Frank Zappa's mustache - Music is the Best

Esplorando Frank Zappa uomo, compositore, musicista, filosofo e genio della musica 

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  • Frank Zappa e l’FBI – Dickie’s Such an Asshole (cronaca)

    Frank Zappa e l’FBI – Dickie’s Such an Asshole (cronaca)

    “Dickie’s Such an Asshole” (You Can’t Do That on Stage Anymore Sampler – Zappa Records / Barking Pumpkin Records Zappa 7): versione più lunga rispetto a quella inclusa in You Can’t Do That on Stage Anymore Vol. 3.
    FAIR USE

    ”PENSO CHE L’FBI MI TENGA D’OCCHIO” (Frank Zappa)
    L’FBI otterrà il tuo numero
    Ti prenderà
    avrà il tuo numero
    Hanno già la tua foto
    hanno anche le tue impronte digitali.
    Non posso avere conversazioni private
    da nessuna parte negli Stati Uniti
    L’uomo alla Casa Bianca, ooh
    ha una coscienza nera come il peccato !

    Frank Zappa è stato tenuto sotto controllo dall’FBI, così come altri grandi artisti della storia del rock (uno su tutti John Lennon). Gli fu offerta la possibilità di tenere un talk show sul Financial News Network (FNN):
    “Andai a fare questo special sull’Unione Sovietica, ho raccolto informazioni, ho fatto interviste e sono tornato per mandare in onda lo spettacolo. Coloro che gestivano la FNN, però, erano parecchio preoccupati. Ricordo che addirittura misero un avviso prima del programma del tipo “le opinioni del signor Zappa sono solo le sue e bla bla bla”. A dire il vero non so cosa cazzo si aspettavano che dicessi una volta arrivato, è stato tutto così strano.”
    “C’è stata poi questa intervista con un ragazzo di un istituto di ricerca finanziaria a Mosca sulle fabbriche militari e sull’idea di trasformarle in produzioni di beni di consumo. Un ragazzo dell’ambasciata australiana mi disse invece che gli australiani stavano lavorando con i russi per entrare nel business aerospaziale. Sono tornato con un mucchio di notizie interessanti, ma nessuno voleva ascoltarmi, nessuno voleva che fossero diffuse.”
    “Immagino che da qualche parte ci sia un fascicolo dell’FBI con il mio nome…sì, insomma. credo davvero che ci sia. Penso che mi stiano tenendo d’occhio da un po’ e, a dirla tutta, la cosa non mi preoccupa più di tanto.”
    L’esperienza diretta del fallimentare sistema sovietico ha spinto Zappa a creare Why Not? Inc per aiutare a sviluppare affari nell’ex comunità del blocco orientale.
    L’intervista su FNN non ebbe mai luogo, ma l’interesse per Zappa da dietro la cortina di ferro divenne molto evidente. (Cutting Edge, agosto 1993)

    Dagli anni Cinquanta del secolo scorso, all’interno dell’FBI, era stato messo in piedi il programma COINTELPRO.
    Creato dal famigerato J. Edgar Hoover, direttore del Federal Bureau per quasi 50 anni, il Cointelpro aveva lo scopo di distruggere i movimenti contro la guerra (Vietnam) e quelli con simpatie anarchiche, comuniste e socialiste, ma anche di perseguitare gli attivisti omosessuali, le femministe, le organizzazioni antirazziste dei neri e dei nativi americani.
    Un’indagine condotta dalla Commissione Church del Senato stabilì che “il progetto COINTELPRO ebbe inizio nel 1956, in parte per la frustrazione nei confronti delle sentenze della Corte Suprema che limitavano i poteri governativi nel procedere apertamente contro i gruppi dissidenti”. Commissioni ufficiali del Congresso e diverse sentenze giudiziarie hanno concluso che le operazioni di COINTELPRO hanno superato i limiti statutari delle attività dell’FBI e violato le garanzie costituzionali di libertà di espressione e di libertà di associazione”.
    Per portare avanti la sua guerra, COINTELPRO diffamava, terrorizzava, provocava le personalità che, per carisma e fama, potevano creare simpatie e consenso per tali movimenti. Furono numerosi gli uomini e le donne di cultura e spettacolo schedati e inseriti nel Security Index dell’FBI negli anni Sessanta: tra questi Frank Zappa, Jimi Hendrix, John Lennon e Jim Morrison sono quelli più noti.
    Sarà la Commissione Church a rivelare, negli anni Settanta, buona parte dei dossier segreti di FBI e CIA.

    “C’era questa entità creata da Ronald Reagan chiamata Department of Domestic Diplomacy. Se guardi nel manuale Iran-Contra, lo scoprirai”.
    “Il tizio che ha incaricato di gestire questa cosa non aveva un indirizzo, un numero di telefono. Non potevi chiamare l’elenco di Washington e ottenere il numero del Dipartimento della diplomazia interna. Il tizio che lo gestiva era Otto Reich, che era il capo della disinformazione per la CIA. Dovresti cercare Iran-Contra nel sommario. Avevo sentito qualcosa a riguardo ma non potevo credere che fosse reale. Sono andato su C-SPAN e ne ho parlato. Ho iniziato a ricevere telefonate da persone che dicevano: “Sì, è vero”. Un ragazzo mi ha inviato via fax le pagine reali del libro Iran-Contra che conteneva tutta la storia. Per quanto ne so, questa organizzazione non è mai stata sciolta, esiste ancora. Nixon aveva deciso di creare una polizia segreta. Non c’era l’autorità legale per spiare i cittadini statunitensi. Nella prima parte della sua amministrazione, Reagan firmò un ordine presidenziale, una constatazione presidenziale, una direttiva che alla fine diede alla CIA il permesso legale di spiare i cittadini statunitensi”. (Frank Zappa, Best of Guitar Player, 1994, intervista pubblicata postuma)

  • Frank Zappa, Black Napkins (4 versions) – Review, meaning

    Frank Zappa, Black Napkins (4 versions) – Review, meaning

    Black Napkins (Philadelphia 29 October 1976, Live at The Spectrum, Philly ’76)
    Black Napkins (Zagreb, Ljubljana, 1975)
    Black Napkins (Kosei Nenkin Kaikan, Osaka, Giappone, 1976)
    Black Napkins (Deluxe Bonus Version/Live, Zappa in New York, 1977)

