Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Tag: xenocronia

  • FZ Connection 2 (CC – Cosmik Debris) – xenocronia con musiche di Frank Zappa xenochrony

    FZ Connection 2 (CC – Cosmik Debris) – xenocronia con musiche di Frank Zappa xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa

    In copertina un dipinto di Michael Wardle

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    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD3JTM39Rx93zM66ZLZS4gCu

    L’opera di Zappa era concepita come hoover, un’aspirapolvere che risucchia tutti i relitti e i detriti della “civiltà” prodotta in serie assemblando da tutto questo una gigantesca “scultura spazzatura” (come disse Zappa a Gary Steel nel 1990).
    Frank Zappa ha distrutto l’idea di ascolto della musica come ‘educazione’ sostituendola con ascolto di musica come ‘esperienza’.
    (tratto da “Frank Zappa’s Legacy: Just Another Hoover?” by Ben Watson, articolo pubblicato su Circuit v14 n3 2004)

    Torno ad esplorare la mappa interattiva tracciata da Cameron Piko con i vari collegamenti di brani contenuti in 63 album di Zappa che vanno dal 1966 al 1996. Le ‘connections’ tra le varie canzoni seguono la Conceptual Continuity (CC) teorizzata ed applicata da Frank Zappa nel corso di tutta la sua carriera.
    I collegamenti relativi a Cosmik Debris suggeriti dall’enorme lavoro di Cameron Piko sono:
    – Is that a real poncho? (estratto da Camarillo Brillo)
    – Apostrophe (‘)
    – Cosmik Debris (TBBYNHIYL)
    – Cosmik Debris (YCDTOSA vol 3)
    – The Grand Wazoo.

    “Quello è un vero poncho? Voglio dire, un poncho messicano o un poncho Sears? Uhmmmmm… non scherzare…” (da Camarillo Brillo)

    “E’ un vero poncho o un poncho di Seattle? Chi può dirlo?” (da Cosmik Debris)

    Non c’era niente che la sua scatola non potesse fare con l’olio di Afro-dytee e la polvere del Grand Wazoo (da Cosmik Debris)

    Esiste una versione di The Grand Wazoo che presenta un testo: fa parte dell’album The Lost Episodes (1996, Zappa Family Trust – su licenza esclusiva di UMG). Questa versione è, probabilmente, uno degli ultimi esempi dell’uso della xenocronia da parte di Frank Zappa. La musica è del 1992, mentre la voce è del 1969. In pratica, è un brano solista di Frank che utilizza un campione di Beefheart.
    Di seguito, il testo:
    “Potresti pensare che il mio cappello sia buffo, ma non lo è. Sono il Grand Wazoo, custode della pergamena mistica e del rotolo di pergamena della loggia. Sono un veterano. Ogni giorno durante la pausa caffè al negozio di ferramenta dico a Fred cosa aspettarsi perché facciamo scherzi durante l’iniziazione. Sono il Grand Wazoo dal negozio di ferramenta. Vaffanculo se non ti piace il mio cappello”. (Frank Zappa, The Grand Wazoo)

    https://www.youtube.com/watch?v=xSIZUq-cjTA

    Cosmik Debris punta il dito su guru, profeti e ciarlatani, tutti coloro che commercializzano e vendono ‘saggezza cosmica’ come The Mistery Man. I trucchi dell’Uomo Misterioso per ingannare il prossimo sono simili a quelli della Magic Mama in “Camarillo Brillo”: lui ha una ciotola di cristallo e “la polvere del Grand Wazoo”, mentre lei ha un amuleto e “governa” the Toads of the Short Forest”. Le due canzoni sono legate anche dalla presenza in entrambe della frase “Now is that a real poncho or is that a Sears poncho?”
    Il titolo Cosmik Debris rappresenta gli aspetti vuoti e superficiali della nostra vita, simboleggia i detriti che si accumulano quando ci concentriamo più sulle apparenze piuttosto che sulla crescita interiore. Frank Zappa dedica questo brano ai sedicenti guru spirituali ed alle loro pratiche ingannevoli, a coloro che affermano di possedere capacità soprannaturali e promettono l’illuminazione in cambio di denaro.
    E’ la sindrome del GURU…

    https://www.youtube.com/watch?v=4NL5xyaFQWQ&t=2s

    Nel brano Apostrophe (!) un uomo conversa con il suo cane. Il cane chiede all’uomo qual è la sua continuità concettuale. E cos’è un apostrofo? Un apostrofo è un simbolo. È un’idea. Si dice che il nocciolo del “biscotto”, ovvero la realtà stessa, è rappresentato più accuratamente da un simbolo come un “apostrofo”. Il che significa… le parole sono limitate, il linguaggio è limitato… le idee e i concetti sono illimitati… L’apostrofo rappresenta qualcosa di non chiaramente definito. Se trovi un apostrofo all’interno di una parola, sai che si tratta di un “simbolo per unire due parole insieme” e questo ha abbastanza senso. Ma un apostrofo tracciato a caso, da solo, fuori contesto su una pagina cosa significa? È un simbolo vago che può significare qualsiasi cosa… L’apostrofo da solo va oltre la logica. Significa comunque QUALCOSA, ma senza contesto, è impossibile da definire. Soltanto all’interno del CONTESTO del linguaggio lo scopo dell’apostrofo può essere compreso e decodificato. Il modo in cui osserviamo le cose e impariamo la realtà è osservando il contesto. La comprensione di ogni cosa si basa sul contesto in cui viene osservata. Un apostrofo ha bisogno di un contesto per essere compreso ma non ha bisogno di un contesto per ESISTERE. Lo stesso vale per la realtà. (Dweezil Zappa)

    https://www.youtube.com/watch?v=Ym3vMKl1G9M

  • Great Boogiely Moogly – xenocronia Frank Zappa, Glenn Miller & Tommy Dorsey xenochrony

    Great Boogiely Moogly – xenocronia Frank Zappa, Glenn Miller & Tommy Dorsey xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Glenn Miller & Tommy Dorsey

