Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Categoria: Interviews

  • Frank Zappa, You Are What You Is (5 versions + cover + backstage/interview): review, meaning

    Frank Zappa, You Are What You Is (5 versions + cover + backstage/interview): review, meaning

    Thing-Fish 1984
    Vídeo MTV 1984
    Frank Zappa’s New York Halloween 1981 Palladium
    Buffalo 2007
    Mudd Club/Munich ’80
    Cover Elio e le Storie Tese con Ike Willis Live Lugano (Svizzera) RTSI “Auditorium Massimo”, 24 aprile 2000
    Backstage 1981 + intervista nello studio di registrazione

    12′ 40” un’opera di Martin Popoff

    You Are What You Is è la title track del doppio album omonimo di Frank Zappa pubblicato nel settembre 1981.
    Si tratta del primo album registrato tra luglio e settembre 1980 all’UMRK (studio installato sotto la casa di Zappa a Los Angeles) e dell’unico album di Zappa contenente un titolo pop rock trasmesso come video musicale su MTV. La presenza di un sosia dell’allora nuovo Presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, sistemato su una sedia elettrica non ‘piacque’ e la clip fu rimossa rapidamente dal canale. MTV vietò la messa in onda del video sulla sua rete.
    “E’ stato il primo vero album in studio in cui abbia mai suonato. Ricordo di essere salito a casa di Frank una notte e di essere rimasto lì per nove giorni. Quando lavoravi con Frank in studio, potevi semplicemente registrare e registrare finché non ce la facevi più. You Are What You Is è stato un disco molto impegnativo da realizzare. Parte del materiale è stato molto difficile per me e sono rimasto sorpreso di quanto fosse paziente Frank” (Steve Vai).

    Zappa aveva suonato gran parte del materiale di You Are What You Is in un tour da marzo a luglio 1980 con la band composta da Ike Willis e Ray White alla chitarra e alla voce, Tommy Mars alle tastiere, Arthur Barrow al basso e alle tastiere e David Logeman alla batteria.
    Questa formazione aveva registrato le tracce di base per l’album durante l’estate del 1980 dopo aver completato il tour, con il chitarrista Steve Vai e il cantante Bob Harris che aggiungevano sovraincisioni e si univano alla band per il tour dell’autunno 1980 di Zappa.
    Motorhead Sherwood e Jimmy Carl Black appaiono come guest star, con la partecipazione dei figli di Zappa, Moon e Ahmet.
    Tuttavia, You Are What You Is è stato pubblicato dopo Tinsel Town Rebellion e Shut Up ‘N Play Yer Guitar.
    Proprio come un concept album, alcune tracce sono legate insieme, sebbene l’album manchi di una trama generale.
    Secondo i critici, You Are What You Is è stato l’album più politico di Zappa dai tempi di We’re Only In It For The Money.
    I testi dell’intero album fanno satira su una serie di argomenti, tra cui hippies, moda, mondani, consumo di droghe, religione, appropriazione culturale, leva militare, televangelisti.

    L’album You Are What You Is è costato circa 175.000 dollari, tra musicisti, ingegneri, noleggio attrezzature.
    Il video per You Are What You Is realizzato per MTV è stato l’unico fatto da Zappa in quanto finanziato dalla CBS International. “Volevano che fosse mostrato all’estero. Non è stato mostrato molto negli Stati Uniti perché c’è Reagan alla sedia elettrica e un ragazzo di colore vestito da nativo che vomitava Pepto Bismol mentre pronunciava le parole “Mercedes Benz”. (Frank Zappa, Guitar Player, gennaio 1987)

    La canzone “You Are What You Is” di Frank Zappa è un commento satirico all’idea di identità ed ai pericoli dell’adozione di certe personalità e stili di vita per inserirsi in un particolare gruppo. Il ritornello sottolinea che ognuno è responsabile delle proprie azioni, pensieri e comportamenti. Il carattere di una persona è definito dal suo vero io. Le strofe raccontano storie di individui che hanno ceduto alle pressioni della società e hanno adottato false identità per adattarsi.
    La prima storia è quella di un giovane di famiglia borghese che si mette a cantare il blues perché lo ritiene virile. Imita i modi e il linguaggio dei cantanti blues, ma alla fine si rivela un impostore: non ha una vera comprensione della cultura che sta cercando di emulare.
    La seconda storia racconta di un giovane nero che rinnega la sua cultura per assimilarsi alla cultura bianca e diventare “normale”. Questa assimilazione porta solo a una perdita di identità e ad una lotta interna per riconciliare il suo passato con il suo presente. Il bridge prende in giro l’assurdità delle norme e delle aspettative della società: sono arbitrarie e non vale la pena aderirvi se non sono in linea con il proprio vero io.
    Nel complesso, la canzone è una satira tagliente sull’ossessione della società per le etichette e le identità, una potente critica alle pressioni della società a conformarsi, un invito ad essere autentici e fedeli a se stessi.
    Il brano presenta una combinazione di pop rock, jazz ed elementi doo-woop.

  • Fabio Treves meets Frank Zappa: A Pound For A Brown (Milano), Big Swifty (Genova) 1988

    Fabio Treves meets Frank Zappa: A Pound For A Brown (Milano), Big Swifty (Genova) 1988

    A Pound For A Brown, Palatrussardi Milano (Italia), 2 giugno 1988
    Big Swifty, Palasport Genova (Italia), 9 giugno 1988

    Frank Zappa, Ike Willis, Mike Keneally, Robert Martin, Walt Fowler, Bruce Fowler, Paul Carman, Albert Wing, Kurt McGettrick, Ed Mann, Scott Thunes, Chad Wackerman
    Special guest: Fabio Treves – harmonica

    Fabio Treves, armonicista e cantante blues, anche noto come il ‘puma di Lambrate’, ha iniziato nel 1967 suonando nel suo primo gruppo studentesco, il Friday Blues Group. Da allora, la sua è stata una strada in salita fino a calcare il palco con personaggi straordinari (italiani e stranieri).
    L’incontro più importante per Treves fu, nel 1988, a Monaco, con Frank Zappa che, durante la tournée in Italia, lo volle sul palco di Milano e Genova.
    Quando il ‘puma di Lambrate’ ricorda il suo incontro con Zappa, ancora trema. Ricordiamo che è l’unico musicista italiano ad aver suonato con Zappa sul palco.
    Frank Zappa nei concerti voleva soltanto la sua band ma, quella volta, nel giugno del 1988, aveva in programma un concerto a Milano e… invitò Fabio a suonare con loro.

