“Non ci sono libri di testo che possano aiutarti. Non è facile capire come si ottiene quel suono: il suono che hai nella testa. Guardi una stanza piena di apparecchiature e devi sapere cosa collegare per produrre un suono”. Per ottenere il “suono particolare” che sta cercando ora, Zappa, l’ingegnere Bob Stone e Bob Rice trascorrono ore a registrare campioni di strumenti reali in studio. Questi campioni vengono tagliati e conservati nella memoria del Synclavier. Ma per Zappa i pezzi di Synclavier non sono canzoni. “Non penso a ciò che sto facendo sul Synclavier come canzoni. Li considero oggetti. Non li concepisco come canzoni: sono piccole composizioni. La più lunga che ho fatto è di 22 minuti, mediamente durano 5-7 minuti: un po’ più lunghe di una canzone e più corte di una sinfonia. Le affronto in modo completamente diverso rispetto alla scrittura di una canzone rock & roll. Il rock & roll è solitamente un mezzo generato dai testi”. L’approccio di Zappa ai suoi “oggetti” Synclavier è a forma libera come consente il sistema. Non esiste uno schema prestabilito per la selezione dei campioni, nessun ordine cronologico per la creazione di una canzone: quando arriva il momento di pensare alle tracce, la musica va dove lo porta il suo capriccio. “Dipende dal tipo di pezzo su cui stiamo lavorando. Puoi iniziare dalla fine, dal centro, dall’inizio, dal bordo. Puoi inserire un’idea. Potrebbe essere la prima cosa che inserisci, ma la sua posizione nel pezzo può essere adattata in qualsiasi momento”. “E’ fantastico lavorare di notte; il telefono squilla troppo durante il giorno. Sono totalmente felice di non vedere mai il sole”. (Music & Sound Output, marzo 1987)
“Quando compongo, la mia idea principale spesso parte da varie teorie musicali e mi chiedo cosa succede se faccio questo o quello, quali sono i limiti fisici di ciò che un ascoltatore può comprendere in termini di ritmo. Quanto è grande l’”universo dei dati” che le persone possono assorbire e percepire ancora come una composizione musicale? Questa è la direzione in cui sto andando” con il Synclavier”. (Sound On Sound, febbraio 1987)
Scrivi manoscritti da così tanti anni. In che modo il Synclavier ha cambiato il tuo modo di avvicinarti alla notazione tradizionale? “La musica su carta è simile ad una ricetta gastronomica. Non mangi la ricetta. La musica che scrivi su un pezzo di carta non è musica finché qualcuno non la suona. Se hai una macchina che ti permetterà di riprodurre direttamente le tue idee non devi nemmeno scriverla. Non mi preoccupo più di carta e matita, suono e modifico la materia prima finché non ottengo la composizione nel modo in cui mi piace nella macchina. Faccio molto di più e ora posso scrivere per suoni strumentali e combinazioni che non esistono in natura e che un essere umano non potrebbe suonare. Ora nulla è impossibile finché hai abbastanza memoria RAM”. A cosa stai lavorando ora? “Ieri sera ho creato cinque nuovi timbri complicati che chiamo Spastic Orchestras. Ho iniziato un pezzo con la Spastic Pressure Patch. Fondamentalmente il modo in cui funziona il Synclavier è che, quando prendi campioni, costruisci Patch che rappresentano un’istruzione alla macchina per localizzare suoni diversi sotto chiavi diverse. Potresti avere un suono sotto tutti gli 88 tasti o un suono diverso su ogni tasto per quattro. Ciò significa che un Do centrale non solo può suonare un Do su una chitarra, ma può essere un Do su una tromba, un’arpa ed uno xilofono contemporaneamente. Facciamo il campionamento stereo qui che è qualcosa che la maggior parte delle persone non sta