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    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    Brani come Transylvania Boogie e D.C. Boogie di ‘boogie’ hanno solo il titolo. Dovendo classificare in qualche modo l’inclassificabile, tra i brani di genere boogie ho scelto Boogie in G, Baked Bean Boogie e Junier Mintz Boogie per questa xenocronia. Sicuramente, mi sfuggono altri titoli. Ho mixato due versioni di Boogie in G suonate in tempi diversi, lo stravagante e cortissimo Oddients di Zappa e Boogie Woogie di Glenn Miller & Tommy Dorsey.
    Glenn Miller (trombonista e compositore statunitense, musicista jazz e direttore d’orchestra tra i più famosi dell’epoca swing) viene ricordato nella storia della musica come il Re del boogie-woogie.
    Il boogie woogie, danza e stile musicale, affonda le sue radici nel blues. Le origini della musica boogie risalgono alla fine del XIX secolo negli USA (precisamente, nei territori del sud situati tra il Texas e la Louisiana) nella comunità nera composta da individui poveri.
    Questo genere musicale – caratterizzato da un ritmo frenetico e trascinante, spesso associato al pianoforte – all’epoca era molto popolare tra le comunità afro-americane, immancabile nelle feste private, nei locali o nei saloon dove la birra veniva servita direttamente dalle botti (‘barrels). Non a caso, il boogie woogie era noto anche con il termine di Barrelhouse come pure Fast Western o Fast Texas.
    L’obiettivo del pianista Boogie Woogie è da sempre intrattenere e far ballare le persone. Si trasforma in un ‘one-man band’ suonando simultaneamente basso, melodia e assolo.
    La danza boogie è stata influenzata dai balli swing dell’epoca (Lindy Hop, Jitterbug) ma, nel corso del tempo, ha avuto una propria evoluzione fino a diventare estremamente popolare oltre che trasformarsi in una danza sportiva.

    Conosciamo molto bene la grande passione di Zappa per il blues autentico, quello ‘nero’, in particolare per il R&B (rhythm and blues): i suoi brani boogie sono trascinanti, freneticamente ritmici, suonati di gran gusto. Conosciamo anche il grande amore di Frank Zappa per le origini e le radici della musica, il folclore.
    Le teorie sulle origini del termine boogie woogie sono diverse.
    Una di queste teorie cita le parole africane ‘boog’ e ‘booga’ (traducibili in battere, percuotere un tamburo), mentre un’altra collega il termine alla parola dell’Africa occidentale ‘boogi’ (traducibile in ballare).
    Secondo una terza teoria, ‘boogie woogie’ sarebbe l’evoluzione della frase bantu Mbuki mvuki, che vuol dire ‘scrollarsi di dosso i vestiti e ballare’. Boogie significa anche osceno, woogie indica un ballo tipico della popolazione nera dell’Alabama.
    La parola inglese ‘bogie’ indica, oltretutto, le ruote di una locomotiva. Un significato che si può associare tanto al ritmo ispirato dalle assi che battevano sui binari mentre il mezzo era in corsa quanto alla possibilità per gli artisti nomadi di viaggiare in treno per esibirsi da una città all’altra negli States. I carrelli ferroviari si chiamavano ‘bogies’. Dal treno deriva il primo pezzo noto del 1927: Honky Tonk Train Blues.
    Il boogie woogie è, sostanzialmente, una forma di jazz caratterizzata da un accompagnamento di basso ostinato con battuta suddivisa in 8 note. E’ spesso associato al pianoforte: la mano sinistra riproduce note sincopate e ripetitive che guidano il tipico ritmo frenetico (che rievoca il suono del treno in movimento), mentre la mano destra gestisce le melodie che completano e sincopano i ritmi della mano sinistra.
    E’ un genere complesso ma, una volta messo insieme, è pura alchimia, quella che piace particolarmente a Frank Zappa. Non ballare diventa impossibile.

    Il primo vero successo di boogie woogie risale al 1928, quando Pinetop Smith pubblicò Pinetop’s Boogie Woogie con cui fece conoscere il genere al grande pubblico.
    La svolta storica avvenne 10 anni dopo, nel 1938, quando grandi pianisti come Big Joe Turner, Albert Ammons, Pete Johnson e Meade Lux Lewis realizzarono il concerto “From Spirituals to Swing” alla Carnegie Hall di New York. Tra i grandi protagonisti di questo evento cito anche Benny Goodman, Teddy Wilson, Gene Krupa ed altri musicisti jazz di spicco dell’epoca.
    Da quel momento, il boogie woogie si diffuse ovunque coinvolgendo tutte le Big Band.
    La popolarità del boogie woogie si mantenne fino agli anni ’50, poi iniziò ad evolversi in altre direzioni come il Rhythm’n’Blues, essenziale per la nascita del Rock’n’Roll.

  • FZ Connection 1 (CC – Didja Get Any Onya?) – xenocronia Frank Zappa, Charles Ives xenochrony

    FZ Connection 1 (CC – Didja Get Any Onya?) – xenocronia Frank Zappa, Charles Ives xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e Charles Ives

    (sembra non partire mai, resta sospesa in attesa che qualcosa succeda… snervante ma mi piace…)

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    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

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    Ho trovato una mappa con i vari collegamenti di brani e album secondo la CC (Conceptual Continuity ovvero Continuità Concettuale) teorizzata ed applicata costantemente da Frank Zappa.
    Inizio a caso con Didja Get Any Onya (Weasels Ripped My Flesh, 1970) i cui collegamenti (connections) sono:
    – Charles Ives (You Can’t Do That On Stage Anymore, Vol. 5 1992 + 2 versioni live a The Rockpile di Toronto, ON, Canada, 24 maggio 1969 e 23 febbraio 1969)
    – The Mammy Nuns (Thing-Fish, 1984)
    – Weasels ripped my Flesh (dall’omonimo album del 1970).
    Non aggiungo nulla (tranne uno ‘Scherzo’ di Charles Ives) ai collegamenti dei vari brani che andrò a mixare, altrimenti questa serie FZ Connection non avrebbe senso.
    La mappa che ho trovato è stata faticosamente realizzata da Cameron Piko.

    Ciò che Frank Zappa ha definito Continuità Concettuale (o Progetto/Oggetto) rivela che tutti i suoi sforzi artistici sono collegati tra loro in qualche modo o per un semplice dettaglio. Questo concetto deriva, molto probabilmente, dalla sua teoria della Big Note citata per la prima volta nell’album Lumpy Gravy (1967). Come per la teoria del Big Bang, quella della Grande Nota postula che l’universo sia stato creato con una nota iniziale. Tutto ciò che vediamo e sentiamo altro non è che l’insieme delle vibrazioni sonore derivanti da quella nota iniziale. In poche parole, tutto è sonoramente collegato.

