
Frank Zappa è, probabilmente, il terzo commentatore sociale/filosofo più influente della generazione del secondo dopoguerra: gli altri due erano Marshall McLuhan e Gary Gilmore.
(Primo Times, dicembre 1977)
Frank Zappa è, probabilmente, il terzo commentatore sociale/filosofo più influente della generazione del secondo dopoguerra: gli altri due erano Marshall McLuhan e Gary Gilmore.
(Primo Times, dicembre 1977)
Piuttosto che ingraziarsi i pezzi grossi del mondo discografico, diversi anni fa Zappa si è fatto innumerevoli nemici mentre si esibiva al Grammy Awards. Per circa 20 minuti, ha fatto versi di maiale rivolti al pubblico perché si è trovato di fronte una folla scortese e rumorosa. Eppure si è guadagnato il rispetto dei suoi coetanei per la sua integrità ed una crescente reputazione di re clandestino del rock.
Vede il suo “impazzire” musicale come un importante metodo di espressione: definisce il termine “impazzire” come un processo in base al quale un individuo rifiuta standard di pensiero, abbigliamento ed etichette sociali antiquati e restrittivi per esprimere in modo creativo la sua relazione con l’ambiente e la struttura sociale nel suo complesso.
“Continuerò a divertirmi a suonare la chitarra prendendo in giro tutto ciò che ritengo stupido perché qualcuno deve farlo. Questa è la terra delle opportunità e deve esserlo per musicisti come me piuttosto che soltanto per certi comici coinvolti nella ‘cosa’ politica” ha detto Frank Zappa.
(I-AM, marzo 1977)
Mentre Zappa parlava al Mayfair, la sua voce era sorprendentemente calma, quasi sognante e contemplativa, come se qualche scossa di novocaina di tanto tempo prima lo avesse reso insensibile al dolore. Ma Zappa stava male perché il bassista che avrebbe dovuto suonare per lui al Garden in un atto di apertura era inspiegabilmente precipitato verso la morte dalla finestra di un hotel.
È quasi come se Frank fosse rimasto scioccato da tante di quelle vicende che nulla lo sconvolge più.
Si porta addosso le cicatrici emotive e fisiche lasciate quella sera al Rainbow, dove ha rischiato di essere ucciso sul palco. Ha rischiato la morte diverse volte, anche da bambino: mentre mescolava sostanze chimiche esplosive ha rischiato più volte di saltare in aria.
Il Madison Square Garden ha registrato il tutto esaurito con Zappa per tre esibizioni consecutive che erano strane, spaventose, quasi soprannaturali, un incrocio tra rituale primitivo e culto del rock moderno.
Le luci stroboscopiche lampeggiavano come fiamme infernali ed i fumi della marijuana che bruciavano riempivano il Felt Forum, mentre i musicisti di riserva di Zappa alimentavano l’entusiasmo della folla suonando riff di canzoni come “Camarillo Brillo”, “Yellow Snow” e “Montana”.
Per un lungo minuto, Frank si lascia travolgere dall’adulazione del pubblico, il suo volto cupo fissa una folla di bocche che urlano il suo nome come un incantesimo mistico che non ha nulla a che fare con le sue radici siciliane.
Zappa ha l’aria di essere appena tornato dall’inferno mentre fissa la folla, leccandosi il pizzetto e i baffi, quasi annusando il pubblico come un animale che fiuta la sua preda. Quando sente che sono pronti per esplodere, dice semplicemente:
“Ciao, sono Frank. Suoniamo“.
Sax, vibrafono, percussioni, batteria, basso e sintetizzatore esplodono dietro di lui come la polvere da sparo con cui giocava da bambino. Il suono di Zappa martella il pubblico in piedi, facendolo letteralmente cadere sulle sedie e riducendolo ad una massa ondeggiante di carne mentre i musicisti si rincorrono intorno a un palco pieno di apparecchiature audio, ad uno scheletro che penzola da un lampione, un pollo di gomma con un cartello ARF che sporge dal becco, una grande anatra di gesso con seni immensi, un piede enorme costantemente criticato per il suo pessimo odore e manichini assortiti.
Il suo orecchio inquietante rileva le note discordanti come un sismografo e regola l’attrezzatura brontolando con rapidi movimenti di manopole e quadranti come uno stregone elettronico.
Il nuovo gruppo di Frank, chiamato semplicemente “Zappa”, sta facendo scalpore con il suo ultimo disco Zoot Allures.
