dichiarato, non era portato per il solo in studio.
    Ecco le caratteristiche del suo insolito stile:
    – Mano sinistra: dita piuttosto ‘svolazzanti’, incernierate attorno alle pentatoniche.
    – Scelte melodiche: “Più che progressioni di accordi, uso un ‘clima armonico’ (uno o due accordi). Armonicamente gioco con le pentatoniche (anche esatonica + vari cromatismi), i modi (specie misolidio e lidio), le sovrapposizioni tonali (e modali)”.
    – Mano destra: penna fra pollice e indice-medio all’altezza di fine tastiera, con anulare e mignolo poggiati sul termine della tastiera, in basso. Pennata anarchica, totalmente di comodo, né alternata né sweep ma un po’ di entrambe. “Uso molto hammer-on e pull-off. Ho sempre fatto del tapping con la penna (invece delle dita destre) contro i tasti” (FZ).
    – Scelte ritmiche decisamente anarchiche: “La gente non parla in 4/4 o 3/4, la gente parla ‘dappertutto’. La mia chitarra tende a seguire la cadenza naturale del linguaggio parlato: per me, la cosa più difficile è suonare dritto, battere e levare”. Un consiglio da tempi dispari: “Non contare, preoccupati di come ‘senti’ il tempo” (FZ).
    (Chitarre n. 73, aprile 1992)

    “Vedo l’intero studio di registrazione come uno strumento musicale, come un organo a canne con molti colori tonali e molta potenza. La persona che si occupa del missaggio è più o meno l’equivalente di un direttore d’orchestra davanti a un’orchestra sinfonica”.
    Un caratteristico marchio di fabbrica di Zappa praticamente su tutte le sue registrazioni è un colossale suono di grancassa/tom, che di solito è la presenza dominante nel mix.
    Zappa è anche noto per il suo lavoro di chitarra solista fluido e dinamico. Nel corso degli anni, ha sviluppato alcune teorie abbastanza concrete su come registrare una chitarra elettrica.
    “Ci sono un paio di cose da ricordare sulla registrazione di una chitarra. Se stai solo cercando delle note, allora un Pignose andrà bene. Ma se stai cercando una sorta di sensazione audio, il modo migliore per farlo è con uno spazio più ampio e un po’ d’aria per muoversi. La cosa davvero impressionante del suono di una chitarra rock ‘n’ roll è come ti colpisce la pressione. Un microfono non determina solo le oscillazioni che ti dicono qual è il tono ma anche il livello di pressione sonora. Quello che ottieni alzando il volume dell’amplificatore in una stanza grande è tutta quella spinta di fascia bassa che ovviamente non ottieni con un Pignose. Se vuoi suonare come se stessi davvero prendendo a calci in culo qualcuno, devi effettivamente alzare il volume e fare in modo che il microfono senta un suono forte. Il modo migliore per ottenere quel rombo di stanza con tutto il “frazz” e il suono stridulo di fascia alta è registrare la chitarra in un teatro vuoto”.
    “La cosa che distingue il rock ‘n’ roll da altra musica non è la ripetizione né i testi e neanche gli accordi: è il timbro. E’ questa la chiave. Puoi prendere gli stessi tre accordi da qualsiasi canzone rock n’ roll, puoi prendere “Louie Louie” e scriverla per fisarmonica, oboe e arpa e non è più rock & roll. D’altra parte, puoi prendere qualsiasi tipo di canzone di un altro genere musicale e orchestrarla con un paio di chitarre con toni fuzz, un basso forte e una batteria con riempimenti di tom-tom e diventerà rock ‘n’ roll. Il timbro fa il genere insieme all’attacco e al modo in cui vengono suonati gli strumenti”.
    (FZ, International Musician And Recording World, febbraio 1979)

    “Una delle caratteristiche delle canzoni di Zappa è la divisione matematica del ritmo: triplette contrapposte a semicrome, frasi ripetute in controtempo, ecc. Il brano Uncle Meat Variations è uno dei più sviluppati sotto questo punto di vista. Un tale tipo di limpidezza ritmica si può notare anche nei suoi assoli. Il pizzicato è veloce e preciso, gli accenti e le divisioni sono chiare; la maggior parte di quello che suona è subordinato alla simmetria. Zappa utilizza le linee musicali come frasi equilibrate, facendosi una domanda e quindi rispondendo o costruendo un’idea col suonarla alcune volte e, ogni volta, in modo leggermente diverso”
    (Fred Frith)