facendo in questo momento. L’altro tipo di informazioni che puoi inserire in una patch è ciò che accade quando premi un tasto con forza. Ad esempio, sullo Spastic Pressure Patch si preme una singola nota dell’arpa: più forte si preme, più gliss si otterrà. Spastic Orchestra prende un intero assortimento di suoni orchestrali e lo posiziona su 88 tasti e con la pressione ti consente di regolare ogni cosa ed eseguire tutti questi effetti su nastro in tempo reale. Quindi puoi suonare con una sola riga e segnare un’intera orchestra su una singola traccia in circa cinque minuti!”. Cosa pensi riguardo ai suoni mutati della chitarra degli anni ’80? “Suonano alla grande ma è proprio come un altro vocabolario. C’è una cosa che un Synclavier ti insegnerà: la cosa più importante nella musica è il timbro. Puoi prendere la melodia più banale o una raccolta di note: se ha un timbro interessante sarà molto più ascoltabile. Ogni periodo ha dei piccoli timbri ad esso associati. Puoi ascoltare una registrazione di musica rinascimentale e sapere subito che si tratta di suono e timbri rinascimentali. Con quegli stessi timbri, *Purple Haze *suonerebbe come musica rinascimentale”. Cosa pensi di certi cambiamenti nel modo di suonare oggi? “Per come è costruito il business della musica ora, non c’è molto interesse nel trovare persone che improvvisano. Vogliono musica liofilizzata. Quindi, le persone stanno iniziando a rinunciare all’improvvisazione sul posto. Invece, ciò che fanno è memorizzare serie di formule che vengono poi decorate con tutti i suoni attuali: quando suonano un assolo, suonano formule raccolte decorate con suoni mod. Per me è meno musicale, ma devi considerare come viene consumato il prodotto finale. La maggior parte delle persone che comprano questi dischi ci ballano o non li ascoltano davvero. Li ‘indossano’ per avere quello stile contemporaneo in sottofondo mentre fanno le loro cose. Penso che probabilmente oggi ci sia meno interesse nell’ascoltare davvero un disco. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che non c’è molto da scoprire in un disco. Cosa c’è da scoprire? Senti la canzone e basta: o ti piace o non ti piace. Non c’è davvero niente di nascosto da scoprire. Le case discografiche non ingaggeranno persone che fanno cose diverse da questo perché 30 milioni di persone comprano un album di Michael Jackson. L’album contiene belle canzoni ed arrangiamenti piacevoli, ma non c’è niente di strano da scoprire. Dal punto di vista della casa discografica, questo è il modo giusto per fare dischi. Quindi tutto è modellato. Per i miei gusti è una perdita di qualità”. Quali progetti futuri hai in mente? “Abbiamo concluso un accordo con una società chiamata Rykodisc, che distribuisce CD. Abbiamo in programma di uscire con otto CD all’anno per i prossimi due o tre anni. Ne vogliono due dagli album a marchio Verve, due di epoca successiva, due attuali e due jolly. Ho lavorato sugli assemblaggi jolly e sui nastri digitali del tour dell’82 e dell’84”. Pensi di pubblicare altri album di chitarra? “Sì, ne ho un altro in lavorazione proprio ora. Nell’assemblare i CD jolly per Rykodisc ho trovato dei veri e propri assoli di chitarra. Non è stato ancora modificato in un formato, ma probabilmente ho abbastanza materiale per almeno un CD”. Per tutto quello che pubblichi, quanto pensi di avere in magazzino? “Pubblico forse il 2% di quello che ho effettivamente a disposizione”. (intervista di Steve Vai a Frank Zappa presso lo studio di Frank, l’Utility Muffin Research Kitchen pubblicata su* Guitar For The Practicing Musician*, maggio 1986).
