“Ho tonnellate di composizioni realizzate su Synclavier. Ci lavoro ogni sera. L’orario del Synclavier è di solito dalle 23:00 alle 7:00 del mattino. Ci sono forse 500 composizioni su floppy disk. Ci lavoro a caso finché non sono finite”.
(FZ, Guitar World, dicembre 2003 – intervista del 1988 condotta da Alan di Perna)
NOTE: tutto questo Frank Zappa lo diceva nel 1988. Abbiamo idea di quanto materiale realizzato su Synclavier possa essere recuperato nel Vault gestito oggi dalla UMG?
Perché Zappa non ha mai creato una scuola di pensiero che proseguisse il suo cammino?
“Non è questo un problema soltanto di Zappa ma di tutti i grandi individualisti. Zappa ha sempre fatto una musica che era la diretta rappresentazione di se stesso e della sua personale visione del mondo, perciò può soltanto avere degli epigoni, non dei continuatori. Data invece la mole di opere che ci ha lasciato, gli studi zappiani continueranno ancora per decenni.
Qual è stato il ruolo della tecnologia nelle composizioni di Zappa?
“Zappa aveva imparato che la conoscenza degli aspetti matematici della musica non è niente di astrattamente neo-pitagorico, ma una sorta di fucina da cui si possono ottenere risultati profondi a patto di essere aggiornati sulle tecnologie esistenti e di avere la possibilità di sperimentare. Fu tra i primi ad utilizzare le tecnologie musicali elettroniche. Riguardo al Synclavier, la ditta che lo produceva accusò il musicista di sottoporre la ‘creatura’ a stress perché Frank pretendeva di usarlo in maniera impropria forzandone i circuiti per ottenere più di quanto il Synclavier potesse dare, pur essendo a tutt’oggi lo strumento digitale più complesso, almeno tra quelli che si producono in serie. Per usare un paradosso, ci si potrebbe chiedere quanto Zappa abbia influito sulle tecnologie, non viceversa. Come Ellington o Stockhausen, Zappa creava musica in base alle sonorità che aveva a disposizione, umane o tecnologiche che fossero. La ragione per cui molti suoi lavori recenti sono rimasti incompiuti sta nel fatto che lui ‘fabbricava’ i suoi suoni e così, ogni volta che riprendeva dalla memoria del Synclavier le composizioni in gestazione, non riusciva a portarle avanti perché il suo istinto gli suggeriva di modificarne radicalmente i timbri e ciò gli portava via moltissimo tempo”.
“Se non avessi mai fatto rock and roll, non avrei potuto permettermi un Synclavier. Ma non ho deciso di fare rock and roll solo per poter passare i miei anni al tramonto a friggere nella mia stanza con una sorgente di radiazioni”.
Come hai utilizzato il Synclavier nel tour del 1988? Abbiamo sentito di qualcosa che stavi preparando chiamato “Goin’ To Hell”….
“Goin’ To Hell era una sequenza utilizzata per dire in modi diversi “Stai andando all’inferno” o “Jee-zus” e contiene una serie di rutti, ringhi, adorazione del diavolo con rumori demoniaci in sottofondo e alcuni suoni strumentali bassi e grugniti. Ho messo insieme questa sequenza. Riguardo a ciò che avremmo fatto con il Synclavier in quel tour… beh, ogni sera ci sarebbe stata una sequenza, come una composizione completa, caricata nel Synclavier; durante la parte improvvisata dello spettacolo potevo attivare quella sequenza. Il Synclavier riproduceva una raccolta di suoni e la band suonava insieme a questa raccolta. Certe sere usavamo “You’re Goin’ To Hell”, altre sere le voci del Congresso.
C’era un suono in particolare che mi ha fatto impazzire, era una combinazione tratta, credo, dall’album Mothers Of Prevention; pronunciavi la parola “bondage” combinata con un rutto.
“Oh sì, quello non ero io. Era mio nipote Jade, che ha la capacità di ruttare molto forte e molto a lungo, può anche ruttare parole. Nell’87, abbiamo avuto una sessione di campionamento con Jade. L’ho messo davanti a un microfono e gli ho lasciato fare un assortimento di rutti, poi gli ho dato un elenco di parole e frasi da ruttare: alcune di queste sono state messe nel Synclavier ed è quello che hai sentito”.
Cosa è stato usato per indurre i rutti? Qualcosa come la Pepsi o…
“Ogni tanto si sente che qualcuno del Sindacato Musicisti si lamenta perché meccanismi come il Synclavier possono far perdere il lavoro ai musicisti… Non credo che succederà’ mai. Un sacco di gente crede ancora che l’unica Vera Musica sia quella suonata dagli esseri umani (con roba di pelle e capelli arruffati). Altra gente del sindacato pare convinta che se tu campioni un musicista nel Synclavier, magicamente (non ridete) succhi fuori la musica del musicista, privandolo di una specie di intangibile dignità e/o di una potenziale entrata. La musica viene dai compositori, non dai musicisti! Sono i compositori a pensarla, i musicisti la eseguono. Se un musicista improvvisa durante un concerto, per quei momenti diventa un compositore, ma per il resto è interprete di un progetto musicale preparato da un compositore. I compositori non hanno un sindacato e il Sindacato Musicisti in realtà complica solamente la vita a costoro con una serie di regole burocratiche. Anzi, sono stati proprio loro a creare il mercato dei “campionatori”, anche se rifiutano di ammetterlo”.