    Black Napkins è la seconda traccia dell’album Zoot Allures. Prese vita da un’improvvisazione del tema che avrebbe poi costituito il brano Sleep Dirt. Le performance dal vivo presenti nell’album provengono dai nastri di un concerto del 3 febbraio 1976 a Osaka (Giappone), anche se per la pubblicazione le registrazioni furono ampiamente manipolate in studio.
    Pur essendo strumentale e non avendo testi espliciti, il contesto della registrazione live (Philly 1976) fornisce spunti sul suo significato. Rivolgendosi al pubblico, Zappa presenta Black Napkins come una canzone ‘soltanto per amanti’ descrivendola come una ballata lenta e tenera. Suggerisce come possa evocare emozioni e sentimenti romantici.
    La ripetizione del vocalizzo “Wee-ee-oooh” durante tutta la traccia aggiunge un’atmosfera inquietante e malinconica, ipnotica, una profondità emotiva. L’assenza di testo permette agli ascoltatori di interpretare il brano in base ai propri ricordi, esperienze, emozioni.

    La canzone è caratterizzata da un’atmosfera di intimità e profondità emotiva, ma Zappa aggiunge qualcosa: suggerisce che la donna completa deve possedere anche un buco del culo. Lo spirito provocatorio di Frank non si risparmia neanche in questo caso. Era noto per spingere i limiti e sfidare le norme sociali attraverso la musica, usando la satira e l’umorismo, affrontando temi controversi per stimolare riflessioni e discussioni.
    Zappa sfida l’idea di femminilità idealizzata e le aspettative sociali. Più in generale, il commento sulla donna evoca l’idea della completezza o perfezione nelle persone.
    Black Napkins intende fornire una rappresentazione metaforica di vulnerabilità o fragilità. Un tovagliolo nero può simboleggiare un oggetto delicato, macchiato o rovinato. I tovaglioli sono associati a pulizia, ordine, mentre il nero può significare oscurità, mistero o persino lutto. Il tovagliolo nero suggerisce un contrasto tra ordine e caos, la dualità dell’esistenza umana in un mix di emozioni presenti nella composizione.
    Zappa potrebbe suggerire che approcciarsi con imperfezioni e vulnerabilità sia una parte essenziale dell’essere completi. Di conseguenza, “Black Napkins” incoraggia gli ascoltatori a sfidare le tradizionali nozioni di perfezione e di apprezzare le complessità della natura umana.

    “Black Napkins” è stato pubblicato nell’album “ZINY 40th Anniversary Deluxe Edition” in commemorazione del 40° anniversario dell’album Zappa in New York. Questa edizione contiene tracce inedite e versioni estese.
    La composizione mette in mostra la sua abilità nel suonare la chitarra e capacità di creare melodie e armonie complesse. Le melodie, le armonie e i ritmi della canzone creano un’atmosfera cupa e introspettiva, con momenti di intensità e grande bellezza.
    Pur facendo parte dell’album Zoot Allures (1976), Zappa ha suonato Black Napkins nel live a Zagreb (Jugoslavia) il 21 novembre 1975.
    La differenza di trama tonale tra Black Napkins suonata in Jugoslavia e in Giappone è estrema, quasi quanto la differenza di suono tra due lingue. Confrontando le due versioni, si nota come Frank avesse migliorato il fraseggio del giro che apre l’assolo e come il suo cambiamento da tono pulito a tono sporco abbia influenzato le sue idee.
    Pink Napkins (SUNPYG) è un estratto da Black Napkins: trasmette il senso sobrio di suonare che Frank adottava in questo assolo.

  • Frank Zappa, Dio Fa – Come andò il progetto del Campionato mondiale di Calcio 1990?

    Frank Zappa, Dio Fa – Come andò il progetto del Campionato mondiale di Calcio 1990?

    Frank Zappa, “Dio Fa” (album Civilization Phase III, 1994)

    Frank Zappa, in contatto con l’allora sindaco Pillitteri, il vicesindaco/assessore alla cultura Corbani e l’assessore ai problemi giovanili Treves, propose “Dio Fa”, un’opera dedicata al Campionato mondiale di Calcio nell’estate 1990.
    Frank avrebbe scritto, prodotto e diretto uno spettacolo straordinario in coincidenza con la finale della Coppa del Mondo di Calcio 1990, finanziato dalla Città di Milano e dalla Lega Calcio Italiana.
    Il progetto di Frank era carico di irriverenza religiosa, poesia dadaista e varie assurdità.
    La prima di “Dio Fa” sarebbe dovuta andare in scena alla Scala e trasmessa via satellite in tutto il mondo con testo in inglese, italiano, tedesco, francese, spagnolo, russo e portoghese.
    Lo spettacolo prevedeva momenti di danza, effetti speciali ed una sfilata di moda, il coinvolgimento dell’Orchestra Sinfonica di Chicago.
    Riguardo ai contenuti musicali, ci sarebbero state parti orchestrali, cameristiche, inserti di musica etnica con i cori polifonici sardi apprezzati da Zappa, rock, musica elettronica campionata.
    L’imprevedibile Zappa aveva avvisato che tutto il materiale era soggetto a ‘modifiche irrazionali’.
    Con il pretesto dei Mondiali, Zappa tentò una strada per arrivare al tempio della musica, il luogo sacro, il Teatro alla Scala.
    Tema dell’opera DIO FA: “Milioni di persone credono che il calcio sia Dio ma si dice (a Torino, almeno) che ‘Dio è un bugiardo, Dio Fa’”.
    Si era messo in testa di realizzare una feroce e irriverente presa per i fondelli di tutto il meccanismo e di milioni di persone plagiate dal sistema dei media.
    “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra: il Dio del Calcio”.
    Come andò il progetto? Non andò mai in porto.
    Come racconta Fabio Treves, musicista e consigliere comunale a Milano a fine anni ’80, la proposta di Frank a Palazzo Marino (sede del Comune) nel 1988 non fu accolta. Risposero che non erano interessati alla cosa.
    Certo, Frank aveva chiesto belle cifre, ma secondo Treves il personaggio Zappa non era in sintonia con la “Milano da bere” di allora.
    Zappa, che conosceva Milano come centro culturale, del made in Italy e della moda, reagì ridendo.
    Milano perse un’occasione per cecità culturale, nonostante qualcuno si sforzasse di creare attorno a Zappa un progetto ‘utopistico’, ovvero trasformarlo in direttore artistico di un polo culturale di importanza inimmaginabile.
    Ma la storia andò diversamente, con grande sollievo di chi professa la sua fede nel Dio-Calcio.
    “Dio Fa” è un brano incluso nell’album Civilization Phase III (raccolta 1994).