Scrivevi musica impossibile da suonare per i musicisti. Ora quei pezzi possono essere suonati con mezzi elettronici? “Assolutamente sì. Il computer riproduce con estrema precisione ciò che il compositore ha in mente, esattamente come l’ha immaginata”. Come usi i sintetizzatori nel tuo lavoro? “Uso i sintetizzatori per tre cose: generare suoni mai esistiti prima, eseguire musica che gli esseri umani avrebbero difficoltà a suonare e sbarazzarmi di parte della fatica della composizione. Nella composizione, puoi copiare frasi, il che è faticoso da fare manualmente. Quando devi fare ripetizioni, su un computer è una questione di pulsanti come usare un word processor”. Che attrezzatura usi? “Uso un sistema di campionamento polifonico Synclavier, che costa circa un quarto di milione di dollari. Altre cose che mi piacerebbe usare ma che non ho potuto permettermi sono il 4X, che è stato sviluppato in Francia all’Ircam, e il nuovo sistema Fairlight. Ma quello che sto aspettando è un’interfaccia MIDI che consentirà al Synclavier di interagire con molti altri dispositivi sofisticati. Acquistare singolarmente tutti questi nuovi dispositivi sarebbe come ricominciare da capo, come imparare una nuova lingua, a meno che non ci sia un’interfaccia MIDI affidabile, in grado di farli comunicare tra loro”. C’è molta distinzione tra suoni di strumenti e sintetizzatori? “Il mio Synclavier utilizza campionamenti, registrazioni digitali di suoni reali e ti consente di manipolarli, quindi non c’è differenza tra lo strumento reale e la registrazione digitale. Per quanto riguarda la facilità con cui le persone possono notare la differenza, dipende dalla composizione. In un album che sto realizzando non ancora pubblicato, non sentiresti suonare strumenti veri, ma riconosceresti i suoni di strumenti reali che gli esseri umani avrebbero difficoltà a fare, schemi ritmici complessi che vengono suonati da interi ensemble di strumenti in armonia”. In che modo questa tecnologia influenzerà la futura formazione dei musicisti? Si può porre meno enfasi sulla teoria? “Molte persone hanno già saltato la teoria musicale perché tutto ciò che interessa è avere una carriera discografica: tutto ciò che serve per una carriera discografica è una bella pettinatura e alcune chiusure lampo diagonali. La teoria musicale non ha nulla a che fare con questo. Se vuoi fare una vera composizione, il mio consiglio è inventare la tua teoria. La teoria musicale è una serie di regolamenti derivati da pratiche comuni di un’era precedente. Quando ricevi i tuoi libri di teoria, ti dicono “Non fare questo, non fare quello” perché in un determinato periodo non facevano questo e non facevano quello ed era la norma. Quelle norme servivano a soddisfare i gusti di chi pagava il conto (il re, la chiesa, il dittatore). Non c’è motivo di presumere che avessero gusti musicali migliori dei tuoi. Quindi il mio consiglio è di inventare una propria teoria senza preoccuparsi di ottenere la certificazione accademica da un’istituzione”. Ma molta di quella musica non ha avuto successo? “C’è molta musica davvero noiosa che ha avuto successo. Non riesco a pensare a nessuno che abbia fatto tutto secondo le regole e sia finito per essere un buon compositore o un musicista famoso. Ci sono persone che scrivono musica ma non viene suonata. Il business della musica non ha nulla a che fare con l’essere un compositore. I compositori sono fuori dal mondo della musica. La composizione vive e muore nel mondo accademico. Il business della musica è fatto di capelli e cerniere”. “Nessun evento finanziario importante nella cultura musicale americana si è mai verificato senza la cooperazione dell’industria dell’abbigliamento. Ogni ciclo importante del rock and roll è stato accompagnato da stili di abbigliamento. Ogni volta che qualcuno vende un disco, qualcun altro vende una maglietta o un paio di pantaloni. E’ il gioco che fa girare il mondo”. (Compute!, gennaio 1986)
Parte del piano generale di Frank Zappa era di comporre sul Synclavier per l’Ensemble Modern in occasione del progetto The Yellow Shark. Attraverso specifici test avrebbe verificato fino a che punto avrebbe funzionato questo piano. La sera prima delle prove, fece riorchestrare la sua composizione per Synclavier intitolata Igor e chiese di arrangiarla per l’Ensemble Modern, preparando le parti stampate da sottoporre ai musicisti la mattina successiva e una partitura del direttore. This is a test (Igor) inclusa nell’album EIHN è un’esecuzione in prima ripresa di musicisti che leggevano a prima vista la musica appena consegnata loro. Dimostra non solo l’abilità tecnica di questa orchestra, ma anche l’espressività e lo stile dell’Ensemble mentre si sforzava di riprodurre accuratamente qualcosa che non aveva mai visto prima. Ogni sera, nelle due settimane successive, è stata scandita da uno sforzo frenetico e massacrante per estrarre un altro pezzo dal Synclavier e convertirlo in punti sulla carta per gli esperimenti del giorno dopo. Uno di questi test era G-Spot Tornado. Dopo circa un’ora di prove, Frank lo considerò un esperimento fallito e lo mise da parte. I membri dell’Ensemble, tuttavia, erano determinati a padroneggiarlo e continuarono a esercitarsi da soli. Quando ebbero luogo i concerti di Yellow Shark, G-Spot Tornado servì da finale e da bis. (Todd Yvega)
