Steve Vai ricorda come Frank Zappa lo introdusse alla tecnica del tapping, prima che Eddie Van Halen arrivasse con un’epica trasmutazione della chitarra.
Parlando delle origini contestate del tapping, Steve Vai ha dichiarato di aver sentito per la prima volta provare questa tecnica su disco con Inca Roads di Zappa.
“Usava questo plettro e gli sarebbe piaciuto picchiettare sul collo con il plettro. Quello era uno dei miei assoli preferiti. E ‘stato un assolo grande, lungo, bellissimo e coinvolgente, registrato dal vivo a Helsinki. Quando ho sentito il tapping, ho detto ‘Va bene’ e ho iniziato a farlo, ma non era raffinato ed era più basato sulla novità”.
All’età di 18 anni, a Vai è stato chiesto di fare un’audizione per Zappa. Ci vollero due anni ed un susseguirsi di audizioni programmate per convincere Frank che Vai era pronto per il materiale e per la strada.
“E’ stata dura – ricorda Vai – Frank era un duro. Ho dovuto fare un sacco di mini-audizioni. Penso che la preoccupazione di Frank fosse portare un ragazzo di 20 anni in tournée. ‘Sarà in grado di esibirsi? Sarà in grado di imparare tutta questa musica e suonarla correttamente?’ Sono stato sottoposto a molte piccole audizioni diverse. Ricordo che c’era un passaggio davvero difficile in una canzone chiamata Wild Love, un pezzo composto da poliritmie. Ho dovuto suonarglielo al telefono”.
“Doveva anche vedere se sapevo come gestire il mio suono. Altre prove includevano l’apprendimento del primo movimento di Sinister Footwear e la trascrizione degli assoli di Zappa. Gli assoli di Frank duravano dai 5 ai 10 minuti… mi sono davvero divertito ad eseguire tutte queste cose impossibili”.
“Suonare con Zappa non era solo una questione di virtuosismo. Mi ha insegnato ad apprezzare le sfumature e ad essere in grado di prendere una direzione. Frank ha costruito la musica con ogni mezzo necessario. Entrava con del materiale scritto e diceva ‘Suona questo!’ oppure prendeva la chitarra e suonava in modo criptico qualcosa… Usava qualsiasi mezzo necessario solo per arrivare al punto e dovevi solo essere pronto”.
Steve Vai ricorda come Frank Zappa lo introdusse alla tecnica del tapping, prima che Eddie Van Halen arrivasse con un’epica trasmutazione della chitarra. Ha dichiarato di aver sentito per la prima volta provare questa tecnica su disco con Inca Roads di Zappa.
“Usava questo plettro e gli sarebbe piaciuto picchiettare sul collo con il plettro. E’ stato un grande assolo, lungo, bellissimo e coinvolgente, registrato dal vivo a Helsinki. Quando ho sentito il tapping, ho detto ‘Va bene’ e ho iniziato a farlo, ma non era raffinato ed era più basato sulla novità”.
“Suonare con Zappa non era solo una questione di virtuosismo. Mi ha insegnato ad apprezzare le sfumature e ad essere in grado di prendere una direzione. Frank ha costruito la musica con ogni mezzo necessario. Entrava con del materiale scritto e diceva ‘Suona questo!’ oppure prendeva la chitarra e suonava in modo criptico qualcosa… Usava qualsiasi mezzo necessario solo per arrivare al punto e dovevi solo essere pronto”.
(musicradar.com)
“Per le mie composizioni adotto un sistema di pesi e misure, equilibri, tensioni e rilasci, simile per molti aspetti all’estetica di Varèse. Le analogie sono più comprensibili se paragoniamo gli stili ad un oggetto mobile di Calder: una roba come-diavolo-la-volete-chiamare, variopinta a penzoloni nel vuoto con grosse gocce di metallo collegate a pezzi di filo elettrico, ingegnosamente in equilibrio con piccoli chicchi di metallo infossati dall’altra parte. Varèse conosceva Calder ed era affascinato dalle sue creazioni. Nel mio caso, quindi, dichiaro che una massa consistente di qualsiasi materiale ne bilancerà una più piccola e densa di qualsiasi materiale, secondo la lunghezza dell’oggetto sul quale oscilla e del punto d’equilibrio scelto per facilitare questa oscillazione”. (Frank Zappa).
Questo estratto della biografia è così interessante che vale la pena riportarlo per intero. Il paragone della composizione con una macchina, le cui componenti sono in equilibrio grazie a un ingegnoso artificio rivela molto della tecnica compositiva Zappiana. Interessante anche il fatto che la macchina in questione è completamente inutile: Calder le considerava sculture, opere d’arte. Un equilibrio del quale bisogna godere per il semplice fatto che c’è ed è appeso al vuoto.
Zappa aveva un grande talento nel costruire intricate progressioni melodiche scopertamente dissonanti (Little Umbrellas, Strictly Genteel) e creare unità ritmico-melodiche solide solo per scuoterle, deformarle, farle collassare (The Grand Wazoo).
La cura nell’arrangiamento è maniacale, i brani cercano sempre di superarsi in continui guizzi e artifici; insomma, una musica che nella sua godibilità e apparente leggerezza, è estremamente complicata. Ma non basta: una volta che abbiamo la nostra composizione, ben pesata e bilanciata nelle sue parti, viene il processo che Frank chiama “mettere le sopracciglia”: in sostanza, dare una caratterizzazione al pezzo, fare sì che esprima un atteggiamento, una direzione emotiva ben precisa.
Per dare caratterizzazione al pezzo, Zappa dispiega tutti i suoi strumenti: i “moduli”, una scelta maniacale di timbri, strumenti e onomatopee presi dalla “grande enciclopedia dei suoni”; in studio, tecniche di registrazione e montaggio innovative e ingegnose; in sala prove, riflessioni su uno spunto, una qualunque direzione possibile, a volte anche solo un errore, per esplorare tutte le possibili strade da percorrere per dare un senso a una melodia (“Ogni stecca ripetuta due volta è l’inizio di un arrangiamento”).
(Filippo Marani Tassinari)
È probabile che derivi dalla tecnica del cut up e del fold in impiegata da William Burroughs, romanziere apprezzato da Zappa, l’inserimento nei testi delle canzoni di dialoghi registrati in precedenza, come in Bit of Nostalgia, Very Distraughtening, White Ugliness e Just One More Time (Lumpy Gravy) o Willie the Pimp (Hot Rats). (dalla rivista Parole rubate. Fascicolo 24, dicembre 2021)
“Per me, l’arte della composizione è l’arte di mettere insieme qualunque cosa. L’imballaggio è in certa misura l’estensione dell’opera stessa. Se la persona che si porta a casa uno dei nostri prodotti ha abbastanza senso della prospettiva da mettersi a sedere ed osservare l’intero imballaggio, beh, penso che scoprirebbe alcune idee inusuali piuttosto carine”.
La tecnica di Zappa è sempre stata quella di prendere i cliché propri del grande spettacolo musicale affaristico, dell’Highschool, che è stato il filone musicale della fine anni ’50 legato alle scuole superiori, sdolcinato ed esaltante i valori piccolo borghesi, di collegarli con brevi motivi declamatori di propria composizione e di fondere l’intera faccenda in un quadro satirico, surreale da incubo americano.
(Popster, aprile 1978)