    Fabio Treves racconta il suo incontro con Frank Zappa
    “Per me, a distanza di trent’anni, l’incontro con Frank Zappa è ancora motivo di orgoglio. Non mi capacito di aver incontrato e suonato con Frank, invece è successo, grazie alla mia amicizia con Claudio Trotta, che dura ormai da 45 anni. Lui, che negli anni a seguire sarebbe diventato uno dei promoter più importanti del panorama nazionale, mi propose: “Vuoi venire con me a Monaco di Baviera a conoscere Frank? Devo incontrarlo in vista delle sue date in Italia”. Io ovviamente accettai. Quando lo vidi per la prima volta, i nostri sguardi si incrociarono e lì, come nei film, successe la magia: mi sembrava di aver incontrato un amico che avevo visto l’ultima volta due giorni prima in pizzeria. Anche lui mi guardò, e capì subito che non ero il solito fan, ma intuì che c’era molto, molto di più. Dopo lo rividi a Milano, al suo concerto, al Palatrussardi. Lo avevo seguito anche alle prove per la serata e alla conferenza stampa. Lui, senza alcun preavviso, mi chiese: “Fabio, cosa ne dici se ti chiamo sul palco a fare un pezzo?”. Io sapevo che durante i suoi show Frank – memore di una sciagurata serata al Madison Square Garden di New York in cui aveva ospitato John Lennon e Yoko Ono – era solito farsi accompagnare solo dai suoi musicisti, quindi gli risposi: “Non prenderti gioco di me”. Poi, subito dopo: “Certo che ci vengo. Sei il mio mito da trent’anni. Ma su che pezzo devo suonare?”. “Non preoccuparti, io ti darò la tonalità” mi rispose “tu suona pure quello che ti senti” E io, come mi sentivo? Avevo le gambe che mi tremavano. Di ospitate e di apparizioni importanti ne avevo già fatte tante, ma qui si stava parlando di Frank Zappa. Nella mia città. Anni dopo incontrai di nuovo Ike Willis che mi disse: “Credimi, Fabio: io e gli altri ragazzi del gruppo ci ricordiamo di te, perché in tanti anni di militanza nella band di Frank non abbiamo mai visto chiamare nessuno sul palco come ospite, a parte te”. Ripensando a quella sera, credo di non aver fatto nemmeno una figura così meschina, perché una volta sceso dal palco fu sempre Frank a chiedermi: “Sei libero settimana prossima?”. Io: “Sì, perché?”. “Perché devo suonare a Genova” rispose: “Se vieni possiamo fare un altro pezzo”. Lui, che è considerato uno dei grandi geni del Novecento, era una persona troppo bella, troppo avanti. Questa foto è stata realizzata in un famoso incontro in Comune a Milano, nel 1988. Lui aveva un sogno, e me lo raccontò: “Ho già gli sponsor e gli agganci giusti. Per i Mondiali di calcio del 1990 (la cui partita d’apertura si giocò proprio a Milano) mi piacerebbe che il Comune mi concedesse la Scala per un concerto”. “Frank, fidati: andiamo pure in municipio a chiedere, ma la Scala non te la daranno mai” replicai. “E perché mai? Io sono Frank Zappa!”. “Tu sei Frank Zappa, suoni con l’orchestra filarmonica di San Francisco, sei un mito, ma Milano è Milano e so come funziona, essendo consigliere comunale”. “Va bene, ma ti prego, organizzami un incontro col sindaco”. Così mi feci latore di questa sua richiesta e riuscii a organizzare un incontro con il sindaco e l’allora assessore alla Cultura, ma alla fine le mie previsioni si avverarono e la Scala gli fu negata. Non ci fu niente da fare. All’uscita dall’incontro nel cortile di Palazzo Marino ci aspettava un mio amico fotografo, Maki Galimberti, che non ringrazierò mai abbastanza per averci scattato la storica foto qui sopra. Questo episodio è stato citato da Zappa nella sua autobiografia ufficiale: Frank definì il sindaco un “socialista”, l’assessore alla Cultura un “comunista” e me un “anarchico”. E questo è uno dei complimenti più belli che mi siano stati mai fatti”.
    (Fabio Treves, Rockol, 27 novembre 2023)

  • Frank Zappa: a 30 anni dalla morte è ancora l’avanguardia, intervista Today Show, 14 maggio 1993

    Frank Zappa: a 30 anni dalla morte è ancora l’avanguardia, intervista Today Show, 14 maggio 1993

    Intervista The Today Show del 14 maggio 1993 condotta da Jamie Gangel (NBC)

    30 anni dalla morte di Frank Zappa.
    Più vivo che mai.
    E’ ancora l’avanguardia.

    A FRANK ZAPPA
    Hai sputato tante verità in faccia alla politica, ai media, a chi ci governa e alla società cieca.
    Hai aperto la mente di molte persone, musicisti inclusi, come solo un Maestro può fare.
    Hai vissuto con coerenza e senza compromessi, hai difeso la libertà di pensiero e di espressione, mentre tu vivevi appieno questa libertà, senza paura.
    Sei un genio, se genio significa pensare con la propria testa, creare dal Nulla e dal Tutto con una mente inesauribile e originale, senza dar retta a dogmi né a lavaggi del cervello.
    Nessuno doveva dirti ciò che volevi pensare, fare e realizzare, a costo di rimetterci.
    Sei un genio in grado di superare limiti che, però, ha espresso un desiderio ‘assurdo’:

    “Non voglio essere ricordato”.

    Un desiderio che pesa. Chi ti ama non può accettarlo.
    In realtà, noi non ci limitiamo a ricordarti. Ti teniamo in vita, ti ‘viviamo’ ogni giorno.

    Tu, per me, sei
    “Qualsiasi cosa,
    in qualsiasi momento,
    in qualsiasi luogo,
    per un motivo qualsiasi”.