Quasi all’inizio del concerto al Garden, Frank ha guardato giù dal palco ed ha visto suo fratello Bobbie seduto in prima fila. “Vuoi venire a suonare, Bobbie?” chiede Frank. Bobbie risponde “No” e Frank, alzando le spalle, inizia a suonare.
(I-AM, marzo 1977)
Frank Zappa ha ammesso che i suoi genitori non avevano senso dell’umorismo, nonostante lui fosse veramente molto ironico e amasse ridere.
Amava infastidire le persone più permalose in virtù del suo amabile sarcasmo.
Appariva come un personaggio di teatro, una sorta di maschera che sembrava avesse tutto sotto controllo, una risposta per ogni domanda.
Il ritmo colloquiale di Zappa è intenzionale, la sua voce pacata, il suo stato d’animo contemplativo, talvolta evangelico.
Sul palco sembra essere una combinazione di pifferaio magico e scienziato pazzo dei fumetti.
(San Francisco Examiner, 24 dicembre 1975)
Assistendo ad un suo concerto, specialmente dal 1980 in poi, quando l’espressione del suo progetto aveva raggiunto la piena maturità, non poteva lasciare indifferenti la sua “figura” sempre più simile, nelle movenze, a quella di un burattino. Un vero mimo con il naso molto prominente si muoveva tra la musica dirigendola e raffigurandola: mimica e teatralità erano perfettamente fuse con musica e scenografia.
Zappa non prevede nuove tendenze nella musica rock.
Ha previsto che “ci saranno 20 nuovi gruppi rock introdotti nel prossimo anno e 20 nuovi gruppi di facile ascolto, 20 nuovi gruppi che cercano di riprendere da dove i Beatles hanno lasciato e 56 nuovi combo di tre elementi che riconquistano il suono britannico. Ci saranno 14 nuovi Bruce Springsteen. Le case discografiche promuoveranno tutto ciò che pensano di poter vendere”.
I testi di Zappa sono una testimonianza di tutto ciò che è psicotico e contorto nella personalità umana. Brani come “Imaginary Diseases”, “Dirty Love” e “The Illinois Enema Bandit” raccontano la follia umana.
(Argus, novembre 1975)
“Mio padre non era molto entusiasta del fatto che mi dedicassi alla musica” dice Zappa “Quando mi sono fatto crescere i capelli per la prima volta, si è rifiutato di farmi avvicinare alla sua casa. Era molto preoccupato per quello che avrebbero detto i vicini”.
Tuttavia, suo padre ha vissuto abbastanza per vedere Frank ottenere un successo dalla sua carriera di musicista dai capelli lunghi.
In realtà, Zappa non è sicuro di aver ottenuto successo. “No, non credo di averlo ottenuto ancora. Il successo arriva quando fai ciò che vuoi fare e lo fai bene”.
Per la sua posizione di filosofo-musicista, Zappa è anche richiesto come scrittore. Un pezzo scritto per Life Magazine sul rock è stato ristampato in quattro libri di testo universitari.
Ha scritto “Hunchentoot”, un musical di Broadway non ancora prodotto, e due sceneggiature di cui una, “200 Motels”, è stata girata.
“Ma preferirei scrivere musica” dice “Preferirei disegnare quei puntini su fogli di carta da musica bianca piuttosto che sedermi davanti ad una macchina da scrivere.”
(Advance News, 19 ottobre 1975)
Nelle profezie di Zappa sugli orrori a venire, “Mom and dad” (con la sua storia di una giovane ragazza ricca che muore accanto a un hippy abbattuto dalla polizia) in realtà è antecedente al massacro della Kent State University.
P.S. La sparatoria della Kent State fu un fatto di sangue avvenuto nel 1970 alla Ken State University, in Ohio negli USA. Il 4 maggio 1970, la Guardia Nazionale degli Stati Uniti d’America aprì il fuoco sugli studenti che protestavano da quattro giorni contro l’invasione statunitense della Cambogia, un’azione che il Presidente Richard Nixon aveva lanciato il 1º maggio.
(Let It Rock, giugno 1975)
La capacità di Zappa di sezionare in modo eloquente e astuto il circo politico gli ha fatto guadagnare un’offerta di presentarsi come candidato alla presidenza per il Libertarian Party – un piccolo partito di estrema destra – nelle elezioni del 1988: Zappa ha cortesemente declinato l’invito. Avrebbe invece deciso di presentarsi provocatoriamente come indipendente per le prossime presidenziali.
(FZ, tratto dall’articolo Zappin! di Gary Steel, Ciao 2001 – 3 settembre 1991)