    Il progetto di Zappa presentato al comitato organizzatore dei mondiali di calcio – un’opera multimediale con mimi, ballerini, orchestra sinfonica, campionatori, nastri preregistrati – avrebbe dovuto chiamarsi Dio Fa (da pronunciarsi come lo spelling di D.O.F.A., sigla misteriosa…).
    L’opera, proposta nell’estate del 1990, avrebbe dovuto essere rappresentata alla Scala di Milano in mondovisione, in contemporanea con l’apertura dei mondiali di calcio. Sarebbe stata un’ulteriore feroce satira sui miti moderni, il Dio Pallone ad esempio, mischiando elementi sociali e culturali americani, italiani ed europei in genere con una sorta di Pinocchio calcistico, sbeffeggiamenti religiosi e di costume… cose da Zappa, insomma. (New Rock Magazine, maggio 1990)

    Per la cronaca, ‘Dio fa’ deriva dalla bestemmia torinese ‘dio faust’.

    Civilization Phase III è un’opera per il computer Synclavier che utilizza praticamente ogni suono che Zappa abbia mai impiegato in un continuum denso. La musica è inesorabilmente astratta, probabilmente la più ambiziosa che abbia intrapreso finora. (Ben Watson, The Wire, febbraio 1994)

    “Decisi di stipare un paio di U-87 nel pianoforte, coprirlo con un drappo pesante, piazzarci sopra un salvagente e invitare chiunque a metterci dentro la testa ed a vaneggiare incoerentemente circa gli argomenti che avrei suggerito loro…”.
    I vaneggiamenti furono trasformati in una trama riguardante maiali, pony e altri personaggi che vivono all’interno di un pianoforte. Nel 1991 aggiunse dialoghi addizionali. Le partiture musicali furono composte e registrate soltanto per mezzo del Synclavier.
    “Civilization Phase III” è un doppio album, l’ultimo album completato da Frank Zappa prima della sua morte, nel 1993.
    Frank la definisce “opera-pantomina”. Il progetto nacque nel 1967 come esperimento di registrazione vocale.

    “Penso che la civiltà sia un’illusione, una fantasia verbale evocata dalle persone. È simile ai vestiti nuovi dell’imperatore; la civiltà è trasparente quanto gli abiti che indossava l’imperatore. Stai vivendo nella giungla: forse hai un odore un po’ migliore, forse hai trovato un modo per mettere un panno sul tuo corpo invece del fango, ma le cose non vanno molto meglio”. (BAM, 5 ottobre 1979)

  • Frank Zappa – But who was Fulcanelli? (Guitar CD, 1988)

    Frank Zappa – But who was Fulcanelli? (Guitar CD, 1988)

    David Ocker, copista e collaboratore di Frank Zappa, si stupì nel sentirgli pronunciare il nome dell’alchimista Fulcanelli alla domanda su quale personaggio storico avrebbe voluto incontrare (intervista online pubblicata sul newsgroup alt.fran.frank-zappa nel 1994). Segno che l’universo zappiano comprendeva anche una particolare attrazione per l’esoterismo.
    “But who was Fulcanelli?” (Ma chi era Fulcanelli?) è un brano completamente strumentale con un complesso ed imprevedibile assolo di chitarra nel tipico stile zappiano.
    Fulcanelli era lo pseudonimo di un famoso e misterioso alchimista, mai identificato con certezza, autore di importanti testi di riferimento per l’ermetismo che trattano del simbolismo presente nelle antiche costruzioni gotiche.
    Resta un mistero come dalle corde metalliche di una chitarra attraversata dall’elettricità possano venir fuori melodie così cariche di oro musicale. Puoi comprare la stessa chitarra con le stesse corde e la stessa corrente, ma il segreto dell’Oro, la Pietra Filosofale, resta sempre e soltanto nell’essenza dell’Artista.
    Il segreto di Fulcanelli può essere rivelato soltanto passando attraverso le quattro fasi alchemiche.
    Zappa, alchimista del rumore elettrico, trasmuta in oro l’assolo di St. Etienne.
    Nelle “Dimore Filosofali” Fulcanelli scrive che “Il mercurio comune è il risultato della Natura e Dio ha impedito all’uomo di penetrarne il mistero, mentre il Mercurio dei saggi è prodotto da un artista che, seguendo le leggi naturali, sa ciò che vuole ottenere”.
    Frank è cresciuto con il mercurio e una maschera antigas…