    Non mi interessano le date, il tempo non esiste, è un cerchio, tu lo sai, l’hai sempre saputo.
    Oggi, ricordo una data dolorosa ma continuo a viverti ogni giorno con allegria. Non possiamo fare altro che ridere dell’assurdità della vita (e della morte), tu lo sai.
    Quando penso al 4 dicembre, mi viene in mente lo spirito con cui Robert Martin ha cantato questo brano.
    Beh, sono con Robert Martin… ascoltate…

    https://www.youtube.com/watch?v=fzINHdbpDYY

    Ciao Frank, resto con te.

  • Don ‘Sugarcane’ Harris meets Frank Zappa, review: 2 violin solo + Directly from your heart to you

    Don ‘Sugarcane’ Harris meets Frank Zappa, review: 2 violin solo + Directly from your heart to you

    The Gumbo Variations (violin solo)
    Little House I Used to Live In (violin solo)
    Directly from your heart to you

    Don Francis Bowman “Sugarcane” Harris, violinista e chitarrista americano di blues e rock and roll, è considerato un pioniere nell’amplificazione del violino.
    Nato e cresciuto a Pasadena, California (Stati Uniti), da giovane studiò violino classico e imparò a suonare altri strumenti tra cui l’armonica, il pianoforte e la chitarra.
    Con il suo amico d’infanzia, il pianista Dewey Terry, iniziò ad esibirsi con un gruppo doo-wop, The Squires. Nel 1956, Harris e Terry formarono il duo Don e Dewey. Negli anni ’60, Harris si esibì nella band di Little Richard.
    Harris ricevette il soprannome di “Sugarcane” (‘Canna da zucchero’) da Johnny Otis a causa della sua reputazione di donnaiolo.
    Dopo la separazione da Dewey Terry negli anni ’60, Harris passò quasi esclusivamente al violino elettrico. Riapparve come sideman con John Mayall & the Bluesbreakers e Frank Zappa, noto soprattutto per le sue apparizioni in Hot Rats e negli album dei Mothers of Invention Burnt Weeny Sandwich e Weasels Ripped My Flesh (1970). La sua voce solista con l’assolo di violino blues su una cover di “Directly from My Heart to You” di Little Richard su Weasels e il suo assolo esteso su “Little House I Used To Live In” su Weeny sono considerati i momenti salienti di quegli album.
    Zappa, che da tempo ammirava il modo di suonare di Harris, lo salvò dal carcere, resuscitando la sua carriera e inaugurando un lungo periodo di creatività per il virtuoso del violino dimenticato. Ha suonato un paio di concerti dal vivo con la band di Zappa nel 1970 e si è esibito in quattro album solisti di Frank Zappa: Hot Rats (1969), Chunga’s Revenge (1970), Apostrophe (1974), The Lost Episodes (1996). Troviamo il suo ipnotico violino elettrico anche in Funky Nothingness (2023).
    Negli anni ’80, Sugarcane fu un membro del gruppo rock sperimentale con sede a Los Angeles Tupelo Chain Sex.
    È stato un tossicodipendente per tutta la sua carriera. Negli ultimi anni, fu affetto da una malattia polmonare. Morì il 27 novembre 1999, nella sua casa di Los Angeles, California, all’età di 61 anni.

    Sugarcane è un uomo che non dirà mai di no a nessuno; il suo buon umore glielo impedirà ma è soprattutto questo desiderio di non apparire superiore che gli farà assumere questo atteggiamento. Lui è la disponibilità stessa e si lascia condurre da chiunque glielo chieda.
    Don Harris è ‘condannato’ a suonare con persone importanti che hanno qualcosa da dire e che hanno bisogno di musicisti come lui per dirlo (sta preparando un album con Harvey Mandel).
    “Ho iniziato a prendere lezioni di violino quando ero molto giovane, quindi ho studiato musica classica per quasi dieci anni. Ho una base classica, fondamentale per suonare il violino. Nonostante questa conoscenza della musica classica, sono stato subito attratto dal rock and roll e dal rhythm and blues. Dato che avevo studiato anche chitarra, ho iniziato a suonare rock and roll con il mio amico Dewey, abbiamo formato un duo chiamato semplicemente “Don & Dewey”; In questo periodo suonavo anche il basso. Poi ho girato l’Europa con Little Richard. Tornato a Los Angeles, le orchestre rock e jazz iniziarono a chiedermi di venire a suonare con loro. L’ho fatto con molto piacere perché mi ha permesso di suonare tutti i tipi di musica e mi ha insegnato moltissime cose. Fu in quel periodo che suonai regolarmente nell’orchestra di Johnny Otis. Ho visto tantissima gente, ed è così che ho conosciuto Frank Zappa il quale mi ha chiesto di suonare con lui, cosa che ho fatto con gioia ma inizialmente con un certo timore perché non mi ero mai avvicinato veramente a quella musica prima. Penso di aver fatto bene anche se non sento questa musica in modo così completo e totale come il blues. In ogni caso, per me è stata una bellissima esperienza che sono ansioso di continuare. In seguito, a Los Angeles, arrivò John Mayall e mi chiese di suonare con lui in compagnia di Mandel e Taylor; Inutile dire che ho subito accettato”.
    “C’è una certa freschezza nel rhythm and blues, c’è qualcosa di sano, di spontaneo che mi piace parecchio, che sento”.
    (Don ‘Sugarcane’ Harris, Rock & Folk, maggio 1971)

  • Flo & Eddie meet Frank Zappa (part 2): Billy The Mountain – Live At Fillmore East, June 5, 1971

    Flo & Eddie meet Frank Zappa (part 2): Billy The Mountain – Live At Fillmore East, June 5, 1971