    “Progetto/Oggetto è un termine che ho usato per descrivere il concetto generale del mio lavoro in vari media. Ogni progetto (in qualsiasi ambito) o intervista ad esso collegata fa parte di un oggetto più grande per il quale non esiste un “nome tecnico”. Pensate al materiale di collegamento nel Progetto/Oggetto in questo modo: uno scrittore inventa un personaggio. Se il personaggio funziona assume una vita propria. Perché dovrebbe andare ad una sola festa? Potrebbe spuntare in qualsiasi momento in un romanzo futuro. In questo progetto potresti trovare un barboncino qui, un pompino lì, ecc., ecc. Tuttavia, non sono ossessionato dai barboncini o dai pompini: parole insignificanti che, insieme ad immagini pittoriche e temi melodici, ricorrono in tutti gli album, interviste, film, video senza nessun altro motivo se non quello di unificare la collezione” (Frank Zappa).
    Acquistando un album a caso di Zappa potresti cadere in un campo minato di testi criptici e autoreferenziali di altri album, temi strani che rivelano la loro importanza solo in lavori futuri o persino brani musicali che hanno avuto origine da un lavoro di 20 anni prima.
    Nella sua mappa interattiva, Cameron Piko traccia la Continuità Concettuale di ben 63 album di Zappa che vanno dal 1966 al 1996: ha esaminato tutti i brani mappando i collegamenti tra le varie canzoni.

    Per quanto il Progetto/Oggetto debba essere, appunto ‘oggettivo’, ciò che rende la continuità concettuale è incredibilmente soggettiva: ognuno di noi traccia la propria linea in un punto diverso. Cameron Piko ha sentito la necessità di tracciare una rappresentazione grafica della continuità di Frank attraverso la sua mappa. Arrangiamenti diversi delle canzoni di Zappa forniscono nuovi indizi di continuità alla traccia. Si tratta di un lavoro enorme che rivela davvero quanto Frank abbia agito come documentarista nel corso della sua carriera.
    Nella citazione iniziale, Zappa definisce tutto il suo Progetto/Oggetto ‘ugualmente insignificante’. La sua unica ragione d’essere è legittimare la mitologia autocostruita. Nella sinossi di “Them Or Us: The Book”, Zappa pone la domanda “Come si incastrano tutte queste cose che non hanno nulla a che fare l’una con l’altra, formando un’assurdità più grande?”. E’ proprio riconoscendo l’assurdità dell’intera impresa che tutto inizia a funzionare. Collegare i pompini ai barboncini ed al musicista jazz Eric Dolphy è un’impresa molto sciocca e inutile. Eppure, la sua inutilità è il suo stesso punto. È l’espressione più pura delle tendenze dadaiste di Zappa. L’acronimo della creazione di Zappa inizia ad avere senso. AAAFNRAA: Anything Anytime Anyplace For No Reason At All.
    Nonostante la presunta “insensatezza” di questo ‘piano’, la dedizione di Zappa a questo quadro di continuità concettuale è ambiziosa.

    Altri siti hanno cercato di tracciare mappe interattive e non interattive del Progetto/Oggetto di Frank, tra cui Zappa Wiki Jawaka, Globalia, Arf.ru, Zappateers ma quello di Cameron Piko sembra il più ricco e completo.

  • In The Name Of The Father – xenocronia Frank Zappa, Dweezil Zappa xenochrony

    In The Name Of The Father – xenocronia Frank Zappa, Dweezil Zappa xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa reinterpretate da Dweezil Zappa

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    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    Pubblico alcune citazioni di Dweezil Zappa, il figlio di Frank.

    “Tante cose nella musica di mio padre non sono state comprese o riconosciute perché sono state filtrate da persone che lavorano per riviste come Rolling Stone”.

    “Fino a 12 anni non ho mai ascoltato altra musica oltre a quella su cui stava lavorando mio padre. Mi piaceva certa musica che ascoltavo ma mi chiedevo sempre: “Dov’è il resto?” Non aveva la stessa quantità di dettagli, strumentazione o immaginazione negli arrangiamenti”.

    “Steve Vai si è unito alla band di mio padre proprio quando ho iniziato a suonare la chitarra. Mi ha dato un paio di lezioni sui fondamentali, delle scale e cose pratiche su cui lavorare. Ma ho imparato praticamente tutto a orecchio”.

    “Vorrei davvero che il pubblico più giovane vedesse ragazzi di vent’anni suonare la musica di Frank e che si sentisse ispirato a raggiungere a sua volta un livello superiore”.

    “Ci sono pochi musicisti esperti in grado di suonare i brani più complessi di mio padre. Ci vuole molta pazienza per imparare e richiede una memoria fantastica”.

    “La musica che passa continuamente alla radio o di cui si parla sulle riviste non ha nulla a che vedere con l’abilità musicale”.

    “La cosa più difficile, per me, è che sto imparando le melodie sulla chitarra da alcune canzoni. Le melodie non erano pensate per essere suonate con la chitarra. Mai. Erano pensate principalmente per le tastiere o per le percussioni melodiche”.

    “Grazie alla musica di mio padre ho trovato la voce del mio stile”.

    “Se c’è del lavoro divertente da fare, lo faccio. Non prendo niente sul serio”.

    “Non mi interessa la vita sociale”.

    “Quando guardi Frank suonare, non riesci a capire come fa. La sua mano sinistra è così strana, piegata in modo molto strano e la sua destra sembra la mano di uno spastico. Il suo modo di suonare è così unico che, di conseguenza, anche il suono che esce fuori è strano. Chi altro può suonare un assolo di 18 minuti senza annoiarti?”. (Dweezil Zappa, Tuttifrutti, febbraio 1994)

    In questo video, trovate informazioni sul debutto del dodicenne Dweezil all’Odeon Hammersmith di Londra durante il Tour europeo 1982 di Frank Zappa ed alcune dichiarazioni di suo padre

    https://www.youtube.com/watch?v=Ws1tRvnEonU&t=2408s

    Circondato dalla musica di Frank, Dweezil ha lavorato con Steve Vai, Eddie Van Halen e altri grandi musicisti.
    È stato nominato 3 volte per un Grammy Award e nel 2009 vinse un Grammy Award per la migliore performance rock strumentale di Peaches En Regalia.
    E’ accreditato su 16 album di Frank Zappa come chitarrista, produttore, ingegnere, fotografo o voce ed appare in The True Story of 200 Motels. Si è unito a Frank sul palco 12 volte (nei tour del 1982, 1984 e 1988).

    Dweezil Zappa è impegnato a diffondere la musica di Frank da 18 anni.
    Nel suo recente tour “Rox(Postroph)y”, organizzato per celebrare i 50 anni di Apostrophe (‘) e Roxy & Elsewhere, Dweezil ha riscosso un grande successo.