    “Mi piace molto l’atteggiamento ritmico di Zappa. Usa moltissimi elementi jazzistici ma adattati ad un contesto sinfonico o rockettaro; per capirci meglio, li usa tutti in battere e non in levare, una caratteristica molto bizzarra. E poi un uso timbrico molto interessante, insieme alla grande scioltezza nel mettere insieme diversi generi”.
    (Eugenio Colombo, jazzista – Mangiare Musica giugno 1994)

  • Frank Zappa – Approximate, live 1972

    Frank Zappa – Approximate, live 1972

    Waka/Wazoo 1972

    Slide Guitar: Tony Duran
    Keyboards: Ian Underwood
    Trumpet: Sal Marquez
    Bass: Dave Parlato
    Drums: Jim Gordon
    Trumpet: Malcolm McNab
    Trombone: Tom Malone
    Trombone: Glenn Ferris
    Trombone: Ken Shroyer
    Trombone: Bruce Fowler
    Woodwinds: Earle Dumler
    Woodwinds: Mike Altschul
    Woodwinds: Jay Migliori
    Bassoon: JoAnn Caldwell
    Woodwinds: Ray Reed
    Woodwinds: Charles Owens
    Cello: Jerry Kessler
    Percussion: Ruth Underwood
    Percussion: Tom Raney

    “Si chiama “Approximate – annuncia Frank Zappa nel suo modo più pedagogico – perché mentre il ritmo è specificato, le note non lo sono. Sarà eseguito in tre sezioni. Il primo con gli strumenti, il secondo con la voce umana e il terzo con il piede umano”. (New Musical Express, 5 ottobre 1974)

    “In questa selezione, ogni musicista ha la possibilità di scegliere la tonalità in cui suonare. Ci sono solo poche battute in tutto il brano in cui viene indicata l’intonazione – e sono indicate come contrasto. Il resto dello spartito è pieno di terzine e ottave, collegate da piccole x, che per la loro posizione indicano il registro approssimativo dello strumento a cui si riferiscono. I musicisti devono attenersi agli schemi ritmici che organizzano i periodi tra due gruppi di x. Questo brano può essere eseguito da un numero qualsiasi di musicisti, da quattro in su. Il modello generale indica un’unica parte replicata per tutti gli strumenti in DO e FA (incluse le percussioni), che si intreccia con un’altra singola parte duplicata per tutti gli strumenti in Sib o Mib. Il basso e la batteria hanno voci separate, che combinano i ritmi delle altre due parti”. (1972)

  • Frank Zappa e il ritmo

    Frank Zappa e il ritmo

    Frank Zappa – The Gumbo Variations (Hot Rats, 1969)

    (informazioni raccolte dal gruppo What’s Zappa, circa un anno fa)

    “Ci sono persone che non sopportano di sentirmi suonare la chitarra perché non ho un ritmo regolare. Sai, tutti vogliono battere il piede: quando impazzisco, perdono continuità, non riescono a contare il tempo, quindi lo rifiutano totalmente. Vogliono quelle cose belle, sicure, dritte e ce ne sono un sacco in giro, ma non venire da me perché non sono il tipo che fa per te. Non mi piace suonare dritto, regolare, è innaturale per me. Non mi piace nemmeno ascoltarlo, non è il mio mondo”. (Guitar World, marzo 1982)

    Zappa considerava il ritmo e la batteria come la sostanza della musica. Qualsiasi genere si suonasse, secondo lui doveva avere un metro. Coniò il concetto di dissonanza ritmica.
    Frank Zappa credeva nel contrasto, nella combinazione di elementi semplici ed elementi complessi. L’impianto della canzone tipica di Frank Zappa è modale invece che tonale.
    La modalità può essere vista come una tavolozza di colori rispetto ai due tasti bianchi e neri della tonalità. Nello specifico, Il Modo Lidio è fondamentale nella musica di Frank Zappa. Il Modo Lidio (o Scala Lidia) è una scala modale che noi costruiamo sulla quarta nota della scala maggiore. (Giordano Montecchi, storico e critico musicale)