    Mark Volman e Howard Kaylan degli ex-Turtles hanno accompagnato come Flo & Eddie i Mothers of Invention nel tour ’70-71.
    Volman ha ricordato: “Frank ha sempre ammesso che era uno dei gruppi di persone più talentuosi che avesse mai avuto. Di tutte le formazioni dei Mothers, questa era l’unica composta da persone che avrebbero potuto essere un capogruppo”.
    Riflettendo su una formazione composta da Jeff Simmons (basso), George Duke (tastiere, trombone), Ian Underwood (sax, organo), Aynsley Dunbar (batteria) e, più tardi, Don Preston (tastiere), Volman ha detto: “In moltissime interviste, Frank ha ammesso che era il gruppo più eccitante che avesse mai avuto, perché ognuno era stato a sua volta leader del proprio gruppo. È stato fantastico. Frank alla chitarra e Aynsley alla batteria hanno creato questo stile di improvvisazione, come con George e Ian. Ian ha acquisito un vero sapore classico e George ha portato una ventata jazz. Poi, Don Preston ha aggiunto un’altra influenza jazz”.
    Howard Kaylan ha ricordato una delle prime apparizioni della band a Los Angeles:
    “Jane Fonda era lì. È venuta nel backstage tra una recita e l’altra, io ero molto amichevole con lei. Eravamo tutti insieme ed è stato un onore. Poi è uscita per assistere al concerto: l’ho vista alzarsi dopo due minuti, buttare giù il suo programma e imprecare a squarciagola. E’ scappata via urlando perché non aveva mai sentito niente di così sciovinista ed era convinta che fosse diretto a lei. L’ha preso come un affronto personale alla sua liberazione femminile”.
    Durante le riprese di 200 Motels l’orchestra ha creato problemi. Fin dall’inizio, durante le prove, i musicisti erano ostili. “Lo odiavano. Ci odiavano. Odiavano Frank” ha ricordato Volman “Sono stati pagati e non vedevano l’ora di andarsene. Erano 70-80 persone e Frank le stava solo guidando… ci sono parti di 200 Motel che sono gloriose per l’orchestra. Se selezioni le sezioni, puoi trovare movimenti meravigliosi. Eppure, sia fuori che dentro il palco, abbiamo avuto seri problemi”.
    I concerti in Svezia, Danimarca, Germania e poi in Olanda sono stati seguiti, il 4 dicembre, dal primo concerto svizzero dei Mothers al Casinò di Montreaux. Durante lo spettacolo – come avrebbero raccontato i Deep Purple, “uno stupido con una pistola lanciarazzi ha raso al suolo il posto”. L’attrezzatura dei Mothers per un valore di 50.000 dollari è andata in fumo.
    Sbalordito, Zappa voleva tornare immediatamente negli Stati Uniti e cancellare il resto del tour. Il resto della band, tuttavia, non era d’accordo e il 10 dicembre – dopo tre concerti cancellati – i Mothers tornarono in azione al Rainbow Theatre di Londra. Ma i presentimenti di Zappa non erano fuorvianti. Mentre lo spettacolo giungeva alla sua conclusione, uno dei membri del pubblico saltò sul palco e spinse Zappa per 12 piedi nella buca dell’orchestra, facendogli perdere i sensi. Sarebbe stato su una sedia a rotelle per i successivi nove mesi, ma le conseguenze dell’attacco sarebbero rimaste con lui molto più a lungo.
    Volman è convinto che “Quel tour europeo ha riportato Frank molto indietro dal punto di vista emotivo. Lo ha segnato molto spiritualmente. All’improvviso ha guardato cosa stavamo facendo sul palco – cose come ‘The Fat Floating Sofa’ (Dio ha fatto il film porno con la suora e i cani…): c’era del materiale abbastanza ridicolo ma moralmente basso. Spiritualmente era il punto più basso in cui fosse mai sprofondato. Il Rainbow l’ha spinto a rivalutare ciò che stava facendo, a pensare che potesse esserci stata una sorta di vendetta karmica in corso, uno schiaffo in faccia: uno dopo l’altro, questi due concerti lo hanno spazzato via per quasi un anno”.
    (Goldmine, 29 novembre 2002)

    “So perché voleva me e Mark nella band. Voleva aggiungere una sensibilità pop ai Mothers che erano sempre stati scartati come la band meno suonabile nella musica. Quindi, quando ha saputo che i Turtles si erano sciolti – eravamo suoi amici – ci ha chiesto di unirci.
    I musicisti della band di Frank erano scioccati. Quando siamo entrati in quella prima prova, Jeff Simmons ha guardato George Duke, Ian Underwood e Aynsley Dunbar, e ha detto: “Cosa diavolo sta facendo Frank?”. “Frank, che cazzo stai facendo? Quelli non sono i ragazzi giusti! Sono degli idioti del pop e faranno crollare la band”. Frank rispose: “Non credo, penso che sappiano cosa stanno facendo”. Aveva ragione.
    Stavamo condividendo esperienze di fan e lui si stava sballando con noi. È stato molto diverso e sono entusiasta di aver fatto parte di quell’era: è finita in fretta e la sua sfiducia per l’umanità è tornata alla grande dopo quell’incidente in Inghilterra dove è rimasto gravemente ferito. Non è mai stato più lo stesso ed è tornato ad essere il cinico che era stato prima. Alla fine della sua vita ci ha chiesto di tornare. Abbiamo ricordato e parlato, era vicino a quel gruppo dei Mothers Of Invention e dopo non sono mai più stati davvero i Mothers of Invention”. (Record Collector, luglio 2013)

  • Flo & Eddie meet Frank Zappa (part 1): 200 Motels, Mystery Roach, Magic Fingers