Nel 1967, abbiamo trascorso circa quattro mesi a registrare vari progetti (“Uncle Meat”, “We’re Only in It for the Money”, “Ruben & The Jets” e “Lumpy Gravy”) agli Apostolic Studios, 53 E. 10th St. New York.
Un giorno, ho deciso di infilare un paio di U-87 nel pianoforte, coprirlo con un pesante drappo, mettere un sacchetto di sabbia sul pedale e invitare chiunque si trovasse nelle vicinanze a mettere la testa dentro e divagare incoerentemente su vari argomenti tramite il sistema di talk-back dello studio.
Questa configurazione è rimasta in vigore per diversi giorni. Durante quel periodo furono fatte molte ore di registrazioni, la maggior parte delle quali inutili. Alcune delle persone che hanno accettato la sfida includevano Spider Barbour (leader del gruppo rock “Chrysalis” che stava registrando anche all’Apostolic quando non eravamo iscritti), All-Night John (il direttore dello studio), Roy Estrada e Motorhead Sherwood (membri dei “Mothers of Invention”), Louis Cuneo (un ragazzo che veniva ai nostri spettacoli live al Garrick Theatre e rideva come un tacchino psicotico) e pochi altri.
Alcuni di questi dialoghi, dopo un lungo montaggio, sono stati inseriti nell’album “Lumpy Gravy”. Il resto è rimasto nel mio caveau per decenni, in attesa del glorioso giorno in cui la scienza dell’audio avrebbe sviluppato strumenti che ne consentissero la ‘resurrezione’.
In “Lumpy Gravy”, il materiale parlato è stato interrotto da effetti sonori, trame elettroniche e registrazioni orchestrali di brevi brani registrati a Capitol Studios, Hollywood, nell’autunno 1966. Erano tutti montaggi a 2 tracce. Il processo è durato circa 9 mesi.
Poiché tutti i dialoghi erano stati registrati con “risonanza pancromatica e altri domini altamente ambientali“, non era sempre possibile fare modifiche convincenti. Ciò ha fortemente limitato la possibilità di far parlare tra loro gruppi di voci registrate in giorni diversi. Di conseguenza, ciò che emergeva dai testi era una vaga trama riguardante maiali e pony, che minacciava la vita dei personaggi che abitano un grande pianoforte.
In “Civilization Phase III” la storia si evolve con qualche indizio in più sulla vita dei pianisti: notiamo che i mali esterni sono peggiorati rispetto a quando li abbiamo incontrati per la prima volta. Gran parte del materiale musicale proviene dalle sequenze di Synclavier (tutta la musica nel primo atto).Nel secondo atto, la musica è una combinazione di Synclavier (70%) e performance dal vivo (30%), insieme ad una nuova generazione di pianisti.
I nuovi residenti (mia figlia Moon Unit, l’attore Michael Rappaport, l’assistente alla preparazione musicale per il progetto “Yellow Shark” Ali N. Askin, il mio assistente informatico Todd Yvega e l’intera sezione degli ottoni dell’Ensemble Modern) sono stati registrati in un Bosendorfer Imperial all’UMRK durante l’estate del 1991. A questo punto, la tecnologia di editing digitale aveva risolto il problema ambientale rendendo finalmente possibile unire le loro fantasie in modo più coerente con le registrazioni originali del 1967.
Tutte le voci e la musica sono preregistrate e, per quanto possibile, tutti i cambiamenti scenici e di illuminazione saranno automatizzati con i loro segnali memorizzati come codice digitale su una traccia incorporata nel master audio.
I personaggi parlanti indossano tutti mascherine, guanti e scarpe di grandi dimensioni. Vivono in un pianoforte a coda astratto, rappresentato da strati incrociati di corde e cavi di vario spessore, dipinti in modo da assomigliare alle corde di un pianoforte, intervallati da risuonatori stilizzati, martelli e tratti di tavola armonica, circondati da una zona in ebano che suggerisce il bordo esterno del pianoforte.
Il set dovrebbe essere progettato per muoversi e riconfigurarsi mentre i personaggi che vivono in angoli diversi del pianoforte mimano il loro dialogo, dando l’illusione di vedere l’azione da diverse angolazioni immaginarie. Sopra il pianoforte c’è un megafono dall’aspetto decrepito che consente al personaggio FZ di rivolgersi periodicamente ai detenuti.
Intorno al pianoforte ci sono gruppi di tableau set mobili, che rappresentano vari aspetti del minaccioso universo esterno che ha spinto i nostri personaggi a rifugiarsi in questo gigantesco carillon. L’azione di danza si verifica principalmente in queste aree (su tavolozze o giradischi, facilitando rapidi cambi di scena).