  • PROG-LOG 4 Divergent – xenocronia Frank Zappa, Olivier Messiaen, Allan Holdsworth xenochrony

    PROG-LOG 4 Divergent – xenocronia Frank Zappa, Olivier Messiaen, Allan Holdsworth xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Olivier Messiaen, Allan Holdsworth

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    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD3PgG5Ppuv8OEPfVKRvyWm7

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    In ambito musicale, la dissonanza è disarmonia, cacofonia, discordanza. In senso figurato, dissonanza è divergenza, disaccordo, essere diversi dagli altri nel modo di pensare, giudicare, osservare.
    Esprimersi con la dissonanza, quindi, per Zappa non poteva che essere un istinto naturale. In Them or Us, ad esempio, non a caso Zappa scelse pesanti dissonanze come risposta di dissenso alla censura.
    “Il nome di questo album è Them or Us e, in America, per quanto mi riguarda, significa NOI, i pagani, contro LORO, quegli orribili cristiani. E se vogliono avere una legge al Congresso che dice che non si può mettere nulla al contrario su un disco, beh, che ne dici di un disco che abbia tutto al contrario?” (Frank Zappa parla di “Ya Hozna”, intervistato da Andy Batten-Foster, BBC Radio 1, Regno Unito, settembre 1984).

    La dissonanza è un buon pretesto per far incontrare Frank Zappa e Allan Holdsworth: entrambi facevano uso di dissonanze.
    Zappa definì Allan Holdsworth “Il miglior chitarrista che io abbia mai sentito. Mi sento intimidito nel suonare la chitarra quando penso a come suona lui”. Holdsworth è considerato uno dei più influenti e importanti chitarristi nel jazz rock, prog e fusion.

    Circa 4 anni fa, l’istruttore Juan Antonio ha rivelato il “concetto di creazione di tensione” identificando la scala segreta di Allan Holdsworth come la ‘terza modalità’ nel famoso sistema di trasposizione limitata del compositore francese Olivier Messiaen. La scala in questione era una di quelle che Holdsworth amava usare e suonare “un po’ più al di fuori del normale intervallo di suono diatonico dello scaler”. Si tratta di una scala di 9 note, “quasi un incrocio tra la scala di toni interi e la scala aumentata”.

    https://www.youtube.com/watch?v=McjUqVUuMj4

    https://www.youtube.com/watch?v=0p0ztmnQV34&t=79s

    Olivier Messiaen rappresentava uno dei compositori preferiti da Frank Zappa.
    Messiaen si interessò alla musica indiana, dell’antica Grecia e indonesiana, soprattutto al loro ritmo. Introdusse e usò particolari scale musicali cui diede il nome di ‘modalità a trasposizione limitata’ che gli permisero di esplorare la relazione tra l’udito e gli altri sensi. La sua ricerca tra suono e colore fu incessante. “Mentre ascolto suoni, vedo mentalmente colori”. Affascinato dal canto degli uccelli, Messiaen era convinto che fossero i più grandi musicisti sulla Terra. Influenzò due generazioni di compositori, tra cui Boulez, Xenakis, Stockhausen e Nigg.

    Frank Zappa coniò il termine e il concetto di dissonanza ritmica (Giordano Montecchi, storico e critico musicale)

    “Sono sempre stato a favore della dissonanza. Mi piace il cibo con molto pepe di Caienna e mi piace la musica con molta dissonanza. E non sopporto quel fottuto VI !!”. (FZ, Pop & Rock, febbraio 1980)

    “Puoi scrivere dissonanza ritmica e puoi anche scrivere l’equivalente della consonanza ritmica. Quello che definirei un ritmo dissonante è 23/24, dove le cose si strofinano l’una contro l’altra proprio nello stesso modo in cui le note sono a mezzo passo l’una dall’altra ed hanno una certa tendenza ad ‘arricciare’ le orecchie. I ritmi leggermente ‘distanti’ l’uno dall’altro creano un altro tipo di dissonanza lineare. Un tipo di ritmo consonante sarebbe come la musica da marcia o da discoteca, dove tutto è boom, boom, boom”. (FZ, Guitarist, giugno 1993)

    “La dissonanza quando è risolta è come avere un prurito e grattarsi. Quando è irrisolta è come avere un mal di testa per tutta la vita. La musica più interessante di cui mi occupo è musica nella quale la dissonanza è creata, sostenuta per un giusto periodo di tempo e risolta… Un’irritazione artificiale può dare una sensazione piacevole quando finisce”. (FZ, intervista di Bob Marshall, 1988)

    La xenocronia viene definita così da Zappa:
    “la sincronizzazione di base che avviene nel ritmo e forse anche nella tonalità dell’assolo, opposta a qualcos’altro in una tonalità e in un tempo diversi: messe a sandwich una in cima all’altra, queste cose creano una dissonanza ritmica, una frizione ritmica perché la risoluzione non è mai esatta anche se i tempi sono simili”.
    (dal libro Frank Zappa Domani di Gianfranco Salvatore)

    “Più l’armonia diventa dissonante, meno divertente da ascoltare sarà la musica, ma se hai un’impostazione diatonica o bitonale con complicati elementi ritmici, non c’è motivo per cui non dovrebbe essere attraente per una vasta gamma di persone. La cosa che fa funzionare il ritmo è suonarlo bene”. (Guitar Player, aprile 1983)

    “Ogni stecca ripetuta due volte è l’inizio di un arrangiamento” (FZ)

  • Tribal Vice – xenocronia Frank Zappa, Carlos Santana – xenochrony

    Tribal Vice – xenocronia Frank Zappa, Carlos Santana – xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e Carlos Santana

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    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    Variations On The Carlos Santana Secret Chord Progression fa parte dell’album SUNPYG. Si tratta di un assolo di City Of Tiny Lights. In questa xenocronia ho utilizzato la versione live ‘nuda e cruda’ del 17 ottobre 1980 – Convention Center Arena, Dallas, Texas.

    Il 31 agosto 1984 al Winter Islam – Salem, MA, Frank Zappa si è esibito in una jam basata su Singing Winds, Crying Beasts, un brano strumentale di apertura del secondo album di Santana, Abraxas del 1970, scritto da Michael Carabello. Si tratta dell’unica esecuzione conosciuta della cover di Santana improvvisata da Frank Zappa. Ho inserito un breve passaggio nella xenocronia.