    Flo & Eddie meet Frank Zappa (part 1): 200 Motels, Mystery Roach, Magic Fingers

    Dopo lo scioglimento dei The Turtles nel 1970, i cantanti pop dalla gola d’oro Mark Volman e Howard Kaylan furono obbligati a creare alias professionali per se stessi poiché – a causa di una trappola contrattuale – l’uso sia del soprannome di The Turtles che dei loro nomi di battesimo era limitato. Trovando lavoro con Frank Zappa, la coppia ha adottato gli pseudonimi Flo & Eddie.
    “Beh, conoscevamo Frank dal 1965 circa, forse anche prima che i Turtles prendessero davvero il sopravvento” dice Mark sottolineando che sia i Turtles che i Mothers sono cresciuti a Los Angeles sulla Sunset Strip. “C’era molto supporto in corso e Frank è stato molto favorevole a ciò che stava accadendo su The Strip”.
    Per quanto riguarda il modo in cui Mark e Howard sono diventati Flo & Eddie, Mark ricorda che Zappa ha visto la loro ritrovata inerzia come un’opportunità unica. “Sai, le nostre voci facevano parte della ‘radio’; eravamo cantanti molto amichevoli per la radio e le nostre voci in tutte le nostre canzoni di successo significavano molto per lui. Pensò: ‘Dio! Se solo potessi attingere a quella risorsa nelle mie canzoni, allora avremmo qualcosa di veramente nuovo!’ Ed è lì che ha iniziato quando ci ha fatto entrare nella band. Chiese ‘Cosa avete paura di cantare?’ e noi dicevamo: ‘Niente! Proviamoci, qualunque cosa sia.’ “
    Flo & Eddie sono apparsi per la prima volta nel terzo album solista di Zappa, Chunga’s Revenge degli anni ’70, prestando i loro toni melliflui a sei tracce, in particolare il rilassato R&B dell’album più vicino a Sharleena. Come Mark ci tiene a sottolineare, la loro malleabilità è stata spesso messa alla prova. “Potevamo solo cantare rock’n’roll, come sai, Sharleena, e doo-wop come uno qualsiasi di quei primi album dei Mothers, ma potevamo anche cantare quella roba da 200 Motels, che era molto più orchestrale e più operistica. Quelle erano tutte aree molto diverse che Frank ha potuto esplorare usando noi.
    Particolarmente acuti in un contesto live, Flo & Eddie sono spesso ricordati per l’eccesso di materiale a tema groupie che hanno eseguito; l’album Fillmore East – June 1971 mette in risalto la vita on the road dell’archetipo della rock band e contiene molti di questi brani. Durante una delle due serate nella sede di New York City, i Mothers sono stati raggiunti da John Lennon e Yoko Ono per un bis di mezz’ora, con Yoko che è finita in una borsa per gentile concessione di Howard Kaylan. Mark Volman ricorda l’incidente: “Mettere Yoko nella borsa non è stato qualcosa per cui ci siamo seduti a pensare: ‘Bene, mettiamola in una borsa e lasciamola urlare in un microfono’, ma si è scoperto che era esattamente quello che Frank voleva facessimo, quindi l’abbiamo fatto”.
    Ike Willis ricorda di aver ascoltato brani come Billy The Mountain mentre era al college: “Ho sempre ammirato moltissimo quei due ragazzi. Incredibile senso dell’umorismo, incredibili capacità vocali… Voglio dire, tutti pensano che io sia abbastanza veloce, sai… ma Mark e Howard? Sorprendente.”
    Anche se Flo e Eddie hanno imparato molto da Frank Zappa, Mark crede che fosse una strada a doppio senso. “Eravamo un po’ più istruiti quando si trattava di cantare. Avevamo cantato in coro e cantato armonie vocali e penso che anche Frank si sia divertito in quell’epoca perché in un certo senso per lui è stata una sfida integrarsi con me, Howard e Jim Pons (basso e voce con The Turtles e The Mothers).
    Considerando una carriera prolifica e variegata, Mark riassume: “Prenderò la musica di Frank Zappa che io e Howard abbiamo suonato sopra i nostri dischi dei T.Rex ogni giorno. Pensavo che Marc Bolan avesse contribuito brillantemente alla storia della musica pop, ma non è Frank Zappa”.
    (Record Collector, Natale 2016)

    Quando Frank stava lasciando il pianeta fisico e Mark è andato a trovarlo, Frank disse: “Voglio che tu dica al tuo partner che è semplicemente il miglior cantante che io abbia mai avuto”.
    “Sì… Questo pesa molto su di me”.
    (Howard Kaylan di Flo & Eddie, Shinding!, settembre 2014)

    “Frank aveva una filosofia che mi raccontò una volta: la carriera di un artista non dovrebbe essere giudicata in base a un singolo progetto, a nessun singolo disco, film o qualsiasi altro lavoro individuale. Frank sentiva che l’arte di una persona poteva essere giudicata solo come parte dell’intera carriera. Ogni singola creazione era una parte di quel tutto. Nessuna critica rivolta ad una singola opera potrebbe cambiare il risultato finale complessivo, che era quello che dovrebbe essere visto come l’intero corpus di lavoro di un artista. Solo in questo modo potrà essere giudicato e criticato”.
    (Intervista con Mark Volman dei Turtles, Ear Candy Magazine, agosto 2001)

    continua nella seconda parte
    https://www.youtube.com/watch?v=Qy76oepNzdM

  • Kent Nagano meets Frank Zappa (part 3): London Symphony Orchestra (1983) + interview

    Kent Nagano meets Frank Zappa (part 3): London Symphony Orchestra (1983) + interview

    Pedro’s Dowry · Frank Zappa · London Symphony Orchestra (1987)
    Newsnight BBC2 – concerto della LSO al Barbican Center (10 gennaio 1983) intervista a Frank Zappa e Kent Nagano

    Kent Nagano continua risolutamente a programmare musica di compositori contemporanei; considera il divario crescente tra i compositori “moderni” e il loro pubblico come una situazione potenzialmente distruttiva. Ritiene che “un artista ha un lavoro da svolgere all’interno di una cultura, il che non vuol dire che un compositore debba scrivere ciò che il pubblico vuole già sentire. Ha il compito di guidare, di mostrare al pubblico una direzione”.