Nel primo atto dell’opera “Civilization Phase III” ritroviamo yuppie che si trasformano in maiali, Ronald Reagan che depone una corona di fiori sulla tomba di un ufficiale delle SS, ballerini come vermi che adorano un maiale impagliato vestito da Papa.
(Civilization Phase III – General Notes by Frank Zappa, Black Page 41, novembre 1993)
“Con un ascolto attento, ci sono due modi di percepire la musica. Innanzitutto, quello che si esprime in termini di acustica fisica, cioè la forma d’onda che governa il suono, la sua ampiezza; questo è il modo scientifico. Ma possiamo anche dire a noi stessi: che sensazioni provoca questa musica? Qual è il suo odore? Il suo significato? Il timbro dell’insieme è quello che prevale, sia esso rock n’ roll o musica da camera. È il timbro che più spesso indica come interpretare il resto dei dati. È qui che il Synclavier mi dà una grande flessibilità nel mio lavoro poiché posso applicare, in una frazione di secondo, vari timbri a una composizione. Cos’è la musica se non un po’ di spazio-tempo decorato, illuminato?”.
Come componi al Synclavier?
“L’idea generale parte spesso da varie teorie musicali. Mi chiedo allora cosa succederebbe se facessi questa o quella manipolazione, quali sono i limiti fisici di ciò che un ascoltatore può comprendere in termini di ritmi, di “dati universali”, pur percependo il tutto come una composizione musicale”.
L’omonimo violoncellista e compositore barocco italiano Francesco Zappa, vissuto nel secondo Settecento all’ombra di Haydn e Mozart, fu fonte di ispirazione per FZ.
Frank conobbe la musica da camera del suo alter ego nella Biblioteca di Berkeley, la sua città natia, e in quella del Congresso. Le sue composizioni lo stimolarono al punto tale da dedicargli un album omonimo, nel 1984.
Riarrangiò le Opere I e IV di Francesco Zappa su Synclavier pubblicando l’album su CD e LP.
Frank Zappa fece circolare la voce di essere un suo lontano parente, pura invenzione…
In un momento ‘poetico’, Frank disse: “Il computer non è in grado di trasmettervi il lato emozionale della questione. Può fornirvi la matematica ma non le sopracciglia”. Ok, l’ha detto, ma era un perfezionista ed un innovatore tanto che, a metà anni ’80, già parlava della possibilità di sostituire la distribuzione dei dischi con trasferimenti da digitale a digitale via telefono o via cavo TV e di royalty pagate ai compositori direttamente integrate nel software. Tornando ai computer, Zappa fu uno dei primi sperimentatori e compositori elettronici: il Synclavier e il computer, nei primi anni ’80, gli permettevano di eliminare l’errore umano delle orchestre. Era maniacale: nell’88 fece provare la sua band per 4 mesi, 5 giorni a settimana e 6 ore al giorno. “Preferisco utilizzare le apparecchiature elettroniche al posto dei musicisti. Fanno meno errori” disse Frank, in un momento tutt’altro che ‘poetico’.
1986 – La visione di Frank Zappa è avanti anche per i suoi collaboratori. Ad un certo punto, diventa complicato sottoporre parti strumentali molto complesse a musicisti che, seppure virtuosi, non ce la fanno più e sudano sette camicie.
Zappa decide allora di comprare un Synclavier DMS, avveniristico campionatore digitale che gli permette di eliminare ogni elemento umano e di fargli suonare anche le partiture più impossibili. Esaltato da questa possibilità, Zappa registra il disco Jazz from Hell che (a parte St. Etienne) entra negli annali della musica impossibile da suonare se non da una macchina, come testimonia la contorta G-Spot Tornado (anche se poi ci hanno provato gli orchestrali nel live The Yellow Shark) e che in fondo anticipa anche una certa IDM cervellotica e incastrata, se non proprio post umana.
“Con il Synclavier puoi letteralmente sederti e suonare ogni parte di un’orchestra, risincronizzare, modificare e persino riorchestrare ogni parte. Mi dà la possibilità di essere non solo il compositore ma anche il direttore d’orchestra, perché posso orchestrare le dinamiche nel pezzo. Se riesci a pensare in questo modo globale, puoi davvero avere il controllo completo sulla tua composizione”. Il Synclavier utilizza un nuovo metodo di sintesi musicale chiamato timbri parziali. È dotato di ventiquattro armoniche regolabili separatamente, un generatore di inviluppo del volume a sei stadi, vibrato e portamento completamente regolabili, regolazione separata dei volumi della tastiera, controllo separato della tastiera nel posizionamento stereo, potente capacità di campionamento e capacità di editing praticamente illimitate. Digitando diversi valori puoi modificare il tuo materiale, quindi basta premere un pulsante e lo riproduce. Non è così facile da usare, ma non è così impossibile. Non ho mai letto davvero il manuale di Synclavier. Ho imparato premendo i pulsanti”. (Stereo Review, giugno 1987)