Zappa, affascinato e influenzato da compositori classici come Igor Stravinsky, Varese, Boulez e John Cage, oltre a far eseguire alle sue band arrangiamenti di brani di Bartok, Ravel, Tchaikovsky e Stravinsky sottolinea che in questi giorni scrive principalmente composizioni orchestrali sul suo Synclavier 9600, la tastiera digitale high-tech e il computer di campionamento collegato al suo studio di casa, l’Utility Muffin Research Kitchen. È qui che è stata concepita l’ultima gemma di Zappa di un album delle sue opere orchestrali dissonanti, stravaganti e inquietanti, The Yellow Shark. Eseguito in concerto dal gruppo di musica classica contemporanea europea Ensemble Modern composto da 25 membri, The Yellow Shark è una raccolta simile a una suite di nuovi arrangiamenti di brani classici di Zappa come “Dog Breath Variations” e “Be-Bop Tango” e nuovi lavori commissionati per il progetto come “Get Whitey” e “None of the Above”. EM e il suo direttore Peter Rundel hanno trascorso due settimane nel 1991 a Los Angeles presso lo studio Zappa Joe’s Garage provando i pezzi difficili e, poi, hanno trascorso altre due settimane sotto la supervisione del compositore perfezionista la scorsa estate in preparazione per la serie di otto concerti a Francoforte, Berlino e Vienna. (Pulse! agosto 1993)
Mix di 4 brani: The Perfect Stranger, The Girl In The Magnesium Dress, Jonestown, Dupree’s Paradise (dall’album The Perfect Stranger diretto da Pierre Boulez ed eseguito dall’Ensemble InterContemporain, 1984)
Il gusto di Zappa per l’estremo, la sua predilezione per la densità e l’astrazione e la sua necessità di maggiori performance allinea le sue opere con quelle di Brian Ferneyhough e Michael Finnissy, solo per citare due dei padrini dello stile noto come ‘nuova complessità’ della musica contemporanea. Credo che Zappa avesse qualche interesse specifico per le opere di questi compositori.
Al contrario, la sua ammirazione per Pierre Boulez, che culminò nella collaborazione con il compositore francese in The Perfect Stranger, sottolinea le sue affinità con un’arte che sarebbe più giusto descrivere come neo-barocca piuttosto che semplicemente come promotrice di vari stili/forme di “densità” e “complessità”.
E’ il carattere fluido e senza soluzione di continuità dei successivi esperimenti transgenerici di Zappa ad unirlo agli sforzi di altri artisti neobarocchi: riflette il desiderio del compositore di privilegiare il processo e la mobilità rispetto alla giustapposizione e alla rottura.
Questa tendenza è più evidente nelle composizioni di Synclavier, il cui ingresso nel catalogo Zappa è segnato dalla pubblicazione di The Perfect Stranger, nel 1984. L’album contiene tre brani orchestrali diretti da Pierre Boulez e quattro brani elettronici tra cui “The Girl in the Magnesium Dress”… Attraverso questo brano Zappa si diverte a mettere in discussione i confini tra materia e suono, letterale e figurato, reale e virtuale con polifonie apparentemente infinite del pezzo, raggruppamenti ritmici irregolari e la generale assenza di simmetria, combinata con lo strano fraseggio della melodia principale…
Nel 1984, Zappa si interessò alla musica del compositore tardobarocco Francesco Zappa, contemporaneo di Haydn e Mozart che, secondo il New Grove Dictionary of Music, “aveva la reputazione di virtuoso (del violoncello). “Francesco Zappa”, interamente eseguito sul Synclavier, è un album di tipo barocco digitale.
Zappa usava il Synclavier come “macchina desiderante” massimalista, capace di moltiplicare i vettori concettuali della sua opera all’infinito combinando “vari elementi e forze di ogni tipo” (Deleuze e Guattari).
Bisogna considerare l’ipotesi secondo cui l’investimento di Zappa nella tecnologia del Synclavier fosse una fase necessaria nelle traiettorie di piegamento e dispiegamento di un’arte transmorfica che ha confuso diverse generazioni di ascoltatori lasciandoli speculare sulle origini, le influenze e i limiti del suo lavoro. La fase logica successiva nella costruzione del Progetto/Oggetto fu la creazione di musica che unì l’infallibilità tecnica della macchina e le personalità dei musicisti dal vivo. A questo proposito, la coesistenza di brani di Synclavier e di opere scritte ed eseguite dall’Ensemble InterContemporain di Boulez su The Perfect Stranger anticipa i successivi esperimenti misti di Zappa che tipicamente esitano tra gestuale e meccanico, autenticità di esecuzione “organica” e necessità di esecuzione accurata.