    Fra tanti impegni come assistente direttore della Oakland Symphony, direttore musicale della Berkeley Symphony e della Oakland Youth Orchestra e direttore della Oakland Ballet Orchestra, Kent Nagano ha trovato il tempo e il modo per andare in Inghilterra e dirigere la London Symphony Orchestra per un’opera di Frank Zappa.
    Ecco come ha commentato l’esperienza.
    “Uno dei miei grandi interessi è la nuova musica, non una nuova musica qualsiasi ma di qualità sufficiente per entrare nel repertorio tradizionale. Non mi interessa affatto la musica sperimentale o la musica d’avanguardia; sono interessato alla nuova musica che ha già risolto i bug ed è una forma d’arte altamente raffinata. Quando ho saputo che Frank Zappa era stato incaricato di scrivere alcuni pezzi per Pierre Boulez, ero davvero curioso perché il fatto che Boulez chieda di scrivere un pezzo per il suo ensemble è uno dei più grandi onori che un compositore possa ricevere.
    Così ho contattato la direzione di Frank e l’ho incontrato nel backstage quando ha suonato al Berkeley Community Theatre, verso la fine del 1981. Mi ha mostrato una partitura e ha detto: “Questo è ciò che faccio”. Mi sono seduto lì e l’ho guardato, era semplicemente incredibile, roba molto sofisticata. Dovevo portare a casa la partitura e provarla al pianoforte. Zappa me l’ha consegnata per studiarla e mi ci è voluto molto tempo per farlo. Considerate che io sono uno di quegli idioti eruditi eccessivamente istruiti con un background teorico pesante. Io che esamino circa 50-60 nuove partiture all’anno, ero eccitato davanti ad una partitura così finemente realizzata. Ho chiamato Frank e gli ho spiegato che mi sarebbe piaciuto eseguire il pezzo. La sua risposta, che mi ha un po’ sbalordito, è stata: “Cosa ti fa pensare di poter suonare il pezzo?”.
    Comunque, Frank mi ha chiamato invitandomi ad andare a Londra.
    Il più grande ostacolo nell’accedere alla musica di Frank è il fatto che richiede una tecnica che normalmente non è richiesta al musicista sinfonico medio. Questo non vuol dire che non si possa suonare, ma la tecnica coinvolta è molto in anticipo sui tempi; i musicisti orchestrali avranno quella tecnica 30 anni dopo.
    La composizione stessa utilizza elementi molto conservativi, in termini di costrutti di base che concorrono alla costruzione del pezzo. La forma è identificabile e ripercorre la storia della musica; non c’è niente di così radicale nelle armonie, il particolare stile che ha inventato usa la scala a 12 toni. Il metro a volte è molto sofisticato, ma in gran parte non c’è niente di veramente nuovo per i musicisti sinfonici. Ciò che è nuovo per loro – che considero pionieristico nella scrittura sinfonica – è l’uso di quelli che vengono chiamati ritmi “irrazionali”. Un esempio potrebbe essere 7 contro 6, 8 contro 3, 17 contro 2, 9 contro 2. Sono una parte molto comune del linguaggio di Frank. Quando hai forse 32 persone che suonano lo stesso ritmo all’unisono, devi sederti lì e capire come farlo con precisione.
    Sono molto impegnato come sostenitore della nuova musica nella letteratura orchestrale di Frank, a causa dell’altissima qualità delle tecniche con cui sono state scritte le partiture. Non c’è virtuosismo o effetto fine a se stesso. Non è fusion, è una scrittura sinfonica totalmente senza compromessi, scritta all’interno di quella tradizione. In essa sono incorporate così tante dimensioni che, ogni volta che torni indietro e lavori su un pezzo, noti un nuovo livello di profondità che prima non eri in grado di vedere (è un aspetto delle grandi opere). Ogni volta che ascolti il Jupiter di Mozart, se sei una persona perspicace e sensibile, senti qualcosa che non avevi sentito prima. Un altro aspetto delle grandi opere d’arte è che le persone a qualsiasi livello di sofisticatezza possono ascoltarlo e relazionarsi con esso ad un certo livello; da una persona che conosce solo la musica rock e il baseball ad un cretino eccessivamente istruito, scolastico ed erudito, chiunque può essere coinvolto in qualche modo. La musica di Frank supera queste due prove”.
    (Nagano On Conducting Zappa by Dan Forte, Mix, giugno 1983)

  • Kent Nagano meets Frank Zappa (part 2): A Zappa Affair

    Kent Nagano meets Frank Zappa (part 2): A Zappa Affair

    Spontaneous Minimalist Composition – Live al concerto di ‘A Zappa Affair’, Zellerbach Auditorium, UC Berkeley, 16 giugno 1984 (Berkeley Symphony Orchestra diretta da Kent Nagano) + Bob & Jane

    “L’intero scopo dello scrivere musica, che è una forma d’arte, è servire il pubblico in un modo che altre forme di comunicazione non possono fare. L’arte può dare un senso alla nostra vita. Può aiutarci a vedere le cose in un modo che non vedevamo prima. Può aiutarci a vivere emozioni che altrimenti non potremmo provare. Può anche darci una comprensione di un fenomeno naturale. L’arte dovrebbe insegnarci qualcosa su noi stessi. Questo è ciò che la rende profonda e significativa. Ecco perché il grande pubblico vuole assicurarsi che esistano forme d’arte. Durante gran parte di questo secolo, il grande pubblico ha percepito una crescente distanza tra compositore e pubblico. E quando ti allontani troppo, la logica impone che verrà il momento in cui l’artista non sarà più utile, perché l’arte sarà diventata così lontana da essere incapace di qualsiasi tipo di rapporto sociale”.
    In questi giorni, in cui gran parte delle orchestre sinfoniche sono programmate con la stessa inflessibile ‘efficienza’ e conservatorismo delle stazioni radio standard, è piacevole pensare che la gente non sappia mai cosa aspettarsi dalla Berkeley Symphony.
    “Programmo molta nuova musica con la Berkeley Symphony – spiega Nagano. Ci sono voluti cinque anni per stabilire un livello di fiducia con il nostro pubblico abituale. Qualunque cosa io suoni per loro, saranno in grado ad un certo livello di estrarre un significato personale: saranno toccati in modo emotivo, fisico, intellettuale o spirituale. In uno di questi quattro modi, il pubblico sarà in grado di trovare un significato in ogni brano che programmo, sia esso classico o contemporaneo. Ecco perché ci vuole così tanto tempo per impostare un programma, perché la maggior parte della musica scritta oggi, proprio come in qualsiasi altro tempo, è poco profonda. Bisogna sforzarsi per scavare le opere profonde”. (East Bay Express, 15 giugno 1984)

