
“Se decidi di diventare un compositore, corri seriamente il rischio di diventare meno di un essere umano”
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“Se decidi di diventare un compositore, corri seriamente il rischio di diventare meno di un essere umano”
“Porto con me quattro o cinque chitarre: la Stratocaster di Hendrix, che ha il primo pickup triplo humbucker al mondo, un’altra Stratocaster, la mia solita SG, una nuova Les Paul Custom con preamplificatore incorporato, una 12 corde e una Ovation.
(Guitar, maggio-giugno 1979)
Ricordi qualche aneddoto in particolare?
Tutto il periodo con Zappa è stato un aneddoto.
Perché lasciasti il gruppo? Ragioni personali?
Ho sempre rispettato Frank. Mi rendevo conto che è il tipo di persona che merita molto rispetto per le cose che cerca di fare, che rappresentano autentiche sfide, e sa ispirare i musicisti, fare grande musica: la musica che scrive è magnifica e vuole che sia suonata in un certo modo. Non posso dire di averlo conosciuto profondamente a livello personale, ma professionalmente lui è quello che tiene tutto assieme, merita molta stima per questo. Però, su un piano non personale ma ‘filosofico’ non ero d’accordo su certe cose anche se non sentii mai l’urgenza di discutere con lui questo tipo di filosofia. Parlo dei testi che scriveva: forti affermazioni politiche, forti affermazioni maschili, non concordavo con molte di queste. Penso anche che lui preferisca gruppi che abbiano anche un impatto visivo, probabilmente io ero un po’ meno spettacolare di quello che lui normalmente richiede. Penso che Zappa rimarrà nella storia della musica del ventesimo secolo come una delle figure più importanti per il modo in cui ha saputo sintetizzare musiche diverse.
Puoi dirmi, nella tua esperienza con lui, come trattava certe ritmiche particolari, ad esempio i tempi dispari?
Non direi che Frank utilizzava molto i metri ‘eccentrici’. Gli piaceva manipolare i tempi, producendo costantemente degli slittamenti del tempo, usando gruppi diversi di note su tempi diversi. Per esempio, in una battuta di 4/4, il primo beat poteva essere diviso in quattro semicrome, il secondo in terzine di semiminime, il terzo in quintine ed il quarto in un gruppo di undici note. Le melodie scritte su questi ritmi erano moderne melodie angolari ispirate a compositori del ventesimo secolo come Stravinskij e Varése. Comunque a Frank piacevano il 4/4 e il 3/4. La band di cui ho fatto parte suonava e improvvisava su metri eccentrici, ma penso che gli unici che suonassimo fossero in 5 e in 7. The Black Page era in 4/4 con degli slittamenti di valore delle note, e Frank doveva digerirla. Ha sempre avuto un approccio orchestrale alla strumentazione di tutta la band, inclusa la batteria”.
(tratto da un’intervista a Ralph Humphrey, Percussioni gennaio 1994)
Circola un’indiscrezione (discutibile) su Frank Zappa. Ipotizza che Frank fosse affetto da sindrome di Asperger (diagnosticata oggi come disturbo dello spettro autistico di livello 1 ASD, lieve autismo).
Molti personaggi famosi avevano, a quanto si dice, questa sindrome tra cui Mozart, Michelangelo, Isac Newton. Più di recente, sono stati citati Bob Dylan, Steve Jobs e Greta Thunberg.
Quali sono le caratteristiche del bambino/adulto con sindrome di Asperger secondo il DSM IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali)?
Eccole:
– non ha nessun rilevante ritardo del linguaggio;
– non aggancia lo sguardo durante una conversazione e non risponde ai sorrisi;
– ha difficoltà nello stabilire amicizie e relazioni, nel condividere giochi, stati emotivi ed interessi con altri;
– ha strane e ripetitive abitudini e gestualità, interessi maniacali;
– presenta un’attenzione eccessiva verso certi oggetti ed argomenti. Memorizza dati di scarso valore;
– si muove in maniera goffa e cammina in modo poco coordinato;
– ha un tono di voce monotono ma potrebbe usare anche un linguaggio offensivo o assumere atteggiamenti violenti senza rendersene conto;
– ha un quoziente intellettivo normale ma alcuni possiedono doti (matematiche, informatiche e musicali) fuori dalla norma.