    “Mi piace l’idea di una musica in cui sia possibile battere il piede a tempo e ascoltare contemporaneamente cose che si muovono in irritante contrasto con il ritmo di base”.
    (Frank Zappa)

    “Quando compongo, la mia idea principale spesso parte da varie teorie musicali e mi chiedo cosa succede se faccio questo o quello, quali sono i limiti fisici di ciò che un ascoltatore può comprendere in termini di ritmo? Quanto è grande l’”universo dei dati” che le persone possono assorbire e percepire come composizione musicale? Questa è la direzione in cui sto andando”. (Frank Zappa)

    “Quando si ha un ritmo regolare occorre scontrarsi con esso sovrapponendo una frase dal ritmo molto irregolare. Questa frase, però, deve essere suonata con molta precisione, non come verrebbe suonata nel corso di un’improvvisazione: deve diventare una specie di bestemmia nei confronti del concetto ritmico originale”. (Frank Zappa)

    Una volta, in un’intervista radiofonica, hai detto qualcosa riguardo alla scrittura di “armonia percussiva”…
    “Certo. Puoi scrivere dissonanza ritmica e puoi anche scrivere l’equivalente della consonanza ritmica. Quello che definirei un ritmo dissonante è 23/24, dove le cose si strofinano l’una contro l’altra proprio nello stesso modo in cui le note sono a mezzo passo l’una dall’altra ed hanno una certa tendenza ad ‘arricciare’ le orecchie. I ritmi leggermente ‘distanti’ l’uno dall’altro creano un altro tipo di dissonanza lineare. Un tipo di ritmo consonante sarebbe come la musica da marcia o da discoteca, dove tutto è boom, boom, boom”. (Guitarist, giugno 1993)

    “Sogno strumenti che obbediscano al mio pensiero e, contribuendo con il loro mondo di suoni mai immaginati prima, si pieghino alle esigenze del mio ritmo interiore”.
    (Edgar Varèse)

    “Gran parte delle persone non usa i poliritmi ed i ritmi più complessi, non li considera molto naturali ma ci sono stati compositori che hanno lavorato in quel campo. Per me è stato un grande shock quando qualcuno mi ha inviato un album di un gruppo olandese che aveva “Ballet Mécanique” di George Antheil da un lato e dall’altro brani per violino e piano. In quel momento, ho giurato che avrei potuto scriverli per via dei ritmi. Era esattamente lo stesso tipo di cose che avrei fatto io. Non avevo mai sentito questi pezzi prima: erano nell’armadio di qualcuno. Il ritmo è ciò che senti. La maggior parte delle persone nell’Europa occidentale tende ai ritmi in due, tre e quattro, mentre nell’Europa orientale, molte persone si sentono a proprio agio con 5, 7, 9. In India si sentono a proprio agio con tutto, dal 2 al 13, qualsiasi cosa”. (Rhythm, luglio 1989)

    “Molti hanno un’idea sbagliata del ritmo. Possiamo suonare in 4/4 e fare cose davvero strane in 4/4. Allo stesso modo, puoi suonare in 9/16 e suonare anche alcune cose davvero noiose come succede a molti gruppi jazz rock. Bisogna sovrapporre cose interessanti su una base ritmica costante anziché avere un’intera band che suona un mucchio di riff all’unisono da 8 o 16 note”. (Guitar, maggio-giugno 1979)

    “Ho sempre lavorato con musicisti capaci nella sezione ritmica, ma non posso dire se siano sempre stati entusiasti di ciò che stavo suonando, se lo comprendessero bene o se si siano davvero divertiti. È difficile spiegare ai ragazzi appena entrati nella band il mio concetto ritmico: si basa su idee di equilibrio metrico: eventi lunghi e sostenuti contro gruppi con molte note su un battito come numerose sestine, settimine e cose del genere. Preferisco una sezione consapevole della pulsazione ritmica in grado di creare una base che non si muova, per darmi modo di fluire sopra di essa”. (Guitar Player, gennaio 1977)