    La tecnica della ‘cornamusa bulgara con il plettro alle corde consiste in questo, come ha spiegato FZ: “Con la mano sinistra batti le note e con la mano destra batti le note anche con un plettro. Invece di pizzicare la corda che stai premendo, la colpisci e poi la premi contro il tasto in modo da azionarla e determinarne anche l’altezza: puoi muoverti avanti e indietro molto velocemente in quel modo solo puntandolo in basso verso la corda”. Questa tecnica è stata usata da Zappa per i brani “Gee I Like Your Pants” e “Variations On The Carlos Santana Secret Chord Progression”. La scoprì nel 1972 grazie al batterista Jim Gordon. – Down Beat, febbraio 1983

    “Abbiamo lavorato con Carlos Santana a Colonia nel 1980 o 1981. Abbiamo fatto due spettacoli al Palazzetto dello sport di Colonia. Loro hanno aperto il primo spettacolo, noi l’abbiamo chiuso. Poi abbiamo aperto il secondo spettacolo e loro l’hanno chiuso, quindi non l’ho mai sentito suonare”. – “The Frank Zappa interview Picture Disk”, pt. 2

    Gli assoli di Zappa e Santana, al primo impatto, suonano molto simili. Entrambi hanno un tono e uno stile di assolo con improvvisi e rapidi scoppi di note. Entrambi hanno usato una SG.
    In realtà, Santana è stato fortemente influenzato da Gabor Szabo e, guarda caso, FZ e Szabo si ‘esprimevano’ in modo simile. Nella sua biografia, Carlos Santana ha ammesso di ammirare molto lo stile chitarristico di Frank ed era, in un certo senso, un suo fan. I due chitarristi si sono incontrati a un concerto in cui suonavano entrambi ma non si sono trovati molto bene. Forse Frank era distaccato o concentrato su qualcos’altro. Quando, dopo qualche anno, Santana acquistò l’album SUAPYG e ascoltò Variations on the Carlos Santana Secret Chord Progression, si sentì preso in giro anche se, probabilmente, Frank ha voluto semplicemente scherzare. In molti pensano che il titolo di Variations on the Carlos Santana Secret Chord Progression sia un modo come un altro per inventare titoli divertenti da inserire nel contesto dell’album SUAPYG. Di sicuro, però, il titolo non è casuale: sembra più una frecciatina sul fatto che molte canzoni di Santana tendessero ad essere simili. La progressione in questione è la stessa dell’assolo di Inca Roads.
    “Variations on the Carlos Santana Secret Chord Progression” contiene campioni di “Evil Ways” di Santana.

    Intervistato da Douglas J Noble per la rivista T’Mershi Duween il 15 settembre 1993, Carlo Santana commentò dicendo “Ho ascoltato Variations on the Carlos Santana Secret Chord Progression e mi sono fatto una bella risata”. Oltretutto, nello stesso disco Zappa aveva preso in giro anche Bob Dylan con Flakes, quindi Santana si definì “grato di essere in compagnia di Bob Dylan e Frank Zappa”.
    Ammise di essere limitato nella trama degli accordi armonici ma, allo stesso tempo, era molto felice di poter suonare con John Lee Hooker e Wayne Shorter. “D’altra parte, sento cose che Frank Zappa non potrebbe mai sentire…”. “Non sono una persona complessa come Zappa ha voluto far credere in Variations on Santana Chord. Cerco di sentire il mio cuore e di toccare il tuo”. Ascoltare quel pezzo, per la prima volta, lo turbò. Gli sembrò un insulto ma poi pensò: “sono, comunque, contento di essere sullo stesso disco con Bob Dylan…”.
    Quando Zappa morì, Santana disse “ero triste perché penso che abbiamo bisogno di forze come lui per mostrarci e condividere opere alla Mozart e un intelletto muscolare coinvolto alla Mozart”. Concluse la frase con una risata.
    Santana, nel corso dell’intervista, raccontò di aver incontrato Zappa un paio di volte e che era suggestionato dalla sua mente, una mente sorprendente come quella di Prince.

    Credi in Dio?
    “Diciamo che c’è tra noi due una mutua comprensione soddisfacente. Ma non ho voglia di andare nel paradiso di Carlos Santana. Camminare vestito di bianco a piedi nudi non è il mio genere”. – FZ, Ciao 2001, 3 aprile 1977

  • Blues Muses – xenocronia Frank Zappa, Johnny ‘Guitar’ Watson, J. Beck, Guitar Slim, A. Holdsworth

    Blues Muses – xenocronia Frank Zappa, Johnny ‘Guitar’ Watson, J. Beck, Guitar Slim, A. Holdsworth

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Johnny ‘Guitar’ Watson, Jeff Beck, Guitar Slim, Allan Holdsworth, Edgar Varèse

    FAIR USE

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    Nel corso degli anni, Frank Zappa ha elogiato diversi chitarristi.
    I magnifici 4, i suoi chitarristi preferiti in assoluto, restano:
    – Johnny ‘Guitar’ Watson: “Il mio chitarrista preferito in origine era Johnny ‘Guitar’ Watson, non da un punto di vista tecnico ma di ascolto, di ciò che significavano le sue note nel contesto in cui venivano suonate”. E’ il vocalist di tre brani di FZ: In France, I don’t even care e Brown Moses;
    – Jeff Beck: “E’ uno dei miei chitarristi preferiti in assoluto da un punto di vista melodico e in termini di concezione di ciò che suona. È favoloso”. “Secondo me, il chitarrista che ha contribuito di più al rock, oggi più bravo di ieri, è Jeff Beck” (FZ, “Talking with Frank” by Fabio Massari, 1991);
    – Guitar Slim: “E’ stato il primo chitarrista che abbia mai sentito ad avere una distorsione, negli anni ’50. Penso che il mio stile deriva dal suo approccio alla chitarra per gli assoli che ho sentito allora”;
    – Allan Holdsworth: “E’ il miglior chitarrista che abbia mai sentito. Mi sento intimidito dal suonare la chitarra quando penso a come suona lui” (FZ). Holdsworth è considerato tra i più influenti e importanti chitarristi nel jazz rock, prog e fusion.