Giudicate voi…
Io dico che:
– non ho mai visto nessuno come Frank fissare negli occhi in modo così profondo;
– non solo rispondeva ai sorrisi me regalava sorrisi di continuo;
– amava condividere la sua più grande passione (la musica) e l’ha fatto con tantissimi musicisti facendo partecipare il pubblico;
– amava relazionarsi con gli altri ed era molto comunicativo;
– memorizzava dati di grande valore;
– sul quoziente intellettivo fuori dalla norma nessun dubbio;
– camminava in modo strano… mi pare il minimo, dopo il volo che ha fatto a causa dell’aggressione al Rainbow nel 1971.
In una biografia pubblicata di recente, il veterano senatore americano Slade Gordon si vanta di come abbia ‘affrontato’ Frank Zappa all’udienza del Congresso del 1985 sul “porno rock”, dicendo a Zappa che avrebbe potuto essere disprezzato dal Congresso per il suo atteggiamento provocatorio.
“Vai avanti: ti disprezzo già” è stata la risposta provocatoria di Zappa.
E’ questo il fuoco nello stomaco che anima la musica di Zappa. Il ringhio feroce, sempre in agguato nel tono stesso della sua chitarra, aspetta solo di avventarsi sul minimo sospetto di ipocrisia, verbale o sonora, offrendo una forte tensione che infonde ogni momento della sua musica.
Il disprezzo potrebbe non essere la qualità distintiva del lavoro di Zappa, ma è un ingrediente essenziale.
E’ una delle menti più brillanti della sua generazione; la sua bruciante intelligenza è eguagliata solo da una capacità di compassione che trasuda da tutti i pori – se hai le orecchie per ascoltarlo. Ascolta, ad esempio, “St Etienne” o “Ancient Armaments”. È questa combinazione di intelligenza e compassione la fonte del disprezzo.
(estratto dall’articolo “Hats off to Dweezil? di Jim Beugh, The Rondo Hatton Report vol IX, 21 dicembre 2011)
Hyperprism, Octandre, Intégrales, Density 21.5, Ionisation, Désert e Poème électronique (samples di 30 secondi ciascuno)
Ionisation diretto da Frank Zappa (tratto dall’album mai pubblicato “The Rage and the Fury”)
Prima di ‘partire per il suo ultimo tour’, Frank Zappa realizzò il suo ultimo progetto: “Varèse: The Rage and the Fury”. Nel luglio 1993, presso il Warner Bros Soundstage di Burbank (California), in 10 giorni registrò diversi brani di Edgar Varèse con l’Ensemble Modern sotto la direzione di Peter Eotvos: Hyperprism, Octandre, Intégrales, Density 21.5, Ionisation, Désert e una versione rimasterizzata di Poème électronique.
I brani furono registrati sul multitraccia digitale Sony 3324 utilizzando cavi audio personalizzati e preamplificatori microfonici interamente valvolari. Un mix insolito.
Durante la registrazione di Ionisation Zappa e Eotvos ricevettero la visita di Nicolas Slonimsky che diresse la prima del brano alla Carnegie Hall il 6 marzo 1933. Come ha raccontato Peter Eotvos, “Slonimsky, che all’epoca aveva 99 anni, diresse il brano, seguito subito dopo da Frank Zappa. Una scena d’addio profondamente toccante. Nell’autunno 1993, Zappa riuscì a mixare magistralmente i nastri. Una registrazione unica, inestimabile”.
“The Rage and the Fury”, prodotto da Zappa, ad oggi rimane un album inedito e non è stata ancora fissata una data di uscita nonostante sia stata annunciata nel corso degli anni, a partire dal 1997, dalla Zappa Family Trust.
Perché non è ancora stato pubblicato? Forse problemi legali con gli eredi di Varèse o con persone che detenevano i diritti sulla sua musica? Assolutamente no.
“L’album di Varèse è in sospeso per un motivo ben preciso – dichiarò Gail Zappa nel dicembre 2006 – Abbiamo documentato tre sessioni di registrazione con una troupe cinematografica, che è poi scappata con la pellicola e le cassette”.
Le sessioni furono filmate da Dolezal. In un’intervista, Gail Zappa affermò di aver intentato un’azione legale contro chi aveva effettuato le riprese per impossessarsi dei nastri originali. Quella persona si rifiutò di consegnare i nastri a Gail. Lei non fece mai il nome, ma questa persona non poteva che essere Dolezal, il quale aveva intenzione di pubblicare un film FZ-Varèse di cui, però, si persero le tracce.