    Il 15 e 16 giugno 1984, la Berkeley Symphony presenterà allo Zellerbach Auditorium di Berkeley “A Zappa Affair”, quattro partiture orchestrali che includeranno ballerini e marionette a grandezza naturale realizzate da John Gilkerson, direttore artistico del San Francisco Miniature Theatre, e coreografate da Tandy Bea. I pezzi saranno presentati anche al San Jose Center for the Performing Arts il 21 giugno.
    Zappa non sa se tacere o ridere alla menzione di ‘musica seria’.
    “Vorrei sapere cos’è la musica seria. Cosa c’è di grave?” ha chiesto Zappa “Supponendo che uno fosse interessato alla musica seria, quanto dovrebbe essere seria la musica? La maggior parte delle persone usa il termine ‘serio’ come licenza per annoiare a morte le persone. Prendo sul serio il mio lavoro, ma quello che faccio è fornire un servizio, una serata di intrattenimento”.
    La musica per la produzione della Berkeley Symphony è stata scritta tre anni fa e Zappa aveva quasi rinunciato all’idea di farla eseguire.
    “Durante il nostro tour negli Stati Uniti del 1981 abbiamo fatto uno spettacolo a Berkeley e Kent Nagano, direttore della Berkeley Symphony, ha detto di aver sentito parlare delle mie composizioni e di voler dare un’occhiata. Gli piacevano ed è davvero l’unico responsabile dell’esecuzione della mia musica. Compongo da 30 anni e questa è la prima volta che non ho dovuto fare tutto il lavoro. E’ incredibile la trafila che una persona deve attraversare nel mondo della musica classica per fare qualcosa del genere”.
    Zappa ha detto che i suoi pezzi classici non sono eccezionalmente bizzarri a livello musicale, anche se ammette che a volte sono discordanti. “Alcuni sono discordanti, potrebbero non piacere alcune parti, proprio come il mondo reale. La musica è composta da materiale molto vecchio stile: melodia, armonia e ritmo. Non è musica minimalista”.
    Le esibizioni di “A Zappa Affair” avranno avuto 34 sessioni di prove, qualcosa di inaudito per un nuovo pezzo.
    (San Francisco Examiner, 18 maggio 1984)

    “Come compositore classifico Frank Zappa al pari degli altri grandi maestri del secolo. È stato uno dei progetti più emozionanti su cui abbia mai lavorato” (Kent Nagano)

    “Frank Zappa è stato per me un’icona degli anni Sessanta. Voleva registrare musica contemporanea mentre aveva un enorme successo popolare nel rock. Ho analizzato la sua musica e ho trovato passaggi che richiedevano una buona padronanza della tecnica ritmica. Alcune cose sembravano impossibili e anche la portata richiesta da alcuni strumenti sembrava difficile. Ma non era solo complesso, era ben scritto” (Kent Nagano)

  • Kent Nagano meets Frank Zappa (part 1): Sinister Footwear (1984) + interview Kent Nagano

    Kent Nagano meets Frank Zappa (part 1): Sinister Footwear (1984) + interview Kent Nagano

    Nella sua continua ricerca di buona musica contemporanea, Kent Nagano si è associato ad un certo numero di rockstar negli ultimi anni (tra cui Ronnie Montrose), un’associazione che raggiungerà il massimo dei frutti questo fine settimana quando la Berkeley Symphony presenterà un concerto dedicato alla seria musica orchestrale di Frank Zappa.

    “Ero all’IRCAM del Centro Georges Pompidou di Parigi, l’Istituto Boulez per la Musica Contemporanea. Ho scoperto che Boulez aveva chiesto un pezzo proprio a Frank Zappa – ricorda Nagano – Sono rimasto davvero sbalordito perché Boulez può pretendere il meglio. Non appena Frank è venuto a suonare al Berkeley Community Theatre, ho chiamato il suo management a Los Angeles e ho chiesto di parlare con Zappa del suo pezzo orchestrale. Frank mi ha chiamato più tardi, con mia grande sorpresa. Mi ha detto di fare un salto nel backstage tra uno spettacolo e l’altro e l’ho raggiunto. Non sapevo bene cosa aspettarmi, ma non mi aspettavo di vedere un’opera con la difficoltà di una partitura di Elliott Carter, la complessità di un’opera di Boulez, la sincerità di Takemitsu e l’intensità trascinante di Varèse. Sono rimasto sbalordito seduto lì in questo squallido camerino a guardare Frank che dirigeva le persone nel suo modo inimitabile”.
    “Ho portato a casa la colonna sonora e ho trascorso diverse settimane a esaminarla con molta attenzione, e alla fine ho concluso che si trattava di un’opera davvero importante. Ho contattato il suo ufficio chiedendo di eseguire la partitura con la Berkeley Symphony e la risposta è stata: ‘Cosa ti fa pensare di poterlo eseguire?’ perché il pezzo è davvero, davvero difficile. Frank mi ha invitato a scendere e parlare con lui più seriamente. Voleva essere certo che si potesse programmare il numero necessario di prove. Nessuna di queste partiture orchestrali che scriveva da quando aveva 14 anni era mai stata eseguita”.

    “Poche settimane dopo, di punto in bianco, Frank mi ha chiamato dicendo che voleva registrare parte della sua musica. Stava per assumere la London Symphony Orchestra e avrebbe preso in considerazione l’idea di farm dirigere. Per un periodo di quasi due mesi sono rimasto sveglio e ho dormito circa tre ore. Per molto tempo non ho dormito, quelle partiture stavano forzando la mia tecnica personale. Sono cresciuto parecchio solo imparando le partiture”.
    “Poi, quando siamo andati a Londra, sapevo cosa avrebbero pensato i membri dell’orchestra: musica di un musicista rock, sarà una giornata facile. Abbiamo iniziato con la colonna sonora più difficile e si scatenava il panico quando i musicisti aprivano le partiture”.
    “C’era molta tensione. Era un’orchestra con cui non avevo mai lavorato prima e Frank Zappa era seduto proprio dietro di me. E’ stato un compositore meraviglioso con cui lavorare perché è rimasto fuori dai piedi quando doveva restare fuori dai piedi, eppure era sempre lì per rispondere a qualsiasi domanda. Quando lavori con qualcuno di quel calibro, diventa così eccitante, perché sai che lavorerai ai più alti standard e non dovrai scendere a compromessi a causa del tempo”.
    “Quando abbiamo eseguito la performance a Londra, qualcuno l’ha descritta come una sagra della primavera, perché tutto il pubblico stava urlando. Non sono mai stato a un concerto sinfonico dove la gente urlava dopo. Non giovani, ma musicisti e critici seri. Non so nemmeno esattamente perché stessero urlando.