    “Ascoltavo sempre Johnny ‘Guitar’ Watson e ascoltavo Clarence ‘Gatemouth’ Brown. Ciò che stava facendo Watson non si limitava ad una scala pentatonica. Una delle cose che ammiravo di lui era il suo tono, quel tono secco, un po’ sgradevole, aggressivo e penetrante. Le cose che suonava spesso uscivano come esplosioni ritmiche sul ritmo costante dell’accompagnamento”. Il suo modo di suonare “era come parlare o cantare in sottofondo. C’era un’influenza vocale sul ritmo”. (FZ, Guitarist, giugno 1993)

    “La canzone di Watson del 1956, ‘Three Hours Past Midnight’ mi ha ispirato a diventare un chitarrista”. (Frank Zappa)

    “Per me non c’era differenza…quello che sentivo nel rhythm and blues trascendeva quello che esprimevano le note e il tema della performance. Sentivo la stessa cosa con Varèse. C’era qualcosa nella musica che era a parte, al di sopra e al di là dei punti reali scritti sulla pagina. Era l’atteggiamento. Per me, era come se la linea melodica di Octandre fosse nella stessa vena dell’assolo di chitarra di Johnny Guitar Watson in “Three Hours Past Midnight”. Entrambi avevano un atteggiamento aggressivo”. (FZ, M.I., novembre 1979)

    “Ciò che ho preso da Johnny ‘Guitar’ Watson ed altri chitarristi che mi hanno influenzato non è il loro suono, ma il loro atteggiamento. Stilisticamente, credo di essere più vicino a Guitar Slim più di chiunque altro. Ci sono un paio di assoli che ha suonato che pensavo fossero punti di riferimento, sono molto oscuri. Watson è il chitarrista minimalista per eccellenza. L’assolo di “Lonely Nights” di una sola nota dice tutto. Johnny ‘Guitar’ Watson era un chitarrista dal suono estremamente malvagio all’epoca, ma il più oscuro che ho sentito è stato Guitar Slim (Eddie Jones)… pura oscenità. La cosa che mi è piaciuta dei due assoli che ho sentito quando avevo 16 anni e che mi hanno davvero incuriosito – l’assolo su “Three Hours Past Midnight” e su “The Story Of My Life” – non era solo il tono dello strumento ma il modo assolutamente maniacale con cui emettevano queste note in una frase con poco o nessun riguardo per il resto del metro, pur essendo consapevoli di dove fosse il ritmo”. (FZ, Guitar World, aprile 1987)

    “Non potevo suonare nessuno degli assoli di chitarra di Guitar Slim, Johnny Guitar Watson o Clarence Gatemouth Brown, anche se mi piacevano tutti. Penso di essere stato influenzato da loro nel senso che ho compreso il loro approccio melodico, ho capito cosa dovevo fare con quelle note in quella situazione”. (FZ, Musician, agosto 1979)

    “Quando parlava dei chitarristi degli anni Cinquanta che gli piacevano così tanto, Zappa diceva che potevano essere più sporchi con una sola nota di chitarra di qualsiasi testo osceno. Nei suoi assoli cercava di racchiudere tutto, dalle melodie più sublimi ai suoni più acidi, ed erano sempre un’avventura improvvisata che sapeva dove iniziava ma non dove sarebbe finita”. (intervista a Román García Albertos, autore del libro “Frank Zappa (1940-1993)

    “Quando ascolto musica, apprezzo la sostanza e non necessariamente lo stile di un musicista. E’ l’uomo che senti attraverso il suo modo di suonare. Coinvolge la sua personalità, la sua individualità nella sua musica”.
    (FZ, Guitare & Claviers n. 73, aprile 1987)

    “Penso che l’oscenità verbale sia una fantasia, la chitarra è capace di bestemmiare. Può essere lo strumento più blasfemo sulla faccia della terra. Ecco perché mi piace. Il puzzo disgustoso di una chitarra elettrica troppo rumorosa: questa è la mia idea di divertimento. (FZ, Sound International, aprile-maggio 1979)

  • Black Zappath – xenocronia Frank Zappa, Black Sabbath – xenochrony

    Black Zappath – xenocronia Frank Zappa, Black Sabbath – xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa e Black Sabbath
    (caotica come la notte del 6 dicembre 1976…)

    FAIR USE

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    “I Black Sabbath emozionano le persone. Sono l’archetipo di quello stile… l’hardcore”.
    (Frank Zappa, Triad, gennaio 1977)

    “Penso che Supernaut sia il prototipo di un certo stile musicale, E’ ben fatto, mi piace anche il riff di chitarra suonato in sottofondo” (Frank Zappa, Let It Rock, 1975). Frank adorava Supernaut insieme a Iron Man (che definì un’opera d’arte). I due brani compaiono nella lista delle sue 30 canzoni preferite.

    Frank Zappa avrebbe dovuto suonare con i Black Sabbath il 6 dicembre 1976 al Madison Square Garden di New York che si riempì di 20mila fan.

    https://www.youtube.com/watch?v=qp9m0S5QdLs

    Zappa raccontò:
    “Tony Iommi aveva problemi con la chitarra, ha deciso di cambiare le corde all’ultimo minuto. Il pubblico era già seduto lì ad aspettare da circa un’ora, volevano che io salissi sul palco e facessi un annuncio per calmare la folla. L’ho fatto. Li ho presentati, poi mi sono seduto vicino al palco vicino al succo d’arancia di Ozzy”.

    Zappa era un fan dei Black Sabbath, gli piacevano così tanto che avrebbe voluto suonare con loro al Madison Square Garden ma qualcosa della sua chitarra non funzionava e fu costretto a rinunciarci. Successe qualcosa sul palco…

    Il 4 dicembre 1976 il magazine New Musical Express annunciò che Frank aveva in programma di imparare tre dei brani dei Black Sabbath. Nel corso dell’intervista raccontò qualcosa di quella sera del 6 dicembre 1976 allo scrittore Hugh Fielder:
    “Avevo intenzione di suonare con loro e avrebbero dovuto chiamarmi e dirmi a che ora era il soundcheck, ma immagino non ne avessero uno. Quindi, sono andato lì allo spettacolo e mi hanno chiesto ‘Cosa suonerai?’ e hanno allestito un mini muro di Marshall per me. Ho detto ‘Merda, non ci andrò senza sapere come suonerà.’ Alla fine, ho annunciato che avrei solo guardato lo spettacolo.
    Iommi ha ricordato la serata in modo un po’ diverso: “Frank stava presentando la band. Voleva suonare anche lui. Avevamo messo la sua roba sul palco, ma abbiamo avuto una serata davvero brutta. Frank stava aspettando di salire e ho pensato: ‘Non può, è un disastro, sta andando tutto storto, la mia chitarra si sta scordando, c’è rumore e crepitii e Dio solo sa cos’altro.’ Quindi gli ho detto: ‘Sarebbe meglio se tu non suonassi’. Purtroppo per noi, Zappa si è goduto lo spettacolo solo da bordo campo, non sul palco”.

    Frank Zappa divenne un amico dei componenti del gruppo. Il batterista Bill Ward in un’intervista ricordò che andavano a cena, andò un paio di volte ai loro concerti.
    Il bassista dei Black Sabbath è convinto che i critici cambiarono idea sulla band britannica quando Zappa li elogiò in un’intervista. L’opinione dei critici musicali nei loro confronti cambiò di colpo, in meglio ovviamente. Frank Zappa, all’epoca, era ben considerato dalla critica e disse che il riff di chitarra di Supernaut era il migliore che avesse mai sentito.