“Il più delle volte, Frank non aveva la partitura davanti a sé, ma conosceva ogni nota dei brani, era incredibile. Dimostrava una conoscenza estremamente approfondita della musica senza – questa è stata la mia impressione – aver davvero studiato le partiture” (Andreas Molich Zebhauser intervistato da Ben Watson, The Wire, febbraio 1996).
“La musica di Edgar Varèse – in una versione d’impatto sorprendente suonata dall’Ensemble Modern diretto da Frank Zappa – proveniva da sei altoparlanti a parete, con un suono di una bellezza delirante” (Ben Watson, The Wire, febbraio 1994).
Frank Zappa voleva un’esecuzione e una registrazione che suonassero come aveva sempre sognato. Riuscì a catturare la vera potenza e profondità delle opere di Edgar Varèse.
“La musica di Varèse non ha mai ricevuto il riconoscimento che merita; credo sia perché non c’era la tecnologia necessaria per registrare le composizioni in modo adeguato” (FZ).
“A Frank non importava se l’album fosse pubblicato o meno. Gli bastava ascoltarlo. Nessuna somma di denaro avrebbe potuto eguagliarlo” (Gail Zappa).
L’album doveva essere l’omaggio più diretto di FZ al suo idolo, realizzato mentre era alle prese con le dolorose fasi successive della sua malattia terminale.
Rip Rense, giornalista e amico di Zappa presente alla sessione che ha prodotto “Ionisation” e alcune improvvisazioni inedite di Zappa con l’Ensemble Modern, ha raccontato che Frank “aveva difficoltà a superare le sessioni. Il cancro si era diffuso alle sue ossa” ma l’idea di realizzare il progetto per Varese lo sosteneva. “Evitava gli antidolorifici perché voleva avere la mente libera. Ha fatto solo un’eccezione”.
Il risultato è un album destinato a suscitare polemiche, perché Zappa ed Eotvos danno a Varese un’interpretazione diversa da quella di ogni altra registrazione varesina. L’umorismo ha sempre fatto parte del lessico musicale di Zappa, anche nei suoi pezzi più seri e sorprendentemente complessi, e lui lascia che la sua irriverenza si riversi su Varese. Si può sentire il tocco slapstick di Zappa nel modo in cui i tromboni oscillano comicamente all’inizio di “Hyperprism”, la repentinità di alcuni attacchi e rilasci in “Octandre” ed altri pezzi, le percussioni folli e il clarinetto e l’oboe impertinenti in “Integrales”. Zappa fonde la sua personalità unica con quella di Varese.
Zappa voleva incidere il Varese completo? No – ha confermato Gail: “I suoi giorni erano contati e non riusciva a gestire i pezzi più complessi. Le restanti opere richiedono orchestre enormi e costose (“Ameriques”, “Arcana”), voci (“Offrandes”, “Ecuatorial”, l’incompiuto “Nocturnal”) o qualche strumento difficile da trovare come l’obsoleto elettronico ondes martenot.
«Mia madre ascoltava un 78 giri intitolato il piccolo calzolaio. Tolsi questo disco e muovendo con cura l’interruttore della velocità sul 33 giri (non era mai stato usato prima) alzai il volume al massimo e misi la puntina tuttofare sul primo solco di Ionisation. Ho una simpatica madre cattolica a cui piacciono le gare di pattini a rotelle. Edgard Varèse non gli andava a genio e ancora adesso è così. Mi fu proibito di mettere un’altra volta quel disco nel salone.
Per sentire l’album dovevo stare nella mia camera. Sedevo lì ogni notte e lo mettevo due o tre volte leggendo e rileggendo le note di copertina. Non le capivo per niente: non sapevo che cosa fosse un timbro, non avevo mai sentito la parola ‘polifonia’. Quella musica mi piaceva perché andava bene per me. E dovevo usare la forza per farla sentire a qualcuno che veniva a casa mia…”.
Dunque la ‘musica che non piace a nessuno’. la musica ‘sgradevole’ comprende Varèse?