(dal libro “Frank Zappa, Captain Beefheart and the Secret History of Maximalism” di Michel Delville e Andrew Norris, 2005, Salt Publishing)
Mi pongo una domanda che non troverà risposta: lo Sconosciuto Perfetto (che Zappa presenta come un venditore porta a porta accompagnato dal suo fedele aspirapolvere industriale gitano mutante) è legato, in qualche modo, anche al Synclavier? ‘Perfetto’ perché in grado di ottenere performance umanamente impossibili? ‘Sconosciuto’ perché Zappa doveva ancora conoscerlo a fondo?
Il venditore con l’aspirapolvere…. Tutta l’opera di Zappa era concepita come hoover, un’aspirapolvere che risucchia i relitti e i detriti della “civiltà” prodotta in serie assemblando da tutto questo una gigantesca “scultura spazzatura” (come disse Zappa a Gary Steel nel 1990). Frank Zappa ha distrutto l’idea di ascolto della musica come ‘educazione’ sostituendola con ascolto di musica come ‘esperienza’…
Il venditore con l’aspirapolvere potrebbe essere una figura simbolica e l’aspirapolvere in questo caso potrebbe essere legato al Synclavier come mezzo tecnologico per ‘risucchiare i relitti e detriti della civiltà prodotta in serie’ e passare ad una nuova fase musicale, quella tecnologica, elettronica.
The Girl In The Magnesium Dress (dall’album Boulez Conducts Zappa: The Perfect Stranger, 1984)
Put A Motor In Yourself (dall’album Civilization Phaze III, 1994)
Night School (dall’album Jazz From Hell, 1986)
Con il Synclavier, Zappa (lo ‘scienziato del ritmo’) aveva potuto risolvere tutte le sue esigenze compositive rendendosi autonomo sia dai musicisti rock che da quelli classici per la messa a punto e la diffusione della sua opera.
“Senza il computer – ha dichiarato – sarei ancora sotto il giogo dei musicisti per realizzare la mia musica. Sarei anche sotto il giogo del governo e delle strutture civiche che organizzano i concerti”.
Le prime applicazioni erano state inserite fin dai vari album da lui pubblicati nella seconda metà del 1984, inclusi quelli rock (il brano Be in My Video o The Crabb-Grass Baby, ad esempio), oltre che nell’intero album Francesco Zappa e in The Perfect Stranger. In particolare, The Girl in the Magnesium Dress è emblematica dell’ingegnosità compositiva di Zappa, essendo stata realizzata sfruttando la macchina con un uso improprio.
Il compositore ha spiegato che:
“il brano fu fatto con la ‘polvere digitale’ del Synclavier. Quando si guarda alla pagina G del Synclavier, si vedono nomi di note e numeri, ma questo non è tutto quanto vive nella traccia. C’è dell’informazione sotterranea che può essere visualizzata solo se si esce dalla parte della macchina normalmente disponibile all’utente e si entra nel mondo misterioso della programmazione XPL. Lì si possono vedere cose che vivono nella traccia dando segrete istruzioni alla macchina e dicendole cosa deve fare. Sono i cosiddetti ‘numeri G’ che Zappa e i suoi collaboratori riuscirono a trasformare in note: “dunque abbiamo convertito questa polvere in qualcosa che poi posso editare in altezza, mentre la polvere indica un ritmo. Ho preso il ritmo della polvere e vi ho imposto dati di altezza introducendo così l’inudibile numero-G nel mondo dell’udibilità tramite il nome di un’altezza”. Il risultato sonoro di questa ulteriore, imprevedibile realizzazione aleatoria è, manco a dirlo, di grandissimo interesse ritmico.