    Ozzy Osbourne racconta un aneddoto divertente nella sua autobiografia “I Am Ozzy” (2009) legato al momento in cui incontrò Frank Zappa. Come i Sabbath, Zappa era ardentemente contrario alla cultura hippie prevalente dell’epoca.
    Il loro incontro avvenne a metà degli anni ’70, quando entrambi gli artisti soggiornarono nello stesso hotel di Chicago. I Sabbath furono invitati da Zappa alla festa per l’Independence Day.
    “Tutti noi ammiravamo Zappa, soprattutto Geezer, perché sembrava che provenisse da un altro pianeta. All’epoca aveva appena pubblicato questo album quadrifonico chiamato Apostrophe (*) che conteneva una traccia intitolata ‘Don’t Eat the Yellow Snow’. Un classico del cazzo. Abbiamo passato il tempo con la sua band al bar. Il giorno dopo, Frank voleva che andassimo alla sua festa per l’Independence Day, che si sarebbe tenuta quella sera. Quando siamo arrivati al ristorante, Frank era seduto a questo tavolo enorme, circondato dalla sua band. I ragazzi della sua band continuavano a venire da me e a dirmi ‘Hai della cocaina? Non dire a Frank che te l’ho chiesto. Odia quella roba. Ma ne hai? Solo un colpo, per farmi andare avanti!’. Non volevo essere coinvolto, quindi ho risposto ‘No’, anche se avevo un sacco di quella roba in tasca. Più tardi, due camerieri si sono presentati con una torta enorme a forma di donna nuda con due grandi tette ricoperte di glassa e le gambe divaricate. Avevano montato una piccola pompa per far schizzare lo champagne fuori dalla sua vagina. Tutti hanno dovuto fare un sorso cerimoniale di champagne, a partire da Frank. Quando è stato il mio turno, dopo un lungo sorso, ho storto la faccia e ho detto, ‘Ugh, sa di piscio.’ Poi Frank si è chinato e mi ha sussurrato all’orecchio, ‘Hai un po’ di blow? Non è per me, è per la mia guardia del corpo!’”. ‘Dici sul serio?’ gli ho chiesto e lui ha risposto ‘Certo. Ma non dirlo alla band’ “.

  • Project Z – xenocronia Frank Zappa & Edgar Varèse – xenochrony

    Project Z – xenocronia Frank Zappa & Edgar Varèse – xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa & Edgar Varèse

    Cover con due immagini di Salvador Luna (Lunatico)

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    The Lumpy Money Project/Object è una compilation pubblicata postuma il 23 gennaio 2009 che contiene le versioni Lumpy Gravy e We’re Only in It for the Money con materiale inedito. Comprende tre dischi per un totale di 78 tracce e rappresenta una sorta di documentario audio della produzione dei 2 album che condividono temi di continuità concettuale.
    Il primo disco include Lumpy Gravy prima e seconda parte (remix 1984 UMRK). In questa xenocronia ho voluto sovraincidere le due parti inserendo qualcosa di Edgar Varèse. Lumpy Gravy è ispirato a Varèse.

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    “Gran parte o tutti questi pezzi e pezzetti di lavoro sono stati preparati e mixati da FZ per i suoi scopi. Fanno tutti parte non solo del suo Progetto/Oggetto originale, ma anche del suo corpus unico. Sono tutte idee sue, una bozza di ciò che stava perseguendo. Le stiamo cercando a partire dai nastri originali e non abbiamo idea di quello che avrebbe potuto fare. Ci limitiamo a preservare i resti della sua inventiva e della sua cultura, la cui padronanza della scienza, tecnologia e filosofia ci lascia a bocca aperta. Abbiamo scoperto (e recuperato) i nastri originali a 4 tracce di Lumpy Gravy scomparsi da tempo che giacevano presso la Capitol Records… Non tutti sanno che We’re Only in It for the Money non sarebbe mai esistito se la pubblicazione di Lumpy Gravy non avesse subito ritardi nello scontro industriale tra Verve e Capitol Records (per la supremazia sull’artista da parte di Verve e a nome dell’artista, ironicamente, nel caso di Capitol). Lumpy Gravy non sarebbe mai emerso (come album da me preferito in assoluto). I due album sono fatti della stessa ‘audio-stoffa immaginaria’. FZ ha realizzato questi due dischi l’uno accanto all’altro… A New York, nel 1967/68, FZ produceva i suoi dischi, componeva e dirigeva la propria musica. Da solo… Il suo progetto improvvisato a piacimento ma controllandone attentamente i risultati era quello di alzare il QI musicale del pubblico. Non solo per educare le orecchie in ascolto, ma anche per condurre alla Questione Importante coloro che riuscivano ad ascoltare davvero. Il suo concetto di divertimento era questo: intrattenimento di valore, come impegno nella realtà, non distrazione da essa”.
    (Note di copertina di Gail Zappa)

    “Nella composizione, esecuzione e provocazione narrativa, Lumpy Gravy e We’re Only in It for the Money sono un unico documentario, interconnesso in modo complesso, sull’ipocrisia, la paranoia e la libertà in via d’estinzione in un’America violentemente polarizzata. I due album non sono identici. Lumpy Gravy è stato il primo progetto ufficiale di Zappa da solo, una composizione interamente orchestrale, senza testi (all’inizio).
    We’re Only in It for the Money è stato il suo terzo album con i Mothers of Invention, la sua band di Los Angeles di caustici briganti improvvisatori di rhythm & blues elettrico. E’ anch’esso una suite di estremi. Comicità e satira letale, pungenti chitarre e dense untuosità doo-wop, eleganti melodie, maliziosi montaggi di nastri, il tutto presente e aggrovigliato. I due album non sono stati pubblicati fino al 1968 per le maldestre ingerenze legali e la vigliaccheria dei dirigenti della casa discografica di Zappa, la Metro-Goldwyn-Mayer. Ma i due album risalgono al 1967. Per Zappa, allora 26enne, il cambiamento vero e la rivoluzione politica erano questioni serie e lavoro duro. I fiori non potevano competere con i poliziotti a cavallo. I capelli lunghi e i pantaloni a zampa d’elefante non erano che l’ennesima uniforme. Un cervello sconvolto non serviva a nulla. In breve, gli hippy erano stupidi e nessun altro tranne FZ aveva le palle per dirlo… Esistono due versioni di Lumpy Gravy: quella che conoscete (pubblicata nella primavera del 1968) e quella che Zappa stava registrando quella sera negli studi Capitol. Verso la fine del 1966, il produttore Nick Venet della Capitol Records – consapevole dell’ambizione e dell’esperienza di Zappa come compositore orchestrale. gli commissionò la scrittura e la direzione di un’opera completa per quella casa discografica. Il contratto con la Metro-Goldwyn-Mayer non gli impediva di farlo perché non aveva un contratto come direttore d’orchestra. Ne seguì una battaglia legale che terminò con la turpe vittoria della Metro-Goldwyn-Mayer. Civilization Phase III (uscito nel 1995) fu uno degli ultimi album composti e completati interamente da Zappa prima della sua morte. E’ un discendente diretto dei due album, una terza ‘fase’ che intrecciava musica e chiacchiericci tratti dalla stessa scorta di nastri sotto il pianoforte che nel 1967 Zappa aveva usato per Lumpy Gravy. ‘E’ tutto un unico album’ disse Zappa a Hopkins”.
    (Note di copertina di David Fricke)