    Dai 5 ai 13 anni Frank era interessato alla chimica, soprattutto agli esplosivi. A 6 anni ha imparato a fare la polvere da sparo.
    Frank Zappa avrebbe dovuto trascorrere la sua infanzia in una tuta ignifuga. Suo padre Francis lavorava all’interno di una struttura militare (Edgewood Arsenal, nel Maryland) che produceva gas tossici durante la Seconda Guerra Mondiale. Chi partecipava al progetto doveva avere in casa maschere antigas da indossare nel caso in cui i serbatoi di gas si fossero rotti.
    Tra i giochi di Frank e dei fratelli, c’erano i becher e le maschere antigas. “Correvo con la maschera nel cortile pensando fosse un casco spaziale” ha ricordato Frank.
    Francis dava regolarmente a suo figlio attrezzature di laboratorio (tra cui bicchieri, fiaschi e capsule di Petri piene di mercurio). Frank li usava come giocattoli, visto che la sua famiglia non poteva permettersi di comprarglieli.
    L’unico giocattolo di Frank (la maschera antigas) alla fine l’ha sezionato con un apriscatole.
    Viveva nel mercurio: lo versava sul pavimento della sua camera da letto, lo faceva schizzare con un martello per divertimento.
    Crescendo, iniziò a soffrire di asma, frequenti mal d’orecchi e problemi ai seni paranasali. Probabilmente, l’esposizione a sostanze pericolose ha avuto un impatto negativo sulla sua salute.
    Secondo una tradizione italiana, i genitori di Frank tentarono di curarlo con sistemi dolorosi e di dubbia efficacia. Gli versavano olio d’oliva caldo nelle orecchie per contrastare il mal d’orecchi. Frank raccontò: “fa male come un figlio di puttana”. Per tentare di curare i suoi disturbi ai seni paranasali gli inserirono dei granuli di radio nelle cavità del seno con un lungo filo. A causa di questi tentativi per curarlo, ha sofferto per anni.
    L’inalazione di mercurio può causare problemi respiratori e una serie di altri problemi: tosse, mal di gola, respiro affannoso, bronchite corrosiva con brividi di febbre e dispnea che possono, a lungo andare, provocare edema polmonare o fibrosi.
    I primi sintomi che si manifestano sono effetti gastrointestinali acuti (nausea, vomito, diarrea, crampi addominali, disfunzioni renali), effetti cardiovascolari acuti (tachicardia, ipertensione).
    I vapori di mercurio provocano anche danni permanenti al cervello, precisamente al sistema nervoso centrale.
    Gli effetti sul funzionamento cerebrale possono essere tremori, disturbi visivi e di udito, problemi di memoria a breve termine, irritabilità, introversione, isolamento sociale.
    Il fatto che Frank non avesse amici era forse dovuto al suo carattere oppure all’effetto del mercurio?
    L’esposizione infantile al mercurio elementare è tossica e negli uomini aumenta esponenzialmente il rischio di sviluppare il cancro alla prostata in età adulta.

  • Frank Zappa – The Black Page #2 (Live, Palladium 1977) + filmato Black Page #2 dance contest

    Frank Zappa – The Black Page #2 (Live, Palladium 1977) + filmato Black Page #2 dance contest

    Frank Zappa – The Black Page #2, Live at the Palladium, New York City, 1977 (Fm Radio Broadcast) + filmato The Black Page #2 dance contest

    “The Black Page” di Frank Zappa è considerata la composizione più difficile per batteria e percussioni.
    Presenta ritmi più che complessi ed è rigida: segna esattamente quali pelli o piatti colpire non lasciando alcuna scelta al batterista.
    The Black Page include gruppi irregolari da brividi, spesso l’uno dopo l’altro (addirittura troviamo “undicimine” ovvero 11 note nella durata di un battito). Molti di questi gruppi irregolari si trovano all’interno di altri gruppi irregolari. Il termine inglese per definire questi gruppi è “nested tuplets”.
    La composizione prevede di dividere una battuta da quattro quarti in tre parti uguali, poi di prendere un terzo di battuta e di suddividerlo in cinque parti uguali.
    All’interno di questa composizione si trovano tutti i ritmi più difficili della musica occidentale: chi riesce a suonarla è un vero e proprio maestro del ritmo.
    Due maestri? Vinnie Colaiuta e Terry Bozzio.

    Zappa ha eseguito The Black Page per la prima volta il 28 dicembre 1976 a New York City.
    Questa versione si sente nell’album dal vivo Zappa a New York.
    Nel corso degli anni, ha armeggiato con diverse versioni della canzone, dando loro nomi diversi. L’originale, il più difficile, che ha soprannominato “The Black Page Drum Solo/Black Page #1”. Un altro l’ha intitolato “The Black Page, Part 2, The Easy Teen-age new York Version”: ha detto al pubblico che l’ha creato per coloro che non sarebbero stati in grado di padroneggiare la versione originale. Un altro si chiamava “The Black Page (versione new age)”, eseguito nel 1988 e pubblicato nel 1991 su Make a Jazz Noise Here .
    Nell’album dal vivo Zappa in New York, Zappa parla di “statistical density” (densità statistica) del brano.
    Con il suo linguaggio originale Zappa intendeva descrivere la complessità ritmica del brano, con uso estensivo di gruppi irregolari molto elaborati, il tutto però incluso in una cornice “regolare” di un metro in 4/4. (songfacts.com)

    Come hai avuto l’opportunità di suonare con Frank?
    Mentre ero alla Berklee, la cosa importante a scuola era: chi può suonare “The Black Page” di Zappa? Un paio di anni prima, quando avevo 15 anni, avevo avuto il numero di telefono di Frank da un mio amico e chiamavo Frank una volta all’anno – non volevo esagerare – ma non riuscivo mai a contattarlo. Un giorno l’ho chiamato da Berklee e lui ha risposto al telefono! Sapevo che stava cercando alcune delle partiture di Edgar Varése difficili da trovare. La biblioteca pubblica di Boston li aveva, quindi ho detto che li avrei fotocopiati e glieli avrei inviati. Ho inviato la mia trascrizione di “The Black Page” e le partiture di Varése, e lui mi ha rispedito una copia del suo grafico per “The Black Page”, oltre a questa enorme colonna sonora per un suo pezzo intitolato “Mo and Herb’s Vacation che alla fine si trasformò in “The Second Movement of the Theme from Sinister Footwear”. Non potevo crederci: ricevo un pacco pieno di tutta questa roba da Frank, inclusa una nota scritta a mano che diceva: “Mandami una registrazione di te che suoni ‘The Black Page’ il più velocemente possibile”. (Steve Vai, Guitar World, febbraio 1999)

    “The Black Page deriva dal fatto che la batteria è stata il primo strumento di Frank e dal suo amore per la musica di Edgar Varése. Ci sono alcuni intervalli melodici e tecniche di orchestrazione che Frank ha assorbito dall’ascolto di Varése, e questo è decisamente evidente in termini di uso delle percussioni. Il lavoro orchestrale di Frank è fortemente percussivo”. (Mike Keneally, Guitar World, febbraio 1999)

    Hai mai assistito ad un miracolo?
    “Ho sentito suonare correttamente dalla mia band una certa battuta di Black Pages una volta”.
    (Frank Zappa, Mix, settembre 1985)