Ma le più ardite soluzioni timbrico-ritmiche si spalancarono al talento di Zappa quando il Synclavier fu abilitato all’uso del sampling. Insoddisfatto del rumore ambientale sui campionamenti forniti dalla casa, Zappa cominciò a realizzarli nel proprio studio registrando ad esempio, in stereo, ogni singolo tamburo e piatto, isolati dal resto della batteria e con una ripresa sonora sia secca che in vari ambienti: la loro combinazione, quando li adoperava suonandoli dalla tastiera, produceva a suo dire “qualcosa di surrealmente pulito e perfetto”. Secondo le esigenze di ciascuna composizione, Zappa costruiva coi campionamenti vari tipi di patches per ottenere suoni percussivi inesistenti nelle strumentazioni convenzionali: “nello stesso patch puoi mescolare percussioni orchestrali con rumori industriali come trapani, martelli, seghe, taniche vuote e cose del genere. Combinandoli assieme si possono creare cose meravigliose”. Per spazializzare i suoni percussivi campionati, Zappa non usava i suoi Lexicon digitali ma una semplice camera d’eco, onde evitare di estenderne artificialmente la durata”.
Con l’enorme vocabolario timbrico-percussivo così raccolto e continuamente rinnovato, Zappa si è dedicato durante i suoi ultimi anni a forzare continuamente le soglie della ricerca metrico-ritmica, mirando preferibilmente a superare i confini delle possibilità esecutive umane.
“Una delle cose più intriganti nel lavoro col Synclavier è quanto ti consente di fare col ritmo, che è sempre stato uno dei miei campi di investigazione preferiti. E’ possibile ottenere accurate esecuzioni delle combinazioni ritmiche più pazzesche” (Frank Zappa).
Nell’album Jazz from Hell, fin dall’iniziale Night School, troviamo esempi della surreale batteria campionata e programmata da Zappa in sonorità e figurazioni ‘umanamente impossibili’ ma dalle singolari affinità con lo stile di Colaiuta, specie nelle figure cassa/rullante.
E’ la realizzazione di una teoria che Zappa coltivava da decenni: quella da lui stesso designata come ‘armonia percussiva’. Per lui il ritmo ha un’importanza analoga se non superiore a quella assunta dall’armonia in secoli di storia della musica occidentale. Riteneva infatti che i concetti di consonanza e dissonanza sussistano anche nell’ambito del ritmo e della sua percezione. Autentico manifesto di uno stile basato sulla dialettica tra consonanze e dissonanze ritmiche è Civilization Phaze III, il risultato più avanzato della sua ricerca sinfonica e timbrico-ritmica sul Synclavier.
(tratto da libro “Frank Zappa Domani” di Gianfranco Salvatore)
Frank Zappa ha suonato una composizione elettronica utilizzando suoni al di fuori della frequenza dell’udito umano. Ha anche usato selezioni dall’album della Columbia, “The World of Harry Partch”. Partch scrive musica di 32 toni per ottava. (Billboard, 12 luglio 1969)
Piano Pieces from Opus 5 – Mount St Mary’s College (Chalon Campus), LA (1963) Non è Zappa a suonare il piano: lui dirigeva, suonava la cetra e introduceva i brani
Piano (Dance Me This album) Synclavier (1993)
Piano Music Section 1 & Section 3 (The Hot Rats Sessions) Piano: Ian Underwood
The Black Page (rara versione al Synclavier) primi anni ‘80
The Black Page #1 (Piano Version) dall’album Zappa In New York (1977) Arrangiamenti: Ruth Underwood
Envelopes & Little House I Used To Live In (versione solo piano, 1978) suonati da Peter Wolf o Tommy Mars
Video filmato da uno sconosciuto a casa di Zappa (Los Angeles – 1984, 1986), editato da Marcello Di Lorenzo
Verso la fine del brano Little House I used to live in (nell’album Burnt Weenie Sandwich) Frank Zappa suona un assolo con un organo elettrico. Zappa usava il pianoforte come un altro strumento ritmico. Non deve aver pensato molto alle sue abilità pianistiche perché non ha mai mostrato cosa poteva fare dal vivo.
Frank Zappa suona la chitarra, il piano, il vibrafono e la batteria, compone, arrangia e snocciola commenti sociali.