    Questo fine settimana Nagano e la Berkeley Symphony presenteranno la prima americana di molte delle opere di Zappa incluse nella registrazione, così come la prima mondiale di Sinister Footwear. Inizialmente, era stato programmato l’Oakland Ballet per il ballo delle opere ma è stato cancellato e sostituito con uno spettacolo di marionette. Nagano ha visto il lavoro del burattinaio John Gilkerson e del San Francisco Miniature Theatre. Era così impressionato che ricorda di aver chiamato Zappa nel cuore della notte per elogiare queste monumentali marionette high-tech, alcune delle quali raggiungono un’altezza di 36 piedi. I burattini volano nell’aria, esplodono, si trasformano in strane creature con cinque paia di bulbi oculari: tutti effetti richiesti nelle partiture di Zappa, che creerebbero una certa difficoltà ai ballerini in carne e ossa”.
    Nagano ha dichiarato che le opere di Zappa sono autentiche opere sinfoniche che suonano come Bartok o Varèse.
    “Frank Zappa è al fianco di Elliott Carter nella sua padronanza della scrittura sinfonica – commenta Nagano – e, allo stesso tempo, stabilisce un rapporto con i giovani”.
    Secondo Nagano, gli artisti hanno la responsabilità di fornire al pubblico un’opera non solo della più alta qualità artistica, ma che contribuisca alla qualità, alla comprensione, al godimento della vita.
    “Ciò che rende un’orchestra un’organizzazione vivente, impegnata a comunicare con entusiasmo, è il fatto che i musicisti abbiano una sorta di propria ispirazione” afferma Nagano.
    (East Bay Express, 15 giugno 1984)

  • Frank Zappa & Ray White: City Of Tiny Lites, You Are What You Is, review

    Frank Zappa & Ray White: City Of Tiny Lites, You Are What You Is, review

    City Of Tiny Lites (You Can’t Do That On Stage Anymore, Vol. 5 – 1992), You Are What You Is (Thing-Fish, 1984)

    Immediatamente riconoscibile per il suo stile vocale pieno di sentimento, blues e gospel, Ray White si unì alla band itinerante nell’autunno del 1976. Ex membro del gruppo gospel Edwin Hawkins Singers, la sua prima apparizione su disco fu Zappa In New York del 1978, che presentava registrazioni dal vivo del dicembre 1976 e mostrava la sua caratteristica ginnastica vocale nel brano The Illinois Enema Bandit.
    Ray aveva ascoltato la musica di Zappa solo una settimana prima del loro incontro. “All’epoca ero in una band a San Francisco e una mia amica, Bianca Thornton (alias Lady Bianca, che si unì a FZ come cantante quello stesso anno), mi chiamò e mi disse di venire a Los Angeles per un’audizione”.
    La storia racconta che Ray è stato invitato a casa di un amico nei progetti di San Francisco, dove gli è stata presentata la canzone Montana da Over-Nite Sensation. Nella canzone, il protagonista esprime il suo desiderio di trasferirsi nel Montana per diventare un magnate del filo interdentale, immaginandosi seduto in cima a un pony pigmeo e tenendo in alto un paio di lucenti pinzette di pietre preziose. La settimana successiva Ray ha potuto condividere i suoi pensieri con il compositore della canzone.
    “Ho detto a Frank che quando il mio amico Hervey mi ha suonato l’album, ho esclamato: ‘Questo è l’uomo bianco più pazzo della Terra.’ Ha riso.”
    Ray è noto per essere profondamente religioso, cosa che lo avrebbe messo in contrasto con un uomo come Zappa, che era spesso critico nei confronti della religione organizzata, non da ultimo nei suoi testi che Ray doveva cantare.
    “Per quanto riguarda il punto di vista religioso di Frank” rimugina Ray “mio padre era un vescovo e quattro dei miei fratelli erano ministri. Frank mi ha detto che aveva forti obiezioni sui ministri in TV che fregavano soldi alle persone. Fino a quando non ha detto questo, ho avuto un’estrema trepidazione all’idea di suonare con lui. Poi, ho sentito il motivo del conto in banca celeste (da You Are What You Is) e gli ho detto che eravamo completamente d’accordo perché anche a me non piaceva l’uso del nome di Dio per spennare il gregge.
    I primi passi di Ray nel mondo della musica lo hanno portato inavvertitamente a dare uno shock a sua madre che andava in chiesa. “Quando avevo tre anni ero sotto il portico della nostra piccola casa in Arkansas, ho raggiunto la tastiera e ho suonato alcune note. Ho trovato uno schema, non sapendo davvero cosa stessi facendo e mia madre ha urlato “Chi sta suonando quella musica?!”. Poi corse fuori e mi tirò via dal pianoforte. La melodia in cui mi sono imbattuto era la melodia di una canzone voodoo. Si chiamava The Devil’s Dance”.
    Del suo stile di canto Ray dice: “Nessuno mi ha influenzato, sognavo un posto, una scena e ci andavo”.
    “Ho sempre cantato. Canzoni come Donkey Serenade (Allan Jones) e Singing In The Rain (Gene Kelly) avevano suoni meravigliosi per me, ma devo la maggior parte della mia influenza all’ascolto della musica dei primi anni ’50. Ricordo che The Clovers, Ruth Brown e Charles Brown venivano suonati sulla nostra veranda nel Michigan dalla band di mio fratello Charles. Mi ha regalato la mia prima chitarra a 15 anni”.
    Ray è ricordato con affetto per la sua collaborazione armonica unica con Ike Willis, che dice di lavorare con Ray: “E’ scattata subito l’intesa con Ray, dal giorno in cui ci siamo incontrati. Ognuno di noi sapeva all’istante dove stava andando l’altro. Voglio dire, non abbiamo mai dovuto discutere chi doveva prendere la parte alta, la terza o le modalità con cui cantiamo durante la registrazione”.
    La coppia Ray White/Ike Willis era al meglio quando cantava dal vivo, come attesta Ray: “Ike e io avevamo una chimica naturale sul palco”. L’audio e il video dei tour del 1980 e del 1984 lo confermano sicuramente. Secondo Ray, si trattava di: “Tu vai lì, quindi io vado qui, e andremo nella tana del coniglio”.
    (Record Collector, Natale 2016)