    “Frank ha scritto Black Page perché, quando facevamo un concerto con un’orchestra di 40 elementi (The Abnuceal Orchestra), continuava a sentire musicisti in studio a Los Angeles parlare con timore delle prove mattutine in cui il ‘lato nero’ veniva messo davanti ai loro occhi. Ecco perché ha deciso di scrivere il suo ‘black side’. Me l’ha dato e sono stato in grado di interpretare subito alcune parti. Non mi ha forzato su questo, prima delle prove mi sono esercitato per 15 minuti ogni giorno e dopo circa 2 settimane ho suonato tutto. Ha detto “Fantastico!”, l’ha portato a casa, ha scritto la melodia e i cambi di accordi e l’ha riportato indietro. E abbiamo iniziato a suonarlo”. (Terry Bozzio intervistato da Andrew Greenaway, 17 settembre 1992)
    (Glissando, dicembre 2007, rivista polacca)

    La “Pagina Nera” allude alla trascrizione su pentagramma della composizione: l’obiettivo di Frank Zappa era quello di tendere ad una complessità tale da riempire di nero (senza, del resto, riuscirci) l’intero spazio della scrittura.

  • Frank Zappa, Let’s Move To Cleveland + Archie Shepp – What means?

    Frank Zappa, Let’s Move To Cleveland + Archie Shepp – What means?

    Frank Zappa, Let’s Move to Cleveland (The Best Band You Never Heard In Your Life, 1991) + Archie Shepp & Frank Zappa, Let’s move to Cleveland (You Can’t Do That on Stage Anymore, Vol. 4, 1984)

    Archie Shepp – tenor sax, Frank Zappa – guitar, Ike Willis – guitar, Ray White – guitar, Bobby Martin – keyboards, Alan Zavod – keyboards (solo), Scott Thunes – bass, Chad Wackerman- drums.

    Let’s Move to Cleveland è stata pubblicata nel 1988 come parte dell’album di Zappa intitolato “Broadway the Hard Way”.
    A prima vista, Let’s Move to Cleveland potrebbe sembrare una semplice canzone sul trasferimento nella città di Cleveland. Tuttavia, ad un esame più attento, diventa evidente che Zappa usa la canzone come mezzo per fare un commento sociale più ampio.
    I testi di Zappa, intrisi della sua tipica miscela di umorismo e sarcasmo, assumono una posizione critica nei confronti del clima politico e sociale dell’epoca. La canzone prende in giro vari aspetti della cultura americana, tra cui il consumismo, la corruzione politica e la manipolazione dei media. Scegliendo Cleveland come destinazione, Zappa attinge abilmente al simbolismo della città, spesso associato al declino dell’industria manifatturiera e all’economia in difficoltà insieme alle lotte della classe operaia.
    Let’s Move to Cleveland mette in mostra la miscela unica di stili musicali di Zappa, incorporando elementi di rock, jazz e avanguardia
    Seppure Let’s Move to Cleveland sia stata scritta alla fine degli anni ’80, i suoi temi e le sue critiche sottostanti risuonano ancora nella società odierna. Questioni come la corruzione politica, la manipolazione dei media e le lotte socioeconomiche continuano ad essere rilevanti, rendendo il messaggio della canzone attuale oggi come lo era decenni fa.
    (estratto dall’articolo pubblicato su oldtimemusic.com, 30 settembre 2023, Warren Barett)

    Frank Zappa su Archie Shepp
    “L’idea del titolo dell’album Hot Rats mi venne in mente perché in Europa avevo comprato un disco dove c’era The Shadow of Your Smile con il sax di Archie Shepp. Lui prendeva l’assolo che mi diede subito l’impressione di un esercito di topi surriscaldati che uscivano squittendo dal suo strumento. Il suono era quello. Quando uscì, credo fosse il disco più sovrainciso della storia. Forse solo Les Paul aveva fatto qualcosa di simile ai suoi tempi” (Frank Zappa, Musica Jazz, gennaio 2020)

    Nel 1967, Zappa aveva sviluppato un notevole interesse per Archie Shepp che, tra il ’67 e il ’66, aveva pubblicato Fire Music, On this night e Mama Too Tight, i suoi dischi più rivoluzionari.
    In un annuncio pubblicitario apparso sul Los Angeles Free Press del 3 febbraio 1967 si citava – facendo riferimento al repertorio dei Mothers – un brano intitolato Archie’s Time commentato così: “Cosa accadrebbe se Archie Shepp sapesse suonare il fagotto elettrico?”.
    Forse era questo il pezzo che Zappa al Garrick Theatre fece suonare ai Mothers mentre incitava i tre marines ad urlare “Kill! Kill!” nel microfono. “Una cosa alla Archie Shepp” come egli stesso raccontò, “una follia con accordi dissonanti e tutto il resto”.
    Questi Mothers del ’67, dunque, erano il primo gruppo della storia del rock ad ispirarsi solisticamente, con cognizione di causa, alle punte più avanzate delle avanguardie jazzistiche. Oltre al free jazz, un’altra risorsa per le improvvisazioni stava nel linguaggio modale affermato da John Coltrane, che sarebbe scomparso il 17 luglio di quell’anno.
    Nel bootleg garrickiano si sente che lo stesso Zappa – improvvisando lungamente su strutture polimodali a figure irregolari, con un bell’uso di scale mediorientali e di nervosi legati assieme a cellule interattive dal sapore minimalista e a segmenti cromatici ispirati alla scansione della lingua parlata – aveva già posto tutte le fondamenta del suo stile chitarristico.
    I Mothers del ’67 stavano costruendo in anticipo grammatica e sintassi del rock più avanzato degli anni Settanta come quello degli Henry Cow, per non parlare del jazz rock o di certi aspetti della scena musicale di Canterbury. Zappa sperimentò i ritmi dispari a livello compositivo. Certi ostinati in 5/8 e in 7/8 sperimentati al Garrick compariranno fin dalle prime registrazioni effettuate a conclusione dell’ingaggio del locale.
    (Tratto da libro “Frank Zappa Domani” di Gianfranco Salvatore)

    Frank Zappa ha ricordato la jam session con Archie Shepp al Festival di Amougies (Belgio) che si tenne dal 24 al 28 ottobre 1969.