“A volte usava la chitarra come strumento per comporre, per mostrare ai musicisti quali note o accordi suonare sui loro strumenti. La usava anche come strumento di arrangiamento ma, quando componeva la sua musica orchestrale, di solito, si sedeva al pianoforte e suonava. Disse che avrei dovuto imparare a suonare il piano se volevo diventare un compositore. Al piano Frank era più un compositore che un esecutore, come lo sono praticamente tutti i compositori. L’ho visto comporre brani orchestrali mentre era seduto in un aeroporto o mentre volava su un aereo. Si sedeva con carta da musica bianca e scriveva musica tutto il tempo. Nel 1981, durante il tour americano, ogni minuto dietro le quinte in cui vedevi Frank, scriveva musica su carta. Era davvero molto riservato riguardo alle sue composizioni. Non che stesse cercando di nascondere qualcosa, ma per qualcuno chiedere di guardare qualcosa era come chiedere: “Posso leggere il tuo diario?”. Una volta sono venuto da lui e gli ho chiesto cosa stesse facendo e lui ha detto: “Niente”. Mi sono seduto e sono rimasto zitto, poi mi ha detto: “Vieni qui. Queste sono ‘densità’ ” e mi ha mostrato queste enormi e strane strutture di accordi, accordi di otto e dieci note senza note ripetute. Non aveva mai parlato prima di come creasse musica o delle tecniche che usava. Iniziò a spiegarmi cosa stava facendo. Per quanto riguarda la dissonanza e la scala temperata, se inizi ad impilare grandi gruppi di note non correlate, puoi ottenere alcuni accordi dal suono orribile o alcune perversioni di accordi esotiche e dissonanti. Mi ha mostrato alcune delle diverse scale che stava utilizzando e le melodie: disse che, una volta tornato a casa, avrebbe digitato questi accordi nel Synclavier. Per un secondo, mi ha permesso di sbirciare nel suo mondo. Frank sapeva esattamente come sarebbe stata suonata la sua musica mentre la scriveva. Le sue capacità compositive erano estremamente evolute”. (Steve Vai, Guitar World, febbraio 1999)
Per provare una canzone di cui puoi semplicemente canticchiare le parole, ti siedi al piano e arrangi?
“Utilizzo molto raramente un pianoforte a meno che non debba scrivere per un’orchestra: ne ho bisogno solo in quel caso. Posso semplicemente sedermi in un aeroporto e scrivere un brano su carta”.
Una volta che hai composto un pezzo, specialmente qualcosa su larga scala come un’opera orchestrale, fai un demo tape per verificare se ti piace la composizione finale?
“No. Di solito, quello che faccio è tornare da un tour con una valigetta piena di schizzi e provare le parti dell’armonia e le linee sul pianoforte”.
(Guitar Player, febbraio 1983)
“Decisi di stipare un paio di U-87 nel pianoforte, coprirlo con un drappo pesante, piazzarci un sacchetto di sabbia sul pedale e invitare chiunque a metterci dentro la testa e divagare incoerentemente su argomenti che avrei suggerito loro tramite il sistema di talk-back dello studio”.
I vaneggiamenti furono trasformati in una trama riguardante maiali, pony e altri personaggi che vivono all’interno di un pianoforte. Nel 1991 aggiunse dialoghi addizionali. Le partiture musicali furono composte e registrate soltanto per mezzo del Synclavier.
“Civilization Phase III” è un doppio album, l’ultimo album completato da Frank Zappa prima della sua morte, nel 1993. Frank la definisce “opera-pantomina”. Il progetto nacque nel 1967 come esperimento di registrazione vocale.
Frank preferiva registrare le sue opere orchestrali su un Synclavier?
È un po’ un mito. Non era la sua preferenza. Quando il Synclavier è uscito per la prima volta, è stato un mezzo conveniente per ascoltare ciò che aveva in mente, lo strumento definitivo per il compositore prima di consegnarlo a un’orchestra. Non doveva ascoltare i musicisti lamentarsi, ma solo l’idea originale per un dato pezzo. (Gail Zappa, Record Collector, maggio 2009)
“Il computer riproduce con estrema precisione ciò che il compositore ha in mente, esattamente come l’ha immaginata”.
“Uso i sintetizzatori per tre cose: generare suoni mai esistiti prima, eseguire musica che gli esseri umani avrebbero difficoltà a suonare e sbarazzarmi di parte della fatica della composizione. Nella composizione, puoi copiare frasi, il che è faticoso da fare manualmente. Quando devi fare ripetizioni, su un computer è una questione di pulsanti come usare un word processor”.