(tratto da “Frank Zappa – Edgar Varèse: le affinità elettive” di Giaime Pintor, Muzak, Novembre 1973)
Nel primissimo numero di Rolling Stone (9 novembre 1967), a pagina 5 viene presentato Frank Zappa con una pubblicità di KMPX, una stazione radio FM di San Francisco, nota come la culla della radio underground.
La pubblicità in questione è di Gregory Irons, un famigerato disegnatore di poster psichedelici degli anni ’60. Dopo la sbornia hippie dei primi anni ’70, Irons è diventato un fumettista underground gotico.
Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, Gregory Irons fu un controverso specialista di tatuaggi e si affermò come uno dei più grandi artisti americani, anche se poco noti.
L’emotività entra nelle composizioni di Frank Zappa soltanto sotto forma di irrisione, mentre l’abbandono sentimentale è demolito senza pietà.
(Re Nudo n. 75 – aprile 1979)
Finora non ho mai scritto del mio rapporto con Frank Zappa. Contrariamente a molte informazioni pubblicate anche dallo stesso uomo, si trattava di un rapporto di grande significato. Ero con lui quando scrisse Who Are The Brain Police; sono stata il soggetto di alcuni dei suoi primi lavori e la mia voce è apparsa in molti dei suoi album precedenti. Anche se non ho parlato con molte persone della mia storia, quando lo faccio mi spingono costantemente a raccontare storie. È passato così tanto tempo che ora mi rendo conto che è davvero storia, ed è mia intenzione condividere una visione chiara e onesta dal mio punto di vista. Quando Frank ed io eravamo insieme, per noi gli oroscopi non esistevano davvero. Erano i primi giorni per tutta quella roba. Ricordo chiaramente un giorno in cui ci sedevamo a leggere Vergine e Sagittario ed eravamo preoccupati che questa differenza potesse avere un impatto negativo sulla nostra amicizia. Si potrebbe dire che conoscevo un Frank diverso da quello ammirato da tutti i suoi fan. Conoscevo Frank prima che arrivasse al mondo, quando veniva evitato dall’establishment, quando non riusciva a ottenere un concerto al Whiskey o al Trip perché aveva detto “fanculo” sul palco.
Conoscevo Frank prima del contratto discografico. Ricordo di aver parlato al telefono con Captain Beefheart la sera in cui Frank scrisse Who Are The Brain Police. “Voglio che tu parli con il mio amico Don” disse “È un grande artista. Si fa chiamare Capt Beefheart”. Stavo pulendo la vasca da bagno di Frank in quel momento. Non era un bello spettacolo. Viveva in questo minuscolo posto su queste alte scale in un quartiere messicano, Echo Park. Mentre salivamo le scale ho sentito per la prima volta qualcuno che gridava il suo nome: “Beardo Wierdo”.
Erano tempi difficili. I soldi erano a dir poco scarsi. Avremmo potuto racimolare qualche dollaro per comprare la benzina per la sua station wagon arancione e, in qualche modo, lui avrebbe trovato cinque dollari per pagarmi le pulizie che avevo fatto. Ma se fossero rimasti soldi per condividere uno di quei giganteschi biscotti con gocce di cioccolato di Greenblatt’s sarebbe stato un grosso affare.
Frank era gentile e premuroso, sempre motivato come compositore, diverso dalla folla di Hollywood. Ricordo di essere arrivata ad una festa lungo la strada da casa mia a Kirkwood e di trovarlo disteso sul pavimento. “Sono contento che tu sia qui” disse. Siamo scappati e siamo andati a mangiare torte di frutta nel suo drive-in preferito. Abbiamo trascorso molto tempo lì nella sua macchina ascoltando la radio… Abbiamo parlato di chitarre e più tardi siamo andati nel suo negozio preferito. Mi ha trasmesso l’amore per lo strumento in tutti i suoi contesti. Una sera siamo andati a vedere Howling Wolf in un piccolo club blues. Non era molto affollato, ma era fantastico… Per quanto mi riguarda, non posso discutere di numeri e ristampe, di riprese di concerti dal vivo e di qualità di registrazione.
Il Frank che io conoscevo era il più grande chitarrista del mondo, un compositore di grande intuizione, umorismo, saggezza, un vero genio, ma alla fine il Frank che conoscevo era un amico.
(“500 WORDS ON FRANK” di Pamela Goodheart ZARUBICA, The Rondo Hatton Report vol VI, 21 marzo 2011)