    “Uno dei motivi per cui i Mothers non sono mai stati associati al jazz è questo: gran parte dei recensori non ha mai ascoltato jazz. Non indovinerebbero a meno che non venisse riportato sulla copertina di un album che siamo stati influenzati dal jazz. Se avessi dichiarato in uno dei primi album di essere stato influenzato da Eric Dolphy o Archie Shepp, negli ultimi cinque anni avrebbero scritto di influenze jazz piuttosto che influenze di Stravinsky…”. (Frank Zappa, Sounds, 7 novembre 1970)

  • Shut up and play Jimi – xenocronia Frank Zappa, Jimi Hendrix, Toru Takemitsu, Edgar Varèse

    Shut up and play Jimi – xenocronia Frank Zappa, Jimi Hendrix, Toru Takemitsu, Edgar Varèse

    xenocronia realizzata da Roxa con musiche di Frank Zappa, Jimi Hendrix, Toru Takemitsu, Edgar Varèse

    FAIR USE

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLNIorVgbZlD1eJlE31TCypMf1eLhjcfBc

    Brani sovraincisi in questa xenocronia:

    Toru Takemitsu – Empire of Passion
    Frank Zappa performs ‘Purple Haze’ Jimi Hendrix
    Jimi Hendrix Play bass guitar
    The Jimi Hendrix Experience – Purple Haze – Live 1967
    Frank Zappa su Jimi Hendrix
    Frank Zappa – Tribute to Jimi Hendrix, Fox Theatre, Atlanta, GA, 18 settembre 1977
    Frank Zappa conducts Edgar Varèse – Ionisation (San Francisco, CA, 9 febbraio 1983)
    Frank Zappa – I Come From Nowhere 1982 (solo)

    “Conoscevo Jimi e penso che la cosa migliore che si potesse dire su Jimi fosse: non doveva usare droghe”. (Frank Zappa)

    “Alcune delle cose veramente buone che Hendrix ha fatto sono state le prime, quando era solo violento e brutale. Manic Depression era la mia canzone preferita di Jimi Hendrix. Più sperimentale diventava, meno interessante e più sottile risultava”. (Frank Zappa, Playboy aprile 1993)

    Fusione di elementi rock, psichedelia e blues, approccio urbano e rituale. Jimi Hendrix è stato uno dei ‘visionari’ della musica nera insieme a Sun Ra e George Clinton. Ha ispirato molti artisti, anche Miles Davis per Bitches Brew (1970). Qualcuno ha affermato che è stato un anticipatore dell’heavy metal. E’ stato un innovatore.

    Del Casher ha inventato nel ’66 il pedale per chitarra elettrica Wah-Wah (chiamato anche cry baby perché emette un suono simile al pianto di un bambino). Frank Zappa è stato il primo ad utilizzarlo. Durante un concerto a New York fu visto da Hendrix che ne rimase talmente affascinato da volerlo utilizzare a tutti i costi nei suoi brani.

    Quando è entrato in scena il wah-wah?
    “Dopo il fuzztone, intorno al 1966 o 1967. Sono stato uno dei primi ad usarne uno, l’ho adorato. Nell’ultimo tour, però, non ho usato nessun wah-wah. Ho utilizzato tre DDL (delay digitali) per diverse funzioni: uno per darmi un leggero ritardo con un po’ di pitch shift in modo da creare un vibrato e addensare il suono, e gli altri due per passaggi che riproduciamo più e più volte, come per registrare loop”.
    (Frank Zappa, Down Beat, febbraio 1983)

    Hai mai fatto spettacoli con Jimi Hendrix?
    “Sì, si è seduto con noi al Garrick Theatre. In effetti, ha interpretato il mio hollowbody attraverso un Fender Twin e ne ha ricavato un feedback. Tutto quello che so è che stava lavorando al piano di sotto in questo posto. Al Cafe Au Go Go, lo abbiamo invitato a sedersi: lui è salito al piano di sopra e gli ho lasciato usare la mia chitarra. L’ho visto al Cafe Au Go Go quando ha suonato con noi e in un festival pop a Miami dove abbiamo lavorato con lui. È stato allora che ha bruciato la sua chitarra che ho ricevuto circa un anno e mezzo dopo da uno dei suoi roadie, un certo Howard Parker. Abbiamo anche suonato con lui in un piccolo club chiamato The Castaways o qualcosa del genere a Miami perché tutti i gruppi che suonavano al festival stavano nello stesso hotel. C’era un bar e lì abbiamo fatto una jam session. Sì, penso che fosse bravo. Mi è piaciuto suonare con lui”. (Frank Zappa, Record Review, giugno 1982)

    “Avevo visto Zappa al The Experience, un club di Los Angeles – ricorda Alice Cooper – Una sera ci fu una jam con Eric Clapton, Mike Bloomfield e Jimi Hendrix, tutti assieme. Alla fine, Frank salì sul palco e fece un’imitazione di ciascuno di loro. Poi la piantò e si mise a suonare i suoi riff e quelli stavano lì a guardarlo a bocca aperta perché questo tipo stava suonando roba che non avevano mai ascoltato prima. Neppure Hendrix. Frank diede a Jimi il suo primo pedale wah-wah e gli spiegò come funzionava”. (Classic Rock, luglio 2015)

    “Hendrix è una delle figure più rivoluzionarie della cultura pop odierna, musicalmente e sociologicamente. La musica di Hendrix è molto interessante. Il suono… è estremamente simbolico: grugniti orgasmici, urla da tortura, gemiti lascivi, disastri elettrici e innumerevoli altre curiosità uditive sono consegnati ai meccanismi sensoriali del pubblico ad un livello di decibel estremamente alto. In un ambiente di performance dal vivo, è impossibile limitarsi ad ascoltare ciò che fa il gruppo di Hendrix… ti mangia vivo”.
    (Frank Zappa, citato in un’intervista a Life Magazine, The Oracle Has It All Psyched Out, 1968, da Kevin Courrier, “Dangerous Kitchen: The Subversive World of Zappa”, ECW Press, 2002).

  • Frank Zappa, Zoot Allures – What means?

    Frank Zappa, Zoot Allures – What means?

    Versione The Best Band You Never Heard In Your Life, 1991

    E’ opinione comune che ‘zoot allures’, termine di origine francese, si traduca in ‘accidenti’.
    Se, però, andate a cercare il significato della parola francese ‘zoot’ scoprirete che questo termine si riferisce ad un costume, zazou, degli anni ’40 del secolo scorso.
    Zoot Allures è l’ottavo album da solista di Frank Zappa, pubblicato nel 1976.