“Il mio Synclavier utilizza campionamenti, registrazioni digitali di suoni reali e ti consente di manipolarli, quindi non c’è differenza tra lo strumento reale e la registrazione digitale. Per quanto riguarda la facilità con cui le persone possono notare la differenza, dipende dalla composizione. In un album che sto realizzando non ancora pubblicato, non sentiresti suonare strumenti veri, ma riconosceresti i suoni di strumenti reali che gli esseri umani avrebbero difficoltà a fare, schemi ritmici complessi che vengono suonati da interi ensemble di strumenti in armonia”. (Compute!, gennaio 1986)
Una delle sue composizioni più famose, La pagina nera, fa largo uso di poliritmi. Questo può raggiungere una complessità formidabile. Ad esempio, in Get Whitey (sull’album The Yellow Shark) il ritmo di base è 9/4; può quindi essere suddiviso in 18 crome, o 36 semicrome, ecc. Ad un certo punto, la misura si divide in 23 crome (quindi è 23/8) e la melodia si riversa in sedicesimi principalmente puntati, il che aumenta la complessità ritmica della canzone. Non per niente Zappa ha usato il suo Synclavier, che poteva suonare qualsiasi cosa. Infatti, a questo livello, è come se la melodia suonasse a un tempo molto diverso dal ritmo. (frwiki.wiki)
In un momento ‘poetico’, Frank disse: “Il computer non è in grado di trasmettervi il lato emozionale della questione. Può fornirvi la matematica ma non le sopracciglia”.
Ok, l’ha detto, ma era un perfezionista ed un innovatore tanto che, a metà anni ’80, già parlava della possibilità di sostituire la distribuzione dei dischi con trasferimenti da digitale a digitale via telefono o via cavo TV e di royalty pagate ai compositori direttamente integrate nel software.
Tornando ai computer, Zappa fu uno dei primi sperimentatori e compositori elettronici: il Synclavier e il computer, nei primi anni ’80, gli permettevano di eliminare l’errore umano delle orchestre.
“Preferisco utilizzare le apparecchiature elettroniche al posto dei musicisti. Fanno meno errori” disse Frank, in un momento tutt’altro che ‘poetico’.
Pierre Boulez ha diretto (in parte) Frank Zappa, l’album “The Perfect Stranger” pubblicato nel 1984.
“The Perfect Stranger” è stato eseguito dall’Ensemble InterContemporain, Pierre-Laurent Aimard, il clarinettista Paul Meyer e Frank Zappa al Synclavier.
Zappa, affascinato e influenzato da compositori classici come Igor Stravinsky, Varese, Boulez e John Cage, oltre a far eseguire alle sue band arrangiamenti di brani di Bartok, Ravel, Tchaikovsky e Stravinsky, sottolinea che in questi giorni scrive principalmente composizioni orchestrali sul suo Synclavier 9600, la tastiera digitale high-tech e il computer di campionamento collegato al suo studio di casa, l’Utility Muffin Research Kitchen.
È qui che è stata concepita l’ultima gemma di Zappa di un album delle sue opere orchestrali dissonanti, stravaganti e inquietanti, The Yellow Shark. (Pulse! agosto 1993)
“Sogno strumenti che obbediscano al mio pensiero e, contribuendo con il loro mondo di suoni mai immaginati prima, si pieghino alle esigenze del mio ritmo interiore”. (Edgar Varèse)
“Sono sicuro che verrà un tempo in cui il compositore, dopo aver realizzato la sua partitura, la inserirà automaticamente in una macchina, che ne trasmetterà fedelmente il contenuto all’ascoltatore”
(Edgard Varesè, New York Times, 06 Dicembre 1936)
Quarantacinque anni dopo, Frank scopre il Synclavier e realizza la profezia del suo mentore.
“Il compositore può presentare la propria idea nella forma più pura, permettendo al pubblico di ascoltare la Musica piuttosto che i problemi di ego di un gruppo di musicisti a cui non frega un cazzo della composizione”
(Frank Zappa, Zappa L’Autobiografia, 1989)
Pochi giorni prima di “partire per il suo ultimo tour”, come diceva la sua famiglia, Frank chiedeva di portare il suo letto d’ospedale sotto il suo Synclavier, così avrebbe potuto fare un po’ più di lavoro.
(musicfestnews.com, articolo di Scott Hopkins, 29 luglio 2022)