    (citazioni estratte da translatedzappa.com)

  • Magyar Magyk – xenocronia Frank Zappa, Béla Bartòk, Don ‘Sugarcane’ Harris – xenochrony

    Magyar Magyk – xenocronia Frank Zappa, Béla Bartòk, Don ‘Sugarcane’ Harris – xenochrony

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Béla Bartòk, Don ‘Sugarcane’ Harris

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    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    “Bartok era solito raccogliere canzoni popolari e usarle nelle sue composizioni. Nel mio caso raccolgo folklore di tipo verbale, dalla strada o dalle persone che circondano immediatamente il mondo del gruppo, e lo trasformo in un riferimento musicale”. (FZ, Sounds, 7 novembre 1970)

    Nel 1989, in un programma radiofonico chiamato “Castaway’s Choise”, Frank Zappa ha nominato una lista di 10 dischi che avrebbe portato con sé su un’isola deserta.
    Al 4° posto, dopo Octandre di Edgard Varèse, The Royal March from L’Histoire du Soldat e The Rite of Spring di Igor Stravinsky, nella lista compare Third Piano Concerto, First Movement di Béla Bartok.

    Nel tour del 1988, la band di Zappa eseguì un arrangiamento del tema di “The Bartok Piano Concerto #3” registrandolo per l’album Make A Jazz Noise Here e Zappa ’88: The Last US Show.

    “Non sono nel business della manifattura di capolavori e non mi sento in competizione con altri cosiddetti ‘compositori moderni’: ciò che faccio si chiama entertainment”. (Frank Zappa)
    “La musica di Zappa – sembra un paradosso – è quanto di più distante si possa immaginare dalla posizione dell’ironia. E’ una musica che si esprime sotto il segno della maestria e ne esplora con molta determinazione i territori. Il senso, tutto immanente, del mestiere, di un sapere musicale declinato su più livelli ed usato in una prospettiva di scambio funzionale col pubblico, è presente da sempre nel segno compositivo di Frank Zappa. Il suo è un vero e proprio emporio concertante di stili in cui trovano posto gesti, espressioni e tipologie di una congerie trasversale di segnali sonori storici e contemporanei: Gershwin e la musica dei cartoni animati, Bartók e la colonna sonora dei telefilm polizieschi americani, Stravinsky, il dixieland, il contrappunto fiorito, tutto trova posto nei grandi contenitori da intrattenimento che Zappa sa costruire – con una sapienza fuori dall’ordinario – per un pubblico eterogeneo che si dispone all’ascolto su piani di volta in volta diversi”.
    (Riccardo Giagni, Sonora n.4 1994)

    Una delle tante cose che proporrai in questo tour è il primo movimento del terzo concerto per pianoforte di Bartok. Non riesco a immaginare come suonerà perché lo ascolto da un paio di giorni e…
    “… non è una delle melodie più belle che tu abbia mai sentito in vita tua?”.

    Sì e spero che tu lo faccia a Cleveland.
    “Sai dove lo inseriremo, insieme a “Royal March” di Stravinsky (da “L’Histoire Du Soldat”)? Nel mezzo di “Packard Goose” (Joe’s Garage). Anziché un assolo di chitarra, abbiamo inserito quei due pezzi”.

    Registrerai ogni singolo spettacolo del tour?
    “Ci puoi scommettere”.
    (Scene, marzo 1988)

    Il pianista ungherese Béla Bartók, che visse dal 1881 al 1945, era rinomato per aver saputo fondere il folk tradizionale con la sua elevata musicologia, determinato a mantenere viva la storia culturale del suo Paese.
    Pianista, compositore, etnomusicologo. Il suo notevole interesse per la musica popolare ha avuto un’influenza fondamentale sulla sua produzione.
    Col tempo divenne una delle principali autorità nel folklore dell’Europa orientale. Dedicò molte energie allo studio ‘sul campo’ della musica contadina visitando personalmente luoghi remoti. Le sue vaste collezioni includono oltre 10.000 melodie di varie etnie, tra cui ungheresi, rumene, slovacche, serbe e bulgare.
    La presenza di queste culture all’interno della sua musica è evidente. Lui stesso affermò: “Non rifiuto alcuna influenza, sia essa slovacca, rumena, araba o di altra provenienza. La fonte deve essere solo pulita, fresca e sana”.

    Bartòk, studioso della musica popolare dell’Europa orientale e del Medio Oriente, fu uno dei pionieri dell’etnomusicologia.
    Nella sua ricerca etnomusicologica, Bartòk ha cercato il vero classico, ciò che non dev’essere sostituito o alterato.
    Il vero ordine, il vero equilibrio è il messaggio che preme a Bartók. E’ da cercare nella natura, di cui i canti popolari bulgari intendono far cogliere quella sorta di aurea ancestrale, quasi mistica, in perfetta unione con il lavoro e con la vita degli abitanti dei luoghi rurali e delle montagne.

    Dopo aver scoperto le musiche contadine dei magiari, che erano le autentiche musiche popolari ungheresi, Bartók cominciò a includere canzoni popolari nelle proprie composizioni ed a scrivere temi originali con caratteristiche simili, oltre ad usare frequentemente figure ritmiche di matrice folklorica.
    Nonostante gli insuccessi, la tenacia di Bartók lo spinse a continuare a cercare un connubio tra la musica popolare e le sale da concerto nello stile pianistico.
    Le ‘Nenie’ sono basate sul canto popolare ungherese con scale modali, non presenti nella musica occidentale, armonizzate in maniera quasi impressionistica.