    Il titolo “Zoot Allures”, melodico e leggermente malinconico, si riferisce agli esperimenti jazz-rock di Larry Coryel.
    Zoot Allures è stato pubblicato alla fine del 1976: a Frank piace giocare con le parole e questo titolo lo dimostra.
    Riguardo all’origine del titolo, le opinioni sono divise.
    L’origine è probabilmente francese, come confermato da Zappa (sull’album “Titties&Beer – Zoot Allures in Paris, Zappa disse: “E ora dal nostro album Zoot Allures con un titolo quasi francese”).
    In francese ‘zut alores’ significa qualcosa come “inferno”.
    La seconda interpretazione è legata al guardaroba. In “Wonderful Wino” si parla di abiti zoot indossati all’epoca da molti musicisti. Forse, entrambe le spiegazioni sono corrette. (Jazz Rytm i Piosenka, giugno 1977)

    Nel brano “Wino Man”, viene menzionato uno zoot suit.
    “Durante la seconda guerra mondiale, indossare questo tipo di abito (zoot) venne associato alla delinquenza generale e alla ribellione contro la legge e l’autorità governativa. Ciò che realmente significava per la cultura in generale era una sottocultura crescente di giovani messicani-americani e neri, che erano soggetti a molte discriminazioni sociali e razziali a Los Angeles e nella California del Sud. Il simbolo esteriore della sottocultura, lo stesso costume da zoot, rendeva i membri di questa scena, autodefinita “pachuco”, riconoscibili e facilmente diffamabili”.
    (web.archive.org)

    Ho notato un grande cambiamento nel suono di “Zoot Allures” rispetto agli album precedenti.
    “Sì, il disco suona in modo diverso perché ho suonato la maggior parte degli strumenti”.

    Continuerai a farlo o è solo qualcosa che volevi provare?
    “Volevo solo provarlo…”.

    L’avevi già fatto prima?
    “Non così… In precedenza, avevo suonato le tastiere, il sintetizzatore, il basso e la chitarra, ma ho sempre lasciato la batteria a qualcun altro. In pratica, tutte le tracce sono esattamente come volevo. È difficile spiegare ad altri musicisti in una determinata situazione che una nota dirà più di cento note in certi punti… In genere, i musicisti perdono di vista il fatto che un compositore l’ultima cosa al mondo che vuole fare è che tutti suonino il più possibile nello stesso momento. Per me è l’equivalente di prendere un pezzo di carta bianca e dipingere tutto di nero. Ottieni la massima densità ma non va da nessuna parte”.
    (Musician’s Guide, agosto 1977)

    Frank Zappa è stato un artista molto produttivo, ma va sottolineato che “Zoot Allures” del 1976 è stato il suo 22° album. Il disco vede Zappa dare il benvenuto a Captain Beefheart. Don Vliet ha aggiunto l’armonica ai brani “Mr Pinky” e “Finding Her Fine Man”. Come sempre con Zappa, c’è un piccolo paradosso da trattare. La copertina dell’album ritrae i partner di Zappa Patrick O’Hearn e Eddie Jobson, anche se qui non suonano; Zoot Allures ha anche un titolo tipicamente zappiano, che parodia l’esclamazione millenaria di “Zut Alors!” ma si riferisce intenzionalmente ai costumi Zoot del dopoguerra.
    (cultora.it di Daniele Dell’Orco, 20 ottobre 2022)

    “Zoot Allures” mostra un lato più addomesticato di Zappa rispetto a quanto visto prima. Molti saranno tentati di evidenziarlo come un calo del suo oltraggioso quoziente, ma è semplicemente una fase musicale più diretta che sta raggiungendo un pubblico che Zappa si è sempre meritato, il mainstream. “Zoot” è più dolce e più accessibile anche se Zappa si tuffa nella melma culturale da cui prende le sue crocchette più gustose.
    (Sounds, 18 dicembre 1976)

    L’album Zoot Allures, prodotto parzialmente da Zappa (anche se accreditato come “La Marr Bruister”), includeva anche la title track, che in seguito apparve sul Joe’s Garage del 1979.
    Sulle note di copertina di Sheik Yerbouti del 1979, Zappa nota che “Friendly Little Finger” (da Zoot Allures) è stato creato usando la xenocronia.
    Il sound dell’album è influenzato dalla musica heavy metal, in particolare quella della canzone “Ms. Pinky.
    Tutte le tracce sono state scritte da Frank Zappa, eccetto Wonderful Wino, scritta da Zappa e Jeff Simmons.

    “Zoot Allures”, in America, non è andato bene come altri album ma ha avuto un sacco di airplay”. (Frank Zappa, Sounds, 28 gennaio 1978)

    Dopo il tour del 1975, gran parte dei membri della band decise di andare avanti per la propria strada e, così, Frank smise di usare il nome Mothers of Invention e continuò come Zappa a partire dall’album “Zoot Allures”.

  • Frank Zappa – Approximate, live 1972

    Frank Zappa – Approximate, live 1972

    Waka/Wazoo 1972

    Slide Guitar: Tony Duran
    Keyboards: Ian Underwood
    Trumpet: Sal Marquez
    Bass: Dave Parlato
    Drums: Jim Gordon
    Trumpet: Malcolm McNab
    Trombone: Tom Malone
    Trombone: Glenn Ferris
    Trombone: Ken Shroyer
    Trombone: Bruce Fowler
    Woodwinds: Earle Dumler
    Woodwinds: Mike Altschul
    Woodwinds: Jay Migliori
    Bassoon: JoAnn Caldwell
    Woodwinds: Ray Reed
    Woodwinds: Charles Owens
    Cello: Jerry Kessler
    Percussion: Ruth Underwood
    Percussion: Tom Raney

    “Si chiama “Approximate – annuncia Frank Zappa nel suo modo più pedagogico – perché mentre il ritmo è specificato, le note non lo sono. Sarà eseguito in tre sezioni. Il primo con gli strumenti, il secondo con la voce umana e il terzo con il piede umano”. (New Musical Express, 5 ottobre 1974)

    “In questa selezione, ogni musicista ha la possibilità di scegliere la tonalità in cui suonare. Ci sono solo poche battute in tutto il brano in cui viene indicata l’intonazione – e sono indicate come contrasto. Il resto dello spartito è pieno di terzine e ottave, collegate da piccole x, che per la loro posizione indicano il registro approssimativo dello strumento a cui si riferiscono. I musicisti devono attenersi agli schemi ritmici che organizzano i periodi tra due gruppi di x. Questo brano può essere eseguito da un numero qualsiasi di musicisti, da quattro in su. Il modello generale indica un’unica parte replicata per tutti gli strumenti in DO e FA (incluse le percussioni), che si intreccia con un’altra singola parte duplicata per tutti gli strumenti in Sib o Mib. Il basso e la batteria hanno voci separate, che combinano i ritmi delle altre due parti”. (1972)

  • Frank Zappa & MOI – We’re Only in It for the Money, Who Needs the Peace Corps?, 1968 uncensored

    Frank Zappa & MOI – We’re Only in It for the Money, Who Needs the Peace Corps?, 1968 uncensored

    “We’re Only in It for the Money”: la satira di Frank Zappa
    FAIR USE

    Con l’album “We’re Only In It For The Money” (pubblicato a marzo 1968) Frank Zappa fa una satira sul tradizionale stile di vita americano e sulla società degli Stati Uniti negli anni ‘60.
    La copertina (dove appare anche Jimi Hendrix) fa una parodia di “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles sostituendo i fiori con le verdure.
    E’ il terzo album dei Mothers of Invention: venne ripubblicato dalla Rykodisc nel 1986 con nuove registrazioni per le percussioni. Le parti censurate sulla prima versione furono riammesse.
    Nel 2003, la rivista Rolling Stones ha inserito l’album alla posizione n. 296 nella lista dei migliori 500 dischi di sempre. Q magazine l’ha inserito nella lista dei Migliori Album psichedelici di tutti i tempi.
    L’album attacca lo stile di vita hippy. I testi delle canzoni parlano degli effetti della droga sui giovani, del perché la società induca i giovani alla droga per rimbecillirli e tenerli buoni e “sedati” in una beata incoscienza. Denuncia il fatto che il consumismo ha distrutto principi e valori della famiglia americana: la stessa protesta dei movimenti studenteschi diventa parte del sistema che vorrebbe rovesciare.
    Il disco non è costituito da vere e proprie canzoni ma, piuttosto, da brevi sketch sonori simili a jingle pubblicitari, seppure sofisticati dal punto di vista compositivo.
    Zappa improvvisò parecchie linee di dialogo parlando a ruota libera: contribuirono alle sessioni di registrazione altre persone tra cui Eric Clapton, Rod Stewart e Tim Buckley.
    L’album contiene brevi canzoni interrotte da segmenti parlati e brani di altra musica senza una logica apparente: in realtà, il tutto era stato attentamente studiato.
    Zappa spese 4.000 dollari (circa 28.000 dollari attuali) per realizzare la copertina il cui design originale è stato ideato da Cal Schenkel. E’ l’evidente parodia della copertina di Sgt, Pepper’s Lonely Heart Club Band dei Beatles, presi in giro con l’accusa di far parte della controcultura (flower power) “solo per i soldi”.
    Frank telefonò a Paul McCartney per chiedergli il permesso di parodiare la copertina: Paul rispose che per lui non c’erano problemi ma doveva rivolgersi all’ufficio gestioni manageriali dei Beatles presso la EMI.
    Zappa (lo raccontò anni dopo) ebbe la sensazione che McCartney non era entusiasta dell’idea e che avesse cercato di osteggiare il progetto ritardando l’uscita dell’album di qualche mese.
    La casa discografica di Zappa temeva problemi legali relativi al copyright della cover del Sgt. Pepper: decise che la foto venisse inserita all’interno del disco. Come copertina vera e propria fu utilizzata una foto dei membri della band su sfondo giallo.
    Nella versione originale del disco alcune parti di canzoni sono state modificate o cancellate in quanto ritenute offensive. Le parti censurate variano a seconda dell’edizione che si possiede. La Verve Records è la responsabile della serie di tagli.
    Fra le tracce censurate, ricordiamo:
    “Adoro quando la Polizia mi prende a calci in culo” (Who Needs the Peace Corps?);
    “Non venirmi dentro” (Harry You’re a Beast);
    “Non la darò più via per farti pubblicità” (Absolutely Free).
    La versione del 1986 reintrodusse queste parti censurate (Rykodisc Records).

    Tracce dell’album
    2. Are You Hung Up?
    3. Who Needs the Peace Corps?
    3. Concentration Moon
    4. Mom and Dad
    5. Telephone Conversation
    6. Bow Tie Daddy
    7. Harry, You’re a Beast
    8. What’s the Ugliest Part of Your Body?
    9. Absolutely Free
    10. Flower Punk
    11. Hot Poop
    12. Nasal Retentive Calliope Music
    13. Let’s Make the Water Turn Black
    14. The Idiot Bastard Son
    15. Lonely Little Girl
    16. Take Your Clothes Off When You Dance
    17. What’s the Ugliest Part of Your Body? (Reprise)
    18. Mother People
    19. The Chrome Plated Megaphone of Destiny

    “Who Needs The Peace Corps” racconta la voglia di abbandonare la società e diventare un “hippy” a San Francisco. Zappa ironizza sull’idea di una vita hippy fasulla, con il narratore che canta di voler comprare perline e una band di pelle, di prendere le piattole e di entrare in un gruppo rock and roll.
    In sostanza, la canzone è una celebrazione della libertà e dello stile di vita alternativo del movimento hippy, con il narratore che proclama “amerò tutti!”. Il cantante non si vergogna delle sue scelte anticonvenzionali, abbraccia l’idea che “ogni città deve avere un posto dove poter incontrare i falsi hippy”.

    Hai messo quella copertina per deridere i Beatles?
    Beh, non pensavo che la loro copertina ce l’avrebbe fatta. La nostra è superiore artisticamente.

    Però, non c’erano piante di marijuana sulla copertina.
    No, ma sulla loro non avevano angurie, quindi li abbiamo battuti con il simbolismo.
    (Ann Arbor Argus, 19 giugno 1969)